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Storie Pazzesche

Mercoledì 17 Dicembre 2014 23:49 Pubblicato in Recensioni
L'ultimo film prodotto dai fratelli Almodovar e firmato dall'argentino Damiàn Szifron è il matrimonio ufficiale tra il black humor ed il guilty pleasure, un mix che solletica le fantasie più scomode di ognuno di noi portandole in scena con effetti catastrofici. È come imbattersi in uno specchio e sorprendere a tradimento il proprio profilo peggiore, mortificante ed intrigante allo stesso tempo, almeno quanto le più scandalose iniziative prese sotto stato d'ebbrezza. 
Storie pazzesche esordisce con un micro episodio di 6 minuti in cui si ravvisa subito un concentrato di esilarante genialità costruito ad hoc. Un piccolo cortometraggio autonomo e perfettamente compiuto, una felice mossa produttiva che ha sedotto anche il pubblico del web, trascinandolo al cinema con un'efficacia da trappola per topi. 
Perché Storie pazzesche funziona, alla grande e senza riserve. Il meccanismo del gioco si intuisce dopo appena qualche minuto, poi non resta che accettarne le regole e gustarsi lo spettacolo. Finalmente torna in sala uno spettatore intrattenuto e divertito. L'effetto domino si ripropone in tutti gli episodi del film, ma puntualmente l'escalation di comportamenti deliranti dei protagonisti lascia basiti. Una comicità tanto schietta, persuasiva e ben ragionata da farsi complice lo spettatore mentre gli si insinua nella mente: "dai, non dirmi che in fondo non vorresti farlo anche tu".
Una lite tra automobilisti, un malavitoso che entra nella tavola calda sbagliata, un padre di famiglia che inizia una guerra contro l'amministrazione, una giovane sposa appena tradita. Come una raccolta di novelle sulla degenerazione degli impulsi più selvaggi, il film racconta con goliardia e schiettezza una società in cui tutto può capitare a tutti, ma soprattutto in cui subire un'ingiustizia può far perdere il controllo in un attimo. Questo abile lavoro si dimostra un ritratto a tinte psichedeliche dell’istintività umana, dei suoi raptus di follia, delle reazioni meno nobili e dell’innato ed innegabile desiderio di vendetta.
Szifron realizza un cocktail di vicende anomale, sostenuto da una regia estremamente fluida e da una sceneggiatura più che robusta. La chiave vincente è una comicità grottesca che non dimentica mai di prendersi sul serio: i personaggi scoppiano uno ad uno ma il film non li deride. C’è una sorta di solenne rispetto nei confronti di queste schegge impazzite, ben distante dalla parodia o dalla gag. La sapiente calibratura del sistema di fascinazioni, tensioni e suspense dei singoli capitoli è una delle operazioni più riuscite dello sceneggiatore-regista. Come un grande comico supportato da una grande spalla, Szifron insieme al suo cast artistico sente il pubblico, ne prevede le reazioni e gestisce i tempi comici modulandone sempre l'intensità. Un dosaggio perfetto di tutti gli elementi: eccessivo senza mai nauseare. Allucinato ma profondamente onesto.
Storie pazzesche è il film su tutti quegli insospettabili vicini di casa che sembravano delle persone così per bene, eppure.
 
Chiara Del Zanno
 

20.000 Days on Earth

Mercoledì 17 Dicembre 2014 23:34 Pubblicato in Recensioni
“I wake. I write. I eat. And I watch tv. This is my twenty-thousandth day on earth”
 
Sono le 7. Nick Cave si sveglia e come ogni mattina si reca nel suo studio, dove passa tra le 8 e le 9 ore al giorno. “L’impiegato del rock”, così ama definirsi, per via dei metodici e rigorosi ritmi di lavoro che si è creato dopo il passato bohémien e il baratro della tossicodipendenza. Uno stile di vita che segna anche il passaggio dai suoni martellanti e post-punk degli esordienti Birthday Party, alle attività recenti più vicine a un cantautorato fatto di contaminazioni fra i generi cardine della tradizione musicale americana - dal gospel al blues - e le atmosfere cupe della new wave. 
 
I filmmakers inglesi Iain Forsyth e Jane Pollard sviscerano la vita privata del musicista, lo filmano in casa con i suoi figli, durante una seduta di psicoterapia, in studio con Warren Ellis e gli altri storici collaboratori. Frammenti di “realtà costruita”, come la chiamano i registi, e situazioni improvvisate seguendo sempre canovacci prestabiliti, in un funambolico equilibrio fra realtà e finzione. 
In 20000 days on earth, infatti, tutto è reale e, allo stesso tempo, tutto è messa in scena. “Questo spazio luccicante, dove la fantasia e la realtà si intersecano. Qui è dove viviamo”
 
I momenti più stimolanti sono senz’altro le traversate per Brighton a bordo della sua Jaguar. Qui la macchina diventa un ventre fertile di liquido amniotico, dove l’ispirazione e i vissuti esterni iniziano a prendere corpo. Gli incontri che fa al suo interno sono reminiscenze di un passato mai passato che acquisiscono corpo e voce. Si alternano sul sedile posteriore le proiezioni di amici e collaboratori: il chitarrista Blixa Bargeld, con cui non parla da quando nel 2003 lasciò i The Bad Seeds, l’attore Ray Winstone, protagonista del film La proposta di John Hillcoat scritto dallo stesso Cave, e Kylie Minogue, con la quale duettò nella hit Where the Wild Roses Grow del 1995. 
"La macchina", confida lo stesso Cave, "è il posto in cui i miei pensieri si materializzano nella forma delle persone che hanno avuto un ruolo nella mia storia". Nel film la divisione degli spazi è funzionale alle fasi del processo creative.
È nello studio che, dopo il suono della sveglia e i suoi rituali quotidiani, Nick Cave raccoglie e da forma ai pezzi trovati per strada, quando il mondo esterno lo invita a uscire, per mostrarsi, dimostrarsi, reinventarsi, e permettere che gli eventi e le persone gli lascino una traccia. Così come i fantasmi evocati in un altro studio, quello dello psichiatra Darian Leader, diventano forma nei percorsi in Jaguar. 
 
Musicista, scrittore, attore e sceneggiatore, Nick Cave gigioneggia negli innesti di voice over e attingendo dal ricco archivio dei suoi ventimila giorni di vita, parla di quel magma brulicante che è il processo creativo come una pura necessiatà biologica. 
Il rischio di apparire autocelebrativi è scontato e inevitabile in una docu-fiction che si regge esclusivamente sulle spalle del protagonista. 
Non esiste mai un momento vuoto, ogni gesto e ogni ombra sono pregni di Nick Cave – accreditato anche come sceneggiatore insieme a Forsyth e Pollard - e lì dove potrebbe esserci del silenzio, questo viene colmato dalla sua musica. Fino alla sequenza finale, in cui all’esibizione live di Jubille Street si alternano funzionalmente frammenti di repertorio degli storici concerti con i Bad Seeds. 
“Perché la memoria è ciò che siamo” dice Cave al suo psichiatra “la tua vera anima e la tua ragione di vita sono legate nella memoria”
 
Un personale punto della situazione su uno dei musicisti più poliedrici degli ultimi cinquant’anni.
 
Angelo Santini, Nicoletta Senzacqua 
 

Bando di ricerca film sul tema della disabilita'

Martedì 09 Dicembre 2014 21:01 Pubblicato in News
Nel quadro della preparazione della nona edizione del festival Handifilm di Rabat che si svolgerà dal 26 al 29 Marzo 2015 a Rabat, l’Associazione Handifilm lancia un bando di ricerca di film per la sua sezione Competizione Ufficiale Internazionale di cortometraggi sul tema della disabilità. Il festival Handifilm di Rabat è una manifestazione cinematografica annuale a carattere artistico e socioculturale. Oltre alla promozione della settima arte, il Festival si prefigge di affrontare la tematica della disabilità attraverso l’organizzazione della proiezione di film seguiti da dibattiti e da diverse attività parallele la cui finalità è la promozione di una cultura accogliente nei confronti di tutte le diversità. Questo festival è organizzato in partenariato con la Commissione marocchina di Aiuto all’Organizzazione dei Festival, il Centro Cinematografico Marocchino e vari altri organismi. I film ammessi al concorso devono: - essere di produzione recente - avere una durata di 20 minuti al massimo - essere centrati sulla tematica della disabilità, scritti, realizzati o interpretati da persone disabili L’iscrizione degli spot è aperta fino al 31 Dicembre 2014.
Le domande devono essere inviate al seguente indirizzo mail: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
 

Ad Arte, il teatro sul grande schermo

Martedì 09 Dicembre 2014 20:44 Pubblicato in News
Domani 10 Dicembre, alle ore 18,45  presso la Domus Talenti a  Roma verrà presentato in anteprima il docufilm  di "Ad Arte CalcataTeatroCineFestival", Edizione Zero, rassegna di teatro e cinema di regia e sperimentazione indipendenti, prodotto dall'associazione culturale Dillinger, ideato e diretto da Igor Mattei e Marina Biondi.    
Il video vuole raccontare per emozioni e narrare per immagini quanto è avvenuto durante la prima edizione del festival, svoltasi nel luglio del 2014 a Calcata, particolare cittadina della Tuscia viterbese, di straordinaria bellezza e incanto, costruita nel tufo, e “salvata” dallo spopolamento e dall’abbandono grazie ad un’ondata di artisti negli anni ’70/'80, e che mantiene e vuole evidenziare il suo carattere di borgo storico e vivo di attività culturali anche oggi, soprattutto con un occhio sulle future generazioni.
E’ da questo mood che prende spunto il CalcataTeatroCineFestival, una rassegna di teatro e cinema di regia e sperimentazione indipendenti che ha lo scopo di dare visibilità a spettacoli e compagnie teatrali indipendenti e fuori dai consueti circuiti stabiliti, che portano in scena opere edite o originali di valido interesse culturale e soprattutto con l’obiettivo di promuovere una cultura per il teatro e verso le arti performative spesso sottovalutate, poco evidenziate e promosse, e soprattutto mal supportate dalle istituzioni che tagliano o negano quelle poche risorse economiche possibili al mantenimento in vita di certe realtà di grande valore culturale e soprattutto sociale per il Paese. 
La proiezione del video si terrà mercoledì 10 Dicembre alle ore 18,45 alla Domus Talenti, in via Quattro Fontane, e sarà un’occasione per capire meglio la passione e la determinazione che ci sono dietro i progetti culturali auto-finanziati e per discutere del presente e imminente “futuro” del teatro italiano.