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The Hateful Eight

Martedì 02 Febbraio 2016 22:58 Pubblicato in Recensioni

Ambientato durante la Guerra civile, The Hateful Eight, ottavo e ultimo lavoro di Quentin Tarantino,  si mostra molto particolare nel suo genere, essendo un mix di generi, tanto che potremmo chiederci se, abbandonato l'aspetto di un western classico, in realtà non si debba parlare di thriller, commedia, film drammatico, claustrofobica pellicola ad alta tensione, film di Natale post Natale? Il vero problema non è quello di incasellare il tutto in precisi parametri cinematografici, bensì quello di ritrovare un senso più compiuto dietro le abbaglianti immagini.

Si parte così con un prodotto corale dove tutte le vecchie glorie del cinema di Tarantino tornano nel tentativo di riprendere da dove le avevamo lasciate, esattamente dove le avevamo lasciate. Proprio per questo sembra per certi versi di assistere ad un'autocelebrazione, dove non solo ritroviamo coloro ai quali eravamo abituati ma anche e soprattutto ambientazioni che non ci sono nuove in una storia che è tutto fuorché originale. Tutto comincia in una landa desolata nel più feroce degli scenari in cui un uomo possa trovarsi, una terra dove la natura è nemica e dove immense gelide vallate segnano la linea dell'orizzonte. L'ambientazione western era già stata affrontata nel precedente Django Unchained, ci ritroviamo quindi davanti ad un omaggio, ancora una volta, ai grandi maestri del passato ma in particolare, come dichiara Tarantino, a Sergio Leone, abbondando in citazioni e, soprattutto, in autocitazioni. 
Ma oltre che a Leone, anche se in chiave leggermente dissonante, The Hateful Eight è chiaramente legato a La Cosa di John Carpenter, a sua volta pellicola ispiratrice de Le Iene. Da La Cosa, oltre che il protagonista Kurt Russell e il direttore della colonna sonora, Tarantino riprende le stesse ansiogene e innevate ambientazioni, per protagonisti che rinchiude dentro scricchiolanti pareti di un rifugio isolato, limitati fisicamente sotto il giogo della costante minaccia di un nemico invisibile ma tangibile al contempo, nella classica lotta alla sopravvivenza.  Un luogo non luogo perduto in un tagliente gelo, in cui solo un rifugio può sembrare un porto sicuro, dove non vi è in realtà salvezza perchè tutti saranno l'uno contro l'altro per causa e indole, divisi in fazioni ma purtroppo esenti da colpi di scena. Un discorso preciso va intrapreso sulla scrittura alla base di questo lavoro, che inizialmente si presenta come un thriller grottesco con struttura teatrale, serratissimi dialoghi in un'unità di luogo e di tempo, nonostante i numerosi, ma non necessari, flashback a ripercorrere gli eventi da più angolazioni, come una sorta di Rashomon postmoderno in cui ognuno, o quasi, racconta la sua versione dei fatti. Si entra in un percorso accidentato posto ad evidenziare,  ma finendo con il mortificare e appiattire, la bravura degli stessi interpreti. Ecco che si ripropongono i medesimi personaggi con le medesime formule interpretative attuate in passato, in questo non c'è novità né scelta coraggiosa per oltre tre ore che non valgono l'opera magnificente che si voleva portare a termine e, anche se non si può assolutamente dire che quello che ci scorre davanti è un brutto spettacolo, il cliché a volte può essere decisamente ridondante. Tarantino non ha la cifra di opere monumentali, come i grandi autori su cui forgia i suoi lavori, e ancora una volta la sceneggiatura citofonata dall'inizio alla fine, rende troppo prevedibile il tutto, strizzando continuamente l'occhio al grande pubblico, abbassando il target giocando sulla facile comprensibilità, alle mode old style del momento, all'esplosione patinata di colori e campi lunghi nell'abbondante postproduzione che invalida la presenza di una tecnica registica. 
Definire The Hateful Eight un Le Iene in salsa western è un'affermazione troppo azzardata: non è presente nemmeno un vago ricordo dell'originalità prepotente di un lavoro che ha dato seguito a imitazioni per i 20 anni successivi. Parlando di copie di copie in una rete di infiniti rimandi artistici mediatici e pubblicitari, anche la colonna sonora inedita, creata dal Maestro Ennio Morricone, è una riproposizione. Diversi brani, erano stati composti proprio per  La Cosa ma mai utilizzati all'epoca quindi riarrangiati e utilizzati ora, tutti tranne uno che è invece presente nel film di Carpenter. 
Forse questo è un po' il passo più lungo della gamba, quello dal sentore di inadeguatezza, dall'indole di un quasi sequestro di persona, che ci attanaglia per un lungo lungo tempo in cui avremmo potuto anche scappare all'intervallo, o iniziare a vederlo da subito dopo, un po' a scelta. 
 
Chiara Nucera

Il figlio di Saul

Martedì 26 Gennaio 2016 22:10 Pubblicato in Recensioni

Visto dagli occhi di uno dei Sonderkommando il “figlio di Saul” di Làszlò Nemes è un’atroce prospettiva di vergogna per l’intera umanità. Saul Ausalnder (Gèza Rohrig) è un ebreo ungherese costretto forzatamente ad appartenere alla casta dei lavoratori “vip” all’interno del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, ha un’aspettativa di vita di quattro mesi, locali riscaldati dove dormire, un piatto di ceci al giorno, in cambio sono richieste le sue braccia forti per ammassare i cadaveri della sua gente, spalare la polvere di ciò che ne resta una volta fuori dai forni crematori, accompagnare i “morti” ancora vivi alla “soluzione finale”. Attraverso l’orrore scopriamo che un bambino nudo in mezzo a mille altri respira ancora, il corpicino innocente, soppresso nel giro di pochi minuti dal “medico” del campo, accende in Saul la voglia di tornare a sentirsi umano. Laddove non si può essere un “eroe” il suo bisogno primario diventa quello di seppellire quel ragazzo, “suo figlio” dice lui, nel più sacro dei modi, assolvere al comandamento universale di “vestire chi è nudo, sfamare chi è affamato, seppellire chi è morto”. Non si accontenta delle preghiere clandestine dei suoi compagni, cerca un Rabbino nel profondo girone dei dannati innocenti arrivati al campo e la sua ricerca, inosservata dai carnefici, attira le attenzioni dei ribelli pronti a fare un blitz per cercare di fuggire e raccontare al mondo la verità. La regia, spiega Rohrig presente alla conferenza stampa tenutasi a Roma per l'uscita del film, per evitare sguardi “pornografici” si avvale di un operatore che segue solo il protagonista, i suoi occhi stanchi che hanno visto troppo, la sua nuca mentre cammina tra inquadrature sfocate e grida agghiaccianti. Il sonoro, ottenuto con cinque settimane di sessioni per i rumoristi, è un espediente riuscitissimo per “sentire” la Shoah con rispetto e senza indugiare su aspetti gratuitamente macabri. Deve dichiaratamente molto agli scritti di Primo Levi. Non sorprende che nonostante sia stato girato in soli 28 giorni, con un budget bassissimo, abbia già vinto moltissimi premi come il Gran Prix Speciale della Giuria alla 68°esima edizione del festival di Cannes, il Golden Globe come “Miglior Film Straniero” e la nomination all’Oscar nella stessa categoria. Nonostante questo, il film non è stato fatto a tavolino da una Major di Hollywood ma con modestia da una casa indipendente, la Laokoon Filmgroup. Il 27 Gennaio ricorre la Giornata della Memoria, è molto importante non dare per scontato, in un mondo fatto anche di negazionisti e giovani fascistelli ignoranti, che tutto questo è accaduto. I nazisti non era mostri di un altro pianeta, erano esseri umani e gli uomini che fanno la guerra attraverso il lavoro sporco degli altri, esistono ancora. Oggi forse un olocausto lo progetterebbero con l’aiuto dei droni. Un film così dovrebbero vederlo tutti. Questa pellicola è la dimostrazione che il cinema non è solo intrattenimento, è uno strumento potentissimo che può svegliare le coscienze di molti. 

 
Francesca Tulli

Tarantino a CinecittA' fino al 13 marzo

Lunedì 25 Gennaio 2016 16:37 Pubblicato in News

Quentin Tarantino a Cinecittà per l'anteprima di "The Hateful Eight" : la versione integrale in 70mm al Teatro 5 aperto al pubblico fino al 13 marzo 

 

 
Si svolgerà il 28 Gennaio a Cinecittà Studios, nel mitico Teatro 5, regno di Federico Fellini, l’anteprima italiana di THE HATEFUL EIGHT, il nuovo ed attesissimo film di Quentin Tarantino, che sarà a Roma con il neo vincitore del Golden Globe, del Critic’s Choice Award e candidato all’Oscar per la colonna sonora del film, Ennio Morricone, accompagnato dagli interpreti Kurt Russell e Michael Madsen e il produttore Harvey Weinstein.
Il film evento ha infatti ricevuto tre nomination all’Oscar nelle categorie: Migliore attrice non protagonista (Jennifer Jason Leigh), Migliore Colonna Sonora Originale (Ennio Morricone) e Miglior Fotografia (Robert Richardson).
THE HATEFUL EIGHT, un'esclusiva per l'Italia Leone Film Group in collaborazione con Rai Cinema, arriva nella versione 70 mm da 188 minuti già vista in America: rispetto alla versione in digitale, che sarà nelle sale italiane a partire dal 4 febbraio distribuito da 01 Distribution, sarà proiettata una versione che contiene 3.48 minuti di overture del Maestro Morricone e un intervallo di 12 minuti, come ai tempi del grande cinema di Ben Hur.
La serata, caratterizzata dal numero 8 (otto i personaggi per l’ottavo film del regista di Pulp Fiction), vedrà la partecipazione di 888 invitati, così come ha voluto Tarantino. Il Teatro 5 sarà suddiviso in due parti uguali: nella zona dedicata alla proiezione, gli scenografi di Cinecittà, sotto la guida di Tonino Zera, hanno realizzato una grande platea a perimetro rettangolare con una struttura a gradinata, rispettando una curva di visibilità ottimale da ogni punto di osservazione e rivestita in moquette di colore nero, dove saranno posizionate le 888 sedute realizzate mediante poltrone classiche di tipo cinematografico, un mega-schermo di 21,00 mt x 8,00 metri atto a valorizzare in ampiezza, profondità, definizione e spettacolarità dell’immagine le potenzialità tecniche del 70mm.
In corrispondenza del percorso d’ingresso degli spettatori sarà realizzata una grande scenografia innevata, con riferimenti espliciti e spettacolari alla trama del film in modo da far vivere al pubblico tutte le suggestioni non solo virtuali ma anche reali del racconto di Tarantino. Al centro vi sarà la locanda, dove tutto accade. Sono infatti otto i maledetti protagonisti di questa storia, ambientata qualche anno dopo la Guerra civile, che a causa di una bufera di neve dovranno sostare nello stesso rifugio. Otto viaggiatori sconosciuti e poco raccomandabili, che si renderanno ben presto conto di quanto sarà difficile per ognuno di loro raggiungere la meta…
Grazie a 01Distribution, distribuzione italiana del film, la programmazione in 70 mm del Teatro 5 proseguirà per il pubblico per l’intero mese di Febbraio (fino al 28), dando il via alla rassegna del “Cinecittà Winter Film Show”, iniziativa di Cinecittà Studios e Cinecittà si Mostra che nasce come un omaggio al cinema di Quentin Tarantino e Sergio Leone e che vedrà ripetersi ogni anno con anteprime e retrospettive dedicate al grande Cinema. Cinecittà Studios sarà il luogo di riferimento del centro-sud Italia per chi vuole immergersi nell’esperienza della visione integrale nel formato voluto da Quentin Tarantino per il suo ultimo lavoro. Le altre sale in Italia equipaggiate con tecnologie ad hoc per la proiezione in pellicola 70 mm sono la Multisala Arcadia di Melzo (Mi) e il Cinema Lumierè di Bologna.
“Il Winter Film Show è un’ulteriore iniziativa che valorizza il patrimonio di spazi, strutture e competenze di Cinecittà, rendendo omaggio ai maestri del Cinema, a cominciare da Sergio Leone cui abbiamo dedicato una sezione della mostra ‘Girando a Cinecittà’ - spiega l’ad di Cinecittà Studios Giuseppe Basso. Grazie alla disponibilità della Leone Film Group e di 01 Distribuition possiamo celebrare Tarantino nel migliore dei modi e condividere con il grande pubblico questa magia che vivremo nel Teatro 5 che, dal 5 Febbraio, si arricchirà di ulteriori proiezioni nella più piccola Sala Fellini. Ai più importanti successi di Tarantino si aggiungerà una scelta dei western di Sergio Leone, riferimento fondamentale per il cineasta statunitense”.
 
Per tutte le informazioni sui biglietti, visite guidate e orari proiezioni consultare il sito  www.cinecittasimostra.it

La Corrispondenza

Lunedì 25 Gennaio 2016 16:00 Pubblicato in Recensioni

Giuseppe Tornatore non ha mai nascosto di essere romantico. Com’era stato per “La migliore offerta” lascia gli scenari affollati di Baarìa per dirigere un film da camera con pochi attori. Amy (Olga Kurylenko) è una studentessa fuori corso, che arrotonda facendo la stuntman, giovanissima amante di Ed (Jeremy Irons) professore della sua materia preferita: Astronomia. I due divisi dalla lontananza e dalla loro relazione segreta hanno poco tempo da trascorrere insieme e avviano una lunga corrispondenza, fatta di mail, lettere, pacchetti misteriosi, sms criptici. Nell’aula magna della loro università, Amy, durante una conferenza, apprende una notizia che le cambia la vita e la corrispondenza assume una forma del tutto diversa. L’intera pellicola è una lunga riflessione sul mistero che avvolge l’esistenza terrena, ricevere una lettera non significa necessariamente parlare con il corrispondente, essere amati non vuol dire necessariamente toccarsi, baciarsi, fare l’amore, certe volte basta un segno del proprio passaggio, come le stelle che una volta estinte lasciano dietro di se l’esplosione che genera una supernova. Fa sorridere l’efficienza dei servizi postali della sbandierata “TNT” il famoso marchio di corrieri veloci, che fa da “sponsor” al film. Paradossale è anche l’uso della tecnologia, troviamo CD rom che gettati nel fuoco vengono letti da un Haker-Smanettone improbabile con amici nei servizi segreti, schede di memoria che funzionano dopo essere state gettate in acqua, Videocamere vuote con tracce di “vita” nella memoria, non si esclude che in casi particolari questo possa essere “verosimile” ma non con questa “semplicità” e frequenza. Il Maestro Morricone musica la malinconia e l’aspetto più intimo della vicenda. Delle Location è straordinaria l’isola Piemontese di San Giulio (nel film “Borgo Ventoso”) una italianissima “Mont-Saint-Michel” immersa nell’acqua del lago d’Orta. Astronomia, teoria delle stringhe, Multiversi, lo studio degli astri e delle stelle sono il principale espediente per raccontare questo dramma, che sembra concludersi nel migliore dei modi fino alla discutibile direzione che prende il finale. Romantico e surreale, diverso nella forma dagli altri film del regista, ma contraddistinto dalla stessa tenerezza. Lento, un po’ ingenuo ma nel complesso dignitoso. 

 
Francesca Tulli