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Visualizza articoli per tag: virna castiglioni

Ritratto di un amore

Giovedì 16 Maggio 2024 22:42
La storia passionale e artistica del pittore Pierre Bonnard, che ha con la sua arte rivoluzionato l’eredità consegnatogli dal movimento impressionista, con Marthe che sarà per lui modella, musa ispiratrice e infine, dopo una vita al suo fianco, anche sposa.
 
Partiti da una conoscenza superficiale e fondamentalmente funzionale all’arte, in breve tempo, la storia fra Pierre e Marthe diventa per entrambi ossigeno per respirare, fuoco che arde e scalda negli inverni più freddi, gioia che esplode come la natura che circonda il loro nido d’amore e si fa capsula del tempo e rifugio dove vivere di bellezza lontano dal clangore di una Parigi culla dei più grandi artisti del tempo e palcoscenico obbligato per farsi ammirare dal resto del mondo.
 
Bellissima la fotografia che riproduce in maniera quasi perfetta quelle pennellate di vivido colore e quei tratti vibranti dei quadri di questo artista prolifico. La colonna sonora, con un tema strumentale insistente e pervasivo, accompagna i momenti salienti del rapporto lungo e travagliato di questa coppia di menti libere, anticonvenzionali, creative e tormentate. Due corpi che si attraggono magneticamente e due menti che sono affini e complici nonostante i tradimenti e gli inganni.  Soli contro le rispettive famiglie che non capiscono o si tengono nascoste per non avere intralci, dagli amici che possono allontanare e ridimensionare il loro bisogno di stare insieme che è invece benzina per riuscire a vivere.
 
Il regista esplora il rapporto di questa coppia in modo molto intimo e viscerale. Riesce a restituire allo spettatore il travaglio interiore di entrambi, i sensi di colpa, le emozioni vissute, l’abbandono, le fughe e i ritorni.
 
Una ricostruzione accurata ci riporta al tempo di ambientazione della storia che si dipana dal 1893 fino al 1947 e tutto è studiato nei minimi dettagli. Costumi, scenografie e le preziose tele rivivono con la stessa modernità che avevano al tempo nel quale furono concepite ed eseguite.
 
Un film delicato ma intenso allo stesso tempo, che riporta alla luce un amore che ha attraversato mezzo secolo e ha saputo resistere alle convenzioni, agli stereotipi, alla realtà dei tempi trovando un meraviglioso modo di vivere d’arte, per l’arte e con arte.
 
Bravi gli interpreti principali. Convincente anche la giovane attrice Stacy Martin che incarna l’amante Renée che unisce divide e spezza temporaneamente questa coppia che si dimostrerà invece tenace come l’acciaio. Eterna ben oltre la vita terrena che li vedrà invecchiare.
 
Sulle tele resterà sempre impressa la loro giovinezza. L’artista dipingerà la sua musa sempre giovane, come se avesse voluto imprigionare la vitalità e la freschezza di quella donna che incontrata per caso in una strada di Parigi impresse una svolta alla sua vita e alla sua arte conducendolo per mano in un mondo bucolico lontano dai riflettori e dagli amici di sempre ma speciale, felice, intimo, riservato protetto ma soprattutto ispirazione preziosa per la sua ampia produzione artistica.
 
Virna Castiglioni
 

La moglie del presidente

Mercoledì 24 Aprile 2024 22:46
Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. E' un luogo comune ma ben si addice alla storia che viene raccontata.
In questo caso la fortuna del marito è quasi totalmente da attribuire ad una moglie che ha saputo imporsi e salvare il salvabile quando tutto sembrava, se non perduto, sicuramente  irrimediabilmente compromesso.
La storia è nota. Siamo in Francia all’avvento della vittoria politica di Jacques Chirac e seguiamo la sua parabola ascendente fino alla malattia che gli imporrà anche se con estrema fatica di fare un passo indietro e appoggiare addirittura un suo nemico giurato, quel Sarkozy che lo aveva tradito in precedenza.
La commedia francese che vede protagonista assoluta una Catherine Deneuve in grande forma ha tempi comici perfetti e risulta godibile dall’inizio alla fine.
Sono divertenti i siparietti con il marito, con le figlie, con l’aiutante che dovrebbe risollevare la sua immagine pubblica che un impietoso sondaggio la restituisce percepita dalla popolazione interpellata a proposito come una figura altera, antica e rigida. Invece Bernadette si dimostrerà astuta e non soltanto determinante per la carriera appannata del consorte ma opportuna anche per se stessa. Il film regala al pubblico due ore di spassoso intrattenimento, mai volgare e sempre sul filo del romanzo che ricama e infiocchetta una base di realtà.
La moglie del presidente trae spunto dalla vita di Bernadette ma è decisamente una bella commedia scritta con intelligenza da Léa Domenach (che è anche regista) e Clémence Dargent.
Interpretata in modo sublime da una Catherine Deneuve perfetta nella parte e attorniata da un cast di attori convincente e ben diretto.
Un racconto che ha molti agganci al reale ma sa apportare tante piccole migliorie rendendo il tutto una piacevole testimonianza del potere che hanno le donne e di cosa possono fare quando la loro voglia di rivincita si fa urgente.
 
Virna Castiglioni

Arrivederci Berlinguer

Lunedì 10 Giugno 2024 09:38
Che non ci sia bisogno di raccontare chi è stato Enrico Berlinguer e che cosa abbia rappresentato nella storia recente del nostro Paese è subito evidente dalla scelta di non parlare di fatti e avvenimenti precisi che lo abbiano riguardato nella sua fulgida carriera. Le tante battaglie, le lotte, le conquiste di un leader carismatico e capace non sono richiamate alla memoria ma lasciate intendere o ricordare per chi ha vissuto in prima linea quegli anni e si è speso per gli stessi ideali. Il documentario è un omaggio all’uomo dietro al personaggio politico arcinoto di cui quest’anno si celebra il centenario dalla nascita in quella meravigliosa terra di Sardegna e già 40 anni dalla prematura scomparsa che ha lasciato orfani un’intera generazione e addolorati e spaesati una moltitudine di compagni e compagne al suo fianco per la difesa di diritti fondamentali. Focus del racconto sono i suoi funerali che videro una partecipazione di pubblico straordinaria e lasciarono un’eco di sincero dolore. Questo politico illuminato aveva davvero anteposto il bene pubblico della Nazione all’interesse personale. Significativa la scelta della colonna sonora che parla al posto del silenzio che, per buona parte del documentario, si sceglie di tenere. “Dirti grazie”, ultima canzone di Massimo Zamboni che congeda lo spettatore è anche il saluto finale dei tanti lavoratori che hanno visto nel compagno Enrico un esempio, una guida, un faro, una luce.
 
Le poche voci presenti sono sempre quelle della gente comune che ha visto in questo uomo colui che poteva prenderli per mano e permettere loro di farsi sentire per ottenere un cambiamento migliorativo della loro condizione. Enrico statista era ed superfluo da raccontare per le sue gesta politiche. Si sceglie di rappresentarlo principalmente come amico al pari di chi si riconosceva negli ideali portati avanti con passione e grande slancio. Questo documentario ha decisamente un’anima rock. Anche il commiato a questo leader politico per tanti aspetti può essere accostato per dimensioni ad un concerto di una band planetaria. Il pugno chiuso, le rose rosse, le bandiere a formare un fiume sono i simboli di chi rimarrà a imperitura memoria e testimonianza di un passato che non si scorge minimamente la possibilità che possa tornare in auge eppure il titolo è un saluto che è anche un augurio come tutte le volte che siamo costretti a separaci da chi amiamo, stimiamo e ammiriamo e quell’arrivederci è anche un ponte che si spera di poter ripercorrere per incontrarsi di nuovo a metà strada con qualcuno che ha preso il testimone e lo porta avanti con fierezza e determinazione.
 
 
Virna Castiglioni  
 

The Animal Kingdom

Giovedì 13 Giugno 2024 09:52
In “The Animal kingdom” assistiamo ad un crescendo di tensione e adrenalina che sfocia in una fuga che è anche ricerca della salvezza ma soprattutto accettazione e comprensione dell’altro che non dev’essere necessariamente simile o uguale a se stessi per poter assurgere al diritto di vivere nel nostro stesso ambiente. Francois ed Emile sono un padre attento e premuroso e un figlio adolescente con la voglia di disubbidire per trovare la propria strada. La figura materna è assente perché ricoverata in seguito ad una strana mutazione che la rende sempre più simile ad un animale selvatico e potenzialmente pericoloso. Non è l’unico caso ma una tendenza preoccupante e oscura che interessa una moltitudine di persone che vengono cacciate, assediate, contrastate, catturate e studiate affinché si possa arrivare ad una spiegazione scientifica che consenta di trovare una terapia o perlomeno mettere un argine a questo dilagante, preoccupante e inspiegabile fenomeno. Forse questa cura non è necessaria e si potrebbe trovare un modo per convivere e capire il diverso che attacca solo quando non ha scelta. Sono tanti i temi che si intrecciano in questo film e sono ben indagati per buona parte del film. La sceneggiatura fa un attimo lavoro di collegamento fra il tema fantastico, irreale e quello realistico.
 La vera nota stonata di tutto l’impianto registico è la corsa sfrenata ad un finale indefinito e incerto, sebbene non palesemente aperto, che fa crollare un castello di carte meticolosamente costruito e produce inevitabilmente delusione.
 Vincenti le riprese di lunghi piani sequenza delle azioni di fuga, delle battute di caccia che vedono coinvolti gli umani e i mutanti in una lotta impari perché le nuove creature sono aggressive solo perché spaventate e incapaci di comprendere come riuscire a sopravvivere in un mondo diventato per loro ostile. 
 Assistiamo ad una immersione nella natura più selvaggia che fa da nascondiglio e tana per i nuovi esseri ma che diventa pericolo e trappola per coloro che non sono abituati al suo contatto diretto.
 Fantastici gli interpreti principali che creano una forte complicità e contribuiscono a restituire una storia incredibile con la stessa naturalezza che potrebbe avere un racconto di ordinaria quotidianità.
 Non ci sono tempi morti e lungaggini eccessive. Una dose calibrata di tensione permea tutta la pellicola catturandoci dal primo frame. Non si assiste a nessuna battuta d’arresto che avrebbe fatto correre il rischio di far pensare ad una incongruenza della storia, ad una forzatura eccessiva. Il racconto, invece, nel suo surrealismo si mostra alquanto naturale imprimendo una particolare logicità anche a fenomeni del tutto irrazionali. E’ un film che prende in prestito il mondo fantastico e lo incastra alla perfezione alla storia ordinaria di una famiglia che si trova alle prese con un problema occorso ad un familiare, con la sventura che può colpire all'improvviso e dividere gettando sconforto e paura laddove prima c’era armonia. 
 
Virna Castiglioni 
 
 

L'Esorcismo - Ultimo Atto

Giovedì 30 Maggio 2024 09:59
Anthony Miller è un attore alla deriva con un passato da alcolista scaturito dalla scomparsa prematura della moglie. Ha una figlia adolescente (Lee) con un rapporto complicato e tutto è fortemente in bilico tra ricadute pesanti e tentativi di rimanere a galla nonostante tutto.  
Quando una misteriosa morte su un set libera un ruolo da protagonista in una produzione importante si fa concreta per lui la possibilità di tornare a recitare. Dovrà interpretare un prete esorcista. Durante la lavorazione però succedono strani fenomeni e la realtà si mischia prepotentemente con la fantasia. Il film è un tentativo di unire agli aspetti e alle dinamiche più strettamente legate al genere horror/thriller una sottotrama più psicologica e intimistica. Ma è proprio questa seconda parte la più traballante e meno convincente. Il rapporto deteriorato con la figlia, il tema dell’abuso sessuale subito da bambino, la perdita dell’amata moglie, i problemi di dipendenza da alcool e droghe sono solo accennate e mai indagate fino in fondo. Rimangono come un contorno che distrae solamente dal tema principale dei fenomeni di possessione satanica. Anche questa parte però risulta essere davvero una copia sbiadita di altre pellicole che hanno fatto la storia del genere. Il film rimane un contenitore di tanti spunti che forse potrebbero venire approfonditi in un sequel di cui però non si avverte minimamente l’esigenza. L’interpretazione di Russel Crowe è abbastanza convincente ma siamo lontani dalla forza magnetica sprigionata dai personaggi che lo hanno consacrato e fatto conoscere al pubblico mainstream. Un ruolo minore che non aggiunge nulla ma toglie sicuramente un po' di prestigio ad un attore che nel passato ha prestato il suo volto ad operazioni meno commerciali e decisamente meglio riuscite.
 
Virna Castiglioni
 

Celebrity Wines

Lunedì 15 Luglio 2024 14:54
L’incontro con il vino può essere determinante per un cambio di vita e anche per iniziare una nuova carriera imprenditoriale. Il documentario, con la voce narrante di Esmeralda Spadea dal sorriso onnipresente e la dolcezza sprigionata ad ogni domanda, ci fa compiere un lungo e piacevole viaggio all’interno della nostra bellissima penisola, da Nord a Sud, in un tour enologico che solletica il palato e invita a visitare almeno una delle splendide tenute mostrate in tutta la loro magnificenza.
Si inizia con Al Bano Carrisi che, figlio di contadini, è forse il più celebre vip nostrano ad avere intrapreso quasi parallelamente alla sua brillante carriera canora anche la professione di vinificatore dedicando la sua prima bottiglia a quel padre (Don Carmelo) che lo avrebbe voluto Re dei campi a scapito della sua bellissima ugola che lo ha invece consacrato Re indiscusso della musica leggera italiana.
Si prosegue con un figlio d’arte. Giammarco Tognazzi ha fatto del buen ritiro paterno denominato la libera terra della Tognazza una florida cantina che sforna vini che sono suddivisi in atti anziché in annate e portano i nomi dei personaggi e delle battute del film più celebre dell’istrionico Ugo che amava al pari di interpretare personaggi cucinare e intrattenere i suoi numerosi ospiti.
Il vino ha esercitato un fascino irresistibile anche su personaggi che dall’alcool se ne erano sempre tenuti distanti per ovvie ragioni sportive e agonistiche. Jarno Trulli campione di Formula uno e il calciatore brasiliano Anderson Hernanes noto per le sue esultanze al suo lunghissimo palmares di gol con una mossa di capoeira danza lotta dalle coreografie di grande effetto.
Si continua con Johnson Righeira e il suo “Cutu” fino ad arrivare allo chef stellato Carlo Cracco con una grande passione anche per l’enologia che con la moglie Rosa Fanti ha riportato in vita un vitigno autoctono della Romagna.
In questa carrellata di personaggi famosi non poteva mancare anche la star internazionale Sting che, con la moglie Trudie Styler ha scelto da molto tempo la Toscana come patria di elezione e palcoscenico per produrre, avvalendosi dell’esperienza dell’enologo Cotarella, dei vini sia rossi che bianchi molto evocativi a partire dai nomi che ricordano le sue celeberrime ballades.
In ultima battuta Esmeralda ritorna, come a chiudere un cerchio, nell’amabile Puglia da cui si era partiti con le tenute Carrisi per incontrare l’attore di soap operas con un passato glorioso anche come musicista Ronn Moss che si congeda con una splendida canzone accompagnata dalla chitarra acustica. “Io che amo solo te” di Sergio Endrigo è il perfetto suggello in musica per accompagnare questo giro turistico nelle bellezze d’Italia assaporando un buon bicchiere di vino che ci faccia ringraziare per la meravigliosa generosità di una terra baciata dal Sole che quando è trattata con amore e dedizione regala esperienze sensoriali sublimi.
 
Virna Castiglioni 
 

La morte è un problema dei vivi

Giovedì 04 Luglio 2024 15:03
Humour nero, cinismo all’ennesima potenza, irriverenza allo stato puro, concentrato di azioni ed episodi che sono politicamente scorretti, non temendo nessuna censura.
 I protagonisti di questa commedia nera giocano con la vita come se maneggiassero carta vetrata che toglie lo strato di facciata più rassicurante e innocuo. Fanno venire a galla i lati più crudi dell’esistenza terrena che non è mai facile per nessuno. Una coppia che si forma e che non potrebbe essere peggio assortita. Se da un lato Risto è un ludopatico alle soglie del divorzio con la moglie fedifraga ed esasperata dalla condotta irresponsabile del marito che sperpera ogni guadagno in gratta e vinci e slot machine da giocatore compulsivo che cede ogni volta all’impulso irrefrenabile di assecondare in ogni modo e ad ogni costo questo suo insano lato caratteriale dall’altra parte Arto è un uomo sfortunato che scopre di avere una malformazione o più precisamente di essere nato con solo 15% del cervello che è la percentuale minima per poter sopravvivere e reagisce come può al disfacimento di ogni sua certezza tanto faticosamente conquistata.
 Come sempre, quando tutto sembra perduto, è proprio quello il momento in cui si può avere una felice intuizione per riuscire a svoltare ribaltando proprio una situazione compromessa e che non contempla spiragli di ripresa.
 Un film che ha in serbo molti colpi di scena allestisti come uno spettacolo pirotecnico con un finale spiazzante in linea con il continuo zigzagare di piani narrativi differenti. Un patchwork di emozionanti partite sfidando la morte per cercare di trarre anche da questa esperienza negativa solo vantaggi.
 Da morti non ci sono più problemi, ci si sgrava di qualsiasi fardello, non si ha bisogno di nessun bene materiale, non si ha diritto di possesso su cose e diritto di replica con le persone e si può venire spogliati anche di ricordi se chi rimane e ci sopravvive non ha il minimo rispetto e tantomeno è dotato di animo sensibile.
 Un film che non fa ridere sebbene cerchi una chiave ironica per affrontare il tema del trapasso. Si esce dalla visione con una dose eccessiva di disincanto. Ci sembra di poter sopportare la propria dipartita o il lutto che ci raggiunge inevitabilmente con la giusta dose di ironia e rassegnazione. Ci viene fornita una chiave di lettura che ci consente di riflettere sulla morte come se fosse l’ennesimo viaggio che, a differenza degli altri, non ha bisogno di essere pianificato, non servendo nessun bene materiale per essere affrontato. Se prima di nascere non esistevamo anche dopo la morte torniamo ad essere inesistenti e allora ben venga la possibilità di contribuire con la nostra scomparsa ad arricchire qualcun altro. Un film che lascia attoniti per quanto crudo si palesa. Non fa sconti e non richiede abbuoni. Spiattella in faccia allo spettatore una triste e dura verità. L’oblio ci inghiotte e non rimane che approfittare delle occasioni che la vita o la morte ci presenta qualunque esse siano senza troppi scrupoli. "Mors tua vita mea" dicevano i latini e in questo film dalla trama originale questo motto è scardinato nelle sue pieghe più ciniche.
 Spiazzante, caustico e decisamente per tutti coloro che amano le storie dal carattere forte.
 
Virna Castiglioni
 

Fremont

Giovedì 27 Giugno 2024 15:16
Donya è sola in nuovo Stato, quell’America che le ha concesso il visto per espatriare dall’Afghanistan grazie al suo lavoro di traduttrice prestato presso le sue basi militari.  "Fremont" è il nome della località che ospita la comunità afghana più nutrita in territorio californiano. Conosciuta anche con il nome di “Little Kabul” è un microcosmo chiuso che poco si integra con il resto del Paese. Donya invece esce da quell’angolo di mondo per recarsi tutti giorni al lavoro. Fa l’operaia presso un’azienda cinese che produce e confeziona i celeberrimi biscotti della fortuna. Lega molto con una collega e cerca una soluzione ad un problema di insonnia che sta diventando sempre più serio e cronico prendendo il posto di un vicino con un appuntamento già fissato da uno psicoterapeuta. "Fremont" è un film che già dall’uso sapiente del bianco e nero ci trasporta in un’altra dimensione. Lo fa con estremo garbo e delicatezza e ci impone più di una riflessione.  Piano piano conosciamo questa giovane donna così fragile ma nel contempo forte come l’acciaio determinata a costruire una personale felicità senza necessariamente correre dietro ad una generica forma condivisa. Si muove fra due mondi. Quello della comunità afghana che la guarda con sospetto per il suo lavoro prestato per l’esercito americano e la conseguente fuga dopo l’arrivo dei talebani ad occupare ancora la sua terra e quello della fabbrica. Proprio grazie alla sua nuova occupazione ha un’occasione per dare una svolta al suo destino che sembra già segnato in modo indelebile, compresso tra una vita solitaria e i turni lavorativi ripetitivi e monotoni. La possibilità che giunge inaspettata di diventare scrittrice di quei biglietti della fortuna che sono contenuti all’interno dei biscotti sarà il bivio che farà prendere alla sua vita una piega diversa ma decisamente migliore di quello che si prefigurava.
 Gli interpreti sono bravissimi a lavorare in sottrazione, a muoversi solo quanto basta, a calibrare ogni gesto e a parlare soprattutto attraverso gesti e sguardi. A farci capire cosa sta per succedere attraverso quello che osservano ma prevalentemente per come e quanto lo osservano. La regia è attenta a catturare attraverso primi piani intensi ogni minima espressione. Una costruzione perfetta di azioni e reazioni che ci conducono con i giusti tempi verso un nuovo inaspettato snodo narrativo per un finale aperto che racchiude in sè tutta la dolcezza della speranza.
 
Virna Castiglioni

The Bikeriders

Mercoledì 19 Giugno 2024 07:37
Il racconto scaturisce dalla viva voce di una delle protagoniste e ci trasporta all'interno di una banda di motociclisti. Il regista, assurgendo un punto di vista privilegiato come la groupie che segue la rockstar di riferimento e sa ogni più recondito segreto dell'artista, attraverso le parole di Kathy, facciamo la conoscenza di un gruppo affiatato di giovani nell’America degli anni 60. Hanno tutti il culto delle due ruote e hanno voglia di vivere ad alta velocità inseguendo la libertà che può dare la corsa in sella con il vento tra i capelli. Indossano tutti un giubbotto di pelle come scudo di protezione ad indicare la famiglia a cui appartengono e alla quale si giura fedeltà eterna.
 Cinema “on the road” dall’impianto classicheggiante il film si fregia di un cast di alto livello che ci coinvolge nelle scorribande, ci mostra il lato intimo dei vari componenti e ci racconta l’ascesa e il declino fino al disfacimento di chi aveva creduto al motto di "tutti per uno e uno per tutti" ma che soprattutto credeva che l’affiliazione potesse durare per sempre.
 Tratto dall’omonimo libro reportage fotografico di Danny Lyon, il film è una lunga intervista alla moglie (Kathy) del componente più carismatico della banda (Benny). Lyon ha esplorato in prima persona le storie e i personaggi del Chicago Outlaws Motorcycle Club, un gruppo di motociclisti dediti ad azioni criminose di cui lo stesso Lyon fece parte dal 1963 al '67, esercitando la figura di fotografo reporter con ampi spazi di manovra essendo stato per un periodo anche un membro effettivo. Nella finzione il gruppo di motocicli porta il nome di fantasia Vandals cucito sulle giacche di pelle e sui giacchini di jeans che sono la loro seconda pelle ed esplora le dinamiche che si instaurano tra i componenti. Il film insiste soprattutto su un triangolo (di un amore diverso da quello carnale) che coinvolge il leader fondatore del gruppo (Johnny) e il suo giovane adepto più carismatico (Benny) e la moglie di quest’ultimo (Kathy). Quando dalla passione per le due ruote si passa alla violenza fino a commettere omicidi ci sarà un bivio e una scelta che metterà in crisi l’amicizia ma spezzerà anche il sogno nel quale ci si era buttati a capofitto agli albori della storia. Metafora dell’America di quegli anni piena di contraddizioni ma dal fascino irresistibile come la vita di gruppo con i motori rappresenta per tutti i giovani del mondo alle prese con i sogni e le speranze di vivere una vita piena e memorabile.
 L’efficace fotografia di Adam Stone accompagna le imprese e le gesta di questo gruppo di bikers e le confessioni della donna in un’altalena di flash-back ben assemblati che non appesantiscono la narrazione riuscendo a mantenerla fluida e ricostruiscono fedelmente uno spaccato di vita in cui molti nostalgici si rispecchieranno. Un film che si immette nel solco lasciato da altre pietre miliari della cinematografia di genere da “Easy Rider” a “Il selvaggio” tornando a parlare di anni americani turbolenti e di un fenomeno che ha connotato gli anni Sessanta e lasciato uno strascico per le generazioni successive.  Un film che ha una sottotraccia nostalgico- malinconica come tutte le storie che si sono ammantate di miti e leggende e sono pervenute a noi per rimanere glorie epiche.
 Uno dei punti di forza del film è decisamente quello di aver scelto come narratrice principale una donna che ha nel bene e nel male deciso le sorti del gruppo per la sua influenza esercitata nei confronti di uno dei componenti più importanti della banda.
 Un plauso, infine, va indirizzato al reparto di costumi e acconciature del film per la meticolosa ricostruzione dell’epoca di ambientazione. Vedendo come sono vestiti e pettinati i personaggi siamo catapultati indietro nel tempo e ci sembra di rivivere quei meravigliosi anni densi di creatività e di follia contraddistinti dalla voglia di cambiare il mondo trasformandolo anche dal punto di vista estetico.
 
Virna Castiglioni 

Fuga in Normandia

Giovedì 20 Giugno 2024 08:23
Un evento storico importante letto in chiave personale legando la storia con la s maiuscola ad una vicenda umana e familiare che ha la dolcezza e la tenerezza di chi è prossimo alla dipartita terrena e sente l'urgenza di chiudere il cerchio e non lasciare nulla in sospeso, niente di incompiuto come se fosse indispensabile mettere l'ultimo tassello a suggello del passato per pacificarsi con il presente e andare incontro al futuro qualunque esso sia. Bernie e Rene sono una coppia di anziani coniugi che passano la loro vecchiaia in una casa di riposo. Bernard Jordan cova un grande desiderio che mal si concilia con la sua veneranda età di quasi novantenne. Il suo sogno, da realizzare a qualunque costo, è la partecipazione alle celebrazioni per il settantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, impresa che lo vide protagonista il 6 giugno del 1944 quando era solo una giovane recluta della Marina inglese. Ad incarnare per il pubblico questa coppia dall'amore forte e duraturo ci sono due giganti dalla collaudata alchimia professionale essendo già stati interpreti credibili come coniugi in "Una romantica donna inglese" del regista Losey. Michael Caine al suo ultimo ruolo prima del ritiro ufficiale dalle scene pubbliche e Glenda Jackson al suo ruolo finale prima della sua morte avvenuta nello stesso anno di realizzazione della pellicola. Perfetti per restituire una storia d'amore nata in giovane età in un periodo storico difficile e arrivati alla senilità alle prese con i bilanci inevitabili della vita trascorsa in simbiosi superando avversità dopo una lontananza forzata, i lutti di amici e ogni sorta di altro problema che la loro lunga esistenza li abbia sfidati ad affrontare vedendoli sempre uniti e sempre complici. La stessa complicità che consentirà a Bernie di compiere questa ultima folle impresa prima di chiudere per sempre con il rimorso, salutare definitivamente i rimpianti e lasciare il posto al nostalgico ricordo di quello che è stato ma anche di quello che si è contribuito a realizzare, con sofferenza e abnegazione. Tratto da una storia realmente accaduta nel 2014 questo film si mantiene, grazie alla scrittura pacata, molto rispettoso senza mai eccedere sia dal punto di vista dell'impresa folle riprendendo quello che si verificò nella realtà con i tabloid inglesi a coniare titoli pomposi e a ribattezzare questo arzillo veterano di guerra con il termine di grande fuggitivo ma nemmeno insistendo su aspetti più leggeri e divertenti pur mantenendo ugualmente battute sagaci nella giusta misura. Quello che al regista importa rimarcare è decisamente la storia privata di una coppia separata da un evento traumatico come la Seconda guerra mondiale, la rievocazione di un atto che pose fine ad una aberrazione che si sarebbe trasformata in Apocalisse per il genere umano se il disegno folle del nazifascismo non fosse stato arrestato proprio su una spiaggia prendendo il nemico in contropiede. Sono molte le scene che rimarcano l'assurdità del conflitto bellico e ricordano il sacrificio umano che non può essere mai giustificato e giustificabile né allora né mai e può essere definito giustamente solo con la parola spreco. Un film che non rincorre la lacrima facile anche se la commozione è sempre in agguato, complice anche una colonna sonora pervasiva e altisonante. Anche la fotografia è struggente e incornicia alla perfezione una vicenda umana che si fa paradigma di mille altre storie simili che purtroppo si susseguono nei tempi costrette a compiacere la brama di potere di uomini che non vedono o peggio accettano le conseguenze nefaste di scelte che hanno inevitabilmente il fiato corto e si infrangono travolgendo speranze di giovani vite innocenti. Il regista navigato e che sa decisamente il fatto suo è un Oliver Parker alla sua decima prova e dirige con maestria una coppia di attori sublimi che con estremo garbo e naturalezza ci descrivono la bellezza di un sentimento puro e vero. Oltre a maneggiare un'efficace tecnica attoriale regalano ai loro personaggi un grande bagaglio di umanità consegnando allo spettatore un ritratto memorabile di una generazione che si è trovata a dover scrivere un finale ad una storia nera e grazie al loro sacrificio è riuscita nell' intento di fermare una corsa impazzita verso la distruzione totale. Un film che ci invita a rammentare i fatti storici perché solo ricordando quello che si è verificato in passato siamo in grado di fermare in tempo ogni rigurgito di guerra ancora così attuale in questo nostro tempo.
 
Virna Castiglioni 
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