È da poco uscito per GM Libri IO SONO IL MALE, romanzo di esordio di Andrea Cavaletto, già sceneggiatore per cinema (Hidden in the Woods, A taste of phobia) e fumetto (Dylan Dog, Martin Mystère, Zagor, Tex), scritto a quattro mani con l’autrice Lisa Zanardo (Visioni d’amore color lilla, Ogni giorno un nuovo inizio) che da anni si batte perché la sclerosi multipla, malattia di cui è afflitta, trovi sempre più voce. Un lavoro originale per l’Italia che, attraverso il genere dell’home thriller e con enfasi simile a quella del racconto cinematografico, affronta la malattia, vissuta dentro e fuori di noi, e tutte le derive di un amore malato, senza farsi mancare simbolismi magici e ancestrali. Una storia che segna una fase inedita dell’esistenza della stessa Lisa che, attraverso l’alter ego della protagonista Stella, fa un percorso “durissimo, ma altrettanto necessario” capace di riflettere il proprio vampiro interiore perché, alla fine, come sostiene Andrea, “siamo tutti stati dei vampiri psichici, se non contro il prossimo, sicuramente contro noi stessi.”
Ecco cosa è uscito dall’incontro con gli autori
Lisa e Andrea, come vi siete scelti?
LISA: Io e Andrea ci siamo conosciuti per caso su Facebook solo qualche mese prima di iniziare a scrivere “Io sono il Male”. Ricordo che, dopo essere stata colpita da un suo commento in un post di un contatto comune, gli ho mandato una richiesta d’amicizia. Da quel momento abbiamo iniziato a chattare, realizzando fin da subito di avere una sensibilità e una visione delle cose molto affini. All’epoca stava uscendo il mio primo romanzo (“Visioni d’amore color lilla”) e, probabilmente, uno dei suoi innumerevoli lavori! Data la sua esperienza, mi è venuto spontaneo fargli leggere qualcosa di mio. In quei passaggi, Andrea ha riconosciuto uno stile di scrittura e un modo di raccontarsi estremamente compatibile con il suo, e di lì a poco, mi ha proposto l’idea di questo romanzo. Per lui avrebbe rappresentato l’occasione per rompere il ghiaccio con la narrativa tradizionale, realizzando anche il suo proposito di farlo con una storia che vertesse sulla malattia; per me, un valido approccio alla fiction, e l’opportunità di convertire il mio dolore più profondo in un lavoro unico e, al contempo, necessario per la mia vita. E così è accaduto.
Avevate un’idea precisa di dove volevate arrivare o la storia si è costruita strada facendo?
ANDREA: Avevamo un'idea ben precisa di cosa volevamo raccontare, ossia una storia di fiction, in specifico un thriller che mettesse a nudo l'ansia che accomuna moltissime persone nei confronti della malattia, sia psichica che mentale. Lisa è riuscita poi a rendere realistico e credibile il personaggio della protagonista, Stella Miani, scavando a fondo nel suo vissuto e nella sua condizione di lotta continua con la sclerosi multipla. Per il resto, in fase di scrittura procedevamo a definire capitolo dopo capitolo, fino ad arrivare al finale che avevamo accordato.
Il racconto si presta moltissimo ad una narrazione cinematografica, quanto il cinema e che tipo di cinema ha influenzato il vostro immaginario, in generale, ma soprattutto in riferimento a questo lavoro?
ANDREA: Credo che questa impronta arrivi principalmente da me, essendo che lavoro ormai da più di venti anni nel campo del cinema indie e nel fumetto, ho acquisito una certa formazione professionale che mi facilita nel dare alle mie storie il giusto ritmo cinematografico. Per questo romanzo avevo bene in mente film come Gone Baby Gone e serie TV quali The Affair e Big Little Lies. Ma, nella struttura, si riscontra anche un po' del cinema di Takashi Miike, in particolare Audition.
Com’è stato approcciarvi all’home thriller, soprattutto per Andrea essendo un genere di appannaggio femminile, ma anche tu Lisa che è il tuo primo lavoro su queste corde?
ANDREA: In fondo l'home thriller è solo un'etichetta commerciale per definire i racconti del brivido contorti e psicologici. Io sono conosciuto per essere particolarmente contorto e psicologico nelle mie storie, e in questo IO SONO IL MALE non mi discosto molto dalle mie tematiche.
LISA: Prima di passare attraverso un approccio metodico e guidato da indicazioni ben definite, la scrittura, per me, si manifesta come un’esperienza del tutto irrazionale. Quando mi sento satura di vita, nel momento in cui avverto quella forza dirompente dibattersi dentro di me, mi siedo davanti al pc e provo a conferirle un ordine, un senso, tramite un utilizzo funzionale delle parole. Detto ciò, per me non è molto importante di quale genere debba scrivere, quanto che senta di poter fare mia l’idea che dev’essere sviluppata, risultando quindi in grado di raccontare una verità. Considero il genere del thriller un’opportunità efficace per parlare liberamente delle zone oscure e delle fragilità insite in ognuno di noi.
La magia qui è uno degli elementi essenziali, perché l’avete resa funzionale e che tipo di approccio avete voi personalmente all’esoterismo?
ANDREA: L'esoterismo è un mondo ricco di misteri, e per questo mi affascina tanto quanto la psiche umana e la sociologia. È un elemento fondamentale delle mie storie, un argomento che affronto sempre con la giusta competenza e lucidità, cercando di non banalizzarlo mai. D'altronde, il legame tra magia e psicologia è fortemente interconnesso. Le basi della psicologia e della sociologia derivano in parte dalle scienze esoteriche di maghi e alchimisti del 1500, 1700 e 1800. Interessante e affascinante, no?
LISA: Sono da sempre affascinata da tutte le condizioni umane che non possono essere spiegate attraverso la ragione, perché, nel chiedermi cosa celino, scopro universi interi. Tutte quelle sfaccettature dell’essere umano che, a prima vista, passano inosservate. Approfondirne alcune, e viverle, mi ha arricchita tantissimo.
I personaggi appaiono anche fin troppo umani, cosa avete ritenuto non trascurabile nella loro caratterizzazione? Che tipo di lavoro avete fatto sulla loro costruzione?
ANDREA: Abbiamo studiato la storia e la psicologia di ogni singolo personaggio, compresi quelli secondari. Perché ciascuno di loro rappresenta un tassello fondamentale della storia e nessuno è messo lì per caso. Personalmente, essendo un individuo molto empatico, mi viene naturale immedesimarmi in tutti loro, cercando di capirne il vissuto e le differenti ferite che, essendo questa una storia sul male, accomunano tutti. Ho cercato di far entrare Lisa nel mio schema di lavoro mentale, essendo meno avvezza alla fiction e più portata a raccontare di sé stessa. Nonostante io sia un pessimo maestro, lei è stata fantastica nel recepire quello di cui i nostri personaggi avevano bisogno.
La malattia è un altro elemento portante, come mai avete scelto di renderla così centrale e parlarne proprio in questa chiave?
LISA: Come ho espresso in precedenza, Andrea immaginava che il suo primo romanzo ruotasse proprio attorno alla tematica della malattia per esorcizzare ed elaborare le sue paure a riguardo, e condividere questo prezioso meccanismo. Quanto a me, la faccenda tocca corde un po’ diverse. Cercherò di essere breve (quando dico così, penso che Andrea sospiri alzando gli occhi al cielo…!)
Non si parla quasi mai senza filtri di argomenti scomodi come la condizione patologica. Eppure, nelle rare occasioni in cui qualcuno lo fa, la gente stacca gli occhi da qualsiasi attività e ne è fortemente attratta… perché? Perché sensazioni come il dolore, la paura, la frustrazione, l’impotenza riguardano tutti e, soprattutto, caratterizzano la vita. La vita esiste anche quando è accompagnata da questi stati. Fanno parte di noi SEMPRE. La grande maggioranza delle persone impone a se stessa di chiudersi dentro una zona di comfort che in realtà non esiste, circoscrivendo ed etichettando a parte qualunque cosa potrebbe minarla. Gettare luce sull’esperienza del dolore, affinché la sua conoscenza permetta di integrare a livello sociale e legislativo tutti quanti, è una specie di scopo che porto avanti da una vita. La scrittura mi sta permettendo di farlo in maniera mirata e creativa.
Lisa, la protagonista è un po’ un tuo alter ego per certi aspetti, addirittura nella copertina si trova una tua risonanza magnetica, cosa c’è maggiormente di te? E come hai vissuto il parlare di te attraverso di lei?
LISA: Ho ideato Stella fornendole come unico background la mia parte oscura. Quella che coincide col dolore procuratomi dall’avvento della sclerosi multipla, ma non solo. La mia protagonista è il frutto di tutta la sofferenza che ho dovuto mettere da parte per sopravvivere, del dolore che non avevo ancora avuto il tempo e lo spazio per capire ed elaborare. Il momento giusto è stato la stesura di “Io sono il Male”. Scriverlo ha sancito l’inizio di una fase inedita della mia esistenza. È stato durissimo, ma altrettanto necessario.
L’aspetto psicologico è preponderante quando si affronta il tema dei vampiri psichici. È un thriller vissuto scandagliando le fragilità umane, prima ancora che il peso fisico di una malattia. Quanta espiazione e quanta colpa passano attraverso il concetto di dolore che ci avete raccontato?
ANDREA: Il vampirismo psichico è un argomento che ritengo molto interessante, ed è per questo motivo che ho voluto svilupparlo. Inoltre, credo si possa effettivamente correlare alla malattia, poiché, secondo varie teorie, spesso il male fisico non è altro che una conseguenza di quanto la nostra psiche stia soffrendo. E, tante volte, sono gli altri che ci fanno soffrire, volutamente o meno. Ma, se poi ci guardassimo bene dentro, vedremmo che fondamentalmente i primi a farci e a fare del male siamo proprio noi stessi. Credo che, almeno una volta nella vita, siamo tutti stati dei vampiri psichici, se non contro il prossimo, sicuramente contro noi stessi.
LISA: Attraverso i personaggi di “Io sono il Male" vengono passati in rassegna moltissimi percorsi di dolore che definiscono una vita umana vissuta sinceramente e appieno. Senza risparmiarsi. Sono del parere che esercitiamo e subiamo il vampirismo psichico rispondendo a differenti bisogni ben precisi, che rivelano attitudini ugualmente responsabili. Anche la vittima del vampirismo psichico, in molti casi, all'inizio e nel profondo, sente in che cosa si sta imbattendo. Non può farne a meno, perché ha la necessità di vivere il suo “vampiro" per far affiorare, e sanare, ferite, che, se affrontate, le permetteranno di andare oltre… vero, Stella?
Chiara Nucera