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Mon Roi

Sabato 12 Dicembre 2015 11:52 Pubblicato in Recensioni
“Bella, che c'importa del mondo?”. 
Richiama il primo verso di una delle più belle canzoni d'amore che la musica italiana possa annoverare il poster dell'ultimo lavoro di Maïwenn Le Besco, in arte, solo Maïwenn, presentato in concorso al Festival di Cannes 2015 e fruttato alla protagonista, Emmanuelle Bercot, la palma d'oro ex aequo per la migliore interpretazione femminile.
Il bacio sulla bocca che suggella gli amanti aggrovigliati come un tutt'uno, Giorgio e Marie Antoinette, due nomi regali, solo il secondo abbreviato in un confidenziale e meno altisonante Tony, dapprima mai stanchi di abbeverarsi alle labbra l'uno dell'altra, felici, curiosi, indomiti come fa essere l'amore quando non si sa cosa sia e lo si strappa al tempo perché non sia lui a strapparlo da noi.
Finché si può, perché non dura, non dura probabilmente mai, come l'infanzia che cede il passo all'adolescenza e poi all'età adulta, e anche se provi a ritrovare quegli occhi, se li cerchi dove sei sicura di averli lasciati, ti accorgi che non ci sono più, che non c'erano più già quando per la prima volta sentivi di fermare sulla retina un ricordo: tempus fugit e vince sempre. 
Appena lo pensiamo è già passato, non esiste più.
Muta il nostro sguardo, come le stagioni della vita, come l'amore, soprattutto quello vero che è tanto più vero se si smarrisce a noi stessi, alla nostra possibilità di dargli quel nome: amore. Già, ma cos'è l'amore?
Per Tony la stabilità di un rapporto di coppia, di un figlio molto amato, ma concepito, senza farla tanto lunga sul sacro fuoco della maternità, per assecondare un capriccio del partner, la maturità di un rapporto adulto.
Giorgio invece, il re degli stronzi, come si definisce da solo, è il re pazzo, libero – forse libero – non ipocrita (“perché vuoi che sia come vuoi tu se mi hai voluto perché sono come sono?” dice a un certo punto, a crisi già in corso), guascone e irresistibile.
Ma chi siano davvero Giorgio e Tony, cosa vogliano e cosa pensino, Maïwenn non ce lo racconta. L'apparente banalità di una storia come tante trova linfa nella scelta di non psicanalizzare i due protagonisti: (si) scelgono, fanno, disfanno, ma chi siano non lo sappiamo e non dovremmo neppure chiedercelo. 
Il re regna, con la fierezza dura e allo stesso tempo indulgente di un sovrano machiavellico, e nel gioco delle parti, Tony accusa tutto: i tradimenti, l'immaturità affettiva, l'impossibilità che le cose siano come le aveva predeterminate.
Il ginocchio contiene due parole, sostiene, con un azzardo da rivista di costume, apparentemente risibile, la dottoressa che incontra Tony, in seguito all'infortunio – allegoria evidente, ma strumentale, non capziosa - che le farà ripensare, a ritroso, alla sua storia d'amore: occhio e io, anche se Tony ancora non lo sa e preferisce sottolineare il superalcolico prefisso!
E' in realtà una dichiarazione d'intenti: saranno gli occhi e un Io reale, non più Ideale, a far muovere la donna in una direzione che non tiene conto dei limiti articolari.
In una sorta di rebirth che va di pari passo con la riabilitazione dei legamenti strappati di netto (come poteva essere altrimenti?), Tony re-impara a sentirsi, a toccarsi, a conoscersi – fondamentale il lavoro e il sentire sui corpi, sulla fisicità, nel lavoro della regista francese - a muoversi senza farsi troppo male, a usare un antidolorifico, se accade, a ridere per una sciocchezza, a guardare gli altri con gli occhi di una donna che non deve essere altro da quello che vuole, da quello che, in quell'istante, e quello solo, è.
Tony impara a provare compassione per se stessa, a perdonarsi, a vedersi con gli occhi indulgenti che sovente le donne si negano, e il suo re, divenuto infine, al suo sguardo, più mansueto, docile, può essere finalmente accarezzato con gli occhi/M.d.P da vicino, senza paura di sbagliare, senza il timore di vedere che ciò che si ha di fronte è diverso dalla propria innamorata proiezione, quasi senza reti. 
Il re, il meraviglioso, sensualissimo e fragile Vincent Cassel, in un ruolo cucito sulle sue corde attoriali, può essere finalmente anche ri-amato, con un sorriso, forse la natura profonda del più insondabile e impalpabile dei sentimenti. 
 
Ilaria Mainardi
Dopo la proiezione milanese, Fuoco Amico di Francesco Del Grosso torna a Roma il  21 dicembre alle 20.30, nella splendida cornice del cinema Dei Piccoli, storica sala capitolina situata nel cuore di Villa Borghese, in occasione dell'anniversario dei venticinque anni dal sequestro di Davide Cervia. Questa proiezione fa parte di una serie di eventi che si svolgeranno nei prossimi mesi in altre città italiane. Il docu-film ricostruisce la drammatica vicenda che vede protagonista l'ex marinaio sanremese e la sua famiglia. Alla proiezione parteciperanno i familiari di Davide, il regista, rappresentanti della troupe e della produzione, oltre ad una serie di ospiti. 
 
 
Raccontare la storia di Davide Cervia significa raccontare la storia di un uomo segreto, costretto a convivere con un passato che ha dovuto tenere nascosto anche dopo esserselo messo alle spalle. La sua è la storia di un uomo, un marito, un padre e un cittadino svanito senza lasciare alcuna traccia in un giorno come tanti, la cui esistenza è da vent’anni e passa sospesa tra la vita e la morte.  Il 12 settembre del 1990, il trentunenne di origini sanremesi non ha fatto ritorno nella sua casa nei pressi di Velletri, una cittadina alle porte di Roma, dove ad aspettarlo come tutte le sere c’erano la moglie e i due figli. Un buco nero sembra averlo inghiottito. Da quel momento di Cervia non si saprà più nulla. Lentamente e tra mille difficoltà intorno alla sua vicenda sono emerse scomode e sconcertanti mezze verità, che hanno acquisito con il passare del tempo la forma di piccoli tasselli di un grande intrigo internazionale. A riportarle a galla lo sforzo congiunto di una famiglia e di un gruppo di persone che a vario titolo si sono occupate del caso, dovendo di volta in volta fare fronte comune contro atti intimidatori, depistaggi, processi, bugie, gravi omissioni, false testimonianze e tentativi di insabbiamento. Fuoco amico è il racconto intimo e privato di un’odissea pubblica, un viaggio tra le parole, le testimonianze e i ricordi legati ad uno dei tanti Segreti di Stato taciuti e non ancora rivelati. Prodotto da Giulia Piccione, fotografia Daniele Anzellotti, montaggio Francesca Sofia Allegra, musiche originali Raffaele Inno, suono Daniele Guarnera, secondo operatore e steadycam Eugenio Barzaghi, motion graphic Lena Di Gennaro, montaggio del suono e mix Marco Saitta, color correction Ercole Cosmi, aiuto regia e riprese aggiuntive Giulia Piccione, assistente al montaggio Giulio Tiberti, sottotitoli e adattamento Gianfranco Liotta.
 
per riservare un posto in sala entro il 16 dicembre http://www.movieday.it/event/event_details?event_id=104
 
La proiezione avrà luogo solo al raggiungimento del numero di posti necessari in sala
 

Il Ponte delle Spie

Venerdì 04 Dicembre 2015 13:16 Pubblicato in Recensioni
Sul ponte delle spie di Steve Spielberg, si combatte una lunghissima partita a scacchi, fatta di mosse e contro mosse. Tom Hanks è l’avvocato James B. Donovan, a lui nel 1957 durante la Guerra Fredda, viene affidato il compito di rappresentare in tribunale un anziano pittore senza patria il “colonnello” Abel (Mark Rylance) accusato, a buon ragione, di essere una spia russa. I due sono uomini stoici, uomini che non si sono mai piegati, l’uno osservante della legge, incorruttibile sul lavoro, padre di famiglia, dalla dialettica invidiabile. L’altro alla fine della sua vita, fedele sempre a se stesso e alla sua arte. La stima reciproca porterà inevitabilmente i due protagonisti a spalleggiarsi in un gioco più grande di loro. Mentre il governo ipocrita degli Stati Uniti spinge perché Abel finisca sulla sedia elettrica e l’avvocato difensore venga messo alla gogna dall’opinione pubblica, i Sovietici catturano vivo il (non ancora) famoso pilota americano Gary Powers (Austin Stowell) in missione segreta e un povero studente della stessa nazionalità Frederic Pryor (Will Rogers), colpevole solo di aver deciso di studiare economia e comunismo all’ombra del muro di Berlino. I due ragazzi diventano la merce di scambio con cui Abel potrebbe tornare in patria, il resto è storia. Storia vera, come fu per Schindler’s List, ancora una volta Steven Spielberg, perpetua il suo impegno a far conoscere alle nuove generazioni (e non solo) gli uomini giusti che hanno fatto (davvero senza retorica) la differenza. Si parla troppo spesso di come il regista, abbia ormai perso la scintilla che lo faceva grande negli anni 90. È Innegabile che anche in questo film, il ritmo sia soggettivo (quasi assente) le sequenze delle arringhe in tribunale sono estenuanti e faticose come quelle del suo “Lincoln” nel 2012, anche questa volta la “guerra” di sfondo ricorre come tema portante, ma questa “guerra” qualcuno al cinema la deve pur fare, e Spielberg dimostra ancora di padroneggiare la materia, la sua fotografia viene continuamente imitata, copiata, rimasticata ma mai raggiunta. Il ritratto di Berlino Est è crudo, agghiacciante, Donovan si muove nel suo cappotto a testa bassa, sotto la neve mentre il muro viene costruito, mattone su mattone. La pesantezza della storia. Il ponte del titolo è lo scenario perfetto per la sequenza cruciale, in cui la notte disegna le figure dei protagonisti quasi fermi congelati, come in un quadro. I dialoghi sono scritti da Matt Charman e dai fratelli Choen (e si vede) restano impressi come il sorrisone di Tom Hanks e gli sguardi bassi, buoni e disarmanti, di Mark Rylance (non a caso l’attore è stato scelto dallo stesso regista per interpretare “Il GGG Grande Gigante Gentile” nel suo prossimo film) è delizioso e invidiabile il suo approccio alla paura. Thomas Newman non sostituisce John Williams come compositore della colonna sonora ma fa la sua parte. Il trucco, la ricostruzione minuziosa dei costumi d’epoca, le facce delle comparse e dei comprimari, sempre “piene” sempre precise, si può intuire che si tratta di un film di Spielberg anche solo da questo, c’è una firma inconfondibile dietro a tutti i suoi lavori, una precisione invidiabile, con i suoi quasi, settanta anni, il maestro di storia più amato dal mondo, ha ancora tanto da insegnare. 
 
Francesca Tulli

Bellocchio e Scola al Palladium

Giovedì 26 Novembre 2015 10:26 Pubblicato in News
Due eventi d’eccezione al teatro Palladium, in occasione del Convegno Internazionale “Cinema & Storia. Tempo, memoria, identità nelle immagini del nuovo millennio”, organizzato dal Dipartimento Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre e curato da Christian Uva e Vito Zagarrio: giovedì 26 novembre alle ore 21 Marco Bellocchio presenterà e commenterà la sua ultima opera Sangue del mio sangue. Il film sarà introdotto dai curatori dell’evento e da Tiziana Maria Di Blasio, consulente storica del film. Venerdì 27 novembre alle ore 21 sarà la volta di Ettore Scola, che parlerà del rapporto tra il suo cinema e la storia, partendo dall’analisi di una selezione di scene dai suoi film. Alla serata parteciperà anche Silvia Scola, recente autrice di un documentario sul padre.
 
 
Le due importanti serate al Palladium suggellano un convegno internazionale in cui, studiosi di tutto il mondo ragionano sul rapporto, appunto, tra Cinema & Storia, dibattendo in una ventina di panel e workshop in contemporanea. Il convegno si tiene al Dams di Roma Tre (via Ostiense 133) e sarà preceduto mercoledì 25 novembre, a Palazzo Braschi, da una master class di Marco Tullio Giordana sullo stesso argomento, nell’ambito della mostra fotografica “War is Over!”.
 
La presenza dei tre autori e di più di 120 studiosi di varie generazioni e nazioni, fa dell’evento “Cinema & Storia” (tra Palazzo Braschi, Dams e Teatro Palladium) un appuntamento importante per la cultura romana e per il dibattito nazionale e internazionale sul cinema e gli audiovisivi in generale. Si tratta di una relazione, specialmente quella tra il cinema contemporaneo ibridato da video, televisione, web, videogame e la Storia, intesa anche come bruciante cronaca del presente, che assume nuovi contorni se declinata alla luce delle guerre contemporanee, del terrorismo, delle migrazioni di massa, dei genocidi. Un’opportunità imperdibile per una riflessione, attraverso il passato prossimo, sull’oggi.
 
Programma dettagliato su http://uniromatre.wix.com/cinemaestoria