Fuoritraccia

Newsletter

Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Home » I Nostri Corsi » Info
A+ R A-
Info

Info

E-mail: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Tutto puo' cambiare

Mercoledì 29 Ottobre 2014 21:19 Pubblicato in Recensioni
Andare a vedere il nuovo film di John Carney senza sentirsi ancora reduci di Once è impensabile.
Questo implica tutta una serie di aspettative che non hanno a che vedere solo con il coraggioso esperimento che Carney ci aveva proposto anni fa o con l'oscar alla colonna sonora per Falling Slowly.
L'aspettativa è legata piuttosto alla consapevolezza che nel 2006 l'autore si affacciava con una curiosa, delicata poetica sui generis.
Once infatti non è un film con uno straordinario soundtrack, è piuttosto un soundtrack accompagnato da uno straordinario film. 
Ed è rassicurante poter affermare che non si è trattato di un caso a sé, perché Begin again replica e  rafforza la maniera dell'autore.
Carney non riesce a vendere l'anima al diavolo neppure scendendo a compromessi: il salto (di qualità, questo è fuori discussione) da un cast di principianti ad un cast nazional-popolare che va da Keira Knightley a Mark Ruffalo fino al leader dei Maroon 5, è un cambiamento che ha incoraggiato i fanatici del cinema indipendente ad arricciare il naso.
Eppure chi si aspettava un caso di prostituzione autoriale rimarrà deluso, perché il regista non cede alle lusinghe di storyline scontate o triangoli amorosi e trova piuttosto il giusto equilibrio tra qualità e consenso.
 
Ruffalo conferma la sua naturale predisposizione alla commedia romantica e riesce a sfumare al massimo un personaggio tutto alcol e mentine, che rischiava di essere monocromatico. Specialmente a lui la sceneggiatura riserva alcune battute degne di nota, ed è proabilmente questa comicità intelligente la sorpresa più inaspettata del film.
La rockstar dei Maroon 5, che si presentava come la più peccaminosa tra le scelte del regista e rischiava di minare la credibilità del cast, dimostra di essere tutt'altro che fuori posto. Probabilmente "Lost stars" non sarebbe la stessa canzone senza i falsetti di Levine - che emancipandosi dal pop sembrano trovare una dimensione più dignitosa.
Soprattutto nessun'altra avrebbe potuto interpretare Greta. Delluc parlava di immagini che superano la soglia del film, di una bellezza propria del soggetto che quando viene colta dalla macchina da presa restituisce "la verità naturale" delle cose, e per una ragione inafferrabile la Kinghtley, ripresa da una camera a mano in una scena d'interni, è in grado di restituire perfino l'odore del divano di pelle su cui è distesa. Gran parte del fascino oscuro di questa pellicola dipende da una fitta tessitura di frasi non dette, sguardi sospesi e aspettative deluse. Carney rinuncia ad ogni complicazione drammaturgica e privilegia la delicatezza e gli attimi-evento, spostando il tutto su un piano sensoriale. Quando Greta respira a pieni polmoni e osserva che "questo momento è una perla" ci si sente quasi chiamati in causa. Perché sfidando i confini dello schermo, il sorriso sfacciato della Knightley è una promessa d'intimità violata, di scene che sembrerà di spiare dal buco della serratura. Non è un caso che si avverta una continuità ideale con un film della portata di Last night (Massy Tadjedin, 2010) per le atmosfere domestiche, per la cura dei dettagli, per i legami raccontati senza eccessi.
New York è messa a tacere e cambia ritmo in base a quello della playlist che i protagonisti ascoltano passeggiando tra le sue vie. Grazie al progetto di incidere un album in presa diretta girando per la città, le atmosfere della Mela vengono finalmente catturate senza esaltazione o stereotipi.
L'esigenza di Carney era innanzitutto quella di raccontare cosa succede ad una coppia di musicisti con un progetto comune quando solo uno dei due inizia ad avere successo e si allontana dall'altro. Da lì in poi, la sfida più grande che il regista-sceneggiatore vince anche stavolta: rendere un rapporto che non sia né amicizia né amore, ma la famosa perla, immune da ogni definizione obbligata.
Quello di Carney, musicista di nascita e regista d'adozione, è un progetto musicale che trova nel cinema il suo compimento più autentico.
Sceneggiato come fosse orchestrato, Begin Again inizia in punta di piedi con la timidezza di un motivetto per poi eccedere in un trionfo d'archi. 
Con una scrittura singolare Carney sostituisce la strofa al dialogo: attraverso il soundtack i suoi personaggi comunicano, si confessano, si perdono e si ritrovano, consacrando quindi una nuova formula del film cantato.
Carney supera il musical e strizza l'occhio al videoclip, operando un grandioso montaggio audiovisivo in chiave poetica. 
 
Chiara Del Zanno

Ritratti Abusivi

Mercoledì 29 Ottobre 2014 20:53 Pubblicato in Recensioni
Il villaggio Coppola, noto anche con il nome di Pinetamare, è una frazione di Castel Volturno in provincia di Caserta. L’enorme complesso abitativo venne costruito negli anni ’60 con l’obiettivo di valorizzare per fini turistici la bellissima area, a due passi dal mare. Parco Saraceno costituisce solo uno dei quartieri di Pinetamare; una ventina di palazzi in stato di abbandono da più di vent’anni, occupati abusivamente perlopiù da disoccupati e piccoli pregiudicati. 
 
Il regista Romano Montesarchio racconta la trasformazione di Parco Saraceno, da prodotto del boom economico e dello sfavillante sogno americano a città fantasma dimenticata dalle istituzioni, senza però soffermarsi troppo sui moventi sociali e politici che ne hanno decretato la degenerazione. 
Il suo approccio con gli abitanti di Parco Saraceno è distaccato; riprende sempre i personaggi con una certa distanza, evitando di soffermarsi sull'aspetto di illegalità che emerge a sprazzi dai vari racconti, privilegiando il lato umano della vicenda.
 
La denuncia, esclusa intenzionalmente dall’autore, lascia spazio agli sproloqui. A volte un po' troppo qualunquisti, degli abitanti del posto. D’altro canto, l’indagine puramente antropologica, su cui il regista sembra concentrarsi maggiormente, sfocia spesso e volentieri nel dilettantismo. 
A Montesarchio manca infatti quel “cine-occhio” in grado di documentare gli aspetti apparentemente marginali nella quotidianità dei protagonisti e di fruirli coerentemente. Anche quando ci prova, lo spettatore cade sempre di più in un vortice inesorabile di noia, noia fine a se stessa.  
In assenza di tutte queste intenzioni autorali, 
la telecamera non sta mai veramente dentro ciò che accade, come Montesarchio vorrebbe farci credere, ma diventa una cassa di risonanza per amplificare l’imperante narcisismo dei soggetti filmati. 
Quel “fattore umano” di cui parla il regista si riduce a una galleria frammentaria di personaggi estraniati dalla società comune, che si appropria abusivamente del mezzo di ripresa a proprio piacimento. 
Alcuni si atteggiano, altri si autocommiserano. 
Parlano con lo sguardo rivolto in camera, parlano troppo. 
È proprio questo uno dei veri problemi di Ritratti abusivi, si parla troppo e si mostra poco, sacrificando quello che dovrebbe essere il vero protagonista, ovvero l’ambientazione desolata e straniante di Parco Saraceno.  
Il film, con la sua verve omertosa e reazionaria, è un’offesa a quei movimenti che, negli ultimi anni, di lotte per arginare l’emergenza abitativa ne hanno intraprese sul serio. 
Eppure i primi minuti lasciano presagire un’opera promettente, con il montaggio contrappuntistico che sovrappone l’entusiastica voice over dei filmati di repertorio  alle immagini attuali degli edifici diroccati. 
Ma la luce dell’interesse tende a smorzarsi presto.
A produrre è Rai Cinema, in collaborazione con Figli del Bronx di Gaetano Di Vaio, produttore dalla lunga e vivace ex carriera criminale e interprete di Take Five (Guido Lombardi, 2013). 
Ritratti abusivi è stato presentato nel 2013 al Festival internazionale del Film di Roma (Prospettive Doc Italia), che di questi tempi non è proprio un sinonimo di qualità. 
 
Angelo Santini

TRIESTE SCIENCE+FICTION

Mercoledì 08 Ottobre 2014 10:51 Pubblicato in News
La città di Trieste torna ad essere la capitale della fantascienza dal 29 ottobre al 3 novembre 2014 con la quattordicesima edizione del festival “Trieste Science+Fiction”, organizzato da La Cappella Underground.
 
 
Quella di quest’anno sarà davvero una festa del cinema di genere con una rosa di titoli sempre più ricca sia in concorso che fuori concorso.
 
Tra i nuovi titoli annunciati nella selezione ufficiale in Concorso: l’attesissimo Le streghe son tornate (Las brujas de Zugarramurdi/Witching and Bitching) di Álex de la Iglesia,  vincitore di 9 premi Goya (gli Oscar spagnoli), in uscita sugli schermi italiani a novembre; Extraterrestrial firmato dai The Vicious Brother (coppia di registi del pluripremiato horror found-footage ESP – Fenomeni Paranormali), già premiato al Tribeca Film Festival, thriller-horror a sfondo fantascientifico, pieno zeppo di alieni spaventosi e letali; Nuoc 2030 diretto da  Nghiem-Minh e Nguyen-Vo, film vietnamita scelto per inaugurare la sezione Panorama del prestigioso festival di Berlino, disaster-movie le cui premesse sono il riscaldamento globale e il rapido aumento del livello del mare; Robot Overlods di Jon Wrights, primo capitolo di una trilogia dedicata ad un pubblico teen in cui i protagonisti dovranno vedersela contro giganteschi robot provenienti da un’altra galassia, interpretato da Ben Kingsley e Gillian Anderson.
 
Fuori concorso ai titoli già annunciati si aggiungono: Hard to Be a God di Alexey Guerman, opera-fiume di straordinaria complessità visiva e tematica tratto dall’omonimo romanzo dei fratelli Strugatskiy; l’australiano These Final Hours di Zak Hilditch (nelle sale dal 30 ottobre, distribuito dalla Indie Pictures), presentato alla Quinzaine del più recente festival di Cannes, deciso a raccontare l’ultimo giorno sulla Terra, dodici ore prima di un evento catastrofico che concluderà la vita come noi la conosciamo; Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre) di Tobe Hooper, a quarant’anni dalla sua uscita in sala, riproposto per l’occasione in un nuovissimo restauro digitale.
 
Tutte le informazioni consultando www.sciencefictionfestival.org

Dracula Untold Press Conference

Mercoledì 08 Ottobre 2014 10:35 Pubblicato in Full Screen

Dalla conferenza stampa di Dracula Untold, nelle sale italiane dal prossimo 30 ottobre, intervista ai protagonisti Luke Evans e Sarah Gadon. Riprese di Francesca Tulli