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Sulla piattaforma di Zalab.org inizia il crowdfunding per sostenere la bella iniziativa Eikon FeelMare, festival del cinema itinerante in Apecar diretto da Cecilia Chianese.
Fino al 15 luglio, iscrivendosi su www.zalab.org/il-cinema-vivo si potrà aiutare il progetto a svilupparsi.
A distanza di tre anni Rolando Ravello torna dietro la macchina da presa per dirigere un’altra commedia sulla scia del suo precedente lavoro, La prima pietra, sempre a metà strada tra l’eccesso di vivacità e riflessione sull’accettazione del diverso. E’ per il tuo bene, ora disponibile on demand su Amazon Prime, è il remake di una fortunata pellicola spagnola del 2017 intitolata Es por tu bien. Come nel film di Carlos Theròn, anche qui abbiamo a che fare con tre famiglie in piena crisi di nervi, travolte dalle scelte sentimentali delle proprie figlie, scelte a loro avviso piuttosto discutibili e spiazzanti. Annebbiati dal disappunto e dalla volontà di proteggere la vita delle ragazze, i tre padri, amici da sempre, decidono di escogitare insieme un improbabile e folle piano per allontanare le proprie figlie dai rispettivi partner. Precede l’uscita una bagarre scatenata da una locandina errata che ha mandato su tutte le furie vari movimenti femministi anche stranieri e ha fatto parlare del film su varie testate. Il manifesto riportava esclusivamente i nomi del cast maschile, rispettivamente quelli di Giallini, Salemme e Battiston, omettendo totalmente quelli invece del cast femminile, composto da Claudia Pandolfi, Isabella Ferrari e Valentina Lodovini. Una provocazione molto feroce in un momento di attivismi, che ha suscitato non poche polemiche, ognuna delle quali ferocissima nel boicottaggio di questo lavoro a tal punto che il distributore, Medusa, è intervenuto scusandosi pubblicamente per l'errore di stampa, assolutamente involontario e causato dalla fretta. Tornando invece ad un’analisi della pellicola di Ravello, la si potrebbe definire tiepidamente spiritoso, in virtù di quel respiro scanzonato che i tre protagonisti sono capaci di donargli. Ma se si mette da parte questo aspetto non resta altro che consuetudine, noiosissima e ripetitiva consuetudine. Ed è principalmente questo il tarlo che divora molte commedie italiane, quell’eccessiva attenzione rivolta al connubio tra il politicamente corretto e l’intemperanza di situazioni sopra le righe, nonché la riproposizione di quei temi masticati e rimasticati nel corso degli anni. Vediamo quindi riaffacciarsi alcuni topoi cinematografici che tanto piacciono alle storie italiane, tra cui l’incomprensione, la mancata accettazione del diverso e le onnipresenti crisi di nervi dei radical chic (con relative esplosioni litigiose e attacchi d’ira). Ma dovessimo rintracciare il peggior difetto probabilmente esso non figurerebbe nella riproposizione di storie già trattate, piuttosto in un’assenza di carattere e di imprevedibilità del lavoro. C’è troppa retorica nei personaggi, nelle loro storie e persino nei loro dialoghi ed è proprio questa ridondanza ad allontanare lo spettatore dall’empatia. Il risultato è un quadro eccessivo, mosso da un motore improbabile e poco convinto, che finisce per rendere poco salienti anche i saparietti più accattivanti. A questo punto ci si chiede se davvero il cinema italiano si stia rinnovando o se tenti solamente di ripercorrere vecchie strade, imbrigliando il tutto nella camicia di forza del politically correct.
Giada Farrace