Fuoritraccia

Newsletter

Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Home » I Nostri Corsi » Info
A+ R A-
Info

Info

E-mail: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Magic in the Moonlight

Giovedì 04 Dicembre 2014 13:38 Pubblicato in Recensioni
All’età di 79 anni l’indiscusso genio della commedia americana torna dietro la macchina da presa, ritrovando, almeno in parte, lo smalto di un tempo, dopo il pessimo To Rome with love e il discreto Blue Jasmine – quest’ultimo comunque tutto sulle spalle di una strepitosa Cate Blanchett. Il suo graduale allontanamento da Hollywood, in favore delle tanto amate location europee, lo porta questa volta nella Francia meridionale del 1928. 
Magic in the Moonlight racconta la storia del celebre illusionista Stanley (Colin Firth), in arte Wei Ling Soo, che viene ingaggiato dall’amico e collega Howard (Simon McBurney) per smascherare Sophie (Emma Stone) giovane e attraente sensitiva, sospettata di intenzioni fraudolente ai danni di una facoltosa famiglia della Costa Azzurra. 
Stanley, cinico e distaccato, concepisce la propria professione di illusionista come un’architettata messa in scena, ripudia categoricamente l’irrazionale e non nasconde da subito un certo scetticismo nei confronti dei presunti poteri di Sophie. Ma non passa molto tempo prima che l’arrogante resistenza del protagonista cominci a vacillare; esso rimane profondamente impressionato dagli occhioni e dalle capacità della ragazza, la quale rivela particolari della vita privata dell’uomo che non avrebbe mai potuto conoscere. 
Tra i due nasce una tenera intesa, poi l’amore, che porterà Stanley a mettere in discussione tutti i principi razionali sui quali aveva fondato una vita intera. “La tediosa e tragica realtà della vita” lascia spazio al mistero dell’amore e alla magia della luna. Almeno apparentemente. 
 
Nel suo 46° film da regista Allen decide di non apparire – le sue ultime prove da interprete non sono brillanti, nemmeno nell’atteso Gigolò per caso di Turturro – ma incarna in Stanley/Colin Firth una sorta di suo alter-ego britannico; entrambi sono degli illusionisti, in quanto anche il cinema è prima di tutto finzione, messa in scena. Come l’elefante in una stanza che si volatilizza improvvisamente. 
Ogni volta, quando un mio film ha successo, mi chiedo: come ho fatto a fregarli ancora?, disse una volta il regista. 
Inoltre ad accomunarli è lo stesso senso di scetticismo nei confronti dell’ultra-terreno; Allen, infatti, non ha mai nascosto il proprio ateismo. Attraverso la ragazza che mette in dubbio le salde convinzioni del protagonista, è come se anche Allen, sulla soglia degli 80 anni, volesse per un momento mettere in dubbio sé stesso. 
Ma l’amore è un’altra cosa. 
Quello esiste, anche se razionalmente ancora inspiegabile – sia per Allen che per Stanley. 
Come spesso accade nei finali dei suoi film, anche qui il protagonista trova solo una risposta parziale alle proprie domande. Come se per Allen la chiave della vita fosse proprio non smettere mai di porsi domande. Tenere alimentato il dubbio è l’unico modo per andare avanti e ce lo conferma la sua filmografia prolifica, che, nonostante gli alti e bassi dell’ultimo decennio, continua, di tanto in tanto, ad arricchirsi di commedie gradevoli come Magic in the moonlight. 
Nonostante la location il film risente poco delle atmosfere francesi, a differenza del nostalgico Midnight in Paris. 
Magic in the moonlight è piuttosto un film molto inglese, per via dello humor sottile tipicamente britannico di Colin Firth e dell’amata zia Vanessa (Eileen Atkins) che è il vero endoscheletro del film. Un ritorno brillante per il regista – la sua ultima commedia veramente lodevole era Basta che funzioni del 2009 – che nonostante la veneranda età continua con costante stacanovismo a partorire un film all’anno, come se fare cinema fosse per lui una necessità biologica ormai da molto tempo.  Presentato in Italia durante il 32° Torino film Festival Magic in the Moonlight è nelle sale dal 4 dicembre. 
 
Angelo Santini

Il Metacinema nelle opere di Lynch, Cronenberg, De Palma

Mercoledì 03 Dicembre 2014 14:01 Pubblicato in News
"Una moltitudine di specchi nei quali ci riflettiamo, di soglie varcate che ci trasportano in altre dimensioni, come quella che Alice attraversa per arrivare nel Paese delle Meraviglie: questo è il cinema!"
 
 
Questo il concetto alla base di "Il metacinema nelle opere di Lynch, Cronenberg, De Palma" firmato da Chiara Nucera e uscito nel novembre 2014 per la collana Spaghetti Horror edita da EUS, Edizioni Umanistiche Scientifiche. Il saggio si presenta come un'analisi sul cinema contemporaneo, traendo spunto da alcuni autori specifici, cavalcando il periodo che va dall'inizio degli anni '80 ai primi anni del nuovo millennio, fatta eccezione per alcune mirate digressioni, come quella su Alfred Hitchcock, considerato dall'autrice epigono di un certo tipo di approccio stilistico.
 
Stabilendo nel teatro greco e nella filosofia classica la base di partenza per le più moderne teorie analitiche, prende vita il discorso sulla duplicità del reale, presente in tre accezioni: realtà vissuta come profonda mutazione corporea, realtà che diviene prima riproduzione e poi ricostruzione, realtà che emerge dalla zona oscura dove sogno ed esistenza si confondono. Un fil rouge che lega le filmografie di questi particolari autori, toccando le teorie di Freud su perturbante e sogno e gli studi dell'allievo Rank sul doppelgänger.
Ritrovando in questo il concetto di metacinema, ovvero quella  particolare rappresentazione cinematografica che ha per oggetto essa stessa, o nella quale vengono inseriti elementi che rievocano fortemente una messa in scena fittizia dell'azione che si sta svolgendo, emerge un'evidente contrapposizione tra spazio interno ed esterno, oltre lo schermo e oltre il corpo dello spettatore. Il dualismo risulta così necessario poichè la vita e lo stesso cinema, che ne è derivazione, ne sono caratterizzati.
 
Scheda Tecnica:
 
Autore: Chiara Nucera
Casa editrice: EUS Edizioni Umanistiche Scientifiche
Anno: 2014
ISBN: 978-88-99164-01-0 
Tipologia: Saggio
Pagine: 146
Prezzo: 16,90 €

Non uscirai vivo da questo mondo

Domenica 30 Novembre 2014 20:22 Pubblicato in Full Screen
A Post-Apocalyptic Western Short Film directed by Riccardo Papa
Written by Antonio Cardia, Iacopo Di Girolamo, Dario Niglio and Riccardo Papa
Produced by Grapevine Studio
Awards: Best use of Genre (western), Best costume design to Ilaria Carannante
Nomination: Best directing to Riccardo Papa
È in preparazione la  serie TV "Bad Better Deads 2", composta da 12 episodi della durata di 15-20 minuti. La serie sarà prodotta da Ettore Belmondo e sarà diretta da Cristiano Ciccotti e Daniele Misischia,  che ne sono anche autori del soggetto e della sceneggiatura. 
Il progetto potrebbe avvalersi del contributo del Nuovo IMAIE, che, al momento, sta valutando la disponibilità ad intervenire.  La produzione esecutiva sarà invece affidata alla MDL Creations di Mario D'Andrea.  Montaggio ed effetti speciali saranno invece affidati a Pasquale Russo,  Luca Vitalone e Giovanni Masotti,  della Genius Academy di Roma.
 
 
Il cast sarà composto da oltre 30 attori, tra cui Ettore Belmondo,  Claudio Camilli, Francesca Nobili, Giulia Bertinelli,  Massimiliano Buzzanca,   Valentina Ghetti, Francesco Simon, Vincenzo Crivello e Fabrizio Bordignon.
La serie TV “Bad Better Deads II” nasce per il bisogno di raccontare una storia tra l’Action e l’Horror senza prendersi troppo sul serio, andando per cui in una direzione già battuta e collaudata: dalla trilogia de “La Casa” di Sam Raimi, a film come “Dal Tramonto All’Alba”, “Machete” o “Planet Terror” di Robert Rodriguez, dai toni grotteschi e pulp di “Le Iene” di Quentin Tarantino fino ad arrivare alla crudezza di serial come “The Walking Dead” o “Resident Evil”.
Essendo una storia d’azione e dell’orrore, avrà bisogno di un linguaggio cinematografico diretto e agile che sarà tradotto in immagini muovendo la camera a spalla per dare – appunto – movimento, dinamismo e al contempo realismo alla storia stessa. Tale scelta viene suggerita dal dinamismo già visto in mockumentary quali “Rec” o “Paranormal Activity”, ma mantenendo un punto di vista extradiegetico, permettendo così allo spettatore di godere al meglio dell’opera. Inoltre, raccontare una storia d’azione e dell’orrore con toni grottesco-ironici farà sì che ogni personaggio abbia a che fare con situazioni terribili e pericolose, ma che per lo spettatore saranno ambigue, divertenti ed interessanti. 
 
Gli aggiornamenti sulla serie possono essere seguiti sul sito http://badbetterdeads.wix.com/badbetterdeads2 e sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/badbetterdeads2.