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Lightyear - La vera storia di Buzz

Mercoledì 15 Giugno 2022 16:04 Pubblicato in Recensioni

Il nuovo film Pixar si ricollega al mondo dei giocattoli di Toy Story riportando uno dei suoi due protagonisti principali al centro della scena, a 3 anni di distanza dal quarto capitolo.

Lo space ranger Buzz Lightyear prende parte quindi ad un’avventura spaziale che funge di fatto da prequel, giustificando il motivo per cui Andy decise di farsi regalare il celeberrimo giocattolo nel capostipite della saga.

Dimenticate perciò i movimenti limitati e plasticosi che intenerivano e a loro modo impreziosivano gli episodi regolari, in questo caso abbiamo davanti agli occhi un perfetto esempio di science-fiction, che sovente strizza l’occhio ai più classici esempi del genere e ogni tanto cerca di aggiungere anche qualcosa di personale direttamente dai grandi predecessori nati in casa.

Specialmente la prima metà dell’opera mostra scene da film di grande livello, arrivando ad emozionare come lo studio di proprietà topoliniana non ha fatto che nei suoi capolavori. Una sequenza in particolare sembra uscita direttamente dal folgorante e commovente prologo di Up.

Ma è anche con i continui rimandi ai già citati capisaldi del genere, tra cui pietre miliari come Alien e Terminator, e l’inserimento di momenti di brillante umorismo, che questo film trova tutto il suo valore.

Un perfetto esempio di questo concetto è condensato in un nuovo personaggio, il pupazzoso aiutante di Buzz dalle sembianze di un gatto. E’ un supercomputer multifunzione che tra una fusa e l’altra è in grado di risolvere ogni situazione al pari di un miagolante R2-D2, e con regolarità ruba la scena con improvvisa ilarità.

Il seguito mostra invece il fianco ad un leggero appiattimento nell’originalità delle situazioni o semplicemente nel dipanarsi della trama.

La figura dell’antagonista, problema soprattutto nell’ultima corrente di prodotti dello studio, viene risolto con un colpo di scena già visto e rivisto in questi contesti, sebbene rimanga sempre funzionale, ma la sua gestione tradisce una certa semplificazione che accompagna l’avventura fino all’epilogo.

Ad ogni modo il ritmo rimane molto dinamico, garantendo quindi un ottimo intrattenimento grazie anche al sempre eccellente livello tecnico che contraddistingue le opere Pixar. Decisamente il meglio per quanto riguarda effetti di luce e particellari, così come nella creazione dei personaggi e ambientazioni ricchi di cura e dettagli.

In definitiva l’ultima opera della saga di Woody e Buzz è un degno esponente della casa che ha elargito calibri di assoluto livello, e sebbene non riesca a mantenersi costante su vette che brevemente tocca, regala una visione di comunque pregevole fattura.

 

 

Omar Mourad Agha

Jurassic World

Giovedì 02 Giugno 2022 15:58 Pubblicato in Recensioni

Con questo capitolo si conclude la seconda trilogia di un franchise iniziato nel lontano 1993 con l’acclamato capostipite di Steven Spielberg, e tratto dalla penna del compianto Michael Crichton.

Una saga che ha attraversato tre decadi e che per il momento tuttavia non ha ulteriori piani futuri per il grande schermo.

Già il cast suggeriva un’idea di chiusura del cerchio, col ritorno dei protagonisti originali Alan Grant (Sam Neill), Ellie Sattler (Laura Dern), e Ian Malcolm (Jeff Goldblum) al fianco dei “nuovi” Owen Grady (Chris Pratt) e Claire Deering (Bryce Dallas Howard).

Con così tanti comprimari si rende necessario creare più linee narrative, che si muovono all’interno di un quadro di crisi alimentare, tema più che mai attuale, innescata da un’invasione di locuste fameliche e dalla solita multinazionale senza scrupoli.

I dinosauri, altrettanto importanti nella storia del brand, dopo la libertà strappata nel secondo capitolo, hanno invece trovato una parvenza di convivenza con l’uomo in opportune riserve naturali o all’interno dei normali ecosistemi animali.

Se già dalla sinossi si fa fatica ad inserire tutti gli elementi all’interno di un quadro coeso, il film non fa molto per mitigare questa sensazione, lasciando un intreccio piuttosto debole quando si tratta di far convergere tutte le direzioni.

Colin Trevorrow, il regista di questo secondo ciclo preistorico, si affida ad altro per tenere in piedi l’interesse dello spettatore, creando sequenze, anche se slegate, con un alto tasso di spettacolarità ed adrenalina, forse però troppo simili ad altri franchise più consoni quali 007 o Mission Impossible.

In altre circostanze, soprattutto dove è coinvolto il cast originale, si cercano invece atmosfere più affini all’indimenticato primo film, in un’operazione nostalgia già utilizzata per l’inizio di questa nuova trilogia, e che funziona ancora solo in virtù dell’estrema qualità del materiale di partenza.

Anche la colonna sonora si rifà al mitico tema di John Williams, in questo caso riarrangiato dal sempre bravo Michael Giacchino.

Le prove del cast sono in linea con quelle dei precedenti capitoli, senza infamia nè particolare lode, e cercano di mascherare la fragilità della scrittura e delle altre componenti del film, che ha tuttavia il merito di passare velocemente lungo le oltre 2h e 20’ che ne compongono la durata.

In tutto ciò, loro, i dinosauri, vera attrattiva e perno attorno cui ha sempre ruotato l’aspettativa della visione, sembrano quasi relegati al ruolo di comprimari sullo sfondo, dei riempitivi tra gli spazi larghi del tessuto narrativo, ed è un peccato che creature ormai diventate iconiche non siano state sfruttate meglio.

Tirando le fila del discorso, il problema principale di quest’opera, ed in generale di questa nuova trilogia, è il fatto che il regista non sia riuscito a dare un’idea chiara di cosa fare con tutto il materiale a sua disposizione, e ha pensato bene di salvarsi provando a seguire le orme tracciate dall’illustre predecessore. Se però questa è la direzione, ben venga una pausa e una riflessione più profonda sul futuro di questa saga; qualora si volesse riportare in vita queste affascinanti creature un’altra volta, che sia per un autore che voglia contribuire significativamente alla loro mitologia, anzichè uno che si accontenta del compitino.

 

Omar Mourad Agha

Faya Dayi

Lunedì 11 Luglio 2022 20:38 Pubblicato in Recensioni
Faya Dayi primo lungometraggio di Jessica Beshir scrittrice, regista, produttrice, direttrice della fotografia di origini messicane ed etiopi, è un vero e proprio viaggio alla scoperta del territorio etiope che ha fatto della coltivazione, commercio ed esportazione di khat, minuscola foglia dalle proprietà stupefacenti,l’ossatura della propria economia.
 
Il film è una mera descrizione di quello che avviene in questo Stato africano e, anche se non trapela alcun giudizio morale, tutta la narrazione è avvolta da una spessa coltre di rassegnazione come se fosse già scritto il destino di questo popolo e non ci sia possibilità di riscatto per i suoi abitanti se non nella fuga verso altri Paesi. Le immagini sono sempre in bianco e nero ed evocano proprio luci e ombre di un popolo dove regna sopraffazione e arretratezza. Solo una scena di un braciere acceso è a colori e simbolicamente potrebbe rappresentare la speranza delle giovani generazioni in un futuro migliore. La regista si sofferma quasi sempre su dettagli, su parti del corpo che compiono azioni di cura, di lavoro, ma anche gesti ripetitivi che fanno pensare ad una arcaica catena di montaggio che tiene in scacco tutti: giovani, donne e uomini anziani.  Queste inquadrature così strette costringono lo spettatore a spiare da un ipotetico buco della serratura qualcosa di lontano e non facilmente comprensibile a chi non vive la stessa storia e si nutre della stessa cultura.  Faya Dayi, il cui titolo riprende quello della canzone intonata dai braccianti durante la mietitura del raccolto di questa minuscola foglia, ci introduce in un mondo dai forti contrasti: sacro e profano, legale e proibito, natura incontaminata e degrado.   Le leggende etiopi narrano che il khat fu scoperto dagli imam sufi in cerca dell'eternità. Oramai invece, questa pianta rappresenta un giogo al quale sono legati gli abitanti che non hanno altre alternative per sopravvivere e nemmeno altre risorse per evadere da una realtà opprimente. Il film è un racconto sincero di una condizione poco nota alle masse e ha il sapore di una storia che affonda le radici nel mito che si tramanda di generazione in generazione.
 
Virna Castiglioni

Prodotto da Flat Parioli e TNM Produzioni, arriva nei cinema il 21 Luglio 2022 The Slaughter – La mattanza, nuovo horror diretto da Dario Germani, regista di Antropophagus II.

Sceneggiato da Antonio Tentori, autore di script per maestri della Settima arte di paura italiana quali Lucio FulciJoe D’Amato Dario ArgentoThe Slaughter – La mattanza vede nel cast Tonia De MiccoSamuel KayNadia RahmanJanice QuinolRoberto Luigi MauriJason PrempehTashi Higgins Fabrizio Bordignon.

 

Quattro ragazze, Sara, Alice, Laurie e Cindy, e tre ragazzi, Riccardo, Jason e Norman, decidono di trascorrere una notte di sballo all’interno di un grande stabilimento cinematografico di sviluppo e stampa. In una sala di proiezione assistono ad una pellicola intitolata The Slaughter, che mostra in soggettiva la festa di alcuni giovani interrotta da un individuo che, con il volto nascosto dalla maschera di una bambola, uccide tutti. I ragazzi ignorano di essere controllati, seguiti e ripresi da qualcuno, fino al momento in cui fa la sua apparizione una figura sfoggiante la stessa maschera del killer visto nel filmato. È soltanto l’inizio di un’angosciante notte di terrore.

 

Il regista dichiara: “The Slaughter – La mattanza inscena una notte di sesso e droga nel tempio del cinema, considerando che stiamo parlando di un laboratorio di sviluppo e stampa. La prima cosa che ho pensato è stata quella di far aggiungere allo sceneggiatore battute riguardanti film appartenenti ad un periodo importante per il cinema italiano di genere. Quindi sentirete i nomi di registi cult quali Lucio Fulci e Bruno Mattei. A tal proposito, è stata importante la consulenza di Claudio Fragasso, autore di tanto horror e di titoli noti come Palermo Milano solo andata e il suo sequel, il quale ricordava film per film le uccisioni. In più, poi, abbiamo una componente demoniaca che richiama altre pellicole. Dopo Antropophagus II, questo è un film tramite cui abbiamo voluto proseguire il nostro omaggio a quella celluloide stracult, ma stavolta calcando meno la mano sul gore. Tra l’altro, abbiamo avuto la fortuna di avere attori di madrelingua inglese molto bravi, alcuni oltretutto qui alla loro prima prova".

Cura la fotografia di The Slaughter – La mattanza lo stesso Germani, reduce proprio dal successo di critica di Antropophagus II, che ha suscitato non poco interesse da parte degli acquirenti internazionali.

Il montaggio del film è di Marco Iacomelli ed Edoardo Viterbori, la colonna sonora a firma di Antonino Politano, i costumi sono di Antonella Balsamo, le scenografie di Antonio Di GiovanniDavid Bracci si occupa degli effetti speciali di trucco.

Distribuito da Flat ParioliThe Slaughter – La mattanza è prodotto da Pierpaolo Marcelli e vede in vesti di organizzatore generale Gianni Paolucci... per una tranquilla estate di terrore made in Italy!