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Il Ponte delle Spie

Venerdì 04 Dicembre 2015 13:16 Pubblicato in Recensioni
Sul ponte delle spie di Steve Spielberg, si combatte una lunghissima partita a scacchi, fatta di mosse e contro mosse. Tom Hanks è l’avvocato James B. Donovan, a lui nel 1957 durante la Guerra Fredda, viene affidato il compito di rappresentare in tribunale un anziano pittore senza patria il “colonnello” Abel (Mark Rylance) accusato, a buon ragione, di essere una spia russa. I due sono uomini stoici, uomini che non si sono mai piegati, l’uno osservante della legge, incorruttibile sul lavoro, padre di famiglia, dalla dialettica invidiabile. L’altro alla fine della sua vita, fedele sempre a se stesso e alla sua arte. La stima reciproca porterà inevitabilmente i due protagonisti a spalleggiarsi in un gioco più grande di loro. Mentre il governo ipocrita degli Stati Uniti spinge perché Abel finisca sulla sedia elettrica e l’avvocato difensore venga messo alla gogna dall’opinione pubblica, i Sovietici catturano vivo il (non ancora) famoso pilota americano Gary Powers (Austin Stowell) in missione segreta e un povero studente della stessa nazionalità Frederic Pryor (Will Rogers), colpevole solo di aver deciso di studiare economia e comunismo all’ombra del muro di Berlino. I due ragazzi diventano la merce di scambio con cui Abel potrebbe tornare in patria, il resto è storia. Storia vera, come fu per Schindler’s List, ancora una volta Steven Spielberg, perpetua il suo impegno a far conoscere alle nuove generazioni (e non solo) gli uomini giusti che hanno fatto (davvero senza retorica) la differenza. Si parla troppo spesso di come il regista, abbia ormai perso la scintilla che lo faceva grande negli anni 90. È Innegabile che anche in questo film, il ritmo sia soggettivo (quasi assente) le sequenze delle arringhe in tribunale sono estenuanti e faticose come quelle del suo “Lincoln” nel 2012, anche questa volta la “guerra” di sfondo ricorre come tema portante, ma questa “guerra” qualcuno al cinema la deve pur fare, e Spielberg dimostra ancora di padroneggiare la materia, la sua fotografia viene continuamente imitata, copiata, rimasticata ma mai raggiunta. Il ritratto di Berlino Est è crudo, agghiacciante, Donovan si muove nel suo cappotto a testa bassa, sotto la neve mentre il muro viene costruito, mattone su mattone. La pesantezza della storia. Il ponte del titolo è lo scenario perfetto per la sequenza cruciale, in cui la notte disegna le figure dei protagonisti quasi fermi congelati, come in un quadro. I dialoghi sono scritti da Matt Charman e dai fratelli Choen (e si vede) restano impressi come il sorrisone di Tom Hanks e gli sguardi bassi, buoni e disarmanti, di Mark Rylance (non a caso l’attore è stato scelto dallo stesso regista per interpretare “Il GGG Grande Gigante Gentile” nel suo prossimo film) è delizioso e invidiabile il suo approccio alla paura. Thomas Newman non sostituisce John Williams come compositore della colonna sonora ma fa la sua parte. Il trucco, la ricostruzione minuziosa dei costumi d’epoca, le facce delle comparse e dei comprimari, sempre “piene” sempre precise, si può intuire che si tratta di un film di Spielberg anche solo da questo, c’è una firma inconfondibile dietro a tutti i suoi lavori, una precisione invidiabile, con i suoi quasi, settanta anni, il maestro di storia più amato dal mondo, ha ancora tanto da insegnare. 
 
Francesca Tulli

Bellocchio e Scola al Palladium

Giovedì 26 Novembre 2015 10:26 Pubblicato in News
Due eventi d’eccezione al teatro Palladium, in occasione del Convegno Internazionale “Cinema & Storia. Tempo, memoria, identità nelle immagini del nuovo millennio”, organizzato dal Dipartimento Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre e curato da Christian Uva e Vito Zagarrio: giovedì 26 novembre alle ore 21 Marco Bellocchio presenterà e commenterà la sua ultima opera Sangue del mio sangue. Il film sarà introdotto dai curatori dell’evento e da Tiziana Maria Di Blasio, consulente storica del film. Venerdì 27 novembre alle ore 21 sarà la volta di Ettore Scola, che parlerà del rapporto tra il suo cinema e la storia, partendo dall’analisi di una selezione di scene dai suoi film. Alla serata parteciperà anche Silvia Scola, recente autrice di un documentario sul padre.
 
 
Le due importanti serate al Palladium suggellano un convegno internazionale in cui, studiosi di tutto il mondo ragionano sul rapporto, appunto, tra Cinema & Storia, dibattendo in una ventina di panel e workshop in contemporanea. Il convegno si tiene al Dams di Roma Tre (via Ostiense 133) e sarà preceduto mercoledì 25 novembre, a Palazzo Braschi, da una master class di Marco Tullio Giordana sullo stesso argomento, nell’ambito della mostra fotografica “War is Over!”.
 
La presenza dei tre autori e di più di 120 studiosi di varie generazioni e nazioni, fa dell’evento “Cinema & Storia” (tra Palazzo Braschi, Dams e Teatro Palladium) un appuntamento importante per la cultura romana e per il dibattito nazionale e internazionale sul cinema e gli audiovisivi in generale. Si tratta di una relazione, specialmente quella tra il cinema contemporaneo ibridato da video, televisione, web, videogame e la Storia, intesa anche come bruciante cronaca del presente, che assume nuovi contorni se declinata alla luce delle guerre contemporanee, del terrorismo, delle migrazioni di massa, dei genocidi. Un’opportunità imperdibile per una riflessione, attraverso il passato prossimo, sull’oggi.
 
Programma dettagliato su http://uniromatre.wix.com/cinemaestoria

Spectre

Venerdì 13 Novembre 2015 14:38 Pubblicato in Recensioni
“Spectre” non è la copia-carbone di “Skyfall” e questo è un bene.
Il film procede sui binari del più marcato classicismo, senza però diventare mai stantio, prova ne è il primo lungo piano-sequenza a Città del Messico, durante El Dia de los Muertos.
I morti sono vivi, come recita la didascalia, e festanti calacas danzano, ignari del loro ruolo di preludio tragico.
Anche Bond è mascherato, e naturalmente accompagnato da gentil donzella, ma il suo volto scheletrito, dal quale emerge l'azzurro intenso degli occhi, è quello di un uomo che non ha bisogno di celarsi per banchettare con la morte.
I riferimenti ai Bond passati, ormai rivisti e corretti, piaccia o meno, nella faccia segnata e intensa, e nel fisico massiccio di Craig, rappresentano probabilmente il tentativo di riallacciarsi alla tradizione dell'agente con licenza di uccidere.
Dopo l'azzardo freudiano di Skyfall, film con una prima parte strepitosa e una seconda senz'altro potente, ma troppo debitrice, complice la fotografia cupissima di Deakins, qui sostituito da Van Hoytema, capace di tratteggiare con naturalismo il caldissimo e il freddissimo della luce, all'immaginario nolaniano dell'uomo pipistrello, Spectre rimette i tasselli al loro posto, non senza qualche intralcio narrativo o caduta di ritmo.
Bond, incredibile fenice, vero man of steel senza tema di kryptonite, deve vedersela con i tentacoli piovreschi della Spectre, guidata dall'enigmatico Franz Oberhauser aka Ernst Stavro Blofeld, uno che ha qualche conticino in sospeso con l'agente segreto, fin dalla più tenera età.
Lo interpreta Christoph Waltz in modo a tratti struggente, per il breve tempo scenico che gli è concesso. 
La cadenza leggermente enfatica della voce, in alcuni momenti della versione italiana, non inficia affatto la calibrata tensione del suo sguardo, quello di un uomo, non quello di un villain, termine banale e schematico che infatti l'attore austriaco detesta.
Ma, come Lynch ci ha insegnato, i gufi non sono quello che sembrano, e qualche insospettabile (o quasi) fa il gioco sporco anche nei pressi dell'MI6, capitanato, dopo la morte della M come Madre, dal Mallory di Ralph Fiennes, misurato e perfettamente in parte.
Tornano anche Q (Ben Whishaw, uno dei talenti più prodigiosi della sua generazione e non solo) e la deliziosa Naomie Harris, nel ruolo di Miss Moneypenny, più solerti a esaudire le richieste di James che quelle del loro diretto superiore.
E naturalmente ci sono le donne, diverse, almeno per un particolare che non si può svelare senza dire troppo della trama del film, da quelle alle quali l'immaginario bondesco ci ha abituati: Monica, basta la parola, fa fatica a doppiarsi – migliore infatti in inglese - ma è ugualmente una figura divina.
Il suo breve intermezzo, carezzato da una fotografia che, per contrapposizione tra gli scuri e i gialli-arancio, rimanda a un'Antonia Zarate di Goya e sottolineato, lentamente, dalla cura estatica che la M.d.P. tributa soltanto alle dive, segue la parte romana del film, una grande bellezza action che affresca di amore e rispetto mai cartolineschi la città. Lucia, questo il nome del personaggio, è statuaria, è pura presenza, appena scalfita dalla passionalità di Bond che la inchioda, la sfiora con le labbra, la indaga, nella pelle candida, e poi la contempla, bellissima e eterna, probabilmente salvifica.
La seconda figura femminile introdotta da “Spectre” gioca invece una partita completamente diversa e non potrebbe non essere così. 
Siamo dalle parti di Eva Green, la prima cosiddetta Bond girl dell'era Craig, l'unica realmente amata dall'uomo, più incline, come da tradizione, a intrattenersi fugacemente nelle alcove delle moltissime splendide fanciulle che incontra, che ai sentimentalismi. 
Si può pregustare persino, come già era successo con la Vesper Lynd di Casinò Royale, un retrogusto malevolo nella giovane dottoressa, dal nome proustiano, tutt'altro che succube al fascino da sciupafemmine dell'agente segreto. 
All'insegna delle omissioni è caratterizzata infatti la recitazione di Lea Seydoux, provocante, ma ambigua, magari complice: e se l'identità del vero deus ex machina della Spectre subisse un ribaltamento di genere?
O forse sono solo suggestioni, chissà.
Naturalmente, pur con tutti gli svecchiamenti, per lo zoccolo duro dei fan della prima ora, talvolta quasi eretici, che si vogliono, al centro dell'azione drammatica resta Daniel Craig, a conti fatti e al di là di ogni pregiudizio iniziale, il miglior Bond dai tempi di Sean Connery, sempre più alla ricerca di un'umanità oltre i simboli – non c'è verso che riesca a bersi in pace un vodka martini – qui finalmente ironico, quale sa benissimo essere, granitico e seducente, umbratile, ma non scontroso: l'attore dimostra che la calaca è solo una maschera e, se dietro c'è il fior fiore della tecnica Guildhall, gli stereotipi vanno buttati nel gabinetto, per saltare un passaggio, stessa sorte che l'agente auspica per il frullato probiotico che vorrebbero appioppargli e che non fa in tempo neppure ad assaggiare, per cause di forza maggiore, ma un po' anche per difendere la propria integrità!
Del resto lui è Bond, James Bond (e speriamo lo resti per un altro film!).
 
Ilaria Mainardi
 
Grande apertura con “In Jackson Heights” di Frederick Wiseman, Evento Speciale “Showbiz”
 
Inizia oggi a Roma fino al 15 novembre, tra il cinema Farnese Persol e il Cineclub Detour, l’ottava edizione del Visioni Fuori Raccordo Film Festival che si propone di promuovere e valorizzare i migliori documentari italiani dell’ultimo anno, con il contributo della Regione Lazio e il patrocinio del Comune di Roma.  
 
 
Dodici i documentari in CONCORSO tra cui 2 anteprime assolute e 5 anteprime romane che indagano il rapporto tra il cinema e la metropoli intesa in senso ampio con le sue migrazioni, molteplici identità e diversi confini.  Offrono uno sguardo sulla città e le sue aree periferiche: Habitat – Note personali di Emiliano Dante, MaldiMare di Matteo Bastianelli e Napolislam di Ernesto Pagano. Particolare attenzione viene riposta verso i luoghi della malattia e dell’emarginazione: La malattia del desiderio di Claudia Brignone, The Perfect Circle di Claudia Tosi e Roma Termini di Bartolomeo Pampaloni. Molti documentari scelgono la dimensione autobiografica del diario conoscitivo: Memorie – In viaggio verso Auschwitz di Danilo Monte, Ogni preziosa giornata di Francesco Adolini; Samsara Diary di Ram Pace. Infine alcuni autori si concentrano sul ritratto umano tratteggiando un affresco corale in Uomini Proibiti di Angelita Fiore, un confronto individuale Dal ritorno di Giovanni Cioni o un incontro interculturale Doris e Hong di Leonardo Cinieri Lombroso. Tutti i registi presenteranno i documentari in sala.
FUORI CONCORSO il festival propone, nella sezione PANORAMA INTERNAZIONALE, due prime visioni, dopo la Mostra del Cinema di Venezia: “In Jackson Heights”, del regista statunitense Frederick Wiseman, Leone d’oro alla carriera nel 2014, documentario su una delle comunità etnicamente e culturalmente più eterogenee degli Stati Uniti e del mondo, che aprirà la kermesse l’11 novembre alle 20.30 al cinema Farnese Persol e “The Event” del regista ucraino Sergei Loznitsa (“I ponti di Sarajevo”, “Maidan”) sul fallito colpo di Stato del 1991 in Russia che portò alla fine del potere sovietico. 
Due gli EVENTI SPECIALI dopo la presentazione alla Festa del cinema di Roma, il docufilm “Showbiz” di Luca Ferrari, che presenterà il film in sala, prodotto da Kimera Film e  Valerio Mastandrea e due cortometraggi “Quasi eroi” e “Se avessi le parole” di Giovanni Piperno scritti e interpretati coinvolgendo i ragazzi della periferia romana con il progetto Tor Sapienza Film Lab. 
LA GIURIA che assegnerà il premio al miglior documentario  è composta da personalità che si sono distinte nella realizzazione, studio e divulgazione del genere cinematografico documentaristico. La regista  Valentina Zucco Pedicini, la direttrice della fotografia e documentarista Sabrina Varani e Fabio Mancini dal 2013 commissioning editor del programma DOC3 su RaiTre. Le attività dei giurati saranno riperse e i video trasmessi on-line per garantire la massima trasparenza dei lavori. “Visioni Fuori Raccordo appare quanto mai fondamentale – precisa il direttore Luca Ricciardi – nel contesto attuale italiano in cui, anche se il documentario sembra ormai sdoganato e finalmente considerato cinema tout court, sono sempre pochi e coraggiosi i distributori che si dedicano al genere e ancor meno gli spazi che gli riservano i palinsesti televisivi. A questo proposito –continua Ricciardi -  un festival come il nostro garantisce visibilità e riflessioni  attorno al grande sviluppo del documentario italiano degli ultimi anni e consente al pubblico di conoscere opere internazionali altrimenti assenti dal sistema distributivo”. 
 
Maggiori informazioni e il programma nel dettaglio consultando http://www.fuoriraccordo.it/