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Crimson Peak

Giovedì 15 Ottobre 2015 08:08 Pubblicato in Recensioni
Il regista messicano Guillermo del Toro viene definito in tanti modi, sceneggiatore, autore, scrittore, collezionista, Maestro di genere. Famoso per la sua precisione e attenzione per i dettagli, ha un gusto inconfondibile e firma ogni sua fantasia con passione prendendosi i rischi del caso, spesso frenato dalle case di produzione e dalla critica ma acclamato dai suoi sostenitori. Crimson Peak è nato così dalle pagine della sua agenda, disegnato anni fa, fedele a quel soggetto in ogni dettaglio è una “gothic romance” e come tale ne conserva la dolcezza e l’inquietudine come Jane Eyre, il figlio dello scrittore Stephen King l’ha definito una versione “insanguinata de l’età dell’Innocenza”. Agli inizi del 900 Edith Cushing (Mia Wasikowska) è una giovanissima scrittrice di romanzi, osteggiata per i contenuti delle sue storie tutt’altro che romantiche non adatte ad una donna, piene di fantasmi e suggestioni dell’infanzia. Vive a Buffalo sola con il padre (come nella “Bella e la Bestia”) corteggiata da Alan McMichael (Charlie Hunnam) il “dottorino” che la conosce da quando era bambina. Lo straniero venuto dal vecchio continente per fare fortuna il baronetto Sir Thomas Sharpe (Tom Hiddleston) cerca lavoro come ingegnere nell’ufficio di suo padre e la incontra per caso e come in ogni buon libro, dal primo istante in cui si guardano negli occhi i due si innamorano perdutamente. Vivono una favola meravigliosa, tra balli e passeggiate nel parco, ostacolati dal padre della ragazza che non sopporta né lui né i suoi macchinari moderni (fortemente steampunk) e visti con sospetto dall’accigliata sorella di lui Lady Lucille Sharpe (Jessica Chastain) che fin da subito condivide con il fratello dei macabri piani per il futuro. Del Toro ha più volte ricordato che nella tradizione queste vicende finiscono con il matrimonio, che porta inevitabilmente ad un lieto fine ma non è il caso di questa pellicola. Giunti in Inghilterra come marito e moglie, lui le mostra la sua nuova casa, un maniero spettrale dove le assi di legno del pavimento affondando nell’argilla rossa del sottosuolo, il soffitto cede alle intemperie facendo circolare nell’aria foglie morte e polvere secolare, sui muri si muovono indisturbate grosse falene notturne. Per i due innamorati non c’è altra scelta, la ricchezza economica degli Sharpe è la dimora che hanno ereditato è parte di loro li costringe come se fosse viva, a restare chiusi dentro quelle mura come fossero insetti in una giara. Edith e Lucille dividono lo stesso tetto, due donne opposte, una apparentemente fragile, ingenua, solare, vestita di bianco, l’altra apparentemente forte, sicura di se, passionale, crepuscolare, vestita sempre a lutto e visibilmente squilibrata. La farfalla e la falena. Sono loro le protagoniste, le donne che sono capaci di sopportare tutto per amore, l’amore visto come una forza distruttiva e incontrollabile che le distrugge, le cambia. L’amore che ci “trasforma tutti in mostri” (tema anche affrontato dallo stesso nella serie TV The Strain) il più oscuro dei sentimenti umani. Crimson Peak è stato da subito bollato dai media come “il film con la casa dei fantasmi” ma il regista ha invertito la definizione spiegando che si tratta più di una storia con “dei fantasmi all’interno” e ha dichiaratamente evitato ogni facile inquietudine che viene generata nello spettatore quando in un racconto ci sono possessioni demoniache esorcismi e interventi del diavolo. Le presenze non sempre al centro della vicenda sono i silenziosi spettatori della vita di Edith, il film non fa nessun riferimento allo spiritualismo religioso. Cos’è un “Fantasma” per Del Toro viene spiegato benissimo nel suo film “spagnolo” La Spina del diavolo a cui Crimson Peak deve molto in auto citazioni e parallelismi concettuali, il fantasma è un ricordo, qualcosa di “indelebile” che non potrà mai essere eradicato del tutto. Le creature si muovono con le mani scheletriche di Dough Jones, contorsionista, attore e animatore, famoso per aver interpretato “l’uomo pallido senza occhi” de Il labirinto del Fauno. Gli enormi set plasmati dal nulla sono interamente artigianali, la stessa dimora è costruita su tre piani dotati di stanze multi funzionali carrucole e ascensori come a teatro, la cornice della collina rossa dove ha le fondamenta, dà l’impressione di un set esterno su di una altura innevata ma è in verità un capannone dove la nebbia finta fa perdere la concezione dello spazio. Illusioni ottiche e fotografia tecnicolor con forti tonalità di blu e rosso alla Lamberto Bava. I costumi sono realizzati con dettagliatissimi ricami e stoffe realmente antiche da Kate Hawley (costumista de Lo Hobbit). La colonna sonora di Fernando Velazquez ci accompagna dall’inizio con la più “creepy” delle ninne nanne. Visibilmente ineccepibile non va incontro ai gusti di tutti, chi si aspetta di vedere un horror da “salto sulla sedia” può restare a casa a guardarsene uno in dvd, lo stesso vale per chi si aspetta un film d’azione dal ritmo frenetico e non guarderebbe mai un adattamento di un libro di Jane Austen alla tv. Il film è un incubo meraviglioso consigliato a chi non ha mai smesso di leggere i romanzi d’amore e a sognare nel bene e nel male.
 
Francesca Tulli
 

Festival del Cinema di Roma. Il cinema incontra le arti

Mercoledì 14 Ottobre 2015 15:51 Pubblicato in News
Sabato 17 ottobre prossimo a partire dalle 16.30, presso lo Spazio Roma Lazio  Film Commission (Villaggio Ospitalità Festival di Roma, Auditorium Parco della Musica, fronte Red Carpet), l’Associazione Culturale RomArtEventi presenta tre importanti iniziative, a cura di Francesca Piggianelli, dedicate all’incontro fra il Cinema e le arti: . Un incontro ravvicinato con i protagonisti del cinema, della musica, della letteratura e del teatro in nome della fascinazione della settima arte. In questa circostanza verranno anche annunciate alcune anticipazioni della tredicesima edizione di Roma Videoclip – il cinema in incontra la musica che avrà luogo presso la Casa del Cinema il 17 novembre prossimo e Festa del videoclip.
 
 
 
Ore 16.30 Presentazione della XIII Edizione Roma Videoclip - il cinema incontra la musica. La rassegna ideata da Francesca Piggianelli, prevede anticipazioni, proiezioni di videoclip, trailer, colonne sonore, artisti, registi e produzioni che si sono cimentati tra Cinema e Musica. La premiazione si terrà a Roma alla CASA DEL CINEMA il 17 novembre 2015 e la Festa del Roma videoclip e rassegna Indie con una no stop di videoclip provenienti da ogni parte d'Italia il 26 novembre al FUTURARTE a Roma. Saranno presenti alla conferenza alcuni fra artisti, registi, band, produttori ed il comitato d’Onore. Saranno inoltre annunciate alcune anticipazioni e sorprese di questa Edizione. La conduzione è a cura di Alessandro Parrello ed Andrea il Drago.
 
Ore 17.15 Incontri ravvicinati tra cinema e libri, presenti alcuni illustri scrittori tra cui Sergio Badino - scrittore, sceneggiatore, insegnante di narrazione - autore del romanzo “ErreQuattro”; Andrea Guglielmino - giornalista e saggista - autore di “Antropocinema - La saga dell’uomo attraverso i film di genere”; Chiara Nucera - giornalista e saggista - autrice di “Il metacinema nelle opere di Lynch, Cronenberg e De Palma”. Carlo Callegari, sceneggiatore scrittore e autore (La banda dei tre, Il ritorno dei tre) autore con Francesco Maria Dominedò che antiperanno i loro progetti; Carla Vistarini scrittrice, sceneggiattrice ed autrice di “Se ho paura prendimi per mano”. Matteo Persica: giovane esordiente, autore del libro prossimamente in uscita su Anna Magnani. Saranno presenti altri autorevoli ospiti del cinema e letteratura.
 
Ore 18.00 Incontri ravvicinati tra cinema e teatro. Claudio Insegno, regista, autore, sceneggiatore teatrale e cinematografico presenterà in anteprima il trailer del film “Effetti indesiderati”, in uscita nazionale il 22 ottobre. Sarà presente anche parte del cast.
 
L'ingresso è aperto a tutti.

SanSebastian63. High Rise

Mercoledì 07 Ottobre 2015 16:02 Pubblicato in Recensioni
L’ossessione di J.G. Ballard (autore britannico, prolifico e di fama internazionale scomparso nel 2009) di portare i suoi personaggi a scontrarsi con il proprio subconscio spingendosi oltre i propri limiti, viene ampiamente descritta nel suo “High-Rise” libro di cui il regista Ben Weathley dopo anni riesce a farne un adattamento cinematografico. A Londra in un futuro ignoto Ballard costruisce un Condominio dotato di ogni confort: supermercati, piscine, palestre, scuole parcheggi sconfinati. Annulla il desiderio degli inquilini di cercare qualcosa al di fuori di questo perfetto alveare, dove c’è lavoro per tutti e nessuno vuole andarsene. Gli usi e i costumi sono quelli degli anni 70 (il 1975 è l’anno in cui venne scritto il romanzo) Il Dottor. Robert Laing (Tom Hiddleston) impassibile anatomopatologo, svolge ancora la sua professione di medico e insegnate all’università fuori da quelle mura, si estranea dal macrocosmo che cambia fuori la sua abitazione e cerca ancora di vivere la sua monotona vita sociale. Richard Wilder (Luke Evans) violento e rozzo uomo di televisione vuole invertire le gerarchie all’interno dell’edificio. Charlotte Melville (Sienna Miller), vicina di Laing madre single e insoddisfatta, vede suo figlio crescere in un mondo finto dove per cercare un diverso panorama bisogna guardare all’interno di un caleidoscopio che a detta del bambino mostra “il futuro.” Anthony Royal (Jeremy irons) è l’architetto e l’ideatore di questo ecosistema, ne possiede altri 5 di palazzi identici, vive sull’attico, un surreale paradiso terrestre, dove il cavallo bianco di sua moglie Ann pascola indisturbato tra i fiori rigogliosi del suo giardino. Come un frutto perfetto, matura, marcisce e si secca, allo stesso modo gradualmente, la perfezione di questo equilibrio artificiale si sgretola e viene inghiottito dall’anarchia. L’assassinio del cane adorato della Diva del cinema Jane Sheridan (Sienna Guilliroy) dà inizio ad un concatenarsi di eventi macabri, suicidi, omicidi, atrocità di ogni tipo, una novità entusiasmante per gli inquilini curiosi che fanno della cronaca nera il proprio pane quotidiano. Si scatena in poco tempo una guerriglia tra i diversi piani del grattacielo, si creano bande e fazioni, si vive nella spazzatura, si può paradossalmente fuggire dall’orrore in ogni momento varcando la porta di ingresso ma ci si concentra sul come restarci per il proprio tornaconto su come sfruttarlo a proprio vantaggio. Lo stesso fa Laing, perfettamente consapevole del “proprio posto” escluso dalle feste dei ricchi, anonimo nella quotidianità perfetta, emerge nella disfatta e comincia un gioco pericoloso per diventare il capo branco di questo nauseante specchio del regno animale. Le donne si coalizzano e proteggono i bambini, Helen Wilder (Elisabeth Moss) la moglie del sovversivo, è incinta è una dolce ragazzotta vittima della violenza del marito che silente aspetta di trovare il suo posto. La soluzione al problema è l’istinto di sopravvivenza, ognuno trova il suo spazio, tra orge e violenza gratuita nell’imperfetto schema del chaos, l’uomo incapace di vivere in armonia, trova la sua vera natura, e la musica classica del compositore Clint Mansell che accompagnava lo spettatore nella prima ora di film diventa gradualmente un disperato e malinconico “S.O.S” degli ABBA nel dolce remix slow-jem dei Portishead. Ben Weathley dopo essersi chiesto perché mai nessuno lo avesse fatto prima (fissando la copertina del libro dalla poltrona del suo salotto) gira un film onesto e spietato, che non trova pace con i distributori perché troppo “cattivo” in questo mondo di film “buonisti” che vanno incontro ai gusti di tutti. Presentato in anteprima europea al 63° San Sebastian Film Festival sarà presentato al pubblico solo a fine del 2016. Ballard come non si vedeva dai tempi de “L’impero del Sole” brillante, crudo e autentico.
 
Francesca Tulli

Pixels

Giovedì 01 Ottobre 2015 10:04 Pubblicato in Recensioni
Generazioni di “nerd” hanno sempre pensato che valesse la pena spendere la propria infanzia a giocare con i videogiochi, convincendosi così a passare nello stesso modo i ritagli di tempo dell’adolescenza e non poterne fare a meno per il resto della loro vita. Il regista Chris Columbus è uno di questi. I protagonisti del suo Pixels, sono quattro eroi sfigati, come nella migliore tradizione dei Ghostbusters. Brenner (Adam Sandler) per vivere installa Hi-Fi per la ditta “Nerd”, Cooper (Kevin James) non ha lasciato mai la casa della nonna e il suo seminterrato dove pretende di sventare attacchi segreti e risolvere casi irrisolti, Eddie (Peter Dinklage de “Il trono di Spade”) è in prigione per furto e spaccio e Ludlow (Josh Gad) il grasso compagno di giochi di Brenner, fido “Chewbacca” del duo, ora è Presidente degli Stati Uniti. Negli anni 80 dove spopolavano le sale giochi, i quattro erano i migliori nei tornei, ognuno con la sua specialità, Brenner decodificava gli schemi di PacMan e centipede, Eddie bruciava i record a Donkey Kong, Cooper era innamorato dell’eroina fantasy Lady Liza. La gloria eterna a chi, avrebbe vinto il torneo ripreso su una VHS e spedita nello spazio remoto. Decenni dopo il pentagono, riceve dal cielo una risposta, un attacco inspiegabile: da uno squarcio nel cielo compaiono le astronavi di Galaga e trasformano in pixels qualsiasi cosa sulla loro strada. Persone, alberi, strade. Le alte sfere dell’esercito ottuso e americano, danno la colpa ai russi, all’Iraq, ma solo il presidente capisce la reale natura degli attacchi, e riunisce il vecchio gruppo. Gli Alieni travisano il contenuto della videocassetta, pensando che sia una dichiarazione di guerra e muovono attacchi alla terra usando le stesse “armi”. Il film è una goduria per gli appassionati, in tanti anni di cinematografia, ancora nessuno aveva scalato i cantieri dello scimmione tira barili con i propri piedi, ne partecipato a un inseguimento in strada con le auto dei colori dei fantasmi contro lo smile gigante più famoso della storia. Delle partite reali che mischiano la grafica al girato dando un delizioso effetto alla “Chi ha incastrato Roger Rabbit” versione 3D. I cliché non mancano, Michelle Monaghan con la sua prosperosa presenza femminile, riempie il ruolo dei film parodia. Le battute non sempre fanno scattare la risata, sono mirate ad un pubblico specifico. La colonna sonora alza l’indice di gradimento, con un bellissimo remix di VonLichten di “We will Rock you”. Gli Arcaders ameranno come si faccia riferimento ad un preciso periodo “storico”, il film trasuda anni 80 e 90, i videogiochi di oggi senza schemi dove bisogna solo “fingere di essere lui e cercare di non essere ucciso” vengono superati dall’immortalità dei classici. Thoru Iwatani il vero inventore di Pac-Man ha realmente partecipato al film, svelando che la sua creatura, era stato creata per essere un “amico di tutti” quello con cui “mangi un panino, e a cui racconti i tuoi problemi”. Un mondo esagerato dove solo alcuni possono sentirsi a casa, una dedica a chi sa che crescere non significa abbandonare le proprie passioni, un film dove i nerd “baciano meglio perché ci tengono di più” la rivincita dei nerd, con la semplicità dei film comici di oggi. 
 
Francesca Tulli