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Black 47

Sabato 24 Febbraio 2018 12:29 Pubblicato in Recensioni
Black 47 racconta, senza tanti fronzoli, della “Grande fame” che attanagliò l’Irlanda a metà del diciannovesimo secolo. La terra del trifoglio è stata sfruttata nei secoli soprattutto dalla tirannia britannica, che nel 1847 (anno che dà il titolo al film), contribuii con brutale vigore a rendere quell’anno uno tra i più neri della storia irlandese. Le vicende della pellicola diretta da Lance Daly sono focalizzate sull’inverno, il periodo più rigido, dove la drammaticità degli eventi tocca il suo apice. Stagione in cui fa il suo ritorno a Connemare il soldato Michael Feeney (James Frecheville). Il reduce, che si è fatto valere in difesa dell’esercito inglese, non vede l’ora di riabbracciare la sua famiglia. Ma a casa lo aspetta una brutta sorpresa. I suoi cari, la madre ed il fratello, sono periti in situazioni misere. E anche la moglie Ellie (Sarah Greene) ed i figli sono in condizioni disperate. Di lì a poco non avranno più un tetto sotto il quale proteggersi, in quanto cacciati dalla proprio baracca, moriranno assiderati senza alcuna pietà. Ora il sogno di Fenney, portare la sua famiglia in America alla ricerca di benessere, si infrange contro la Union Jack, che ha difeso con onore. In questo clima rabbioso, dove non solo la sua famiglia è scomparsa, ma anche tutto il suo popolo arranca gravemente (morirono un milione di irlandesi), Fenney impugna una violenta vendetta senza esclusione di colpi contro gli usurpatori inglesi. Ne nasce un revenge movie in salsa western, con luci ed ombre, che ha il pregio di sviscerare una storia mai raccontata. Black 47 è anche un viaggio nella coscienza di Hannah (Hugo Weaving), mutevole carnefice che riflette sull’importanza di chiamarsi uomo in difesa del giusto, nel suo significato più profondo.
 
Irlandese fino al midollo (in parte in lingua gaelica), il film del regista Lance Daly, presentato fuori concorso al Festival di Berlino 2018, ha nel suo DNA il coraggio di Braveheart e la sete di punizione del Giustiziere della notte. A parte la storia inedita, il resto è già tutto visto. Rimane comunque un discreto lavoro, che alterna fasi da film televisivo a momenti più dinamici (seconda parte) e indiscutibilmente più riusciti. Qui la regia esce dal proprio imbambolamento e regala una drammaticità più vera e genuina. Scene contraddistinte dalla ribellione, ritmate e dalla forte intensità che scuotono e ravvivano l’appeal verso il film, indirizzando così la drammaturgia in acque ad essa più famigliari. Anche il finale aperto, con una più ampia visione sulle intenzioni, riesce a conferire alla pellicola un inaspettato valore aggiunto. Peccato che in precedenza l’autore cada nella trappola manierista di mettere in vetrina la morte di Ellie con il figlioletto in braccio come se fosse la marmorea Pietà di Michelangelo. Sentiero virtuoso troppo fine a se stesso. 
 
Da segnalare un’ottima fotografia che esalta gli splendidi paesaggi irlandesi. Le luce desaturata si accomoda perfettamente anche al senso di povertà, che impera in tutto il film. Anche il casting è azzeccato. Il volto assente di James Frecheville e il suo ferreo mutismo conferiscono a Fenney l’appropriato grado di drammaticità. Rabbia e amarezza non potevano trovare miglior modo di esprimersi. Anche la trasformazione e la consapevolezza del cattivo Hannah, intensamente incarnate da Hugo Weaving, fanno fare un saltino di qualità al film.
Comparsate che lasciano un’impronta deboluccia sono quelle di due stimati attori come: Jim Broadbent e Stephen Rea.
 
In Black 47 la strada della giustizia era un sentiero sconnesso ed oscuro, l’unica via d’uscita si chiamava America.  
 
David Siena

3 Days in Quiberon

Domenica 25 Febbraio 2018 12:21 Pubblicato in Recensioni
Francia, Bretagna, 1981 ed esattamente Quiberon. Un nostalgico bianco e nero ci introduce nel film scritto e diretto dalla regista tedesca Emily Atef, che porta sullo schermo l’ultima amara intervista all’attrice Romy Schneider. In concorso alla Berlinale edizione 68, 3 days in Quiberon è un riflettore puntato sull’iconica principessa Sissi, vista attraverso lo sguardo di amici e di un giornalista detrattore. La bicromia usata mette in risalto i chiari scuri della donna, riagganciandosi fedelmente al reportage fotografico scattato in una spa durante la sua disintossicazione dall’alcol. Il book di foto fu realizzato da Robert Lebeck (Charly Hübner) e l’intervista “manipolata” fu opera del giornalista Stern Michael Jürgs (Robert Gwisdek). Nella lussuosa struttura era presente anche l’amica di sempre Hilde Fritsch (Birgit Minichmayr); una via di fuga per Romy, che con lei al suo fianco riuscì a limitare le sincere risposte, che invece si aspettava l’agguerrito reporter. In questi 3 giorni l’attrice ritrovò un po’ se stessa, ma i demoni che l’affliggevano la portarono, di lì a poco, verso una deriva di autodistruzione senza ritorno. Romy perse la vita un anno dopo gli avvenimenti descritti in questo film, nel Maggio del 1982, all’età di 44 anni. Tra le sue opere più memorabili, oltre ad essere la principessa per antonomasia, ricordiamo: L’enfer (1964), L’importante è amare (1975) e la Morte in diretta (1980).
 
Emily Atef confeziona un vero omaggio a Romy Schneider. La sua è un’opera delicata. Un ritratto intimo, lontano dai riflettori. Non si limita a mettere in scena lo sfavillio dell’attrice, ma evidenzia anche il tormento, la depressione e l’ansia che la affliggono. Lo fa con eleganza e garbo. Con la stessa sensibilità che contraddistingue la donna Schneider. Egregia la performance di Marie Baumer (Il falsario - Operazione Bernhard), che dà voce e corpo alla splendida Romy. La sua è un’interpretazione intensa ed allo stesso tempo raffinata.
 
Lo sguardo della regista gira intorno al carisma e allo splendore della protagonista. Ne mette in risalto il fascino in contrapposizione con il male che la sconfigge internamente. Tutte le inquadrature hanno un significato ben definito e non lasciano nulla al caso. Immortalate nella splendido contrasto tra i due colori del bene e del male.
Non ci sono particolari novità stilistiche. E anche se i cliché sono presenti nella narrazione, tanto quanto la grazia infinita dell’attrice austriaca, il film non perde mai mordente. La sua schietta linearità non è un difetto, ma anzi, è la maniera migliore per entrare nelle pieghe di un racconto breve ma intenso, che punta alla sincerità, tralasciando giustamente orpelli visionari e prese di posizione. Descrizione spietata di un dolore finito in tragedia di lì a poco, dove la bella muore per mano della bestia (interiore). Ingiustamente. Il ricordo è franco e leale. La regista restituisce ai noi osservatori una donna reale con un mezzo di finzione, dove quest’ultima falsità si spera possa non finire mai. L’immortalità della bellezza è descritta con amabilità e morbidezza.
 
David Siena
 

Al via il Fantafestival con Deodato, Soavi e Tovoli

Domenica 25 Novembre 2018 12:02 Pubblicato in News
Giunto alla XXXVIII edizione, torna il FANTAFESTIVAL con una nuova direzione artistica e aspetta il suo pubblico con l’ormai consolidata ricca selezione di film e cortometraggi indipendenti italiani e internazionali e tante novità: il primo fan film italiano dedicato alla saga cinematografica dei Ghostbusters, i nuovi film di Ruggero Deodato e di Luigi Cozzi, un documentario sul cinema di Michele Soavi, un film maledetto e molto altro ancora.
 
Il Fantafestival, in collaborazione con VIDEA, dedica un focus speciale a Suspiria di Dario Argento con la proiezione del restauro curato da Luciano Tovoli, già autore della cinematografia del film. Tovoli incontrerà il pubblico per presentare il lavoro di restauro e l'edizione in digipack distribuita da VIDEA.
 
Al via dal 5 al 9 dicembre la 38^ edizione del FANTAFESTIVAL (Mostra Internazionale del Film di Fantascienza e del Fantastico), che vede per la prima volta al timone della kermesse romana i due nuovi direttori artistici Marcello Rossi e Luca Ruocco, già da anni presenti nello staff organizzativo del festival, che stanno preparando per il pubblico un’edizione ricca di incontri, proiezioni in anteprima, eventi speciali e retrospettive.
 
Si comincia con un evento speciale che precede il festival vero e proprio: la sera del 30 ottobre presso il Multisala Barberini, il Fantafestival presenterà il nuovo film di Alberto Bogo: Terror Take Away, divertente commedia horror che mescola un’ironia sarcastica e a tratti demenziale con un’atmosfera da slasher movie. La proiezione romana del film, alla presenza del regista e dell’attrice Noemi Esposito, sarà un vero e proprio evento interattivo: durante la proiezione gli spettatori potranno infatti usufruire del kit Bogovision per vivere un’esperienza di realtà aumentata analogica e sentire gli odori delle scene clou.
 
L’1 e il 2 dicembre il Fantafestival si apre al Cinema Trevi con una retrospettiva dedicata al regista Alfonso Brescia, uno dei registi dimenticati nel panorama della produzione fantascientifica italiana che, seguendo la tradizione di tanti altri suoi colleghi dell’epoca, spesso si firmava con il nome straniero di Al Bradley. Brescia è stato attivo in quei magici anni ’70 in cui il cinema italiano di genere era all’apice della sua produzione, spaziando dal poliziottesco, all’erotico al genere avventuroso. Non poteva naturalmente mancare la fantascienza! Una vera saga sull’onda del successo di Guerre stellari con cinque film tutti proiettati in 35 mm: Anno zero - Guerra nello spazio, Battaglie negli spazi stellari, La guerra dei robot, Sette uomini d’oro nello spazio e La bestia nello spazio.
 
Il My Citiplex Savoy si riconferma casa della kermesse e si prepara a ospitare nei cinque giorni di Fantafestival un programma ricco di ospiti, proiezioni, presentazioni ed eventi.
 
Tanti gli incontri da non perdere! Luigi Cozzi (Star Crash - Scontri Stellari Oltre la Terza Dimensione, Paganini Horror) presenterà in anteprima italiana il suo ultimo film: I piccoli maghi di Oz, liberamente ispirato al romanzo “Il meraviglioso mago di Oz” di L. Frank Baum e interpretato da un gruppo di giovanissimi attori.
 
Un’altra proiezione da non perdere, organizzata in collaborazione con Nel Blu Studios, è Ballad in Blood, ultimo lungometraggio di Ruggero Deodato (Cannibal Holocaust, La casa sperduta nel parco), un violento thriller ispirato alla tristemente nota vicenda di cronaca nera dell’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia nel 2007.
 
Sempre Deodato sarà protagonista della presentazione del volume edito da Edizioni NPE contenente il trattamento inedito del sequel di Cannibal Holocaust, illustrato per l’occasione da Miguel Ángel Martín.
 
Claudio Lattanzi, regista di Killing Birds, presenterà in esclusiva il documentario Aquarius Visionarius, dedicato alla carriera cinematografica di Michele Soavi che Lattanzi ha avuto modo di seguire molto da vicino, essendo stato aiuto regista in due dei film cult di Soavi: La Chiesa e Deliria. Sempre in anteprima per il pubblico del Fantafestival, Lattanzi presenterà una clip esclusiva del suo ultimo lungometraggio ancora in lavorazione: l’horror Everybloody’s End, che vede nel cast Cinzia Monreale, Giovanni Lombardo Radice, Marina Loi e Veronica Urban.
 
Il XXXVIII Fantafestival vedrà anche il debutto romano del fan film del club Ghostbusters Italia: una produzione indipendente che per qualità della storia e degli effetti speciali ha ben poco da invidiare alla saga a cui si ispira.
 
 
Dopo il successo dello scorso anno, Andrea Marfori (Il bosco 1), torna ad essere orgoglioso protagonista delle proiezioni dedicate agli Z-Movies con il suo ultimo lavoro: Quest of Fear, horror di co-produzione italo-russa ambientato durante una notte di Halloween nella fredda Mosca. Una seduta spiritica organizzata per gioco si tramuta in un incubo senza fine, nel film di Marfori basato su fatti realmente accaduti, riportati all’interno di macabre leggende metropolitane moscovite.
 
Chi lo ha visto lo definisce “il film più letale mai realizzato” e sembra che, diversamente da tanti film che vantano una finta aura maledetta, Antrum abbia davvero al suo interno qualcosa di negativo e oscuro. Girato negli anni ’70 in California, il film ha avuto la sua unica proiezione pubblica nel 1988, a Budapest… una proiezione finita in tragedia, con il cinema distrutto da un incendio e numerose vittime. Nel corso degli anni ’80 altre morti misteriose hanno circondato il film, colpendo i pochi addetti ai lavori che lo avevano visto o che hanno tentato di programmarlo al cinema. Creduto distrutto per sempre, una copia del film è stata recuperata nel 2014 dai due registi Michael Laicini e David Amito, appassionati di cinema underground, i quali hanno deciso di riportarlo alla luce, confezionando un documentario di 15 minuti che accompagna il film. E per coloro che avranno il coraggio di guardarlo Antrum verrà proiettato per la prima volta in Italia al prossimo Fantafestival.
 
Partner ufficiale della XXXVIII edizione del Fantafestival è la casa editrice di fumetti Bugs Comics che, in collaborazione con la società P&Co, quest’anno ha prestato la matita e i pennelli di uno dei suoi autori di punta, Antonio Mlinaric, per la realizzazione della locandina ufficiale.
 
Il Fantafestival in collaborazione con VIDEA dedicherà una proiezione evento di Suspiria, in occasione dell’uscita digipack in edizione limitata. A presentare per la prima volta a Roma questa nuova versione da lui restaurata sarà Luciano Tovoli, autore della cinematografia di Suspiria che, oltre ad accompagnare il pubblico in questa nuova visione del capolavoro di Dario Argento, presenterà anche il libro-intervista Suspiria e dintorni, a cura di Piercesare Stagni e Valentina Valente, pubblicato da Edizioni Artdigiland. Lo stesso editore ha curato per VIDEA i contenuti extra presenti nel digipack

RIFF: vince il film We dell’olandese Rene Eller

Sabato 24 Novembre 2018 11:24 Pubblicato in News
Sono stati proclamati i vincitori della 17esima edizione del Rome Independent Film Festival che si è svolta dal 16 al 23 novembre al Nuovo Cinema Aquila al Pigneto. Sono state presentate oltre 25 anteprime mondiali e 10 anteprime europee, e oltre 90 opere in anteprima italiana.
 
Per la sezione Lungometraggi vince il film We dell’olandese Rene Eller, adattamento dell'omonimo e controverso romanzo "Wij" di Elvis Peeters che ha aperto il Festival, con la seguente motivazione: “per come è stato girato, montato e diretto coinvolgendo lo spettatore anche grazie al montaggio di Wouter Van Luijn nella storia, in modo tale che non riesci a smettere di guardarlo fino alla fine per capire i motivi che hanno spinto i personaggi così giovani a fare le scelte che determinano la storia del film.”
 
Durante un’estate come tante in un villaggio al confine tra Olanda e Belgio, otto adolescenti ribelli si dedicano a giochi sessuali gradualmente sempre più spinti. Le loro vite giocose scivolano progressivamente in un mondo oscuro e violento.
 
Una menzione speciale per l’interpretazione va a Alina Serban per il film Alone at my wedding di Marta Bergman, “per la capacità di trascinare lo spettatore con la forza e la potenza della sua interpretazione mai banale. In questo modo l'attrice trasmette le sue emozioni a tutti i livelli allo spettatore senza che ci si distragga dalla storia.” Alina Serban interpreta Pamela, una giovane rom diversa da tutte le altre nella sua comunità.
 
 
 
Una menzione speciale per la sceneggiatura va a Enrique Castro Rios per il film Decembers, “per la scrittura originale dello script, raccontando la stessa storia da tre ottiche diverse dei caratteri ben definiti”. Decembers ruota intorno all’invasione americana di Panama nel 1989 e alla riconciliazione tra i sopravvissuti un decennio dopo.
 
Da quest’anno il Premio per il Miglior Documentario Italiano e Internazionale è stato assegnato dalla giuria del pubblico.
 
Per la sezione Documentari italiani vincono ex aequo Amaranto di Emanuela Moroni e Manuela Cannone e The Fifth Sun di Cristiana Pecci e Matteo Maggi. Al centro di Amaranto le emergenze che la società contemporanea si trova ad affrontare a partire da cinque storie: l’ostetrica Verena Schmid, il maestro Franco Lorenzoni, la contadina ed esponente del bioregionalismo Etain Addey, la referente del cohousing San Giorgio Alida Nepa e la biologa e permacultrice Saviana Parodi. The Fifth Sun è un doc. sulla Wanderlust, quell’irresistibile desiderio di vagabondare, che per alcuni è una sindrome da ricercare nel gene DRD4, per altri il dono di chi è nato per esplorare. I registi decidono così di seguire Panu, un viaggiatore finlandese, in un road trip dalla Finlandia all’Australia alla rincorsa di un'eclissi totale di sole; a una settimana dalla fine, però, qualcosa va storto.
 
Sul fronte dei Documentari internazionali vince This is Love di John Alexander che racconta la vita dell’oscuro cantante soul Rudy Love autore misconosciuto di uno dei brani più suonati della storia della musica. Il doc mette a fuoco il potere che esercita, da decenni, su ascoltatori spesso inconsapevoli. La sua figura riemerge grazie alle testimonianze di George Clinton e Jay Z e molti altri che svelano un eroe non celebrato del soul.
 
Per la sezione Corti italiani vince come Miglior Cortometraggio Aleksia di Loris di Pasquale ispirato ad un caso di cronaca di violenza all'interno di una caserma dei Carabinieri.
 
Una menzione speciale va a Per sempre di Alessio Di Cosimo con la partecipazione di Lou Castel nei panni di un vecchio pittore che vive in solitudine nella sua piccola casa di fronte al mare con una routine mattutina che si spezza in un giorno speciale e importante per lui. Quel giorno ha un compito, come ogni anno, da sempre e per sempre la sua unica ragione di vita.
 
Per la sezione Corti internazionali vince In the name of the Strawberry the Chocolate and the Holy Spirit di Karla Lulić con protagonista un sacerdote devoto in un villaggio pieno di fanatici cristiani che una domenica, dopo la messa, ha voglia di un gelato e farà qualsiasi cosa per questo semplice piacere, anche a costo della propria fede.
 
Per la sezione dei Cortometraggi realizzati dagli studenti vince Croste di Polenta di Emanuele Bonomi ambientato nel Sud Tirolo del 1915: due amici vogliono disertare la chiamata alle armi dell’esercito Imperiale, ma il conflitto si avvicina sempre più e i due ragazzi dovranno affrontarne le conseguenze. Un racconto sull’innocenza perduta, tradizioni dimenticate, e scelte che cambiano la vita.
 
Infine per la sezione Corti di animazione vince Cat Noir di O'Neil Burgi che ha come protagonisti una lettera, un cuore spezzato, il rumore della pioggia, un gatto nero e un piano.
 
Per la sezione Sceneggiature di lungometraggio vince Tra le righe di Emanuela Mascherini, per la sezione Sceneggiature di cortometraggio Il gioco di Francesco Rizzo, per la sezione Soggetti Cinematografici Pensionat di Tania Innamorati.
 
Il RIFF - Rome Independent Film Festival, ideato e diretto da Fabrizio Ferrari, è realizzato con il contributo e il patrocinio della  Direzione Generale Cinema -  Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dell’ Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili della Regione Lazio. L'iniziativa è parte del programma di  Contemporaneamente Roma 2018 promosso e sostenuto da  Roma Capitale Assessorato  alla Crescita culturale e  in collaborazione con SIAE.