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Al via l’Ostia International Film Festival

Mercoledì 19 Giugno 2019 11:27 Pubblicato in News
Presso Cineland, dal 20 al 23 giugno 2019, main sponsor Unicredit, con il Patrocinio della  Regione Lazio, del X Municipio Roma, Assonautica, Confcommercio Roma  e con il supporto della Roma Lazio Film Commission e di Cinecittà Panalight, si terrà la prima edizione della kermesse cinematografica del litorale laziale.
Ostia International Film Festival ha l'obiettivo di riportare il Grande Cinema ad Ostia, rilanciare la Cultura e l'Arte, porre una particolare attenzione al territorio ed ai nuovi talenti con la presenza anche di grandi maestranze del Cinema.
 
OIFF 2019 è un Festival Internazionale di Cinema Open con un concorso di Lungometraggi e Cortometraggi provenienti da tutto il mondo, inoltre un programma ricchissimo con anteprime nazionali ed internazionali, tra cui  Restiamo amici regia di Antonello Grimaldi, cortometraggi fuori concorso pluripremiati  tra cui Anna regia di Federica D’Ignoti, Core Nero regia di Antonella Laganà, Per sempre regia di Alessio Di Cosimo e Wings regia di Fabio Schifino.
 
I film ed i cortometraggi in concorso sono giudicati da una Giuria Speciale composta da: Elettra Ferraù,  Luca Verdone, Gianni Mammolotti, Giampietro Preziosa e Manuela Tempesta.
 I Lungometraggi finalisti: Volition, regia di Tony Dean Smith, Daitona, regia di Lorenzo Giovenga, Ninna Nanna, regia di Enzo Russo e Dario Germani.
I Cortometraggi: La macchina umana, regia di Simone Siragusano e Adelmo Togliani, Le avventure di Mr. Food e Mrs. Wine, regia di Antonio Silvestre, Eva, regia di Paolo Budassi.
 
Personaggio femminile dell’anno e madrina del Festival:  Ilenia Pastorelli
Omaggio e retrospettiva  dedicata a Massimiliano Bruno 
 
Due grandi aree tematiche retrospettiva presenti all’OIFF 2019:
 
- SUPERHERO LINE
Importante Forum con la presenza di disegnatori, produttori, registi ed attori, per commentare ed approfondire la tematica dei Cinecomics; moderatore Andrea Guglielmino e citiamo alcuni ospiti:  Giancarlo Caracuzzo, Leonardo Valenti, Lorenza di Sepio, Luigi Parisi, presente anche il “supereroe” dello sport e campione del mondo dei pesi leggeri: Emiliano Marsili, a seguire un omaggio alle maestranze con il film Copperman regia di Eros Puglielli.
 - OSTIA NEL CINEMA
Retrospettiva di Ostia nel Cinema Italiano, come luogo d'ispirazione e di soggiorno di grandi Maestri del Cinema Italiano con trailer, foto e filmati del grande Cinema ad Ostia con ospiti illustri a sorpresa.
 
Il 23 giugno cerimonia di Premiazione, le assegnazioni delle categorie sono: Miglior Attrice, Miglior Attore, Miglior Film, Miglior Cortometraggio, Miglior Regia. Inoltre  premi speciali tra cui cinema e musica  a Sergio Cammariere ed al videoclip “La fine di tutti i guai”, regia di Cosimo Damiano Damato, dedicato alle icone del Cinema Italiano ed Internazionale oltre alle location più suggestive di Roma.
 
 
Il festival è organizzato in collaborazione con Giuseppe Ciotoli, Patron di Cineland,
 Antonio Flamini  Direttore Artistico, Francesca Piggianelli Direzione Festival ed Organizzazione,  Metis Di Meo Conduttrice, Simona di Sarno e Massimiliano Mambor Comitato Esecutivo,
Nico Toffoli Presidente del Festival.
Si ringraziano Pallotta Gioielli, Plex design, Ostia Holiday, Ristorante Antico Traiano, Petway, Coming Soon, Manicromio. 
 

Per sempre di Alessio di Cosimo vince il Corto d'Argento

Venerdì 07 Giugno 2019 21:01 Pubblicato in News
"Per sempre" di Alessio di Cosimo si aggiudica lo speciale Corto d'Argento 2019, premio cinematografico del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici assegnato ai cortometraggi. L'opera, interpretata dall'attore internazionale Lou Castel, era già stata vincitrice di altri prestigiosi Festival.
 
 
Lou Castel, pluripremiato artista cresciuto in Giamaica, a New York e a Stoccolma è apparso in circa 100 film di nazionalità, generi e budget diversi. Ha lavorato con registi italiani, oltre che tedeschi e francesi, rivelandosi come interprete ribelle ed eclettico. In Italia sono noti i suoi ruoli con Liliana Cavani, Salvatore Samperi, Ettore Scola, Marco Bellocchio.
Il regista Alessio Di Cosimo ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al successo del cortometraggio tra cui la produzione Inthefilm di Giampietro Preziosa e Marco S. Puccioni, in collaborazione con Dreamworldmovies, la distribuzione Premiere Film, la responsabile comunicazione Francesca Piggianelli, il direttore della fotografia Sandro Chessa,al montaggio Annalisa Schillaci, lo scenografo Andrea Urso, i costumi Isabel Ruiz,il trucco Gennaro Marchese, le musiche Paolo Costa,il suono Vincenzo Santo .
 
Il cortometraggio verrà omaggiato con una proiezione speciale il 23 giugno presso Cineland alle 20.00 nell’ambito dell’Ostia International Film Festival, occasione per il regista anche per annunciare le riprese della sua opera prima.
 

Selfie

Martedì 04 Giugno 2019 17:08 Pubblicato in Recensioni
È possibile uscire da una realtà in cui siamo nati e cresciuti? E se riuscissimo ad uscirne, una parte di essa continuerebbe comunque a risiedere in noi? È possibile ammettere all’interno di un sistema codificato di regole sociali una deviazione dalla norma e con quali conseguenze?
Selfie è un’opera pura, scarna, disincantata, priva di fronzoli o artificiosità sceniche. Agostino Ferrente, dopo il prezioso Le cose belle, fa esattamente ciò che un documentarista dovrebbe fare: si mette da parte affidando ai protagonisti la narrazione di se stessi. Ne deriva un lavoro lontano dalle ipocrisie, al tempo stesso doloroso ma che, come ogni cosa sofferta, non esclude il suo lato romantico e dolce, perché sofferenza e amore sono spesso complementari. Lontano dai cliché a cui il racconto cinematografico ci ha ormai tristemente e noiosamente abituato, dalla vita di due sedicenni Alessandro, garzone di un bar, e Pietro, barbiere disoccupato che si tiene in allenamento con amici e parenti, e dalla loro forte e tenera fratellanza, nasce tutto. Loro i protagonisti, loro i registi, che con cellulare in mano riprendono le loro giornate. Nel corso  di una torrida estate napoletana ci rendono partecipi dei loro pensieri, decidono e ragionano su cosa sia giusto mostrare, se solo le cose belle del Rione Traiano, quartiere alle cronache per le tristi vicende di spaccio e criminalità, perché di quella realtà già se ne parla abbastanza, come dice Pietro, oppure tutta la verità, il bello e il brutto, come vorrebbe Alessandro. E si finisce col mostrare ogni cosa, compresi i sogni e le difficoltà dei suoi giovani abitanti che immaginano un futuro sperando di andare via da quel luogo, anche se gli affetti li legano o talvolta li spronano a lasciare, rendendosi amaramente conto che per alcuni, i predestinati, il balzo sarebbe paragonabile ad un sogno e basta. Pietro e Alessandro avevano un altro fratello acquisito, Davide Bifolco, ucciso dalle forze dell'ordine una notte, casualmente, perché nonostante il giovane fosse disarmato e di spalle, viene scambiato per un pericoloso ricercato e si fa fuoco su di lui, poi raccontando di essere maldestramente inciampati facendo inavvertitamente partire un colpo fatale. In realtà Davide era un ragazzo come tanti, la cui famiglia ora non trova pace e di cui un suo fratello di sangue si è lasciato morire per il dispiacere, dopo il secondo grado di giudizio che nega almeno un risarcimento morale per quella vita recisa. Un martire di un sistema malato, l’ennesimo ultimo che non trova giustizia, resta ad emblema di questa terra contratta alla barbarie la sua immagine dipinta su un muro del quartiere, a monito sempiterno che tutto ciò non dovrebbe mai accadere. 
Tanta verità ci arriva da una delle testimonianze raccolte da Pietro e Alessandro, quella di uno spacciatore che, incappucciato e dalla voce contraffatta, ci spiega il triste senso delle cose, quello che i veri criminali vivono  in quartieri bene circondati da lusso e opulenza, e spesso fanno parte delle classi sociali che contano, sono loro a muovere i fili della manovalanza dello spaccio, che diventa foriero di semplici operai del mercato della droga, per la maggior parte dei quali unica via (facile) per la sopravvivenza. È la logica del sistema in cui non c’è niente da stupirsi. Fin da quando vengono al mondo, maschi e femmine hanno ruoli prestabiliti, gli uomini delinquono, le donne tengono la famiglia in piedi e aspettano mostrando così il rispetto al maschio a cui si sono legate. È tutto ben chiaro e tristemente cristallizzato. Ma in ogni sistema c’è sempre chi tende ad uscire dalla regola, c’è chi sogna e chi forse con gli strumenti adatti a furia di sognare ne uscirà.
Qui non c’è giudizio, c’è solo mostrare per comprendere e far luce, facendo della conoscenza una base per combattere ignoranza e pregiudizio, delle classi sociali più elevate verso le ultime, di quel “noi” confezionato e stigmatizzante nei confronti sempre di un “loro”, perché anche all’interno di quel “loro” esisteranno sempre differenze sostanziali e alternative valide.
 
Chiara Nucera

L'uomo che compro' la luna

Giovedì 02 Maggio 2019 23:14 Pubblicato in Recensioni
Due agenti segreti italiani scoprono che un abitante di un piccolo paese della  Sardegna si è impossessato della luna con uno stratagemma legale risalente a cinquant’anni prima e, tramite i servizi segreti americani, mandano in missione una spia che sanno avere origini sarde seppure ben nascoste e mimetizzate dall’accento meneghino e da una tintura bionda per capelli.
Il film è una sorta di romanzo di formazione in cui il protagonista cresce ritrovando la sua vera essenza e le sue radici nella Sardegna, patria del nonno, e allo stesso tempo sfondo caustico, duro e spigoloso.
Il prologo mostra un uomo su un’ape che incontra di fronte a lui, su una distesa desertica, un asino che cocciutamente non accenna a scostarsi per far passare l’ape e il suo guidatore che, allo stesso modo, non devia di un millimetro dalla sua direzione nonostante lo spazio disponibile.
Con questo riferimento a uno dei più comuni stereotipi sardi (l’essere testardi) si apre la seconda opera del regista Paolo Zucca che, dopo “L’arbitro”, raggiunge una maturità artistica maggiore e sforna un piccolo gioiellino cinematografico. 
Nonostante l’intera trama sia strettamente legata all’essenza e all’anima dell’isola, il film è assolutamente godibile per ogni tipo di pubblico. Zucca rende merito alle caratteristiche più peculiari dei suoi corregionali utilizzando come espediente narrativo gli stereotipi che li descrivono, senza però farne macchiette ridicole. L’iconografia sarda diventa simbolo di una provincia che non c’è più e che esprime tutta la profonda identità di un popolo profondamente radicato nei propri confini. Si ride in modo caustico e improvviso e senza mai strizzare l’occhio ad espedienti prosaici ma sfruttando la naturale predisposizione del carattere isolano.
Kevin Pirelli (Jacopo Cullin) si ritrova come nel più tradizionale viaggio dell’eroe a girare la Sardegna in cerca di qualcosa e qualcuno che poi finirà per essere più un viaggio interiore che utilitaristico.
La missione deve essere eseguita in modo perfetto e quindi occorre un addestramento per mimetizzarsi al meglio nel territorio. Gli agenti segreti convocheranno quindi un precettore: Badore (Benito Urgu) un sardo doc che incarna perfettamente l’archetipo che vuole rappresentare e che, insieme al protagonista compone una coppia comica irresistibile.
Oltre agli elementi comici e picareschi “L’uomo che comprò la luna” si offre allo spettatore anche in una veste poetica. C’è il tema della lealtà, del rispetto, dell’amore tra coniugi e dell’adorazione per la propria terra e le proprie radici. C’è un’aria surreale, quasi favolistica con un pizzico di fantascienza che, traslata in una dimensione provinciale, evoca degli scenari improbabili e proprio per questo interessanti. 
Esattamente come le caratteristiche degli sceneggiatori questo film ha tre anime perfettamente correlate tra loro: quella dello stesso Zucca che compie un atto di amore, non privo di critiche, verso la sua terra; quello di Geppi Cucciari e il suo umorismo connaturato alla sua “sardità” e quello di Barbara Alberti e del suo tocco intellettuale e femminile.
Questi tre aspetti sono perfettamente inseriti nella trama narrativa che riesce ad essere credibile nonostante l’apparente prologo surreale.  
La godibilità di questo film resta intatta per tutta l’ora e quarantacinque minuti, appassionando lo spettatore che si affeziona inevitabilmente al protagonista un po’ goffo che alla fine sceglierà se portare a termine il suo lavoro o ritrovare la sua anima sarda nei suoi anfratti più intimi, rispettando gli insegnamenti del suo precettore.
 
Valeria Volpini