Per capire tutta l'ambiguità del mondo della moda si deve iniziare parlando di ciò che il film, volontariamente, non racconta. Mademoiselle C è Carine Roitfeld, e sotto la sigla CR i francesi e gli appassionati di tutto il mondo dell'alta moda l'hanno potuta seguire negli editoriali di Vogue Paris degli ultimi dieci anni. Fino al 2012, anno in cui Carine viene deposta da quello che lei stessa definisce il trono di regina del giornalismo fashion. Quello che il documentario, film, biopic, o comunque si voglia chiamare un collage di riprese in stile MTV dal sentore agiografico, non dice è il motivo per cui l'inventrice del porno chic degli anni '90 è stata sostituita. Scompare di colpo, perciò, l'assordante tempesta di polemiche suscitate da un suo servizio che vedeva delle bambine in pose troppo provocanti.
Porno chic, d'altronde, è una parola che ricorre spesso, ma più per essere esorcizzata e subito corretta in erotic chic, con siparietti che lasciano intravedere il disincanto e la malizia di un mondo effimero, che di fronte alla telecamera si scambia abilmente la palla come il gatto e la volpe. I discorsi fittizi e il vuoto pneumatico delle problematiche che porta avanti il film si trascinano avanti in un susseguirsi di set fotografici, riunioni d'ufficio, presentazioni, ricevimenti, sfilate, inutili interviste di mezzo minuto con aneddoti su caviglie, trucco e vestiti indossati due volte.
Nel magma lavorativo di una nuova esperienza - il regista Fabien Constant racconta la creazione della nuova rivista della Roitfeld "CR Fashion Book" - viene dipinta la sua influenza nel mondo della moda come quella di una musa punk e ribelle, che si districa sempre a suo modo nelle scelte estetiche della femminilità, tra sfacciataggine ed eleganza. Esemplare è la scelta di stampare un neonato nella sua prima copertina, come a rispondere allo scandalo che l'ha preceduta. L'impressione di voler rifarsi il trucco sembra ancor più palese quando l'obbiettivo si sposta sulla Caterine nonna e mamma in carriera, ma tutt'ora in grado di condizionare le scelte del lusso di mezzo mondo.
Non mancano incursioni di altri grandi protagonisti della moda, come Tom Ford, Karl Lagerfeld, Donatella Versace, in una condivisione di intenti che dà la misura di come le grandi firme per emergere abbiano accantonato la sobrietà che fino agli anni '80 aveva dominato le passerelle di tutto il mondo, per lasciare il passo allo shock della sessualità esposta, e la spettacolarizzazione del corpo. La provocazione come chiave per mantenere accesi i riflettori dell'opinione pubblica, in un'escalation mediatica di cui questo stesso documentario ne è conseguenza naturale. Purtroppo quello che quest'ora e mezza di "cinema" non fa è raccontare, perchè si limita a sfiorarne la superficie glamour, ad abbozzare le personalità che l'hanno reso una fetta importante dell'economia globale, restando a metà tra una notizia di gossip e un catalogo di Gucci. Pubblicità.
Pollo Scatenato