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CiakPolonia

Domenica 15 Dicembre 2013 23:59 Pubblicato in News

 
Lunedì 16 dicembre, al Cinema Trevi, termina la prima edizione di CIAKPOLONIA, la rassegna dedicata alla cinematografia emergente polacca realizzata dal Roma Independent Film Festival in collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma e con il sostegno di Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica. Un viaggio a tappe, che ha portato gli appassionati alla scoperta delle più interessanti opere del paese centroeuropeo.
 
 
Si comincia alle ore 18.00 con Courage di Greg Zglinski, 2011, 85’, vincitore al RIFF Awards 2012.
Alle ore 20 in esclusiva il trailer del prossimo lungometraggio di Lech Majewski, Field of Dogs – Psie Pole (in sala dalla prossima primavera distribuito da CG), a seguire I colori della passione – The mill & the cross firmato nel 2011 dallo stesso Majewski ed interpretato da Rutger Hauer (ora in dvd e blu ray CG Home Video).
 
Tutte le proiezioni della serata saranno ospitate su RomeFilmmarket la nuova piattaforma dedicata alle pellicole indie provenienti da tutto il mondo. Il progetto prevede un portale on-demand con una library di oltre 500 titoli fra corti, lungometraggi e doc indipendenti, visionabili in modalità streaming su PC, IPad e Smartphone, direttamente dall’archivio delle passate edizioni del Rome Independent Film Festival.
All’interno del portale particolare attenzione viene dedicata all’offerta di titoli polacchi fra i quali My name is Ki (Ki) di Leszek Dawid, anteprima Italiana al Festival di Venezia 2011, Giornate degli Autori.
 
Maggiori informazioni consultando www.riff.it e www.istitutopolacco.it

Cinema e autori sulle tracce delle migrazioni

Sabato 07 Dicembre 2013 23:05 Pubblicato in News
"Quello della migrazione non è uno tra i tanti temi possibili del nostro cinema, ma è quello che meglio ne esprime e ne sintetizza l’identità. Che è nomade e inquieta, mutevole e itinerante, esattamente come il mondo che mette in scena (…). Nessun altro paese è stato – come l’Italia – al contempo terra di emigrazione e terra di immigrazione. Il nostro cinema non si è limitato a raccontare, negli ultimi 30 anni, quelli che da un “altrove” sono venuti qui. Prima ancora ha raccontato noi che siamo andati là". Così Gianni Canova nella prefazione di Cinema e autori sulle tracce delle migrazioni il libro, edito da Ediesse, scritto a quattro mani da Andrea Corrado e Igor Mariottini.
 
 
 
Un appassionante e minuzioso viaggio nel nostro cinema, attraverso ricerche approfondite in archivi e cineteche su tutto il territorio nazionale, fino al 2012.
Cinema e migrazioni sono apparsi in Italia più o meno nello stesso periodo, nei primi anni del Novecento. Da allora, storie e immagini di migranti hanno attraversato il cinema italiano in un rapporto spesso discontinuo, a volte controverso, ma sempre ricco. Tra cronaca e finzione, spunti di riflessione e magia dei fotogrammi, il volume percorre le tappe di questo rapporto, con una panoramica sui film italiani che hanno raccontato le migrazioni e i loro protagonisti. Dagli italiani in partenza di Pane e cioccolata e di Nuovomondo, agli esodi interni da Sud a Nord di Rocco e i suoi fratelli e di Napoletani a Milano, con un breve viaggio nella «migrazione da ridere» di tante commedie. Per chiudere il cerchio con i titoli degli ultimi venti anni, che portano anche sul grande schermo la dilagante e problematica presenza di cittadini stranieri nel nostro paese. 
 
Andrea Corrado alterna collaborazioni giornalistiche all’attività di ufficio stampa e comunicazione. Ha pensato e realizzato il primo periodico istituzionale in rete dedicato al cinema dgCinews. È autore di Il cinema in valigia sui luoghi che hanno fatto il cinema mondiale e sui film che hanno raccontato storie e territori. Per Ediesse ha pubblicato nel 1992 Diritti senza frontiere.
 
Igor Mariottini è laureato in Storia e Critica del cinema presso l'Università degli Studi Roma Tre, è autore di recensioni e saggi per testate on-line e ha collaborato con l'Istituto della Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani.
 
 
 
 

Via Castellana Bandiera

Sabato 07 Dicembre 2013 22:21 Pubblicato in Recensioni
Rosa (Emma Dante) accompagna in macchina la sua partner Clara (Alba Rohrwacher) a Palermo, per il matrimonio di un amico. Durante il viaggio la tensione fra le due è palpabile; Rosa, fuggita da Palermo e da sua madre anni prima, è inquieta e infastidita all’idea di dover fare i conti con il proprio passato. 
D’altra parte c’è Samira (Elena Cotta, vincitrice della Coppa Volpi a Venezia per la migliore interpretazione femminile), donna vecchia e piena di rimpianti; ha perso sua figlia, morta di cancro,  ed ora vive con la famiglia del genero (Renato Malfatti). 
Le due automobili delle protagoniste finiranno per ritrovarsi l’una di fronte all’altra, sbarrandosi la strada a vicenda, nella tortuosa e claustrofobica via Castellana Bandiera, strada a doppio senso in cui sembra non vigere nessuna regola del codice stradale, né morale. Samira, spinta dal genero prepotente, che ne fa inizialmente una questione d’onore, non vuole spostarsi, così come Rosa, che dal suo ritorno a Palermo non aspetta una soluzione ma un ulteriore scontro. Le due macchine rimangono a fronteggiarsi per quasi ventiquattro ore, mentre intorno a loro si susseguono una serie di situazioni surreali animate dalla gente del posto. 
 
Tratto dall’omonimo romanzo della stessa Dante, protagonista e regista, Via Castellana Bandiera non è solo il ritratto di un meridione desolato e desolante, ma una riproduzione in scala ridotta dell’intera penisola, che mette in luce i tentativi sempre più fallimentari di raggiungere un compromesso nello scontro generazionale, culturale e sociale attualmente in atto - è più giusto far passare il vecchio per rispetto o il giovane che avanza? 
Uno stallo umano e politico apparentemente senza uscita. 
Il fatto che la via sembri allargarsi sempre di più durante la notte non è un grossolano errore di continuità, ma un modo per la regista di sottolineare l’irrazionalità della situazione e la cieca testardaggine delle due fazioni.  
 
Una madre che ha perso la figlia e una figlia che ha ripudiato la madre, un paese senza futuro e uno che rinnega il suo passato non vanno da nessuna parte, rimangono lì immobili. 
È la situazione politica degli ultimi anni; due macchine ferme, una di fronte all’altra, un equilibrio precario sorretto dal fatalismo e dalla testardaggine degli schieramenti, mentre chi intorno specula e scommette sulla morte del più debole si illude erroneamente di poter tirare i fili. Samira resta in macchina anche dopo che il genero la esorta a far passare le forestiere; per lei non è più una gara a chi ha le corna più dure. Lo spirito di rivalsa viene sostituito gradualmente da un desiderio di morte, bisogno di ricongiungersi con la figlia, e il vincitore dello scontro verrà decretato dall’irrazionale fatalismo siciliano.
Convincente opera prima, presentata in concorso durante l’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Via Castellana Bandiera è stato distribuito il 19 settembre in 66 sale italiane. 
 
Angelo Santini

Dal Profondo

Sabato 07 Dicembre 2013 21:54 Pubblicato in Recensioni
“Dal profondo”: Luce agli occhi
E’ sorprendente il lavoro fatto dalla regista pugliese Valentina Zucco Pedicini; il suo primo lungometraggio racconta con maestria un viaggio nei sotterranei di una miniera di carbone, l’ultima ancora aperta in Italia.
 
Un viaggio nei sotterranei impolverati della coscienza umana, una lenta e attenta discesa nel sottosuolo, dove la “vita” c’è e combatte.
Gli occhi di Valentina Zucco Pedicini  si sono posati sui lavoratori della miniera Carbosulcis Srl, in Sardegna, per raccontare la storia di questi uomini – in realtà quella di centinaia di persone – impegnati a combattere contro l’imminente chiusura.
“Dal profondo”, Vincitore al Festival Internazionale del Film di Roma 2013 – nella Sezione Prospettive Doc Italia – non è soltanto un documentario di denuncia, è soprattutto una discesa in un mondo sconosciuto, fatto di polvere e lavoro, un’analisi dettagliata di uno stile di vita che molte persone hanno scelto o semplicemente accettato.  
La regista pugliese, all’esordio in un lungometraggio, immortala i lavoratori in un momento ben preciso, quello della protesta e di un’occupazione che durerà 8 giorni. 
La Zucco Pedicini si addentra con la sua troupe negli “inferi” (500 metri sotto il livello del mare), scegliendo di osservare questo mondo sotterraneo attraverso gli occhi azzurri e arrossati dell’unica donna minatore in Italia, l’unica donna del cantiere.
Sono sue le parole off che accompagnano la discesa “nell’oscurità”, è suo il ricordo di un padre minatore morto troppo presto.
La regista coglie tutte le sfumature, i chiaroscuri, le ombre; muove con eleganza e maestria la macchina da presa, fotografando gli ultimi attimi di vita all’interno della miniera.
Siamo di fronte ad un pellicola pregna di sostanza, intrisa di significato e contenuto di cui parlare, ma non basta. “Dal profondo” è esteticamente bello, curato nei particolari: in alcune scene la macchina da presa si muove lenta, immortala e cattura come un pittore le immagini su tela, cogliendone aspetto e anima.
Lo sguardo di Valentina Zucco Pedicini è leggero e rispettoso. 
Racconta e non giudica. Documenta con arte. 
 
 
Silvia Marinucci