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Torna il RIFF con la 20esima edizione

Mercoledì 17 Novembre 2021 23:31 Pubblicato in News
Dal 18 novembre al 26 novembre si terrà la XX edizione del RIFF - Rome Independent Film Festival diretto da Fabrizio Ferrari, con oltre 85 opere in concorso provenienti da Italia, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna, Portogallo, Brasile, Argentina, Cile, Usa, Canada, Burkina Faso, Libano a rappresentare il cinema indipendente contemporaneo: 3 anteprime mondiali, 4 anteprime europee e 11 anteprime italiane e un fitto programma di eventi collaterali, incontri e masterclass. Al Festival anche 50 Cortometraggi (25 italiani e 25 internazionali), 6 Video animati e 10 Video sperimentali.
 
Tra le tematiche affrontate la corruzione, la pandemia, lo sport, la malattia mentale, la paura, l'educazione, la scienza, il futuro, la schiavitù, il razzismo, la vita dopo la prigione, il teatro degli ex-detenuti, il carnevale argentino, la rivoluzione dei garofani in Portogallo, la storia del centro di Roma, il vulcano Kilimanjaro, due fotografi catalani della periferia di Barcellona e i clown attivisti dai campi profughi in Palestina con una particolare attenzione verso il genere thriller.
 
Novità di questa 20esima edizione il suo svolgimento in varie location: oltre al Nuovo Cinema Aquila che rimarrà quella principale, si aggiunge il Cinema Troisi che ospiterà due programmazioni; le masterclass e i workshop si terranno invece e alla Biblioteca di Roma Mameli, alla Biblioteca di Roma Collina della Pace e al WEGIL spazio polivalente anch’esso con sede a Trastevere.
 
Inoltre, dopo il successo della scorsa edizione, svoltasi interamente su MYmovies, causa normativa di contenimento della pandemia Covid-19, anche quest’anno parte del festival verrà presentato nella sala virtuale di MYmovies.it, con l’intento di raggiungere un pubblico più ampio e di permettere ai cinefili residenti in altre regioni di poter partecipare al festival a distanza. Con un accredito di 9.90 € si potrà seguire il programma del festival via computer, smartphone, tablet o smart TV e si potranno visionare le opere in assoluta anteprima italiana e inoltre assistere a panel, masterclass e incontri con gli autori in esclusiva come se si avesse a disposizione un posto prenotato al cinema.
 
Online per l’occasione anche il nuovo sito del RIFF www.riff.it in doppia lingua.
 
 
Le Sezioni del concorso saranno: Feature film, International documentary, National documentary, International short, Italian short, Animation short, Sudent short e le sezioni per le sceneggiature e soggetti. La giuria chiamata a giudicare i lavori finalisti è composta da: Wieland Speck (Direttore della sezione Panorama alla Berlinale), Bijaya Jena (regista e attrice indiana), Sahraa Karimi (regista afghana), Laura Buffoni (critica e produttrice), Anja Strelek (regista di documentari e coordinatrice del festival International du Film de Bruxelles), Gergely Pohárnok (direttore della fotografia), Carl Haber (regista e scrittore americano) e l’attore Davide Mancini.
 
 
 
Film di apertura della XX edizione giovedì 18 novembre alle 11.00 alla nuova Sala Trosi “La Santa Piccola” di Silvia Brunelli, già presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. In un rione soleggiato di Napoli dove tutti si conoscono, Mario e Lino, amici inseparabili, vivono giorni che si susseguono tutti uguali. Tutto cambia quando la sorellina di Lino, Annaluce, inizia a fare miracoli, divenendo la santa protettrice del rione....
 
Per il film di chiusura venerdì 26 novembre alle 20.00 Francesco Apolloni torna al RIFF vent’anni dopo aver presentato il suo primo lungometraggio, “Fate come noi”, con il suo ultimo film “Addio al Nubilato” fuori concorso. Eleonora voleva rifarsi tutta; Linda voleva morire prima dei 40 anni; Vanessa scommetteva che sarebbe diventata grassissima; e Chiara ha fatto fare loro una promessa: che anche vent'anni dopo ci sarebbero state sempre l'una per l'altra.
 
 
 
8 i lungometraggi in concorso. “Governance” di Michael Zampino (Italia). Renzo Petrucci deve abbandonare l’incarico di Direttore Generale di un gruppo petrolifero dopo un’inchiesta per corruzione. Convinto che a tradirlo sia stata la collega che ha preso il suo posto, Renzo la uccide riuscendo poi a cavarsela nell’indagine che segue. Richiamato dall’azienda, il manager conquista il vertice malgrado i sospetti crescenti che pesano su di lui...
 
“The Grand Bolero” di Gabriele Fabbro (Italia) in anteprima europea è uno psycho-thriller ambientato in Italia durante il lockdown da Covid-19. Roxanne, una rude restauratrice di organi a canne di mezz’età, cerca di controllare la sua attrazione ossessiva verso la sua nuova giovane assistente muta.
 
“Fino ad essere felici” di Paolo Cipolletta (Italia). Andrea è un quarantenne, consulente del lavoro in uno studio associato, che vive un'apparente vita ordinaria con sua moglie Lucia ed il figlio undicenne Tommaso. Il loro matrimonio è agli sgoccioli, schiacciato da una routine asfissiante. Ma non tutto è come sembra. Un profondo segreto e la presenza dell'ambigua figura di Ciro, rendono palese l'esistenza di un'altra vita.
 
“Future Is a Lonely Place” di Martin Hawie & Laura Harwarth (Germania) in anteprima europea. Frank, cittadino integerrimo, ruba un'auto blindata per poi consegnarsi. Il suo movente è un mistero. In prigione, incrocia il cammino con il diffidente e spietato Fuad, protetto di un clan arabo.
 
“Dear One” di Grzegorz Jaroszuk (Polonia, Repubblica Ceca) in anteprima italiana. Il padre di Piotr, che lui non vede da anni, chiama di punto in bianco chiedendogli di fargli visita. Quando rivela a Piotr e sua sorella che la loro madre è scomparsa senza dire una parola, i membri di questa divisa famiglia inizieranno a cercarla, scoprendo lungo la strada ogni sorta di strane storie…
 
“Sam” di Yan England (Canada) in anteprima europea è un thriller psicologico che racconta la storia di un atleta di 22 anni e nuotatore competitivo, che aspira a partecipare ai Giochi Olimpici. Sam si troverà al centro di un evento drammatico dalle inaspettate ripercussioni a lungo termine, e si vedrà così costretto a rivalutare la sua vita.
 
“Mía & Moi” di Borja de la Vega (Spagna) in anteprima italiana. Dopo aver perso la madre, Mía e Moi, sorella e fratello, si rifugiano nella casa di famiglia in campagna, un posto dimesso, quasi in mezzo al nulla. Con loro, Biel, il fidanzato di Moi. Insieme, i tre cercano di superare le proprie ferite; soprattutto Moi, reduce da un grave esaurimento nervoso.
 
“Remains of a Man” di Ana Johann (Brasile) in anteprima italiana. Renata vive isolata in campagna con la figlia adolescente e il marito, idealizzando la paura come un sentimento comune. L'arrivo di uno sconosciuto risveglia in lei il desiderio di tutto ciò che era addormentato.
 
 
 
13 i documentari in concorso. “Zero Gravity” di Thomas Verrette (Usa) in anteprima europea è una storia potente e stimolante sull'educazione, la scienza e le future generazioni. Visto attraverso gli occhi meravigliati di tre diversi studenti delle scuole medie e del loro insegnante, ognuno di loro intraprende un viaggio intimo e personale nello spazio durante una competizione contro squadre di tutta la nazione per codificare satelliti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.
 
“El Fulgor” di Martín Farina (Argentina) in anteprima italiana. Il carnevale è alle porte. Assistiamo al rito della "pulizia della carne" eseguito dai "gauchos" che dispiegano i loro coltelli. Il paesaggio bucolico si mescola con le strade della città. Lentamente, tutto si riempie di colori, piume e uomini seminudi. Le maschere cominciano a coprire i volti e l'alcool disinibisce.
 
“Rua do Prior 41” di Lorenzo d'Amico De Carvalho (Portogallo, Italia). Lisbona, 1974. Franco, giovanissimo militante di Lotta Continua, atterra nel paese in festa per la liberazione da 40 anni di regime. Sa che la Storia è in marcia. Quello che non sa, è che i mesi che seguiranno segneranno per sempre la sua vita.
 
“From my House in da House” di Giovanni La Gorga & Alessio Borgonuovo (Italia) in anteprima mondiale è un documentario che con tono leggero e un ritmo serrato racconta gli ultimi trent’anni del centro di Roma, in chiave ironica. Dal fulgore dei primi anni '90 al buio di oggi, senza mai cadere nella retorica.
 
“Soul Travel” di Guia Zapponi (Italia). Il tema del viaggio, non solo fisico ma anche come percorso interiore, è il fil rouge che, dall’Italia, condurrà lo spettatore alla scoperta di uno dei luoghi più spettacolari della Terra: il vulcano Kilimanjaro.
 
“Sue” di Elisabetta Larosa (Italia) in anteprima mondiale. La storia di tre donne che sono uscite dallo stato di schiavitù e che hanno "osato una speranza" restituendosi la dignità depredata. Una speranza per tante altre donne schiave, una speranza per gli uomini persi ed egoisti nei loro impulsi allucinanti, una speranza collettiva e trainante verso sensibilità migliori per un'umanità meno ferita e più integra.
 
“A Declaration of Love” di Marco Speroni (Italia) in anteprima mondiale. Un uomo condannato a morte viene dichiarato innocente e rilasciato dopo 22 anni trascorsi nel braccio della morte. Ora deve affrontare una nuova sfida: sopravvivere alla libertà.
 
“In My Skin” di Toni Venturi & Val Gomes (Brasile) in anteprima italiana. Un medico scambiato per un ladro. Una donna delle pulizie trattata come una schiava. Una madre che ha perso il figlio assassinato dalla polizia. Un impiegato trans che non viene mai promosso. Cosa hanno in comune? Il colore della pelle. Una riflessione sul razzismo radicato in Brasile.
 
“A Family (Une Famille)” di Christian Carmosino Mereu (Italia, Burkina Faso). Missa, Adama, Nafissa e Irene sono quattro giovani africani che studiano all’Università di Ouagadougou in Burkina Faso. Frequentano un Master sull'innovazione e lo sviluppo rurale. Dopo una fase in aula, intraprendono un lavoro sul campo che permette loro di scoprire le competenze, i valori e le difficoltà quotidiane di tanti contadini e contadine.
 
“Donne di Terra” di Elisa Flaminia Inno (Italia) è un documentario composto da cinque episodi. Ogni episodio racconta la storia di un cambiamento, di come ognuna di loro è arrivata alla terra e di come hanno creato un sistema di auto-sostenibilità. Le storie di queste donne sono l'esempio condivisibile e riproducibile di una scelta, che ognuno di noi oggi è chiamato a fare.
 
“Fort Apache” di Ilaria Galanti & Simone Spampinato (Italia) in anteprima italiana mostra la costruzione e la messa in scena di “Famiglia”, ultimo spettacolo della compagnia Fort Apache, unica realtà italiana composta da attori ex-detenuti. Attraverso la pièce, gli attori fanno i conti con la propria vita ed il proprio passato. E grazie al successo di Marcello Fonte a Cannes 2018, i membri della compagnia hanno la loro occasione di mostrare al mondo di essere attori professionisti.
 
“Everything at Once (Paco & Manolo’s gaze)” di Alberto Fuguet (Cile/Spagna) in anteprima italiana è un film-saggio su una peculiare coppia di artisti: si tratta di Paco & Manolo, fotografi catalani della periferia di Barcellona che lavorano e vivono insieme ormai da tre decadi. I due fondono sguardi e immaginario individuali, fino a renderli quelli di un unico fotografo.
 
In “Clown's Planet” di Hector Carré (Spagna) in anteprima italiana il regista mostra il mondo dei clown attivisti dai campi profughi in Palestina, attraverso una chiesa dedicata a una papera di gomma a Madrid fino agli orfanotrofi in Russia, per diventare un clown egli stesso, all'interno di un gruppo guidato da Patch Adams. Il documentario ci porta a riflettere sulla fede, la magia, la risata, l'amore e il potere curativo convogliato dall'atteggiamento del clown verso la vita.
 
 
 
Venerdì 19 novembre alle 11:00 alla Biblioteca Collina della Pace “Le immagini del reale oggi, tra news, social, reportage e cinema documentario” sarà il tema della Masterclass condotta da Lorenzo Giroffi - giornalista classe 1986 vincitore del premio "Reporter contro l'usura" con l'inchiesta "L'ombra del denaro", del premio internazionale di Giornalismo "Maria Grazia Cutuli" e del Premio giornalistico Ivan Bonfanti - presso la WEGIL. La masterclass vorrà indagare come è possibile fare inchiesta oggi nonostante la pandemia che stiamo vivendo.
 
Per i libri sabato 20 novembre alle 15.00 alla Sede WEGIL la presentazione del romanzo di Gabriele Galligani - impreziosito da una prefazione di Wu Ming 2 – dal titolo "Transagonistica" col suo meccanismo narrativo "fa cozzare" la tematica della questione di genere nel mondo del calcio.
 
Il RIFF quest’anno inoltre vuole ricordare il Maestro Franco Battiato riproponendo “Temporary Road – (Una) vita di Franco Battiato”, diretto da Giuseppe Pollicelli e Mario Tani domenica 21 novembre alle 20.15. Un doc. che è un’istantanea di Battiato, attraverso un auto-racconto intimo, intessuto di misticismo e, naturalmente, attraverso la sua musica. Un omaggio ad una delle figure più poliedriche della cultura contemporanea, per raccontare le tante sfumature di un artista, la cui arte spazia tra musica, cinema, sperimentazione e meditazione.
 
Tra gli altri incontri, al Nuovo Cinema Aquila domenica 21 novembre alle 15.00 “Apriamo gli occhi all’esistenza” con Sahraa Karimi, primo presidente donna dell’Afghan Film Organization quest’anno in giuria e al RIFF per presentare il suo lungometraggio “Hava, Maryam, Ayesha”. Nel film tre donne afgane di diversa estrazione sociale, residenti a Kabul, devono affrontare una grande sfida nelle loro vite. Per la prima volta, ciascuna di loro deve risolvere il proprio problema da sola. ll suo obiettivo è quello di raccontare le vite di donne che per molti anni non hanno avuto voce e ora sono pronte a cambiare il proprio destino, e in questo momento più che mai le donne afghane hanno bisogno di far sentire, anzi di mostrare, la propria voce.
 
L’evento sarà preceduto dalla presentazione del contest “Io posso: Uscire dalla violenza. Il potere di generare libertà per sé, per tutte e tutti” in collaborazione con D.i.Re - Donne in rete contro la violenza nell’ambito del progetto Libere di essere finanziato dal Dipartimento per le Pari opportunità. Il concorso rivolto ai giovani tra i 18 e i 30 anni ha come tema l’affermazione della libertà femminile come condizione necessaria, in vista della giornata mondiale della violenza contro le donne del 25 novembre.
 
Il 21 novembre alle 16.30 continuerà l’esplorazione nel mondo della fotografia cinematografica del festival capitolino. Dopo aver ospitato Luciano Tovoli e Fabrizio Lucci quest’anno la Masterclass con Gergely Poharnok, membro di HSC, l’associazione dei direttori della fotografia ungheresi, che ha vinto quattro volte il Premio HSC - Kodak Cinematographer e giurato del festival.
 
Ultimo WorkShop quello di giovedì 25 novembre alle 18:30 con la giurata del RIFF Anja Strelec originaria della Croazia ma con sede a Bruxelles, che ha avuto l'opportunità di lavorare per diversi clienti in ambienti internazionali come in Nepal, Argentina, Ghana, Eritrea, Guinea e in tutta Europa. La maggior parte del suo lavoro si concentra su argomenti sociali, ambientali e di sviluppo, nonché sulla narrazione di ritratti audiovisivi.
 
Tra gli eventi speciali ricordiamo lunedì 22 novembre alle 19.00 al Nuovo Cinema Aquila il Focus sulla Polonia in collaborazione con l'istituto Polacco a Roma e con la scuola di film LODZ per celebrare gli 80 anni dalla nascita e i 25 anni dalla scomparsa del Maestro Kieslowski, con opere anche di registi più recenti, come "Dear Ones" di Grzegorz Jaroszuk, la cui prima opera, "Kebab & Horoscope" ha vinto al RIFF 2014.
 
Tra gli incontri martedì 23 novembre alle 17.00 alla Biblioteca Goffredo Mameli infine “L’occhio del cinema” in collaborazione con le Biblioteche di Roma sarà un pitching fra produttori, distributori e giovani talenti. Il focus sul pitching vuole essere un momento di confronto concreto su come presentare in maniera efficace un progetto all’industria internazionale cinematografica. A questo incontro aperto al pubblico, parteciperanno anche i finalisti al concorso di sceneggiatura del RIFF e le case di produzione e distribuzione.
 
Black Films Matter è la prima sezione ufficiale in un festival italiano confermata per il secondo anno e dedicata a questa cinematografia, con l’obiettivo di avvicinare sempre più gli spettatori a una realtà che non può essere più ignorata con la proiezione. Mercoledì 24 novembre alle 20.15 “I'm Fine (Thanks for Asking)” di Kelley Kali Chatman & Angelique Molina (Usa) in anteprima italiana. Danny, parrucchiera vedova da poco, e sua figlia Wes di 8 anni, sono rimaste senza casa. Proteggendo Wes dalla verità, Danny pianta una tenda e la convince di trovarsi in un divertente viaggio in campeggio. Mentre Danny lavora per trovare un alloggio permanente, Wes inizia presto a stancarsi delle settimane passate al caldo.
 
A seguire alle 22.15 “Judas and the Black Messiah” di Shaka King (Usa, vincitore di 2 premi Oscar). L’informatore dell’FBI William O’Neal, è infiltrato nel partito delle Black Panther dell’Illinois con l’incarico di tenere d’occhio il loro carismatico leader, il Presidente Fred Hampton. Ladro di professione, O’Neal sembra divertirsi a correre il rischio di manipolare sia i suoi compagni che il suo “supervisore”, l’Agente Speciale Roy Mitchell. L’influenza politica di Hampton è in forte ascesa proprio quando incontra e si innamora della sua compagna di rivoluzione.
 
Giovedì 25 novembre sarà il Love & Pride Day: il valore della diversità, che conferma per il terzo anno consecutivo la volontà del RIFF di dedicare un’intera giornata di programmazione alla proiezione di diversi titoli a tematica LGBT. Sarà presentato in anteprima italiana alle 20.15 “Miguel´s War" di Eliane Raheb (Libano, Germania, Spagna), vincitore del Teddy Awards alla Berlinale 2021. In questo ritratto articolato sia in termini di forma che di contenuto, un uomo gay affronta i fantasmi del suo passato ed esplora desideri nascosti, amori non corrisposti e tormentosi sensi di colpa. Nella Madrid post-franchista, dove ha vissuto un'esistenza apertamente gay, la sua vita assomiglia a una lunga orgia almodóvariana, piena di eccessi e di rottura dei tabù sessuali. A questo periodo seguirà prima un crollo poi una rinascita.
 
Alle 20.30 “Little Satchmo” di John Alexander (Usa). Non c’è mai stato un tempo nell’infanzia di Sharon di cui Louis Armstrong non ne fosse parte, ma la tipologia di legame tra i due non veniva mostrato oltre i confini familiari. Nonostante le celebrazioni costanti della vita e carriera di Armostrong, l’evidenza del rapporto familiare tra Sharon e suo padre furono sempre ignorate da ogni registro storico.
 
 
Non mancheranno gli incontri collaterali. Durante la settimana del festival, nel quartiere del Pigneto, verranno offerti aperitivi che consentiranno lo scambio di idee e di prospettive tra i diversi agenti della filiera cinematografica. Inoltre si potranno organizzare e prenotare visite guidate all’interno di quella che viene definita “La Fabbrica dei Sogni”, in collaborazione con Cinecittà, permettendo la conoscenza del fulcro dell’industria cinematografica europea per la realizzazione di film a ciclo completo. Saranno organizzate inoltre visite nei quartieri: Pigneto, Mandrione, Esquilino e Trastevere.
 
 

Ultima notte a Soho

Giovedì 04 Novembre 2021 14:16 Pubblicato in Recensioni
Ultima notte a Soho è un film le cui atsmosfere si fondono in quelle di un romanzo di formazione, di un musical e di un horror, con la drammaturgia di una commedia adolescenziale. Tutta questa narrazione è inaspettatamente condita da elementi ideologici del politicamente corretto che fa capolino alla fine della storia e viene sbattuto in faccia allo spettatore, facendogli subire un inadeguato svelamento che, seppure risulti inaspettato e riesca a costruire un riuscito effetto sorpresa, sembra essere poco coerente con le premesse e richiama un po' ruffianamente le politiche del "me too" e del femminismo post-moderno un po' posticcio.
La protagonista Eloise "Ellie" Turner (Thomasin McKenzie) è un'adolescente orfana che vive con la nonna nelle campagne inglesi. Appassionata di musica degli anni '60, colleziona vinili nel ricordo della madre morta suicida anni addietro. Dopo una prima scena dai toni scanzonati e colorati, la storia si trasferisce presto nella grande città. Ellie va nella capitale inglese per studiare in un'accademia ciò che vorrebbe diventasse il suo lavoro: la moda. Da lì inizia un racconto che sembrerebbe essere descritto nei toni della commedia ma che finisce poi per diventare orrorifico, quando la protagonista trasloca in una casa la cui proprietaria è un'anziana donna dal carattere coriaceo e riservato. Il regista Edgar Wright si serve dello sfondo della swinging London e del tema, sempre amato dal pubblico, dell'alter ego e del doppio, stavolta in chiave d'antan e rappresentato sullo schermo dalla ormai ex "regina di scacchi" Anya Taylor-Joy che impersona Sandie, un'aspirante cantante vissuta negli anni '60.
Le due attrici protagoniste che si fondono, a un certo punto della storia, in un unico personaggio, dando corpo all'idea del regista di affrontare, in tutto questo minestrone, anche la tematica della patologia psichiatrica, sono brave e credibili, a dispetto di una trama che lascia intravedere le buone intenzioni di portare sullo schermo un film di genere misto.
C'è però poco succo. La parabola esistenziale della protagonista è puramente di forma. Cambia il modo di vestire, cambia l'atteggiamento con il prossimo, cambia il mondo di truccarsi e di vivere la propria vita sociale, ma non c'è un approfondimento introspettivo che eleva il personaggio a uno status di icona. E, senza voler ambire a tale obiettivo, non c'è nemmeno il racconto di una evoluzione umana dettata da una presa di coscienza profonda e resipiscente. 
Tutto è, per lo più, soffocato da una deriva horror che vuole ambire a pistolotto ideologico con una chiave sedicentemente innovativa ma che finisce con l'essere involontariamente trash.
Le musiche e il dinamismo delle scene che le accompagnano sono gli elementi più piacevoli di un film che nasce tondo e muore quadrato, vagando tra le forme di vari generi e che, per questo forse non trova una quadra.
 
Valeria Volpini

Non toccarmi: Stefano Calvagna racconta la violenza sulle donne

Domenica 07 Novembre 2021 14:04 Pubblicato in News
A metà tra la finzione e il documentario, si intitola Non toccarmi la nuova fatica registica di Stefano Calvagna, autore di Non escludo il ritorno e Baby gang.
 
Progetto realizzato in collaborazione con Lazio Crea e Regione Lazio, Non toccarmi é un cortometraggio che si costituisce di tre episodi, ciascuno incentrato su una diversa donna e un diverso tipo di violenza.
 
 
Tre storie emblematiche che testimoniano un fenomeno a quanto pare destinato quotidianamente a non cessare mai di esistere nella società del XXI secolo. Una violenza narrata in questo caso a diversi livelli: sessuale, fisica e psicologica.
 
Monica, un’avvenente ragazza sportiva, subisce prima un caso di stalking e, poi, una vera e propria violenza carnale da parte del personal trainer della palestra che frequenta.
 
Cristina si rivolge ad un fisioterapista che incontra per la prima volta; l’uomo svolge il proprio lavoro, ma finisce per approfittare della sua cliente, molestandola e lasciandola impossibilitata a reagire, in un vortice di terrore che la distrugge nella sua femminilità.
 
Laura è sposata con un uomo affetto da narcisismo patologico, che la tratta come se fosse una nullità: la donna è quindi vittima di una violenza domestica che è psicologica, molto più sottile e spaventosa, ritrovandosi prigioniera nella propria casa e maltrattata dalla persona che più di tutte dovrebbe proteggerla.
 
Un estraneo in un caso, un conoscente nell’altro, il marito in persona nell’altro ancora rappresentano in Non toccarmi, di conseguenza, i diversi gradi di rapporto tra le protagoniste vittime e i loro carnefici:
 
Ogni episodio è introdotto dall’autorevole intervento del Dottor Antonio Del Greco, che incarna una figura istituzionale di alto e rispettabile profilo, approfondendo vari aspetti della violenza sulle donne e sottolineando l’importanza di denunciare i reati subiti.
 
Altro importante contributo è quello di Michele Verginelli, atleta professionista esperto in arti marziali, che compare come deus ex machina per spiegare alle vittime la maniera in cui difendersi in caso di violenza e aggressione, lanciando il messaggio sociale di autodifesa che Non toccarmi si propone di diffondere.
 
Prodotto da Calvagna stesso insieme a Teresa Lidia Maliszewska ed Ettore Terzo per Associazione Culturale Trevi, Non toccarmi è interpretato da Martina Scoccia, Angelica Cacciapaglia, Chiara Becchimanzi, Claudio Vanni, David Capoccetti, Emanuele Cerman e Giulia Sauro.

Madres Paralelas

Venerdì 29 Ottobre 2021 14:30 Pubblicato in Recensioni
Torna sugli schermi il pluripremiato regista spagnolo Pedro Almodóvar, con un film che vede protagonista la sua attrice feticcio Penelope Cruz, in un ruolo che le è valso la Coppa Volpi all’ultimo Festival del cinema di Venezia.
Almodóvar, parlando del ruolo della protagonista Jenis dice che esso ci mostra un riflesso del passato nel presente. E questo passato è la guerra civile spagnola, di cui sotto la terra giacciono ancora i resti, sotto forma di migliaia di persone scomparse.
In effetti il personaggio di Penelope Cruz è una madre che iconizza il proprio spirito edipico in una figura che esprime tutte le nostalgie di un passato che è, insieme, individuale e collettivo. La Storia della Spagna franchista e dei suoi resti umani sconosciuti, privati della propria identità, accende la narrazione, la conclude. Fa sì che il passato assurga a espediente narrativo per dare corpo ai sentimenti ancestrali della genitorialità e, nello specifico, della maternità, intesa qui come spinta vitale, come accudimento estremo e contenitore di un amore manchevole.
C’è la madre adolescente Ana (Milena Smit), ancora incastrata in una gioventù che le impedisce il raziocinio di chi centellina i sentimenti, li incanala, per renderli strumento pratico della vita moderna.
C’è la madre sola, adulta, matura Janis, che padroneggia le sue emozioni da amante di un marito adultero e le rende parte di quell’amore donato alla figlia inattesa.
C’è la madre assente Teresa (Aitana Sanchez Gijon), egoriferita. Le cui cure nei confronti della figlia appaiono anodine, sterili; seppure condite dalle buone intenzioni di chi non si considera fallace.
C’è la madrepatria. La patria fatta degli uomini che hanno combattuto e sono periti in suo nome perdendo quella identità che i loro nipoti non hanno mai smesso di cercare. Tutte le madri che Almodovar disegna in questo film sono madri fragili e forti al contempo. Libere ma condizionate dal proprio passato e mondanamente radicate nella realtà delle proprie diversificate quotidianità. 
Almodóvar racconta il punto di vista di maternità differenti ma parallele in diverse fasi e con diverse emozioni. Diversificate tra loro quanto le loro caratteristiche anagrafiche e caratteriali. E lo fa con estremo rispetto, senza giudizio. Esaspera le emozioni che costruiscono ciò che vuole raccontare, senza vanificarne il senso.
I primissimi piani delle attrici nei momenti più ricchi di pathos e la centralità dei personaggi nelle inquadrature, raccontano ciò che preme di più al regista: la condizione umana e, in questo caso, materna, dove la figura del padre fa capolino ma è lasciata in disparte. Importante ma non incalzante. Necessaria ma non decisiva nella narrazione, senza per questo esserne avulsa. 
Nonostante ci siano evidenti punti di incontro con le storie dei film precedenti dell’opera di Almodóvar, a cui cari sono sempre stati questi temi, i personaggi per esempio di “Tutto su mia madre”, così come di “Volver”, appassionati e iconici, non assumono lo status di paradigma. Erano le biografie dei protagonisti portate sullo schermo ad essere paradigmatiche. Qui ogni protagonista è un simbolico esempio di figura materna, incompleta e imperfetta, come così come incomplete sono le vite di chi non può ricongiungersi col proprio passato.
 
 
Valeria Volpini