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Jackie

Giovedì 23 Febbraio 2017 17:18 Pubblicato in Recensioni
Sempre dignitosa, intransigente, accompagnata dalla paura, furiosa e in continua lotta con se stessa, così il geniale regista cileno Pablo Larraín ci presenta la frist lady Jacqueline Kennedy nel suo ‘Jackie’,  interpretata da una trascinante Natalie Portman da oscar. Il 22 novembre del 1963 il mondo intero assistette all'uccisione del presidente John Kennedy a Dallas in Texas, ferito a morte a colpi di fucile. Ogni momento, viene descritto dal regista senza enfasi artificiosa e con autentico rispetto. La moglie accompagnava il marito a bordo della Berlina presidenziale e le testimonianze riportano che non volle togliersi di dosso il sangue dal suo abito rosa confetto, per mostrare al mondo cosa fosse davvero successo. Al suo fianco solo Bobby (Peter Sarsgaard), fratello dell’ex presidente.  Jackie nella sua residenza momentanea, vedova con due figli, ignara del suo futuro teme il peggio e si confessa con un giornalista (interpretato da Billy Crudup) raccontando le interminabili ore e i fatti successivi alla tragedia, egli è pronto a scrivere l'articolo del secolo ma lei, osso duro, gli impedisce di pubblicare tutto quello che potrebbe danneggiare la sua reputazione, senza risparmiare nessun dettaglio e senza reprimere nessuna lacrima o reazione sconsiderata. Quella che ne segue non è una morbosa cronaca nera, tanto meno un coccodrillo postumo di 54 anni e, per quanto fedele, non ha la pretesa di contestualizzare i fatti storici successivi come accade nei documentari o nei diversi film che trattano la vicenda. I flashback riportano colore nella Casa Bianca, risuonano nelle sue sontuose stanze le note del Musical di Broadway Camelot (il preferito da Jack) e la frist lady indossa tutti gli abiti, minuziosamente riprodotti, che l’hanno resa una inossidabile icona di stile. Parte dei dialoghi sono fedeli a quelli che riporta la stampa dell’epoca, grazie alla sceneggiatura redatta da Noah Oppenheim. La vita sfarzosa dei due coniugi, fuori portata e lontana dalla realtà di tutti, si scontra con la progressione inesorabile del dolore, amplificata dalla spettacolarizzazione della tragedia che ne aumenta il peso e rende l’essere stata la moglie del presidente uno svantaggio. La leggenda dei Kennedy e l’assassinio del secolo, fanno solo da scenario al dolore di una donna, alla sua personale rielaborazione di un lutto, che smuove le nostre coscienze. Rimarcabile la figura del prete, guida spirituale della protagonista, ultimo ruolo di John Hurt, che ‘ci saluta’ dando una splendida chiave per interpretare la vita. La figura di Jackie diventa un veicolo per riflettere sui cambiamenti che la morte porta inevitabilmente con sé. Raramente un film che ha come protagonista la perdita di una persona cara risulta digeribile: la retorica, la noia e la pesantezza rischiano troppo spesso di prendere possesso della tematica trattata, in questo raro caso la poesia sconfigge la morte.
 
Francesca Tulli

David 2017. Le Candidature

Martedì 21 Febbraio 2017 18:15 Pubblicato in News
Sono state rese note tutte le candidature che concorreranno il prossimo 27 marzo alla cerimonia ufficiale dei David di Donatello 2017, che si terrà presso gli Studios di via Tiburtina. 
 
A fare incetta di candidature troviamo Indivisibili e La pazza gioia, 17 a testa, ma Veloce come il vento segue con un totale di 16. Doppiamente candidato Valerio Mastandrea (Miglior Attore Protagonista per Fai bei sogni e Miglior Attore Non Protagonista per Fiore). 
 
 
Nella categoria MIGLIOR FILM 
 
Fai bei sogni regia di: Marco Bellocchio
Fiore regia di: Claudio Giovannesi
Indivisibili regia di: Edoardo De Angelis
La pazza gioia regia di: Paolo Virzì
Veloce come il vento regia di: Matteo Rovere
 
 
MIGLIOR REGIA
Marco Bellocchio, per Fai bei sogni
Claudio Giovannesi, per Fiore
Edoardo De Angelis, per Indivisibili
Paolo Virzì, per La pazza gioia
Matteo Rovere, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE
Michele Vannucci, per Il più grande sogno
Marco Danieli, per La ragazza del mondo
Marco Segato, per La pelle dell'orso
Fabio Guaglione, Fabio Resinaro, per Mine
Lorenzo Corvino, per WAX: We are the X
 
 
MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE
Claudio Giovannesi, Filippo Gravino, Antonella Lattanzi, per Fiore
Michele Astori, Pierfrancesco Diliberto, Marco Martani, per In guerra per amore
Nicola Guaglianone, Barbara Petronio, Edoardo De Angelis, per Indivisibili
Francesca Archibugi, Paolo Virzì, per La pazza gioia
Roberto Andò, Angelo Pasquini, per Le confessioni
Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA
Fiorella Infascelli, Antonio Leotti, per Era d'estate
Edoardo Albinati, Marco Bellocchio, Valia Santella, per Fai bei sogni
Gianfranco Cabiddu, Ugo Chiti, Salvatore De Mola, per La stoffa dei sogni
Francesco Patierno, per Naples '44
Francesca Marciano, Valia Santella, Stefano Mordini, per Pericle il nero
Massimo Gaudioso, per Un paese quasi perfetto
 
 
MIGLIOR PRODUTTORE
Cristiano Bortone, Bart Van Langendonck, Peter Bouckaert, Gong Ming Cai, Natacha Devillers, per Caffè
Pupkin Production e IBC Movie con Rai Cinema, per Fiore
Attilio De Razza, Pierpaolo Verga, per Indivisibili
Marco Belardi per Lotus Production (una società di Leone Film Group) – in collaborazione con Rai Cinema, per La pazza gioia
Angelo Barbagallo per Bibi Film con Rai Cinema, per Le confessioni
Domenico Procacci con Rai Cinema, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA
Daphne Scoccia, per Fiore
Angela e Marianna Fontana, per Indivisibili
Valeria Bruni Tedeschi, per La pazza gioia
Micaela Ramazzotti, per La pazza gioia
Matilda De Angelis, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Valerio Mastandrea, per Fai bei sogni
Michele Riondino, per La ragazza del mondo
Sergio Rubini, per La stoffa dei sogni
Toni Servillo, per Le confessioni
Stefano Accorsi, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Antonia Truppo, per Indivisibili
Valentina Carnelutti, per La pazza gioia
Valeria Golino, per La vita possibile
Michela Cescon, per Piuma
Roberta Mattei, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Valerio Mastandrea, per Fiore
Massimiliano Rossi, per Indivisibili
Ennio Fantastichini, per La stoffa dei sogni
Pierfrancesco Favino, per Le confessioni
Roberto De Francesco, per Le ultime cose
 
 
MIGLIOR AUTORE DELLA FOTOGRAFIA
Daniele Ciprì, per Fai bei sogni
Ferran Paredes Rubio, per Indivisibili
Vladan Radovic, per La pazza gioia
Maurizio Calvesi, per Le confessioni
Michele D'Attanasio, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE MUSICISTA
Carlo Crivelli, per Fai bei sogni
Enzo Avitabile, per Indivisibili
Carlo Virzì, per La pazza gioia
Franco Piersanti, per La stoffa dei sogni
Andrea Farri, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
"I CAN SEE THE STARS", musica e testi di Fabrizio Campanelli, interpretata da Leonardo Cecchi, Eleonora Gaggero, Beatrice Vendramin, per Come diventare grandi nonostante i genitori
"ABBI PIETÀ DI NOI", per Indivisibili, musica, testi di Enzo Avitabile, interpretata da Enzo Avitabile, Angela e Marianna Fontana, per Indivisibili
"L'ESTATE ADDOSSO", musica di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, Christian Rigano e Riccardo Onori, testi di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti e Vasco Brondi, interpretata da Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, per L'estate addosso
"PO POPPOROPPÒ", musica e testi di Carlo Virzì, interpretata dai pazienti di Villa Biondi, per La pazza gioia
"SEVENTEEN", musica di Andrea Farri, testi di Lara Martelli, interpretata da Matilda De Angelis, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE SCENOGRAFO
Marcello Di Carlo, per In guerra per amore
Carmine Guarino, per Indivisibili
Marco Dentici, per Fai bei sogni
Tonino Zero, per La pazza gioia
Livia Borgognoni, per La stoffa dei sogni
 
 
MIGLIORE COSTUMISTA
Cristiana Ricceri, per In guerra per amore
Massimo Cantini Parrini, per Indivisibili
Catia Dottori, per La pazza gioia
Beatrice Giannini, Elisabetta Antico, per La stoffa dei sogni
Cristina Laparola, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR TRUCCATORE
Gino Tamagnini, per Fai bei sogni
Maurizio Fazzini, per In guerra per amore
Valentina Iannuccilli, per Indivisibili
Esmé Sciaroni, per La pazza gioia
Silvia Beltrani, per La stoffa dei sogni
Luca Mazzoccoli, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR ACCONCIATORE
Mauro Tamagnini, per Fai bei sogni
Massimiliano Gelo, per In guerra per amore
Vincenzo Cormaci, per Indivisibili
Daniela Tartari, per La pazza gioia
Alessio Pompei, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE MONTATORE
Consuelo Catucci, per 7 minuti
Chiara Griziotti, per Indivisibili
Cecilia Zanuso, per La pazza gioia
Alessio Doglione, per La stoffa dei sogni
Gianni Vezzosi, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR SUONO
Presa diretta: Gaetano Carito – Microfonista: Pierpaolo Lorenzo – Montaggio: Lilio Rosato – Creazione suoni: New Digital Sound – Mix: Roberto Cappannelli, per Fai bei sogni
Presa diretta: Valentino GIANNÌ – Microfonista: Fabio Conca – Montaggio: Omar Abouzaid e Sandro Rossi – Creazione suoni: Lilio Rosato – Mix: Francesco Cucinelli, per Indivisibili
Presa diretta: Alessandro Bianchi – Microfonista: Luca Novelli – Montaggio: Daniela Bassani – Creazione suoni: Fabrizio Quadroli – Mix: Gianni Pallotto c/o SOUND DESIGN, per La pazza gioia
Presa diretta: Filippo Porcari – Microfonista: Federica Ripani – Montaggio: Claudio Spinelli – Creazione suoni: Marco Marinelli – Mix: Massimo Marinelli, per La stoffa dei sogni
Presa diretta: Angelo Bonanni – Microfonista: Diego De Santis – Montaggio e Creazione suoni: Mirko PERRI – Mix: Michele Mazzucco, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORI EFFETTI DIGITALI
Chromatica, per In guerra per amore
Makinarium, per Indivisibili
Mercurio Domina, Far Forward, Fast Forward, per Mine
Canecane, Inlusion, per Ustica
Artea Film & Rain Rebel Alliance International Network, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR DOCUMENTARIO
60 - Ieri, oggi, domani, di Giorgio Treves
Acqua e zucchero: Carlo Di Palma, i colori della vita, di Fariborz Kamkari
Crazy for football, di Volfango De Biasi
Liberami, di Federica Di Giacomo
Magic Island, di Marco Amenta
 
 
MIGLIOR FILM DELL'UNIONE EUROPEA
Florence, di Stephen Frears
Io, Daniel Blake, di Ken Loach
Julieta, di Pedro Almodovar
Sing Street, di John Carney
Truman – Un vero amico è per sempre, di Cesc Gay
 
 
MIGLIOR FILM STRANIERO
Animali notturni, di Tom Ford
Captain Fantastic, di Matt Ross
Lion, di Garth Davis
Paterson, di Jim Jarmusch
Sully, di Clint Eastwood
 
 
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
A casa mia, di Mario Piredda
Ego, di Lorenza Indovina
Mostri, di Adriano Giotti
Simposio suino in re minore, di Francesco Filippini
Viola, Franca, di Marta Savina
Il miglior cortometraggio Premio David di Donatello 2017 è: A CASA MIA di Mario Piredda
 
 
DAVID GIOVANI
Michele Placido, per 7 minuti
Pierfrancesco Diliberto, per In guerra per amore
Gabriele Muccino, per L'estate addosso
Paolo Virzì, per La pazza gioia
Roan Johnson, per Piuma
 
 

Lego Batman - Il Film

Giovedì 09 Febbraio 2017 16:58 Pubblicato in Recensioni
Registi del calibro di Tim Burton e Cristopher Nolan sanno quanto sia difficile portare la leggenda dell’uomo pipistrello sul grande schermo. Gli appassionati dei fumetti DC Comics si interrogano da tempo immemore su quale trasposizione di Batman al cinema sia la migliore. Oggi la casa danese che produce dal 1916 i mattoncini Lego, i giocattoli perfetti per ogni generazione, forse fornisce la risposta definitiva. Attraverso una parodia pensata e colma di passione e citazioni, il regista Chris McKay (che aveva usato la stessa formula per dirigere Robot Chicken: Star Wars Episode III che gli appassionati di fantascienza ricordano bene, con annesse risate convulse) ci trasporta a Gotham City dove Joker (il clown terrorista che vive per tormentare il suo acerrimo nemico), con la sua banda di criminali, minacciano per l’ennesima volta l’incolumità della popolazione; sarà compito di Batman risolvere la situazione. Cosa fa il cavaliere oscuro tutto solo nella sua Batcaverna? Perché Joker è così ossessionato da lui? Soprattutto, perché Robin, sua famosa spalla, indossava nella serie televisiva del 1966 quel completo ridicolo con i mutandoni verdi? Il film risponde ad ogni interrogativo, dando forse per la prima volta, una chiaro identikit di ogni personaggio attraverso le sole due ore di intrattenimento a disposizione, anche a chi incontra Batman per la prima volta (il film è dedicato agli adulti quanto ai bambini). Questa sfida troppe volte viene persa in partenza, specialmente nei film di punta recenti ( Batman vs Superman: Dawn of Justice e Sucide Squad 2016) dove lo spettatore, conoscendo già l’argomento va al cinema con una propria visione dei protagonisti senza che gli sceneggiatori si preoccupino di spiegare i retroscena, lasciando un senso di incompletezza. Il fatto che gli strumenti utilizzati per raccontare la storia siano lego tridimensionali in CGi e non attori in carne e ossa, diventa un fattore secondario, tuttavia la qualità dell’animazione è eccelsa. Fa anche da sequel al riuscitissimo The Lego Movie (2014) dove Batman compariva nel team principale ma il taglio del film è decisamente diverso. Una nota di merito va alla voce italiana di Batman, Claudio Santamaria (ormai abituato ai panni dell’eroe ‘coatto’ dopo aver recitato in Lo Chiamavano Jeeg Robot), che questa volta interpreta Batman a ruota libera senza il peso del sintetizzatore (fu scelto anche per doppiare Christian Bale nella trilogia di Nolan). Attraverso canzoncine cool, macchinari costruiti di mattoncini che urlano “mamma me lo compri!” battute e citazioni ‘nerd’ che sono già cult, il film mette in luce tematiche importantissime al centro di tutte la paura della solitudine e l'importanza di costruirsi una famiglia fatta di persone capaci di vedere anche oltre “la maschera”. 
 
Francesca Tulli

Rester Vertical

Venerdì 20 Maggio 2016 15:57 Pubblicato in Recensioni
Rester Vertical ha aperto la competizione del Festival di Cannes 2016. E se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo affermare che qualche nuvoletta di troppo quella mattina c’era. Non come nel meraviglioso cielo, che sovrasta le sterminate praterie della Lozère francese, dove il film ha inizio. Leo (Damien Bonnard), giovane sceneggiatore e regista, durante una scampagnata alla ricerca di un lupo, si imbatte nella giovane e carina Marie (India Hair). Il loro incontro esplode e fa scintille dal primo sguardo. Insieme hanno un figlio, che per lei subito dopo diventa ingombrante. Leo però è un giovane senza una fissa dimora e il suo andirivieni dalla città alla campagna fa nascere in Marie dei dubbi sulla sua persona. Lei lo lascia con il pargoletto da accudire. La vita, già un po’ stramba di Leo, si complica maggiormente. Succedono tante cose strane che mettono a repentaglio l’intera esistenza del ragazzo. Avvenimenti discutibili sotto la calda lente della società. Ci domandiamo: “Forse stanare quel lupo è stata una buona idea?” 
Negli intenti del regista Alain Guiraudie c’è proprio quello di andare a cercare quell’animale feroce per provocarlo e dimostrargli che si può rimanere in verticale (in tutti i sensi possibili), con orgoglio davanti a lui, qualsiasi sia il modo di approcciare la vita. Dimostrare di non avere paura per non farsi mangiare. Sbattergli in faccia, e il regista francese lo fa con scioccanti immagini: genitali in primo piano, un vero parto e un rapporto omosessuale, che la libertà di espressione è fondamentale e primaria nella vita di un individuo. 
 
Guiraudie, non alla prima presenza al Festival di Cannes, con il suo Lo sconosciuto del lago (L'Inconnu du lac), presentato nella sezione Un Certain Regard nel 2013, ha vinto il premio per la regia.
Diretto con mano ferma, l’autore posiziona la telecamera esattamente dove il suo occhio e il suo spirito voglio andare a parare. Oggetto di alta tecnologia che diventa un proseguimento di se stesso, il mezzo per farci capire quanto ci sia di autoreferenziale in questa sua nuova pellicola.
 
La pecca maggiore che possiamo imputare al film è quella di riempirsi fino all’accesso di situazioni bizzarre. Non c’era bisogno di traumatizzare all’eccesso. Scuotere fa bene allo spirito e alla mente, ma quando si riempie, nel vero senso della parola, un contesto con troppe esplicite provocazioni, lo spettatore si ritrova esasperato e in continuazione balzato dentro e fuori dal significato del film. Non che poi ci si senta vuoti, ma sinceramente un po’ depistati e costretti ad assistere a qualcosa che sembra essere prettamente autoreferenziale. Un sali e scendi che non aiuta a portare in porto quella che inizialmente sembrava un ottima idea. 
 
Non si può dimenticare di lodare la splendida fotografia del lungometraggio. Paesaggi che sembrano coccolare il povero Leo, che nel suo ferreo giustificare le proprie azioni, tramuta la sua figura in qualcosa di borderline: bamboccione o difensore della patria? Non si dovrebbe arrivare fino a questo punto.
Eccedendo si passa quasi dalla parte del torto.
L’agnellino tenuto in braccio nel finale davanti a lupi è chiaramente l’essere più innocente in balia del mostro. Come se Leo avesse in mano il proprio bambino, che non fosse altro che la versione in fasce di se stesso.
 
 
David Siena