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L'ultima settimana di settembre

Domenica 15 Settembre 2024 18:20 Pubblicato in Recensioni
Pietro Rinaldi è un ex scrittore di successo, un uomo solo che il giorno del suo compleanno, anche per prendersi beffa del destino, decide di togliersi la vita. I suoi nefasti piani, per fortuna, sono destinati a non trovare l'epilogo cercato. Già intorpidito dai sonniferi mischiati ad abbondante alcool viene destato dall'arrivo di alcuni poliziotti che gli notificano l'incidente stradale occorso a figlia e genero e che li ha uccisi sul colpo. Si ritrova, pertanto e suo malgrado, a dover prendere in carico l'unico nipote adolescente rimasto orfano. I rapporti fra i due sono sempre stati pressoché inesistenti tanto che il ragazzo non lo chiama neppure con l'appellativo affettuoso di nonno ma per nome, forse anche per rimarcare una certa distanza di sicurezza emotiva da quel parente estraneo. 
Pietro, diventato tristemente tutore del minore Mattia, finalmente inizia la vera conoscenza del nipote. Anche se la decisione finale sarà comunque quella di affidarlo alle cure dello zio paterno Marcello, resosi disponibile nell'immediato ad accoglierlo nella sua famiglia, da questo momento sarà tutto nuovo e diverso.  Il viaggio per raggiungere questo parente affidatario sarà per entrambi l'occasione per crescere, maturare, imparare a volersi bene come è naturale che sia fra un nonno e un nipote. Dopo questo viaggio niente sarà più come prima per entrambi. Pietro avrà imparato che la vita ha in serbo regali e gioie, che è in grado di dispensare favori fino all'ultimo respiro e che bisogna assecondare gli eventi anche quando di primo acchito ci sembrano solo forieri di dolore. Un film che parla di sentimenti genuini, di rapporto fra le generazioni, di momenti della vita diversi ma complici, la fase adolescenziale piena di dubbi e paure e quella senile che sembra essere solo un fastidio da scacciare ma che può dimostrarsi invece ricca e piena, ancora proficua per se stessi e chi ci gravita intorno.
 
Nell'interpretare questa coppia troviamo un duo attoriale che si dimostra affiatato e vincente fin dalle prime battute. Diego Abatantuono (Pietro) ci regala un ritratto di uomo apparentemente tutto d'un pezzo, burbero, poco incline a smancerie ma che riserva nel profondo un animo gentile e un cuore tenero. D'altro canto, contraltare perfetto, un giovane timido e ben educato, giudizioso e rispettoso delle figure di riferimento, viene interpretato con naturalezza da un bravo Biagio Venditti. Questo incontro di solitudini che sboccia in un legame sempre più solido ci fa riflettere sull'importanza di avere affianco qualcuno che, nella sofferenza, ci aiuti nel concreto e non solo a parole, di cui sono tutti fin troppo capaci, a non affondare nelle sabbie mobili del dispiacere. Il film è tratto dall'omonimo libro di Lorenzo Licalzi edito da Rizzoli e si rivolge con garbo ad una platea prevalentemente familiare. In questo gradevole road movie si riconosceranno sia i ragazzi che si affacciano alla vita adulta con i primi innamoramenti, le prime delusioni e la voglia di farcela come tutti a diventare autonomi e indipendenti e gli anziani alla fine della vita con un bagaglio di esperienze da condividere e con un animo predisposto ad insegnare come cavarsela in qualsiasi tranello della vita nella quale possa capitare di imbattersi.
 
Un film delicato, mai urlato o sopra le righe, credibile e generoso nel mostrare una storia triste che può essere il principio per un nuovo inizio. 
 
Un tema difficile da esplorare ma tradotto con la giusta dose di riservatezza e sensibilità. La morte di entrambi i genitori proietta con un triplo salto mortale senza rete nell'età adulta e senza avere mai tutti gli strumenti per affrontare un simile dolore, a maggior ragione se si è colpiti da questa sciagura in giovane età. Eppure, con un tono mai cupo, la regia di Gianni De Blasi, convincente alla sua prima prova registica in un lungometraggio, riesce a raccontare una storia di smarrimento infondendo, al contempo, fiducia e speranza. La presenza di qualcuno anche quando lo credevamo lontano o del quale ignoravamo totalmente l'esistenza può inaspettatamente tenerci la mano per condurci ad un nuovo approdo.
 
Virna Castiglioni

Sono ufficialmente iniziate le riprese di Django Undisputed, il nuovo film diretto e interpretato da Claudio Del Falco, reduce da Iron fighter The martial avenger.

Il film, le cui riprese si svolgeranno nel Lazio e nel parco dei divertimenti Cinecittà World fino alla fine di Agosto 2024, segna un ulteriore ambizioso passo nella filmografia di Del Falco, il quale, da sempre interessato a riportare il genere nell’ambito della produzione cinematografica tricolore e che ricordiamo anche aver incarnato il villain in Assassin club di Camille Delamarre, mira questa volta a rispolverare lo spaghetti western, ormai da troppo tempo dimenticato sui nostri set.

Django Undisputed racconta la storia di Django, uomo determinato a riportare l'ordine in un villaggio del selvaggio West oppresso dalla violenza e dal crimine. Insieme al fratello, Django si trova ad affrontare il crudele Thomas in un duello all'ultimo sangue per salvare la loro comunità e proteggere dalla tirannia dei fuorilegge la madre Serena, proprietaria di una casa di tolleranza.

 

Del Falco stesso interpreta Django, mentre il fratello di quest’ultimo, Thomas e Serena possiedono i volti di Fabio Romagnolo, campione italiano di body Building IFBB PRO qui al suo debutto cinematografico, della star internazionale Tomas Arana e di Anna Rita Del Piano, all’interno di un ricco cast comprendente Michael SegalMauro AversanoFrancesca GiulianoCiro Buono e Clara Guggiari, con la partecipazione di Massimiliano Buzzanca e della ex Miss Italia Nadia Bengala. Inoltre, nei panni del padre di Django troviamo Ottaviano Dell’Acqua, storica presenza delle mitiche pellicole che videro protagonisti Bud Spencer e Terence Hill.

Dedicherò questo film al regista E.B. Clucher (Enzo Barboni) come tributo ai suoi Lo chiamavano Trinità Continuavano a chiamarlo Trinità, veri e propri capolavori del cinema western che hanno ispirato tutta la mia giovinezza” dichiara Del Falco a proposito di Django Undisputed, il cui obiettivo è riportare al cinema l’atmosfera inconfondibile degli spaghetti western unendo la tipica tradizione italiana ad una narrazione moderna e coinvolgente.

La fotografia del film è a cura di Matteo De AngelisFabio Loutfy si occupa del montaggio e Francesco Bureca dei costumi.

Django Undisputed è prodotto da One Seven Movies - Saturnia Pictures in collaborazione con Roswellfilm e sarà distribuito in tutto il mondo da Minerva Pictures international, nel cui catalogo sono già presenti anche Iron fighter The martial avenger.

Si stanno concludendo in questi giorni a Rio de Janeiro le riprese del film internazionale L’educazione della nonna, diretto da Massimo Scaglione e scritto dallo stesso insieme a Joe Luigi Scaglione Carolina E. Gaudio.

Girato tra lo Stato di Rio de Janeiro e l’Italia, il lungometraggio, liberamente ispirato ad una storia vera, si costruisce su una struttura circolare mostrando come la cultura riesca ad appropriarsi del degrado, liberando la vita di una ragazza al tragico destino che pareva esserle stato già assegnato.

Le protagoniste sono tre donne: Josephine, anziana arcigna e tiranna proprietaria di una pensione ubicata nell’isola di Rio de Janeiro e nonna della minorenne Conceição, abbandonata dalla madre e cresciuta dalla vecchia parente, che la impiega come domestica nella propria equivoca attività; fino all’incontro con Gina, signora di origini italiane alla quale la giovane racconta i propri tragici trascorsi fatti di soprusi e sfruttamento. Un incontro che rappresenta per Conceição una svolta e l’inizio di un riscatto sociale e culturale.

L’educazione della nonna è infatti suddiviso in due momenti: il primo di disperazione e degrado, il secondo di riscatto. Il confronto di due culture evidenzia luci e ombre per comunicare allo spettatore le peculiarità sociopolitiche, i costumi, i disagi, i sentimenti e i comportamenti del popolo di Paesi così distanti ma culturalmente vicini.

Il regista dichiara: “Girare in Brasile è stata un’avventura entusiasmante, non è il mio Paese e non è la mia lingua, ma la macchina da presa ha grandi occhi e grandi orecchie e un suo linguaggio, si fa capire e capisce catturando tutto. Lei è l’artefice del dispiegarsi di un racconto”.

Fanno parte del cast Anna Galiena, vincitrice del premio Globo d’oro e più volte candidata al David di Donatello, al Nastro d’argento e al Ciak d’oro, che presterà il volto a Gina, Nicola Siri Stars, di origini italiane ma molto noto in Brasile, Carolina Elisabetta Gaudio, al suo secondo lungometraggio da co-protagonista dopo il Don Chisciotte di Fabio Segatori, Neusa Borges, vincitrice del Premio Miglior attrice del Sud America 2023 e tra le maggiormente note artiste afrobrasiliane nel mondo, che vestirà i panni di Josephine, Gabriela MoreiraYasmin Machad, e Luciana Souza, premiata a Berlino con il film Bacurau.

 

La direzione della fotografia è affidata a Enio Berwanger, mentre il montaggio è di Fabio Nunziata, la scenografia dello stesso Massimo Scaglione, i costumi di Giada Falcone e il trucco di Priscilla Ieker.

 

L’educazione della nonna è prodotto da Luis Paulo MendesRosaria Gaudio Massimo Scaglione per Cineflex S.r.l. ItaliaFissura audiovisual LTDA Brasile e Cineflex LTDA Brasile, con la partecipazione di Siport BR MIC, Calabria Film Commission, Segreteria di Cultura dello Stato di Rio de Janeiro, Casa Civil Stato di Rj, ANCINE, Sabato Assicurazioni, JLS, Enel Brasil e Antica tabaccheria.

Il film sarà Distribuito da O2 PlaySommo IndependentCineartisan.

 

Immaculate - La Prescelta

Giovedì 11 Luglio 2024 08:40 Pubblicato in Recensioni
La scarsa affluenza nelle sale registrata negli ultimi anni, soprattutto se si esamina il biennio post-pandemia, marca con chiarezza un dato tanto evidente quanto allarmante: il pubblico preferisce l’intrattenimento on-demand. Le logiche del mercato cinematografico statunitense hanno da sempre agito nell’ottica della calamita, coniugando ai generi più complessi da distribuire, volti molto amati dalla pluralità di spettatori. Con Immaculate siamo di fronte all’ennesimo esempio di breadcrumbing  cinematografico che se da un lato intende solleticare la curiosità degli appassionati con una storia dai toni dell’horror ecclesiastico, dall’altro coinvolge (con telefonatissima malizia) anche i meno appassionati al genere per la presenza della bellissima Sydney Sweeney, tra le attrici più apprezzate del momento. Una strategia che dovrebbe garantire un successo, se non planetario, per lo meno affidabile, capace di coprire l’investimento e un altro giro di popolarità alla giovane attrice. Ma anche stavolta la scommessa è persa per molte ragioni, alcune delle quali appaiono nella loro evidenza in modo a dir poco imbarazzante. Procedendo per gradi, la storia sceglie un’ambientazione molto comoda per chi vuole giocare su un connaturato senso di angoscia e mistero: il convento. La giovane suora americana Cecilia si trasferisce in un antichissimo convento in Italia, isolato dalla civiltà e immerso nelle campagne, un luogo in cui ci si prende cura delle suore morenti, accudendole nei loro ultimi giorni. Il convento ospita al suo interno un’importantissima reliquia a cui tutti fanno cenno in modo solenne e con grandissimo ossequio, si tratta di un chiodo che si pensi appartenga alla croce su cui Cristo fu crocifisso. Elemento che conferisce al luogo una forte aura di misticismo. Per Cecilia, è tutto nuovo e stimolante e la quotidianità sembra essere partita col piede giusto, la giovane si sente subito inserita stringendo amicizia con una sua coetanea ed entrando con disinvoltura nelle faccende quotidiane. Ma un giorno, tra lo stupore di tutti, la ragazza scopre di essere incinta, nonostante la sua castità, rimasta perfettamente intatta. Il convento viene assalito da un’incontenibile euforia: Cecilia è stata scelta per accudire qualcosa di miracoloso e divino. Per la giovane sorella questo sarà l’inizio di un atroce calvario, che la porterà a prendere una decisione risolutiva e terrificante. Dalla trama si evince che il film abbia come cuore pulsante il ventre della sorella Cecilia o, meglio, ciò che esso contiene. Ma è proprio da questo punto focale che si stenta a procedere con scioltezza perché le carte in tavola sono davvero di poco peso e vengono continuamente maneggiate in modo maldestro. Si inizia con un promettente armamentario degno di un rispettabile film dell’orrore, con un’ambientazione sinistra e dotata di un ottimo impianto visivo purtroppo totalmente dimenticato e svilito nel suo potenziale. Nessun gioco d’assetto fotografico o virtuosismo di luci e ombre.  Il convento resta uno sfondo abbozzato dall’inizio alla fine e forse questo è l’unico elemento capace di mantenere una sua costanza. Dalla gabbia della prevedibilità scenografica si passa ad una gabbia molto più gravosa ai fini della trama e cioè quella dell’impianto narrativo. Un racconto stretto nella morsa della fretta e della superficialità dove non trova mai spazio un approfondimento psicologico o un’onesta sequenza di suspense. Sydney Sweeney si rivela poi anche una scelta centrata per il ruolo che deve interpretare, uno sguardo ingenuo e puro che si sposa bene con Suor Cecilia e che per quei novanta minuti le toglie di dosso quella sessualizzazione estrema e asfissiante con cui Hollywood la sta divorando.  Ci si sbriga a ripassare i contorni sbavati e prevedibili della vicenda, procedendo a passo spedito verso un epilogo confuso, privo di un qualsiasi guizzo inquietante, se non qualche immagine splatter per insaporire un brodo irrimediabilmente stemperato. Insomma, uno schema incomprensibile che diventa un disastro totale nel finale, unico baluardo a cui tutti gli appassionati si sono aggrappati nella speranza di una piccola epifania mostruosa. Manco quella. La domanda è doverosa dunque,  sono questi i film che dovrebbero far tornare la gente in sala? 
 
 
Giada Farrace