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Miss Sloane

Domenica 27 Agosto 2017 21:11 Pubblicato in Recensioni
Elegante, astuta e calcolatrice, Elizabeth Sloane è una lobbista di successo a Washington. Dopo aver abbandonato l’agenzia capitanata dal controverso Goerge Dupont, la donna decide di intraprendere un nuovo capitolo della sua carriera iniziando a lavorare per Rodolfo Schmidt. Miss Sloane dovrà fare i conti con un caso assai spinoso, una legge a favore di un più semplice possesso di armi da fuoco da parte di ogni individuo. Lo scopo della società Schimdt è quello di bloccare questa norma, mettendosi così contro una delle lobby più potenti,  quella delle armi. Se la corrotta politica Americana è un mare torbido e ambiguo, Elizabeth Sloane è un pesce vorace che si muove in queste acque con estrema abilità, soprattutto se la posta in gioco si fa alta. 
John Madden dirige un film complesso, cinico,  ben strutturato che forse presenta solamente un piccolo difetto, ossia un incipit troppo contenuto. Infatti è proprio nella seconda parte del film che si dispiegano alcuni tra gli aspetti più interessanti della pellicola. Tra questi, la ricercatezza dei dialoghi, protagonisti indiscussi nel film, tanto sagaci quanto spietati nel rendere appieno un retroscena politico pregno di tracotanza e arrivismo. 
Punto cardine della storia risulta indubbiamente l’interprete principale Jessica Chastain, splendida, ammaliante e abile come poche, capace di rendere ancora più intenso un personaggio forte e tagliente come quello di Miss Sloane. 
 Madden dirige un film molto diverso dai precedenti (Ritorno a Marigold Hotel, Shakespeare in love) cambiando decisamente registro, e offrendo allo spettatore un disegno piuttosto articolato della politica Americana. 
Miss Sloane è nel complesso un film che sa intrattenere, senza scivolare nel tedio, mantenendo sempre un ritmo costante, e avvincente. 
 
Giada Farrace

Transformers L'Ultimo Cavaliere

Giovedì 22 Giugno 2017 22:34 Pubblicato in Recensioni
Dopo estenuanti battaglie combattute sul pianeta Terra, tornano i Transformers con la regia eplosiva dello statunitense Michael Bay. Spinto dalla sete di conoscenza il buon leader del gruppo degli Autobot, Optimus Prime si spinge verso Cybertron, il pianeta natale della sua razza. Qui viene sfidato da Quintessa, la sua creatrice, una “regina” tiranna che vuole sfruttarlo a suo vantaggio per conquistare la terra. Sul nostro “pianetucolo”, i Transformers decimati, dichiarati illegali, senza distinzione di intenti, vengono cacciati, imprigionati e massacrati. A proteggerli solo Cade Yeager (Mark Wahlberg) il suo team di sgangherati sopravvisuti e una bimba orfana con grandissime conoscenze nel campo della meccanica Izabella (Isabella Moner). Megatron (storico villain della serie) a capo dei micidiali Decepticon, presentati con tanto di nome impresso sullo schermo, come nella la migliore tradizione (lo fece anche Quentin Tarantino per Kill Bill) trama la sua vendetta. Quando la speranza di vincere sembra lontana con il peso di un’azione governativa inutile e imbecille a mettere sempre i bastoni fra le ruote (è il caso di dirlo!) la soluzione ad ogni problema risiede nella magia passato. Sir Edmund Bruton (un generoso Anthony Hopkins che non si è fermato davanti al nome del franchise), custode dei segreti che riguardano un legame mistico tra Re Artù, Merlino e i robot multifunzionali, ’convoca’ la professoressa, filosofo, pressocché ‘onnisciente’ bionda mozzafiato Vivian Wembley (Laura Haddock) nella sua dimora in Inghilterra, per rivelarle più di quanto avrebbe mai immaginato, preparato all’imminente apocalisse. Quinto film della saga, massacrato dalla critica, generalmente severa con il regista, è (come i precedenti) un blockbuster che vanta tra i migliori effetti speciali in circolazione, merito della ILM. Oltre che essere tra i pochi film sui robot sul panorama attuale. Se Pacific Rim (2013) di Guillermo del Toro omaggiava egregiamente i Robot Anime giapponesi (servendosi anche di affasciananti tecniche tradizionali) la saga dei Transformers resta fedele alle sue origini Ibride. Il brand made in USA, inventato per la linea di giocattoli Hasbro nel 1984 è stato successivamente (nello stesso anno) acquisito dalla giapponese Toei Animation per l’omonima serie di cartoni animati. Scavare nella pellicola per cercare una sceneggiatura cervellotica, è un esercizio inutile: fin dal primo capitolo del 2007, il film è stato pensato e voluto per restare “un gioco” rivolto ai ragazzi di oggi e di ieri, che nella semplicità di concetti come “il sacrificio” “l’appartenenza” e “la giustizia” possono provare empatia verso le loro controparti meccaniche. Al contrario l’incapacità del regista di gestire le mille sottotrame e le aspettative sui personaggi sono punti che pendono a suo sfavore. Sfiorato il pericolo di annoiare, con la martellante voglia di mostrare troppo, come si era fatto per “Transformers: Dark of The Moon” (2011) resta una buona esagerata fantastoria dedicata a chi ha ancora una (sana) voglia di sentirsi bambino.
 
Francesca Tulli
 

Spider-man: Homecoming

Giovedì 06 Luglio 2017 22:21 Pubblicato in Recensioni
Il giovane regista statunitense Jon Watts, alle prese con il suo primo film Marvel (prodotto dalla Sony e distribuito da Warner) si cimenta nella terza versione di Spidy al cinema. Dopo lo scontro fratricida tra gli “Eroi di New York” visto in Captain America: Civil War (2016), Peter Parker (Tom Holland) quattordicenne torna a casa (come suggerisce il titolo) dalla cara zia May nel Queens. Dopo essersi sentito indispensabile per Tony Stark (anche conosciuto come Iron Man, intramontabile Robert Downey Junior) grazie ai suoi poteri di Spider-man le sue giornate in vista di essere richiamato per una missione speciale, sembrano non finire mai. Stanco di correre dietro ai ladri di biciclette, aspetta con impazienza che si presenti per lui l’occasione giusta per farsi notare dagli Avengers. La sua monotona vita al college è divisa tra le prove per il Decathlon Accademico con l’inseparabile amico Ned (Jacob Batalon) e le figuracce collezionate nel patetico tentativo di attirare l’attenzione di Liz (Laura Harrier) la bella della scuola. Nessuno è al corrente della sua identità segreta. Nel frattempo, in possesso illegale di tecnologia aliena, trafugata dai resti dell’attacco dei Chituari (Avengers, 2012), Adrian Toomes (Michael Keaton), un ‘povero’ spazzino in cerca del riscatto sociale sostenuto da un gruppo di criminali, crea armi micidiali da vendere sul mercato nero e nelle profondità del suo covo si costruisce un’armatura alata. Destinati a scontrarsi, i due sono legati da un insospettabile epilogo. Fiumi di parole, hanno accompagnato le evoluzioni cartacee e non del’ Uomo Ragno, dalla sua creazione nel 1962, Stan Lee, padre degli eroi, l’unico che potrebbe mettere bocca riguardo gli adattamenti cinematografici delle sue creature, trova tutt’oggi che alla serie tv del 1970, mancassero i giusti effetti speciali per rendere al meglio il personaggio, lacuna che con gli anni, secondo le possibilità, ad ogni rifacimento, è stata colmata. In Homecoming, la ILM ha trattato Peter Parker come ogni altro personaggio, ‘inedito’ o ‘riadattato’ cercando il ‘nuovo’ negli effetti visivi, mantenendo le sue storiche capacità. Tutto l’impianto urla alle nuove generazioni  “dimenticatevi dei recenti ‘Amazing’ e della trilogia di Sam Raimi” ora Peter Parker ha un suo posto nel’MCU, è un personaggio “nuovo” ma non così “diverso” da come lo conoscete. L’enfant prodige fa breccia con i soli due elementi che non dovevano assolutamente mancare alla pellicola :’ironia’ e i super problemi. Il compositore Michael Giacchino riutilizza le note del tema principale, senza peccare di presunzione. Di supporto, il signor. Robert ‘Stark’ Downy Junior non mette in ombra il protagonista, permettendogli un ampio respiro durante l’azione. Iron Man smette di oscurare ogni altro personaggio dietro al suo ego. Geniali le comparse di Chris Evans nei panni del ‘Capitano Ameircano’. Solo un ritmo altalenate, tra cliché e forzature (specialmente riguardo ad un certo ‘famoso’ personaggio femminile) generano dubbi per la riuscita dei seguiti del franchise. Nel film il tutto è controbilanciato anche dalla performance di Keaton, che sembra prendersi gioco del suo ruolo in Birdman (2014). ‘Grandi responsabilità’ , per l’attuale strapotere dell’universo cinematografico della ‘Casa delle Idee’ i fili delle ragnatele non si spezzano in questo film, sperando che restino così salde anche in futuro.
 
Francesca Tulli

Wonder Woman

Giovedì 01 Giugno 2017 14:49 Pubblicato in Recensioni
Nella segreta e remota Isola di Themyscira, la principessa delle amazzoni Diana cresce addestrata a divenire una temibile guerriera, in un ambiente paradisiaco costellato da armonia e pace. Tutto a Themyscira scorre seguendo un preciso ritmo quotidiano fino a quando l’aereo del pilota americano Steve Trevor precipita a largo delle sponde dell’isola, attirando l’attenzione della giovane Diana. La principessa accorre subito in aiuto del ragazzo, salvandolo dall’annegamento. Steve racconterà presso le amazzoni di un conflitto scoppiato nel mondo esterno, una guerra brutale e inarrestabile capace di mietere vittime senza sosta, distruggendo città e villaggi. Diana convinta di poter porre fine a tal ferocia decide di abbandonare l’isola guidata da Steve.  Soltanto combattendo coraggiosamente Diana scoprirà appieno i suoi straordinari poteri, arrivando a scontrarsi con una forza oscura, la più pericolosa di tutte.  Basato sui personaggi della DC, Wonder Woman è un film diretto dalla carismatica Patty Jenkis (Monster, The killing), primo lavoro per il grande schermo sulla Superoina ideata da William Moulton Marston. Accanto alla Jenkins un team di tutto rispetto all’interno del quale spiccano nomi come Matthew Jensen Direttore della fotografia (Chronicle, Il trono di spade), la scenografa Aline Bonetto (Il favoloso mondo di Amelie) e il premio Oscar Martin Walsh (Chicago, Jack Ryan). Lunga attesa e aspettative piuttosto alte nei confronti di un film che aveva tutte le carte in regola per risultare epico e coinvolgente, e che aveva come cardine lo splendore e il magnetismo di una Gal Gadot più in forma che mai. Purtroppo come sovente accade nel cinema più recente, la prova non è stata superata. La promessa di un’avventura appetitosa per gli appassionati e non, è stata sfortunatamente disattesa.  Il film diretto da Patty Jenkins riesce a coinvolgere solamente nella prima parte, dove lo spettatore si trova immerso nel prodigioso mondo delle amazzoni. 
Dopo questa iniziale ed interessante parentesi, l’intensità e la qualità della storia iniziano a cedere il passo ad una costante mancanza di materia, o per essere più precisi, penuria di accadimenti esaltanti.  Le abbondanti (ed eccessive) due ore di film si snodano attorno a dialoghi tiepidi, personaggi con cui si empatizza troppo poco, e scontri costellati da una lunghezza temporale eccedente, che finisce coll’indebolire la già oscillante concentrazione. La Wonder Woman interpretata da Gal Gadot è incantevole, giusta e determinata, ma anch’essa non convince appieno per l’eccessiva mitezza, le manca quella dose di aggressività che bene si accompagna ad un personaggio tenace e fiero come Diana. 
Quello nelle sale dall’ 1 giugno è un film che tradirà in buona parte dei casi le aspettative degli appassionati, incapace nell’adempiere all’agognato compito di intrattenere. 
 
Giada Farrace