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La storia si fa con gli ultimi, prima con le armi e le bombe, poi con la matita e le schede elettorali. E’ una delle tanti espressioni pronunciate dal Benito Mussolini di Luca Marinelli nella serie diretta da Joe Wright,  M – Il Figlio del Secolo. Si parla di una serie evento ed è proprio su questo aspetto che è necessario soffermarsi.  Nelle ultime ore la stampa ha parlato di un contenuto unico nel suo genere quello diretto dal regista anglosassone di Espiazione e Orgoglio e Pregiudizio, il virtuoso Joe Wright. Da un occhio clinico e attento come il suo non ci si poteva aspettare nulla di diverso da una serie di ampissimo respiro e di rara capacità seduttiva, con un protagonista strisciante e sopra le righe, spesso anche capace di strappare un mezzo sorriso. Perché in effetti si ride a metà o per essere più precisi, si accenna al riso per la bestialità del Mussolini di Marinelli e per la sua capacità disarmante di mutare continuamente idee e apparenza, sempre a proprio vantaggio e nella completa incuranza del prossimo.

Un uomo che vive in funzione del suo personaggio, acutamente edificato per trainare i più fragili, per destare i sentimenti più arditi e irrazionali nei disillusi, nel popolo dei reduci, reietti, mutilati, degli eroi dimenticati della grande guerra. Il tono adottato da Wright e dagli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino, è quello del grottesco, della farsa, occupando quello spazio tra il bene assoluto e il male assoluto. Una scelta che si ritrova rappresentata in prima persona dai personaggi, così parodistici, quasi presi in prestito dal circo, vicini all’immagine dei saltimbanchi e come loro, sempre pronti a ingannare sbeffeggiando il principio, demolendo la democrazia. In virtù della sua natura eccentrica e grottesca, la serie abbandona il respiro più autorevole e serio della quadrilogia di Antonio Scurati, ripercorrendo in chiave eccentrica l’ascesa politica del trentacinquenne Mussolini, sposato, già padre e già fondatore dei fasci di combattimento.  Racconto quindi controverso, costellato di errori e grandi intuizioni, molte delle quali dovute essenzialmente alla virtù più marcata di questo personaggio: la capacità di scegliere e circondarsi di persone brillanti. Se da un lato si assiste alla nascita di un partito, di un ideale, di un’illusione che mano a mano nutre un progetto sempre più concreto, dall’altro si mostra impietosamente quella che fu l’incapacità di arrestare questo movimento e di opporre resistenza alla sua ascesa. Luca Marinelli è irriconoscibile, come si sperava, e lo è nella misura in cui riesce a restituire un ritratto così inedito e ammaliante, capace di sedurre e indignare. Istrione e bestia, nelle accezioni più strette. La difficoltà nell’interpretazione è stata accompagnata dalla sospensione del giudizio senza mai permettere al personaggio di invadere la parte psicologica, legata all’inconscio, come lo stesso Marinelli ha dichiarato poco prima dell’uscita della serie. La nota positiva è che come previsto la serie suscita e continuerà a suscitare discussioni aperte e sempre più accese, segnale confortante che dimostra quanto faccia bene a tutti il confronto e lo scontro di idee. Quanto tutto ciò sia d’aiuto a mantenere viva una democrazia sempre più incerta che dobbiamo strenuamente difendere. 

 

 

 

Giada Farrace

Sono ufficialmente iniziate a fine 2024 le riprese di …e continuano a mangiare fagioli, docufilm omaggio ai film interpretati da Bud Spencer e Terence Hill.

Tra western e comedy, ricco di battute iconiche, scazzottate e con l’immancabile Dune Buggy rossa con cappottina gialla nel mezzo, il progetto, diretto da Daniel Mercatali, nasce da una raccolta fondi che ha coinvolto i fan e si ispira al libro I fagioli comunque… erano uno schifo di Marcello Vicini, che ne è anche produttore insieme a Human Film InternationalEverglades FilmNevada FilmElia Pascoli e Paolo Lustica. con il sostegno della famiglia Zingarelli, erede di Italo Zingarelli produttore storico di …più forte ragazzi!, dei due film su Trinità e di Io sto con gli ippopotami, oltre che della famiglia Barboni, erede di E.B. Clucher alias Enzo Barboni, celebre regista italiano dei Trinità e di tanti altri lungometraggi della coppia.

A fornire le proprie testimonianze nel docufilm sarà un cast stellare comprendente Sal Borgese (l’indigeno Anulu di Chi trova un amico trova un tesoro), Franco Micalizzi (autore della colonna sonora di Lo chiamavano Trinità), l'attore Spagnolo Manuel de Blas (il mitico Paganini di …altrimenti ci arrabbiamo!), Ernesto Gastaldi (sceneggiatore de Il mio nome è nessuno), Yanti Somer (la figlia dei contadini di …continuavano a chiamarlo Trinità), gli stunt Ottaviano Dell’AcquaFranco Moruzzi e Pietro Torrisi, l'attrice Martina Palladini (Il ladro di stelle cadentiBuio come il cuore), Roberto Lucchi, artigiano designer di cappelli, e tanti altri nomi importanti che verranno presto svelati.

Con la fotografia di Davide Mancori e l’arte visiva multimediale di Alberto Baldisserotto, (già produttore e disegnatore della collana ufficiale a fumetti Trinità & Bambino, le riprese di …e continuano a mangiare fagioli si svolgeranno tra Italia, San Marino, Francia e Spagna.

 

Distribuito da Saturnia Pictures sulle principali piattaforme streaming internazionali quali Prime VideoChili TVGoogle Play e Apple Tv…e continuano a mangiare fagioli si appresta ad essere un’avventura cinematografica senza precedenti. Sono previste anteprime nelle principali città italiane e anche ad Amelia, terra natale della famiglia di Terence Hill, per onorare le sue radici.

Fondamentale il sostegno del Main Sponsor Melandri Gaudenzio srl, nonché di sponsor minori italiani e sammarinesi: fratelli Pietta, Roberto Lucchi, 02 e Officina del capello, F.M. New Gym 2000.

La leggenda, quindi, sta per tornare, celebrando il passato e strizzando l’occhio al futuro tra una fagiolata e l’altra!

Photo credits: Giulio Mercatali

Inizio 2025 di riprese a Sorrento per un lungometraggio cinematografico che, prodotto da Salvatore Piedimonte Daniele Gramiccia con creative producer Andrea Iervolino e il coinvolgimento di quattro nazioni, vedrà tra i protagonisti la star hollywoodiana Alec Baldwin Luisa Rubino, volto iconico delle serie Netflix Narcos: Mexico. Diretto da Alessandro Derviso e scritto dallo stesso insieme Nio Lauro Marcello Ingenito, un poliziesco ispirato ad una celebre serie degli anni Settanta di cui, però, al momento non sono stati rivelati il titolo e la trama.

Un progetto che celebra il connubio tra arte, cultura e il fascino unico della Terra delle Sirene e che il regista – membro dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences e già in concorso all’Oscar con il suo cortometraggio The walk – garantisce sarà un racconto avvincente, un viaggio nel mistero e nell’intrigo dall’ambientazione mozzafiato, destinato ad entrare nei cuori di tutti gli amanti del genere.

 

 

Un progetto che sarà interamente girato nella splendida città di Sorrento nell’Hotel President, caratterizzato dal panorama mozzafiato da cui si gode la vista della meravigliosa penisola, del golfo di Napoli e del maestoso Vesuvio. Le riprese verranno effettuate inoltre nel Museo Correale di Terranova e in altre storiche e prestigiose location, da Villa Sacco all’Hotel Excelsior Victoria, ma si stanno valutando anche altri prestigiosi luoghi iconici, come Villa Fiorentino, che offriranno uno scenario unico e rafforzeranno ulteriormente l’immagine della penisola sorrentina quale destinazione d’eccellenza.

 

Nel cast l’attrice e produttrice Martina Marotta, mentre si stanno ultimando le assegnazioni di alcuni ruoli e figurazioni speciali e nella penisola verranno inoltre organizzate sessioni per la scelta delle comparse. Mauro e Antonio Spenillo realizzeranno la colonna sonora, mentre il maestro Carlo Morelli, presente nel film, sarà anche il supervisore musicale con il poliedrico e pluripremiato compositore Michele Josia, protagonista di masterclass che si svolgeranno in primavera a Napoli, nella Chiesa di San Potito; ma vi sarà spazio anche per il maestro Giuseppe Maresca e la sua banda musicale.

Il film rinnova poi la collaborazione tra Alessandro Derviso e il celebre make-up artist ed effects designer Vittorio Sodano – già candidato all’Oscar per Apocalypto di Mel Gibson e Il divo di Paolo Sorrentino – e vede in qualità di script supervisor il regista americano Chris Evans, reduce dal successo del suo When the withered leaf awakens. Partner dell’opera, la cui anteprima mondiale è prevista in occasione del Festival di Cannes 2025 anticipando la distribuzione al cinema in tutto il globo e sulle principali piattaforme di streaming, è l’importante azienda nutraceutica italiana Shedir Pharma, nata in penisola sorrentina dal sogno dell’imprenditore Umberto Di Maio; oltre a Musiciens in collaborazione con la famiglia Acampora, la partecipazione in associazione di EnergiaOra, con Sorrento Luxury e Alatere Consultancy, e la sartoria del Maestro Giuseppe Tramontano, che si occuperà dei costumi di scena. Pierluigi Di Monda sarà il responsabile delle partnership commerciali.

 

Nosferatu

Mercoledì 01 Gennaio 2025 18:30 Pubblicato in Recensioni
Spesso il periodo di gestazione di alcuni film è piuttosto lungo e complesso. Nella maggior parte dei casi si tratta di una scelta obbligata, dettata da necessità tecnico scenografiche di raggiungere un esito formale adeguato al progetto in fase di produzione. E’ il caso dei soggetti di matrice fantascientifica o delle impegnative trasposizioni storiche. Dal canto suo, il tempo è un narcotico insidioso, vitale per impreziosire trame complesse, fatale per le storie nelle quali l’essenzialità e il rigore servono a mantenere il battito del ritmo narrativo regolare. Nosferatu di Robert Eggers è un film evento non tanto per ciò che sceglie di narrare, ma per ciò che ha comportato in questi due anni, tra dibattiti accesi e pronostici abbagliati. Eggers lo ha modellato, rimaneggiato e masticato allo sfinimento, aggiungendo e togliendo sezioni, come lui stesso ha dichiarato alla stampa americana poco prima dell’uscita nelle sale. E come una gomma masticata a lungo, che inevitabilmente diviene dura e insapore, così il film ha finito per perdere tono e significato. Andiamo per gradi. La trama si discosta (nel suo scheletro) molto poco da quella raccontata in precedenza, rispettivamente da Herzog (1979) e da Murnau (1922). Germania, 1897. La giovane Ellen, sposata con  l’agente immobiliare Thomas, affonda improvvisamente in quelli che erano i suoi incubi adolescenziali. Una creatura oscura e infernale cerca di possederla, uccidendo le persone a lei care. Sogni che diventano ossessioni, visioni che prendono il sopravvento al calar delle tenebre e che la trascinano a pochi giorni di distanza dalla partenza del marito in una profonda trance. Thomas infatti, lascia il sacro talamo per recarsi in Transilvania e chiudere un importante affare, inconsapevole che il cliente da cui si sta recando altri non è che il peggiore incubo della moglie. A leggere la trama, nulla appare fuori luogo o avulso dal contesto di riferimento e cioè il racconto del Conte Orlok. Le cose cambiano radicalmente una volta che ci si siede in sala e si inizia a vedere il film. Qui iniziano i guai. Primo tra tutti, è quell’allure un po' blasonata che permea fotografia, montaggio sonoro e personaggi (tutti bellissimi e giovanissimi ad eccezione di una benedetta minoranza). Nessuno inoltre, osa mettere in discussione l’incanto dell’atmosfera e della messa in scena, che si riverbera in una bellissima costruzione plastica delle sequenze tanto da richiamare le opere fiamminghe. I primi piani di Ellen (Lily Rose Depp), sono probabilmente la cosa più riuscita del film. Il volto è attraversato in alcune fasi da una luce spettrale bluastra, che si fa presagio pestilenziale di morte. Una luce che avvolge il corpo in una forza putrefatta e che è il tratto più suntuoso e inquietante di tutto il film. Purtroppo il cinema non vive di solo compiacimento iconografico, ma di tanti altri aspetti capaci di inserire e restituire sconvolgimento, angoscia, soprattutto se si ha tra le mani il personaggio di Nosferatu. E’ proprio lui, il principe della notte, a subire l’attentato più grave: la bidimensionalità, tara che lo rende epidermico e totalmente privo di mistero. Nella prima parte, con l’arrivo di Thomas al Castello, si assiste a una serie di scene a dir poco frettolose. Eggers  preme l’accelleratore, saltando un momento chiave per la storia, lo svelamento agli occhi di Thomas della vera natura di Nosferatu, che sarebbe dovuto avvenire per gradi, lasciando aleggiare un senso di smarrimento e suggestione. Invece si passa subito al viaggio del vampiro nella nave verso la Germania, verso Ellen. Arriviamo alla parte del film che funziona di meno, quella che va dalla metà del racconto al suo dispiegamento finale. Eggers noto ai suoi spettatori per l’essenzialità nei dialoghi, qui sembra volerci stordire con le parole e non con i fatti. Scelta davvero incomprensibile e inaspettata, che annoia e atterrisce il pubblico alle prese con scambi piuttosto caricaturali. Se la tensione va esaurendosi nelle chiacchiere dei protagonisti, il film si compromette definitivamente con un uso imperdonabile della possessione, fatto di contorcimenti e occhi rivoltati all’indietro, a cui il cinema dell’orrore ci ha assuefatti e al quale evidentemente nessuno ha il coraggio di sottrarsi. Poco importa se appartiene a un altro codice narrativo o se stride con tutto il contesto. Scivolone da sonora pernacchia. Eggers è indubbiamente un bravo regista, un autore che ha dimostrato di avere identità e talento, ma in questo caso ha scelto una via sicura, disinnescando ogni forma di sovversione, rinunciando a qualsiasi tentativo di omaggiare quella poetica gotico-horror cavalcata con audacia da Herzog. 
 
Giada Farrace