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Alone in Berlin - Lettere da Berlino

Domenica 21 Febbraio 2016 11:51 Pubblicato in Recensioni
Alone in Berlin racconta la drammatica storia di una coppia di coniugi tedeschi, che hanno perduto il figlio durante la Seconda Guerra Mondiale. Otto (Brendan Gleeson) e Anna Quangel (Emma Thompson) devono rinunciare all’amore del figlio per colpa assoluta del regime nazista. Il ragazzo spedito a combattere sul fronte francese non tornerà mai nella sua amata Berlino. Siamo nel 1940, quando l’annebbiamento procurato dalla devozione per il Führer si dissolve completamente davanti agli occhi dei genitori rimasti senza il proprio ragazzo. La cortina di menzogne divulgata dalla propaganda nazista deve essere smascherata. Otto inizia a scrivere cartoline anti regime, che con scaltrezza lascia in luoghi strategici, con l’augurio che il loro contenuto possa in qualche modo scuotere la popolazione e reagire alla macchina folle innescata da Hitler. Nessuno scrupolo ferma la corsa intrapresa da questa famiglia spezzata prematuramente. Non vi è nessuna esitazione neanche da parte del partito in carica ad assoldare un ispettore della Gestapo, che sia in grado di mettere la parola fine al clima sovversivo che sta crescendo per le strade, nei palazzi e negli uffici pubblici di Berlino. Herr Escherich (Daniel Bruehl) è l’uomo giusto per dare la caccia ad Otto ed Anna. Con ogni mezzo cercherà di stanare i nemici per portarli allo scoperto e catturarli. 
 
Alla regia di questo dramma storico troviamo un attore svizzero, quel belloccio di Vincent Pérez (uno dei suoi film più rappresentativi è il Cyrano de Bergerac del 1990), passato dietro la macchina da presa e rimasto stregato dalla profondità etica del romanzo “Ognuno muore solo” di Hans Fallada, dal quale il film è tratto. La denuncia, in Alone in Berlin, avviene dai cittadini tedeschi e non dai colpiti (ebrei). Una prova di civiltà e di amore per la propria patria che sta andando allo sbando. 
 
Ispirato ad una storia vera, Alone di Berlin sbarca al Festival tedesco con molte ambizioni. Piazza predestinata per ospitare questo coraggioso manifesto della lotta popolare contro il cancro del nazionalsocialismo più estremo. 
 
Senza girarci troppo intorno possiamo affermare fin da subito che il risultato di quest’opera è decisamente deludente. Costruito per far riflettere e per ricordare in profondità, il film non mantiene queste promesse, o almeno non le sviscera completamente rimanendo troppo in superficie. Può essere etichettato come un prodotto per la televisione, una fiction da vedere comodamente sul proprio divano, ma niente più. 
Il film di Pèrez rimane in una comfort zone massimizzata non riuscendo così a far esplodere i contenuti. Non basta ricordare le nefandezze del despota Hitler per fare un gran film.
Nel vivere la quotidianità con il male bisogna essere forti e non mollare mai. Mettere una corazza e sperare di non perdere pezzi per strada. Questa tenacia e bisogno estremo di combattere non si vedono, sono solo sussurrati.
 
Il problema sta nella scrittura, che si limita a descrivere e non a concretizzare personaggi e motivazioni. L’elaborato piano di messaggi escogitato dalla coppia risulta visibile solo nell’atto del deposito dei biglietti, tutto il resto: l’organizzazione mista agli stati d’animo è latitante. Il crescere di pathos emozionale, che è una caratteristica di questi film, scende proporzionalmente con le ambizioni del regista, che si limita a offrirci una cartolina dell’epoca. Cartolina patinata e lustra, se almeno fosse stata scolorita e sofferta, causa del logorio del tempo e del dolore accumulato, sarebbe apparsa credibile.
 
Alone in Berlin tratta un argomento abbondantemente inflazionato, visto e rivisto sul grande schermo. Ci voleva qualcosa di più per rendere grazie ad una delle pagine storiche più nefaste per l’umanità. Si salvano a pieni voti i due protagonisti principali: Emma Thomson e Brendan Gleeson. Prove all’altezza dell’argomento trattato, che in un certo senso riequilibrano lo spettatore verso il consono grado di tormento, che manca al film. 
 
David Siena

Torna il Riff con l'omaggio a Caligari e la nuova sezione LGBTQ

Mercoledì 16 Novembre 2016 18:17 Pubblicato in News
Dal 25 Novembre al 1 Dicembre 2016 avrà luogo la XV edizione del Rome Independent Film Festival - RIFF, nella location del Cinema Savoy, del Cinema Europa e della Biblioteca Europea di Roma, dove saranno protagonisti 110 titoli tra film e documentari “indipendenti” provenienti da 24 paesi di cui 15 in anteprima mondiale e 10 in anteprima europea. Tutti i film sono in anteprima italiana su un totale di duemila film visionati. 
 
 
Novità di questa edizione la sezione a tematica LGBTQ - Focus LGBTQ - che comprende otto titoli tra lungometraggi, documentari e cortometraggi di opere pluripremiate da festival internazionali legati all’identità di genere.
 
Nel corso del Festival, diretto da Fabrizio Ferrari, verrà dato ampio spazio ai lungometraggi italiani, in collaborazione con CINEDEAF, alcuni titoli verranno sottotitolati per i sordomuti.
 
Per questa edizione la sezione fuori concorso vedrà protagoniste Usa, Spagna, Croazia e Bosnia Erzegovina tra cui la rassegna Focus USA che comprende i filmAwol di Deb Shoval, The truth about lies di Phil Allocco, Wildlike di Frank Hall Green.
 
La rassegna su Caligari dal titolo Il Cinema Narrativo di Claudio Caligari che comprende i suoi tre film (Amore Tossico, L’odore della notte, Non essere cattivo) e per il ventennale della fine della guerra in Bosnia la Rassegna su Sarajevo - Storie di un assedio - che propone quattro lavori di Giancarlo Bocchi.
 
Da seguire la mastercalss di Phedon Papamichael, celebre direttore della fotografia americanonominato agli Oscar per il filmNebraska.
 
Inoltre tra i momenti divertenti del RIFF va segnalato come dalla collaborazione con il Kinookus Food Film Festival, che si svolge ogni anno a settembre nel paese di Ston, famoso per l’eccellente offerta gastronomica, è nata l’idea di presentare proprio al RIFF un kino-ristorante, ovvero una proiezione con la possibilità per gli spettatori di assaggiare dal vero i piatti e le bevande che compaiono sullo schermo.
 
Altro momento importante è la rassegna spagnola Alficion dal titolo Nuevas Cinefilias - Il Cinema autoriale Spagnolo incollaborazione con l’Istituto Cervantes che comprende 4 titoli: Hermosa Juventuddi Jaime Rosales, La Mosquiteradi Agustì Vila, Stella Cadentedi Lluís Miñarro e Ártico di Gabriel Velázquez.
 
Ci sarà anche quest’anno Cinemainsegna, progetto che periodicamente coinvolge una scuola alla proiezione di un lungometraggio seguito dal dibattito con il regista.
 
Giurati di questa XV edizione del RIFF saranno: il giornalista italiano Giovanni Anversa e il collega finlandese Jouni Kantola, gli attori Riccardo De Filippis, Stefano Fregni,  il Presidente della FICE Domenico Dinoia, l’operatrice culturale spagnola María del Carmen Hinojosa, l’attrice colombiana Juana Jimenez, la distributrice di NewGold Serena Lastrucci, lo sceneggiatore e regista Francesco Ranieri Martinotti, il regista spagnolo Gabriel Velázquez, la giornalista e produttrice americana Megan Williams e la fondatrice di Wanted Cinema Anastasia Plazzotta.
 
Il festival RIFF Awards è realizzato con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema - Ministero dei Beni e delle Attività Culturali edel Turismo, dell’Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili della Regione Lazio.
 
Il festival RIFF Awards è realizzato con il contributo di Roma Capitale - Assessorato alla Crescita culturale in collaborazione con SIAE ed è inserito nell’edizione 2016 dei Festival di particolare interesse per la vita culturale della Città: “Roma, una Cultura Capitale” e registra ogni anno crescenti apprezzamenti, di pubblico e critica, per la qualità delle opere selezionate.
 
Tutte le informazioni nel dettaglio consultando www.riff.it

Quel bravo ragazzo

Mercoledì 16 Novembre 2016 15:24 Pubblicato in Recensioni
Quando in letto di morte lo spietato boss Don Ferdinando Cosimato scopre di avere un figlio di 35 anni ordina ai suoi tirapiedi di trovarlo al più presto. Il ragazzotto si chiama Leone, da sempre vissuto nell'orfanotrofio della parrocchia situata in un paesino sperduto, è la quintessenza dell'ingenuità e della goffaggine. Poco prima di esalare l'ultimo respiro Don Ferdinando decide che d'ora in poi sarà suo figlio a prendere le redini della rispettata famiglia Cosimato. Totalmente estraneo alle turpi dinamiche mafiose, e al mondo violento delle cosche, Leone ne combinerà delle belle seminando disordini nel grigio e rigoroso quotidiano dei malavitosi siciliani. Quel bravo ragazzo segna il debutto al cinema di Herbert Ballerina come protagonista di una storia frizzante e piena di entusiasmo. Il film diretto e sceneggiato dal giovane Enrico Lando,  è un esperimento di comicità nuova imperniata sulla demenzialità, tratto saliente di tutti i personaggi finora interpretati da Herbert Ballerina. Un ritmo fresco che diverte lo spettatore prendendosi gioco di un argomento tanto delicato quanto spinoso come quello della mafia. Ma ciò che contraddistingue questo lavoro da altri esperimenti cinematografici di recente uscita, è quell'aspetto di non sense che permea gran parte della storia, e che si evidenzia come dominante nei dialoghi. Luigi Luciano in arte herbert Ballerina, è esilarante senza eccedere, naturalmente dotato di una mimica facciale capace di far sorridere anche  senza alcun ausilio vocale. Quel bravo ragazzo è un film divertente, godibile e mai volgare, adatto ad un pubblico che predilige il non sense e una comicità innocuamente demenziale che riesce tuttavia a muoversi con disinvoltura in un ambiente tutt'altro che innocuo, quale quello mafioso. Prodotto da Medusa Film, il film sbarcherà nelle sale italiane a partire da giovedì 17 novembre.
 
Giada Farrace

Nocturnal Animals

Sabato 10 Settembre 2016 14:03 Pubblicato in Recensioni
Nocturnal Animals è il titolo del manoscritto che Edward (Jake Gyllenhaal, Prisoners e Nightcrawler tra i suoi ultimi lavori) fa recapitare all’ex compagna Susan (Amy Adams, qui a Venezia anche con Arrival di Denis Villeneuve). Regalo dovuto in memoria dei bei tempi passati insieme o un mezzo per dimostrargli che il momento delle debolezze è finito? Mistero e una dose massiccia di tensione invade lo schermo nell’attesa che la giovane gallerista termini la lettura del libro. 
Lei stessa animale notturno, che durante la notte fatica a prender sonno, in preda ad ansie ed insicurezze. Violenti stati di instabilità che sono figli di un mondo assurdo, esagerato e troppo nutrito. 
Allora usiamolo questo grasso. Tom Ford ce lo sbatte davanti nei titoli di testa, per ricordarci, con stile, come è facile cadere nella trappola che giornalmente il mondo ci tende, dove tutto è più importante tranne noi.
 
Nocturnal Animals si porta a casa il Gran premio della Giuria da Venezia 73. Il film è tratto dal romanzo “Tony & Susan” di Austin Wright e sancisce la bravura registica e di adattamento di Tom Ford, esattamente sette anni dopo il suo primo ed unico film: “A single man”, portato anch’esso a Venezia nel 2009.
 
Anche se dal titolo potrebbe sembrare un'opera dai risvolti solamente oscuri e cupi, questi animali notturni ci aggrediscono con colore, che è il giusto attributo per una sceneggiatura ricca e diversificata, suddivisa in tre strati ben amalgamati e coesi: thriller violento all’interno del libro, elegante e triste nella vita reale e storia d’amore combattuta nel passato. Tom Ford dimostra di avere talento anche per il cinema (famoso ai più per essere un acclamato stilista), la sua direzione non è solo tendenza, ma ha anche forma e sostanza, senza tralasciare la propria cifra di espressione. Viaggiando sempre in un climax high profile ci si addentra nelle paure, nei rimorsi e negli scheletri dei protagonisti. Inquadrature così intime e vicine ai volti da farci sentire le urla della psiche. Una vera metafora di dolore sullo sfondo della quotidianità. 
Tom Ford ha dichiarato che la sua pellicola racconta una storia di vita senza vincitori né vinti. Per noi è un revenge movie, neanche troppo velato, dalle sfumature fashion che sublimano in un certo tipo di western contemporaneo. Non può passare inosservato, ad un occhio attento, anche un certo minimalismo nelle scene più brutali. Arte pura nella messa in scena della morte. Qui, il punto più alto dove si demoliscono le convenzionalità.
Ottime le interpretazioni dei personaggi principali: Amy Adams è magistrale nell’essere vittima della sua cultura insicura, Jake Gyllenhaal convincente nel suo trasudare di sofferta rivalsa e Michael Shannon (Take Shelter – 2011) texano doc, ruvido fino al midollo. 
Bisognerà aspettare il mese di Novembre per vedere nei nostri cinema Nocturnal Animals, opera che dal titolo potrebbe allinearsi con la cinematografia di Michael Mann (Collateral – 2004), ma questa è decisamente un'altra storia. Vicenda che ci fa assaporare un reale senso di giustizia. I licantropi in cerca di carne da assaporare nella notte più scura servono per scaricare la rabbia. Si diventa il peggio del peggio, ma a volte è necessario per legittimare la propria crescita, che diventa sostanza adulta ed autocosciente. Così Edward solleva la propria vita da quella debolezza affibbiatagli forse senza un vero motivo. Faraway but so close: anche nella distanza è tutto strettamente legato e Susan quando se ne accorge è ormai troppo tardi, svalutandosi a tal punto da non servire più neanche a se stessa.
 
David Siena