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Richard Jewell

Martedì 14 Gennaio 2020 11:50 Pubblicato in Recensioni

Il dono della narrazione è un privilegio raro e riservato a pochi nomi della Hollywood  odierna. La spasmodica ricerca dello spettacolare al cinema, la quale tuttavia non sempre genera prodotti eccelsi, pone ancor di più in evidenza quei narratori che imperterriti seguono il loro fulgido cammino. Ebbene Clint Eastwood a quasi 90 anni, è uno dei grandi veterani che ancora oggi pone come cuore della sua missione narrativa l’essere umano, e talvolta l’eroe. Il regista di Gran Torino, decide ora di raccontarci la vicenda accaduta realmente a Richard Jewell, un giovane americano travolto da un’inarrestabile polverone di eventi disastrosi sollevato dalla bulimica invadenza dei media.  Tutto ha inizio il 27 luglio del 1996, quando durante i giochi olimpici di Atlanta, Richard, in veste di guardia di sicurezza dell’evento, scopre uno zaino sospetto. Il giovane riesce a lanciare l’allarme in un tempo ridotto, mettendo in salvo molte vite prima dell’esplosione, e tentando di limitare il numero dei lesi. Dopo giorni intensi e gloriosi, in cui Richard viene considerato all’unanimità un erore, arriva il colpo basso da parte dei mass media, i quali diffonderanno la notizia che il ragazzo risulta per l’FBI il primo sospettato dell’esplosione. Da qui ha inizio ufficialmente il frustrante calvario di Jewell, ritenuto ingiustamente un individuo psicolabile e pericoloso, nonchè un fanatico in cerca soltanto di attenzione. Clint Eastwood rimane colpito da questa vicenda e decide di raccontarcela come soltanto lui sa fare con tali fatti di cronaca, ossia con assoluta minuzia e grande umanità. Nella seconda parte del film, la ricostruzione del fatto in sè viene poi seguita dall’esplorazione dei rapporti che intercorrono tra i vari protagonisti e questo avviene con molta naturalezza senza cedere il passo ad eccessi di sentimentalismi. Perchè il cinema di Eastwood non si limita mai a riportare una vicenda nella sua fredda linearità, ma abbraccia anche quel piano intimo e profondo che rende tutti i personaggi delle sue storie più vicini a noi. Una lode speciale va agli interpreti, da Sam Rockwell, che restituisce il ritratto sincero e ironico dell’avvocato, a Kathy Bates madre dell’eroe alla gogna, arrivando infine al protagonista Paul Walter Hauser, perfetto in ogni istante nel suo ruolo. Richard Jewell è sicuramente un film molto diverso dal precedente The Mule, poichè viaggia su un binario emotivo differente, ma non per questo meno incline a coinvolgere. Certo è che, di registi come Eastwood non ce ne sono e mai ce ne saranno, pertanto questa sua impronta unica, capace di colpire il bersaglio senza sbavature resta di fatto il suo tratto principale, quello che rende i suoi film dei grandi momenti di cinema. 

 

Giada Farrace

 

 

 

Un giorno di pioggia a New York

Giovedì 28 Novembre 2019 12:43 Pubblicato in Recensioni

Entrare in sala sapendo che si vedrà un film di Woody Allen coincide solitamente  con il momento che precede l’arrivo di una carezza piacevole e allo stesso modo eccitante. Questo meccanismo si innesta in quasi tutti i casi ed è quanto di più dolcemente confortante  possa offrirci un film di Allen. Un giorno di pioggia a New York è l’ennesima conferma che questo straordinario regista riesce sempre (tranne rarissimi casi) a centrare il bersaglio con una disinvoltura e una maestria impareggiabili. La vicenda prende vita nella grande mela, dove la giovanisima coppia composta da Gatsby (Timothée Chalamet) e Ashleigh (Elle Fanning) si trova a dover trascorrere un intenso e vulcanico weekend all’insegna dell’imprevisto.  E se da un lato Ashleigh verrà catapultata in un contesto del tutto inaspettato a seguito di un’intervista ad un noto ed affascinante regista, dall’altro Gatsby dovrà fare i conti con la polverizzazione di tutti i suoi progetti organizzati in modo impeccabile per immergere la sua dolce metà in una città malinconica ed esuberante come la sua New York.  Woody Allen torna finalmente a dirigere un film che ripercorre fieramente e senza alcun indugio quel sentiero che gli è tanto caro e familiare e che corrisponde alla commedia più vivace, romantica, da sempre arricchita da quel pizzico di cinismo che rende ogni cosa più pungente.  E anche in questo caso, a fare da colonna portante del film sono i dialoghi, fitti e sferzanti, capaci di donare al tessuto narrativo quella linfa vitale che rende il tutto più fluido e dinamico. La scorrevolezza di Un giorno di Pioggia a New York è pertanto dovuta in larga parte alla costruzione di scene riuscite e in grado di colpire con rara genialità, ma anche al talento di un cast del tutto inserito nel contesto, a partire proprio dal protagonista, Timothée Chalamet. Gatsby è infatti il riflesso più acerbo della moltitudine di personaggi interpretati da Woody Allen nel corso della sua lunghissima carriera. Cinico e dall’aria a tratti malinconica, Gatsby è l’Allen più giovane e romantico, il quale non è ancora giunto alla fase più penetrante di cinismo esistenziale. Siamo alle battute finali e risulta quindi impossibile non evidenziare quanto ci sia di speciale in questo film che rischiava seriamente di non essere distribuito affatto in sala. Con Un giorno di pioggia a New York Allen ripropone con profonda incisività alcuni temi cari al suo cinema, uno tra tutti quello legato all’imprevedibilità degli eventi e a quanto sia inafferrabile la certezza della felicità.  

Giada Farrace

Last Christmas

Venerdì 20 Dicembre 2019 11:21 Pubblicato in Recensioni
L'ultimo lavoro del regista Paul Feig è una commedia romantica dai toni squisitamente natalizi, ispirata al celeberrimo brano di George Michael “Last Christmas” che dà anche il titolo al film.
Le intenzioni del regista sono dichiarate fin da subito: la storia vede protagonista una sorta di Bridget Jones nell’era dei millenials, goffa ed egocentrica ma irresistibilmente stralunata, che cerca continuamente di sfondare nel campo del canto, collezionando un provino dopo l'altro ma fallendone la quasi totalità. Kate, il cui vero nome è Katarina, immigrata da bambina a Londra con la famiglia, cerca di guadagnarsi da vivere lavorando come commessa/elfo in un negozio che vende articoli natalizi tutto l’anno, mentre passa da un divano all'altro in cerca di ospitalità pur di non tornare a vivere a casa dei genitori: una madre (Emma Thompson) invadente, ipercritica e bigotta e un padre, avvocato in Jugoslavia e tassista in Inghilterra, annichilito dalla personalità della moglie. 
E in una giornata qualunque, nel pieno delle feste natalizie e dello shopping sfrenato, Kate incontra, davanti al negozio, Tom (Henry Golding) uno strano ragazzo che comincerà a frequentare e di cui inevitabilmente si innamorerà.
Quasi subito la storia ci fa intuire che Kate ha avuto in passato un non meglio precisato problema di salute, ormai superato, che ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia e che influenza ancora le sue relazioni interpersonali.
C’è un'aria, nella Londra dei film ispirati alle atmosfere natalizie, che evoca, indipendentemente dal plot, solo buoni sentimenti: amore per la tradizione, senso di accudimento, felicità. E questo traspare nel film, ben diretto e montato.
Emilia Clarke, la protagonista, è deliziosa e riesce a trasmettere in modo credibile una ironia che ha il gusto della leggerezza natalizia. Per questo il film è godibile ma il tentativo di ispessire emotivamente il messaggio cinematografico si risolve in un melenso melange il cui sentimentalismo soffoca una regia ariosa e scorrevole. Emma Thompson, oltre che interprete anche sceneggiatrice, è bravissima e porta il registro della commedia su un livello di caratterizzazione che non sfocia mai nella macchietta pur condendosi di toni demenziali irresistibili.
Il ritmo del film è scandito da un misto di escamotage che ricerca un’emozione che però fatica a rendersi autentica agli occhi dello spettatore, meno ingenuo di quello che probabilmente gli autori del film sembrano considerare.
C’è un tentativo di  nobilitare il genere della commedia romantica natalizia, portandola sul piano della tematica della salute e di come la malattia possa cambiare la percezione di sé e degli altri e del sé in rapporto con gli altri, ma è un tentativo portato avanti strizzando l’occhio allo spettatore, che percepisce la captatio benevolentiae, e rende merito al film più nelle scene ironiche che in quelle che vogliono suscitare un trasporto emotivo che fatica a trascendere lo stereotipo di genere.
E’ vero che c’è nella pellicola la consapevolezza di quanto possa a volte il Natale e la sua atmosfera, mascherare ipocritamente le brutture della vita e c’è, al contempo, dichiarata una speranza: che per quanto possa la vita porci degli ostacoli che rendono difficile la nostra autorealizzazione, guardare il mondo da un’altra prospettiva ci aiuta rendere più lucida la mente e prepararci a vivere i sentimenti nella loro autenticità, che siano essi l’amore per un ragazzo, per una ragazza, per i propri genitori o persino la passione che una negoziante mette nel vendere oggetti kitch di dubbio gusto. 
 
Valeria Volpini

Golden Globes 2020: tutti i premiati.

Lunedì 06 Gennaio 2020 10:48 Pubblicato in News
Ricky Gervais caustico più che mai è il presentatore dei Golden Globes 2020. Australia, Me too, Greta e la natura, libertà di scelta, politica guerrafondaia di Donald Trump, non ci siamo fatti mancare nulla a questi 77 Golden Globes. 3 Premi a C’era una volta ad Hollywood di Quentin Tarantino, 2 al Joker di Todd Philips e Rocketman, film sulla vita di Elton John. Ma i 2 Golden Globes più prestigiosi vanno al film di Sam Mendes sulla prima guerra mondiale: 1917 si porta a casa il Miglior film drammatico e miglior regia.
 
 
Ma ora parliamo dei premi nello specifico, i veri protagonisti della serata al Beverly Hilton Hotel: Miglior film straniero al grottesco Parasite, un premio annunciato ma super meritato per il film sudcoreano di Bong Joon-ho.
Quentin Tarantino con il suo C’era una volta a Hollywood si porta a casa la miglior sceneggiatura, un po’ a sorpresa ha battuto Parasite e Storia di un matrimonio i favoriti.
 
Missing Link miglior film d’animazione. La Disney esce a bocca asciutta con i suoi super quotati Frozen 2 e Toy Story 4.
 
La cinicissima avvocatessa Laura Dern in Storia di un matrimonio vince il premio Miglior attrice non protagonista.
 
Elton John si porta a casa la miglior canzone originale per il suo Rocketman.
 
Olivia Colman miglior attrice nella serie The Crown eguaglia la regina Elisabetta più giovane Claire Foy di due anni fa.
 
Una meravigliosa Charlize Theron premia con Il Cecil B. DeMille alla carriera l’immenso e commosso Tom Hanks.
 
Sam Mendes miglior regista per 1917, non ancora uscito in Italia, ma segnatevi il 23 gennaio. Giorno di uscita del suo film sulla prima guerra mondiale.
 
Hildur Guðnadóttir miglior colonna sonora per il cupo Joker dì Todd Phillips: super azzeccata.
 
Brad Pitt miglior attore non protagonista per il suo ruolo in sottrazione in C’era una volta a Hollywood.
 
Taron Edgerton, grande sorpresa, miglior attore in film commedia/musicale per il suo EltonJohn in Rocketman. Ha battuto il quotato Leo di Caprio.
 
Awkwafina attrice protagonista per The Farewell-una bugia buona, un piccolo film-una grande Protagonista.
 
C’era una Volta a Hollywood miglior film dell’anno nella categoria commedia/musical. Conferma l’ottima onda mediatica che ha avuto il film negli Stati Uniti. Tarantino e il suo atto d’amore per il cinema conquista la Stampa Estera ad Hollywood.
 
Joaquin Phoenix miglior attore drammatico per il fantastico Joker. Potente ed indimenticabile!
 
Renée Zellweger miglior attrice in un film drammatico per Judy. Annunciassimo questo premio per la messa in scena degli ultimi tormentati giorni di vita della grande Judy Garland.
 
1917 miglior film drammatico dell’anno. Sconfigge Joker e soprattutto The Irishman, totalmente ignorato HFPA: zero Globi d’ori.
 
Ci vediamo nel 2021 per la prossima notte d’Oro dei Globi cinematografici.
 
David Siena