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Visualizza articoli per tag: virna castiglioni

Hill of Vision

Venerdì 10 Giugno 2022 13:13

Dagli stracci alla ricerca: l' incredibile vicenda umana che vede protagonista lo scienziato di origini italiane Mario Capecchi premio Nobel per la medicina nel 2007.
Il film di Roberto Faenza è un inno al coraggio, alla determinazione, alla resilienza e alla speranza nel futuro a prescindere dalle condizioni di partenza. La pellicola si sofferma su un arco temporale ristretto:  le peripezie, i dolori e le sofferenze patite da questo bambino (interpretato in modo egregio da Lorenzo Ciamei) dai quattro agli undici anni nel periodo buio del nazifascismo in Italia. Figlio di Lucy una donna americana (Laura Haddock) costretta a separarsi da lui per salvarlo nascondendolo in montagna prima di essere catturata e deportata in un campo di concentramento e di Luciano (Francesco Montanari), italiano fascista e violento.
Il distacco lacerante dalla madre prima e il ripudio del padre poi, passando per una lunga serie di vicende dolorose,  fino all'insperato ricongiungimento materno dal quale avrà inizio una nuova vita. L' America lo accoglierà anch'essa al pari di una madre nella comunità quacchera Hill of Vision, dove vivono gli zii materni, determinanti per instradarlo sulla via dello studio e dell'impegno. Anche questi primi anni in una nuova patria non saranno semplici perché necessiteranno di adattamento, apprendimento di nuove regole, usi, costumi oltre ad un nuovo idioma e ancora ad un distacco che vede la madre dover ricorrere a cure per superare il trauma della deportazione.  La scena finale poetica che vede Mario reintegrato a scuola dopo un'espulsione, seduto all'ultimo banco (umile e dignitoso) ma abbracciato dalla madre che gli siede accanto, rappresenta il simbolo della rinascita che può essere vissuta da chiunque, quando si ha la volontà di lavorare su se stessi e si cerca di creare un mondo a misura di anime gentili e non più solo di cani arrabbiati. Il film anche se un po' troppo didascalico e con un montaggio che crea un ritmo altalenante fra parti più scorrevoli e parti decisamente meno incisive, ha il pregio di porre in luce una vicenda personale fuori dal comune. Un plauso anche alla scenografia con dettagli puntuali circa la ricostruzione degli ambienti che fanno da sfondo alle vicende (Francesco Frigeri) e ai costumi  (il premio Oscar Milena Canonero) rappresentativi e aderenti al contesto.  Un film che mette in luce la straordinaria vita di un uomo e regala fiducia e ottimismo in un periodo complesso come quello odierno.

Virna Castiglioni

Faya Dayi

Lunedì 11 Luglio 2022 20:38
Faya Dayi primo lungometraggio di Jessica Beshir scrittrice, regista, produttrice, direttrice della fotografia di origini messicane ed etiopi, è un vero e proprio viaggio alla scoperta del territorio etiope che ha fatto della coltivazione, commercio ed esportazione di khat, minuscola foglia dalle proprietà stupefacenti,l’ossatura della propria economia.
 
Il film è una mera descrizione di quello che avviene in questo Stato africano e, anche se non trapela alcun giudizio morale, tutta la narrazione è avvolta da una spessa coltre di rassegnazione come se fosse già scritto il destino di questo popolo e non ci sia possibilità di riscatto per i suoi abitanti se non nella fuga verso altri Paesi. Le immagini sono sempre in bianco e nero ed evocano proprio luci e ombre di un popolo dove regna sopraffazione e arretratezza. Solo una scena di un braciere acceso è a colori e simbolicamente potrebbe rappresentare la speranza delle giovani generazioni in un futuro migliore. La regista si sofferma quasi sempre su dettagli, su parti del corpo che compiono azioni di cura, di lavoro, ma anche gesti ripetitivi che fanno pensare ad una arcaica catena di montaggio che tiene in scacco tutti: giovani, donne e uomini anziani.  Queste inquadrature così strette costringono lo spettatore a spiare da un ipotetico buco della serratura qualcosa di lontano e non facilmente comprensibile a chi non vive la stessa storia e si nutre della stessa cultura.  Faya Dayi, il cui titolo riprende quello della canzone intonata dai braccianti durante la mietitura del raccolto di questa minuscola foglia, ci introduce in un mondo dai forti contrasti: sacro e profano, legale e proibito, natura incontaminata e degrado.   Le leggende etiopi narrano che il khat fu scoperto dagli imam sufi in cerca dell'eternità. Oramai invece, questa pianta rappresenta un giogo al quale sono legati gli abitanti che non hanno altre alternative per sopravvivere e nemmeno altre risorse per evadere da una realtà opprimente. Il film è un racconto sincero di una condizione poco nota alle masse e ha il sapore di una storia che affonda le radici nel mito che si tramanda di generazione in generazione.
 
Virna Castiglioni

Smile

Giovedì 29 Settembre 2022 12:58
Un'entità malvagia che si impossessa di chi ha subito un trauma ma non ha avuto la forza d'animo per rielaborarlo: questa l' originale idea di fondo di Smile, lungometraggio d'esordio di Parker Finn tratto dal cortometraggio dello stesso regista dal titolo “Laura non ha dormito” (2020).
Il titolo di questo horror psicologico rimanda ad un gesto di allegria e benevolenza ma il sorriso è solo un ghigno malefico e quando compare sul volto la persona alla quale è indirizzato è destinata alla morte.
Lodevole l'interpretazione di Sonie Bacon nei panni della protagonista, una giovane donna psichiatra all'apparenza serena e risolta ma invece tormentata e infelice nel profondo. Il suicidio di una sua paziente mentre si trova al suo cospetto innesca una catena maledetta di eventi che riporteranno in superficie il suo personale trauma vissuto durante l'infanzia che ha covato sotto la cenere senza mai spegnersi del tutto (la morte della madre, suicida anch'essa).
Il film presenta uno sviluppo coerente che determina, scena dopo scena, un crescendo progressivo che arriva in finale al suo apice però i continui e ripetuti jumpscares banalizzano e rendono prevedibile il racconto. Molto più interessante sarebbe stato intervallare le effettive sequenze in cui succede quello che ci si aspetta debba accadere con altre dove si crea suspence ma poi di fatto non succede quello si credeva dovesse capitare. Il film cerca di tenere insieme sia il genere puramente horror (ed è la parte meglio riuscita) con quello più psicologico (e qui ancora non ci siamo del tutto). In linea di massima questo film supera la prova perché incute spavento, disturba, inquieta e lascia con il fiato sospeso fino alla fine che non è definitiva ma lascia intendere un possibile sequel. Invece la parte più psicologica che affronta il tema della malattia mentale, il trauma infantile, il senso di colpa, la solitudine e l'emarginazione avrebbero avuto bisogno di un approfondimento che non si è stati in grado di realizzare del tutto. Nel complesso un film che non delude ma con ampi spazi di miglioramento.
 
Virna Castiglioni

Anna Frank e il diario segreto

Venerdì 30 Settembre 2022 10:47

"Chi non conosce la storia è destinata a ripeterla" diceva il politico e filosofo britannico Edmund Burke, già nella seconda metà del '700. Una frase che, incisa in trenta lingue diverse, campeggia su un monumento nel campo di sterminio di Dachau perché faccia da monito.
Ari Folman, regista e sceneggiatore israeliano con un personale passato legato alla Shoah (i nonni furono deportati ad Auschwitz la stessa settimana in cui la famiglia Frank entrò nel campo di Bergen-Belsen) dopo "Valzer con Bashir"  del 2008 sulla guerra in Libano degli anni ottanta si cimenta nuovamente con il genere di animazione e propone la sua personale versione del celeberrimo diario di Anna Frank.
A parlarci è Kitty, l'amica immaginaria destinataria del diario che Anna scrisse mentre si trovava nascosta in una soffitta insieme alla sua famiglia per sfuggire alla deportazione nazista.
Tutto il film è giocato su due piani temporali differenti che si alternano con grande equilibrio: il passato vissuto da Anna che torna in vita  grazie alle pagine del diario lette da Kitty e i nostri giorni che la vedono muoversi nella Amsterdam odierna alla ricerca della sua amica perduta che scoprirà essere morta proprio in un campo di concentramento.
Il film risulta molto delicato nonostante il tema cupo trattato e si conclude con una bella azione che lascia intravedere una speranza legata soprattutto alle nuove generazioni che sono abituate a vivere in un mondo multietnico e che trovano normale confrontarsi con popolazioni dalle provenienze più disparate. Nella pellicola sono presenti molte suggestioni e una su tutte potrebbe essere considerata la vera posizione espressa dal cineasta. Anna ama il cinema e, prigioniera nel sottotetto,  conserva i poster dei suoi attori preferiti che nei suoi sogni diventano gli eroi e le eroine che possono cambiare in meglio il destino delle persone, proprio perché  il cinema è una forma di espressione potente che raggiunge chiunque senza distinzione alcuna e ha la forza di formare le coscienze, di influenzare i comportamenti, di imprimere con forza messaggi positivi. Questo film dai manifesti intenti pedagogici ha tutte le caratteristiche per diventare un valido supporto didattico per le scuole di ogni ordine e grado perché attraverso la magia del cinema di animazione si possa far conoscere questa storia dolorosa e buia anche ai bambini e si imprima  il prima possibile in loro il dovere di impegnarsi perché non possa mai più accadere una tale atrocità.
Non a caso questa pellicola è la prima ad essere sostenuta dall'Anne Frank Fonds di Basilea e in partnership con l'UNESCO, dalla Claims Conference e dalla Fondazione della Memoria della Shoah.

Virna Castiglioni

Everything Everywhere All at Once

Mercoledì 05 Ottobre 2022 11:08
Multiverso è il termine che gli scienziati usano per descrivere l’idea che al di là dell’universo osservabile possano esistere infiniti universi coesistenti fuori dal nostro spaziotempo. Il film diretto dal duo di registi “The Daniels” Daniel Kwan e Daniel Scheinert prende spunto da questa possibilità e la esplora in profondità  portandola all’estremizzazione.
 
Protagonista del film è Evelyn Quan Wang, un’americana di origini cinesi proprietaria di una lavanderia a gettoni che gestisce con il marito Waymond. In lotta perenne con le tasse e il fisco e prossima, suo malgrado, al divorzio, incapace di accettare pienamente l'omosessualità della figlia Joy, mentre si trova al cospetto di un'agente dell'agenzia delle entrate americane (interpretata da una strepitosa Jamie Lee Curtis) entra in una dimensione altra e da lì attraverso azioni senza senso e sempre più strane riuscirà ad attraversare molteplici mondi paralleli.  
La  trama del film è caotica e intricatissima e si divide in tre macrocapitoli ("Everything", "Everywhere", "All at Once"). Evelyn oltre a scoprire una serie lunga di altri mondi paralleli impara le arti marziali, a sopravvivere ad assalti, a conoscere le proprie potenzialità nascoste ma anche i punti deboli e le fragilità di chi la circonda.
 
La trama è originale ma anche molto complessa.  Si è costretti, per l’intera durata, a seguire con totale concentrazione tutto quello che avviene, pena la perdita di quel granello di senso che permette di capire dove si voglia andare a parare.
 
In realtà i combattimenti, le mosse di arti marziali, le immagini che si sovrappongono in un vortice sempre più convulso, i flash-black che riportano la protagonista indietro nel tempo quando le scelte di vita potevano essere diverse e avrebbero comportato sviluppi personali di altro tipo sono funzionali per asserire che esistono svariate possibilità che la vita ci pone davanti e che vivere implica sempre scegliere, convivere con i rimpianti, con i rimorsi, con le perdite ma anche che le opportunità che si palesano all’orizzonte sono le migliori possibili per se stessi.
 
Il film in apparenza leggero, eccessivo e inverosimile nasconde invece anche un livello di riflessione profondo che sorprende in positivo.
 
Virna Castiglioni

Questa notte parlami dell'Africa

Giovedì 27 Ottobre 2022 23:09
Il film tratto dall’omonimo romanzo di Alessandra Soresina è la storia di due donne molte diverse per
provenienza, religione ed estrazione sociale ma con in comune la voglia di cambiare il proprio destino per
cercare di avvicinarsi a quell’idea di felicità che conferisce un senso ai giorni terreni.
Emma (Roberta Mastromichele) è un avvocato in crisi personale a causa di un matrimonio arrivato al
capolinea e alla perdita dell’anziana madre ma anche per una carriera forense abbracciata senza la giusta
vocazione.
La decisione per cercare di ritrovarsi e ritrovare la strada giusta è un viaggio che è anche occasione per
incontrare nuovamente la vecchia amica Fè (Diane Fleri), una donna libera e indipendente che ha deciso di
intraprendere un’attività di volontariato nell’Africa sub-sahariana per la salvaguardia degli elefanti e il
contrasto del bracconaggio e del commercio illegale di avorio.
Una volta giunta sul posto verrà coinvolta in attività pericolose che costeranno anche la vita a Dylan
(Corrado Fortuna), il fondatore dell’associazione con cui avrà anche un legame sentimentale ma soprattutto
farà la conoscenza di una giovane donna musulmana Nuri (Grace Neema Enock) promessa sposa ad un zio
ma con sogni di libertà ed emancipazione.
Il loro legame di amicizia porterà entrambe ad una scelta di distacco dalle convenzioni imposte dalla società
e ad una salda presa di coscienza che cambierà per sempre il loro futuro.
In questo film ricco di spunti tutto è poco approfondito, la trama è esile e in alcuni punti mancano passaggi
logici e coerenti allo sviluppo, che lasciano lo spettatore un po' attonito per ricostruire le vicende e per dare
una spiegazione della rappresentazione di certe situazioni. La recitazione ha più di qualche pecca
soprattutto nella protagonista che non ha lo spessore necessario a conferire credibilità e pathos ad una
donna dai forti contrasti ma che risulta invece sempre in balia degli eventi. Decisamente più convincenti gli
attori secondari Marlon Joubert nella parte di Finn (collega e amico di Dylan dal passato travagliato) e Grace
Neema Enock che dà corpo, voce e un sorriso disarmante a Nuri. Il loro incontro e successivo
innamoramento emozionano e coinvolgono.
Nel complesso un film che non rimane nel cuore e nell’anima di chi lo guarda anche se sulla carta avrebbe
gli elementi per poter smuovere corde emotive profonde. Si assiste ad un racconto monotono, con un
susseguirsi di avvenimenti anche poco realistici per come sono presentati e il tutto rimane un po' forzato
come se si cercasse il colpo di scena che non si realizza e si tentasse di emozionare a tutti i costi ma senza
l’esito sperato.
Anche la fotografia ci rimanda ad un’Africa stereotipata e quasi edulcorata sebbene il tema trattato sia
molto crudo e violento. Anche la colonna sonora utilizzata che rimane come tema di fondo dell’esperienza
in questa terra magica rende il tutto un po' scontato.
 
Virna Castiglioni

Improvvisamente Natale

Giovedì 01 Dicembre 2022 23:16
Un racconto delicato sulla magia del Natale che può essere risvegliata in qualsiasi momento dell'anno perchè si può sempre creare la stessa atmosfera di serenità e armonia quando si ha la volontà e la determinazione per far accadere le cose che si sognano. Il film ricorda tanto un classico film Disney di alcuni decenni fa "Genitori in trappola" però in questo caso c'è solo Chiara (Sara Ciocca) e il suo gruppetto di amici ad avviare l'azione che ha come obiettivo quello di salvare l'hotel del nonno che sta meditando la sofferta decisione di cederlo a compratori cinesi. D'altro canto anche il nonno Lorenzo (Diego Abatantuono) cercherà di regalare all'adorata unica nipote un altro periodo sereno prima di assecondare la volontà della figlia Alberta (Violante Placido) e del genero Giacomo (Lodo Guenzi) che stanno prendendo la decisione di lasciarsi delegando a lui la responsabilità dell'annuncio.  Nel film i tempi comici funzionano grazie alla bravura degli attori tutti collaudati e di grande esperienza. Fatica un pò ad inserirsi nel cast l'outsider Lodo Guenzi anche se riesce a non sembrare del tutto un pesce fuor d'acqua. Nel complesso il film ha un buon ritmo, non annoia, strappa più di una risata e anche il finale, sebbene sia scontato e prevedibile, non è deludente ma anzi è la chiusura perfetta per un film adatto a tutta la famiglia. Senza particolari guizzi ma neanche senza particolari difetti la storia è originale per la scelta di parlare di Natale senza farlo coincidere con l'esatto periodo stagionale. Un film corale ben scritto e girato con una buona alternanza di scene divertenti che si incastrano alla perfezione in una racconto che altrimenti sarebbe risultato troppo buonista e stucchevole. 
 
 
Virna Castiglioni

Brado

Giovedì 20 Ottobre 2022 23:27

Brado scritto e diretto da Kim Rossi Stuart che ne è anche attore protagonista ci parla di protezione di un padre verso il figlio ma anche della maturità di quest' ultimo che salva e tutela il genitore. L' alchimia creata dai due attori protagonisti traspare per tutta la durata della pellicola e ci regala un'interpretazione eccellente del legame profondo fra un padre spigoloso e ruvido (un sempre bravo Kim Rossi Stuart) e un figlio sensibile e responsabile (un Saul Nanni molto convincente). Un rapporto doloroso raccontato attraverso dialoghi appassionati ma soprattutto veicolato da sguardi e primi piani intensi. La vicenda personale di questo legame un po' logoro ma molto tenace si lega a quella più allargata del ranch chiamato "Brado" e del lavoro di addestramento di cavalli che ha fatto del padre una specie di eremita solitario contro tutto e tutti. Il finale avrebbe potuto avere un'evoluzione positiva e concludersi con un banale lieto fine ma la scelta registica meno scontata è premiante. Anche se più difficile, la ricerca di un senso viene cercata e anche trovata nella sofferenza, nella morte, nelle relazioni tossiche, nel lavoro umile ma dignitoso perché la vita svela i suoi segreti e dispiega i suoi insegnamenti in ogni frangente, anche servendosi degli esempi più duri. Gli ostacoli che disseminano il percorso in una gara equestre sono la metafora perfetta di quello che avviene nella vita terrena. Serve coraggio, determinazione e un po' di incoscienza per superare gli scogli indenni e sentirsi più forti e sicuri. Immersi in una scenografia da moderno western, con una colonna sonora ben calibrata, Brado conferma Kim Rossi Stuart un grande attore e lo consacra alla sua terza prova dopo "Anche libero va bene" del 2006 e "Tommaso" del 2016 anche un valido regista che alterna il piano drammatico predominante a scene più leggere che creano un bel ritmo armonico. La sceneggiatura caratterizza i personaggi in modo puntuale, li rende credibili e ce li fa amare. Tifiamo per loro e vorremmo che tutto andasse nel migliore dei modi ma non perseguire la scelta più prevedibile rende ancora più convincente il tutto. Brado si basa sul racconto "la lotta" che è parte di un'antologia scritta dallo stesso Kim Rossi Stuart intitolata "le guarigioni".

Virna Castiglioni

My soul summer

Lunedì 24 Ottobre 2022 23:32
Un film fresco, leggero che ha molti pregi e qualche difetto. Sicuramente funziona la storia, l'ambientazione, la vicenda di due solitudini che si incontrano, il tema della musica che salva e consola. Non funzionano molto i dialoghi un po' banali e scontati e molti cliché e luoghi comuni di cui la storia è infarcita (l'adolescente un po' complessata con l'amica bellissima, la nonna trasgressiva con la storia lesbica, il cantante scapestrato con la giovane figlia matura e responsabile, il ragazzo dolce e problematico con un passato difficile). Protagonista della storia è Anita con i suoi 17 anni, i tanti sogni tra i quali spicca la musica, le sue poche certezze, i primi palpiti d' amore e il rapporto difficile con una madre troppo esigente. La interpreta Elisa Coclite in arte Casadilego, vincitrice della quattordicesima edizione di X Factor, che dà corpo al personaggio eseguendo il compito con impegno ma senza stupire, donando però la sua voce meravigliosa. Il protagonista maschile è un superbo Tommaso Ragno che regala al suo personaggio Vins, un cantante ormai giunto alla sua parabola discendente, espressioni divertenti, un modo di fare guascone ma anche profonde riflessioni giocando con maestria tra il comico e il registro più drammatico. Ci sono poi una serie di personaggi che la sceneggiatura caratterizza in modo perfetto per la funzionalità del racconto. Vittore che farà innamorare Anita è tenero e timido ma anche forte e determinato. Gli altri personaggi che fanno da contorno alle vicende di questa ragazza dolce e un po' ribelle e diversa dal resto dei suoi coetanei sono tutti ben interpretati e pur rimanendo sullo sfondo da comprimari consentono uno sviluppo interessante e con un buon ritmo. Il finale è ben scritto perché un gesto spiazzante racchiude invece dolcemente tutto il racconto. Come un puzzle tutti i pezzi tornano a comporre un disegno armonico che acquista un senso compiuto.
 
 
Virna Castiglioni

Io sono l'abisso

Giovedì 27 Ottobre 2022 23:38

"Io sono l'abisso" ci parla, tenendoci con il fiato sospeso, dell'origine del male e di quanto questo male possa essere circolare. Protagonista è un uomo che svolge la professione di netturbino. Proprio nella spazzatura cerca tracce e modi per incastrare le sue potenziali vittime, tutte accomunate da una chioma bionda come quella della madre. La violenza, attraverso continui flashback, viene spiegata, circonstanziata e quasi giustificata. Un uomo violento è sempre stato anche un bambino violato e vittima egli stesso che ha assorbito, come se fosse nutrimento, la violenza stessa. Nel caso specifico il passato di  questo uomo, ripercorso in modo discontinuo  ma estremamente efficace  perché il racconto risulti fluido e comprensibile, è una discesa ad inferos dove anche il legame materno è intriso di dolore e stilla violenza come la goccia che scava la roccia e crea una voragine condannando all'infelicità personale e alla pericolosità sociale. Da adulto cercherà vendetta e, in questo folle progetto, la sua missione si incontrerà con due altre abissali solitudini. Da una parte la cacciatrice di mosche che, per un immenso dolore privato, ha come ragione di vita la cattura di uomini misogini che abusano delle donne e dall'altra la ragazzina con il ciuffo viola che non riesce ad uscire per paura e vergogna dallo sfruttamento sessuale e dalla sudditanza psicologica conseguenti ad un incontro sbagliato con un coetaneo anaffettivo. In tutto questo lo spettatore è condotto per mano in un abisso sempre più scuro e profondo ma anche nel peggiore degli uomini risiede un barlume di empatia che può redimerlo rendendolo salvifico nei confronti del prossimo. Il finale è anch'esso spiazzante e, svelando un rapporto di conoscenza che lega il serial killer e chi si è messo sulle sue tracce per stanarlo e fermare la scia di morte, scopriamo che non c è speranza nemmeno quando pensiamo di essere in salvo perché qualcuno ha aiutato il destino avverso e ha reso possibile un lieto evento che avrebbe potuto non arrivare a compimento. Donato Carrisi dopo "La ragazza nella nebbia" del 2017 e "l'uomo del labirinto" del 2019 con questo nuovo thriller si consacra maestro del genere e alza ancora l'asticella immettendo anche elementi puramente drammatici che completano e regalano maggiore spessore all'opera. Gli interpreti sono perfetti nei ruoli assegnati e con grande naturalezza si muovono in uno scenario di degrado umano e sociale. Il montaggio è ben eseguito e proprio grazie ad un gioco di rimandi perfetto tra spazi temporali differenti tutto si chiarisce e non rimangono zone d'ombra di difficile comprensione. Un film che ha tutti gli ingredienti per piacere al grande pubblico ma conserva degli elementi sorprendenti anche per i soli appassionati del genere thriller.

Virna Castiglioni

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