Fuoritraccia

Newsletter

Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Home » Full Screen » Visualizza articoli per tag: virna castiglioni
A+ R A-
Visualizza articoli per tag: virna castiglioni

L'ultima settimana di settembre

Domenica 15 Settembre 2024 18:20
Pietro Rinaldi è un ex scrittore di successo, un uomo solo che il giorno del suo compleanno, anche per prendersi beffa del destino, decide di togliersi la vita. I suoi nefasti piani, per fortuna, sono destinati a non trovare l'epilogo cercato. Già intorpidito dai sonniferi mischiati ad abbondante alcool viene destato dall'arrivo di alcuni poliziotti che gli notificano l'incidente stradale occorso a figlia e genero e che li ha uccisi sul colpo. Si ritrova, pertanto e suo malgrado, a dover prendere in carico l'unico nipote adolescente rimasto orfano. I rapporti fra i due sono sempre stati pressoché inesistenti tanto che il ragazzo non lo chiama neppure con l'appellativo affettuoso di nonno ma per nome, forse anche per rimarcare una certa distanza di sicurezza emotiva da quel parente estraneo. 
Pietro, diventato tristemente tutore del minore Mattia, finalmente inizia la vera conoscenza del nipote. Anche se la decisione finale sarà comunque quella di affidarlo alle cure dello zio paterno Marcello, resosi disponibile nell'immediato ad accoglierlo nella sua famiglia, da questo momento sarà tutto nuovo e diverso.  Il viaggio per raggiungere questo parente affidatario sarà per entrambi l'occasione per crescere, maturare, imparare a volersi bene come è naturale che sia fra un nonno e un nipote. Dopo questo viaggio niente sarà più come prima per entrambi. Pietro avrà imparato che la vita ha in serbo regali e gioie, che è in grado di dispensare favori fino all'ultimo respiro e che bisogna assecondare gli eventi anche quando di primo acchito ci sembrano solo forieri di dolore. Un film che parla di sentimenti genuini, di rapporto fra le generazioni, di momenti della vita diversi ma complici, la fase adolescenziale piena di dubbi e paure e quella senile che sembra essere solo un fastidio da scacciare ma che può dimostrarsi invece ricca e piena, ancora proficua per se stessi e chi ci gravita intorno.
 
Nell'interpretare questa coppia troviamo un duo attoriale che si dimostra affiatato e vincente fin dalle prime battute. Diego Abatantuono (Pietro) ci regala un ritratto di uomo apparentemente tutto d'un pezzo, burbero, poco incline a smancerie ma che riserva nel profondo un animo gentile e un cuore tenero. D'altro canto, contraltare perfetto, un giovane timido e ben educato, giudizioso e rispettoso delle figure di riferimento, viene interpretato con naturalezza da un bravo Biagio Venditti. Questo incontro di solitudini che sboccia in un legame sempre più solido ci fa riflettere sull'importanza di avere affianco qualcuno che, nella sofferenza, ci aiuti nel concreto e non solo a parole, di cui sono tutti fin troppo capaci, a non affondare nelle sabbie mobili del dispiacere. Il film è tratto dall'omonimo libro di Lorenzo Licalzi edito da Rizzoli e si rivolge con garbo ad una platea prevalentemente familiare. In questo gradevole road movie si riconosceranno sia i ragazzi che si affacciano alla vita adulta con i primi innamoramenti, le prime delusioni e la voglia di farcela come tutti a diventare autonomi e indipendenti e gli anziani alla fine della vita con un bagaglio di esperienze da condividere e con un animo predisposto ad insegnare come cavarsela in qualsiasi tranello della vita nella quale possa capitare di imbattersi.
 
Un film delicato, mai urlato o sopra le righe, credibile e generoso nel mostrare una storia triste che può essere il principio per un nuovo inizio. 
 
Un tema difficile da esplorare ma tradotto con la giusta dose di riservatezza e sensibilità. La morte di entrambi i genitori proietta con un triplo salto mortale senza rete nell'età adulta e senza avere mai tutti gli strumenti per affrontare un simile dolore, a maggior ragione se si è colpiti da questa sciagura in giovane età. Eppure, con un tono mai cupo, la regia di Gianni De Blasi, convincente alla sua prima prova registica in un lungometraggio, riesce a raccontare una storia di smarrimento infondendo, al contempo, fiducia e speranza. La presenza di qualcuno anche quando lo credevamo lontano o del quale ignoravamo totalmente l'esistenza può inaspettatamente tenerci la mano per condurci ad un nuovo approdo.
 
Virna Castiglioni

Bosco Grande

Martedì 17 Settembre 2024 18:29

L'obesità è una malattia che genera altre patologie. A cinquant'anni Salvatore Spatola detto "Sergione" è arrivato ad un punto di svolta o, per meglio dire, di non ritorno. Ha capito che per salvarsi deve prendere in mano la sua vita, fin troppo bistrattata, e direzionarla il più lontano possibile dal luogo nel quale l'ha condotta ma anche dal quale non l'ha mai definitivamente staccata. Scelte ma soprattutto non scelte lo hanno portato a raschiare il fondo del barile. L'ultima speranza da cogliere è una clinica specializzata in disturbi alimentari che possa aiutarlo nel processo di disintossicazione da quei comportamenti lesivi che lo hanno condotto sul ciglio di un baratro altissimo e nero. Il cibo è una dipendenza al pari di ogni altra sostanza, un bene rifugio che può diventare il male assoluto. La condotta alimentare guidata dalla voracità e dall'insaziabilità sta traghettando "Sergione" verso la morte certa.

Il film documentario prende per mano questo giovane uomo e lo segue nel suo desiderio di raggiungere una nuova vita, passo dopo passo, rinuncia dopo rinuncia. 

Un racconto corale popolato da tanti personaggi che fanno da corollario alla vita infelice di questo uomo sofferente provato dagli eccessi, che lotta contro se stesso per non soccombere. In una Palermo fatta di bellezze antiche e abusi recenti circondata da un mare limpido che è meta delle speranze umane anche per chi ha il destino più crudele e caino che si possa immaginare.

Sergio è il catalizzatore del quartiere nel quale è sempre vissuto, quel Bosco Grande che è tutto il suo piccolo asfittico mondo, un'anima buona a cui tutti vogliono bene e che cercano di aiutare in qualche modo, a loro modo, nella dura quotidianità fatta di quasi nulla.

Una corte dei miracoli che venera il suo "Dio" e tutto gli perdona e tutto gli concede anche se sa perfettamente di sbagliare registro.

"Sergione" sconta un rapporto complicato con il padre ormai defunto e la madre presenza ingombrante, legato ad entrambi da un legame viscerale e in lotta perenne per emanciparsi e riuscire a camminare finalmente senza più appoggi. Stampelle fisiche che gli servono per poter fare anche quei pochi passi quotidiani per uscire dal letto che è diventato il suo personale calvario ma soprattutto appigli psicologici che lo mantengono eterno bambino.

Una testimonianza vera e sincera di una solitudine che si fa spazio fino a fagocitare materialmente e metaforicamente tutto quello che ha intorno a sé. 

Il documentario è anche uno spaccato di una città che vive di forti contraddizioni, che è rimasta arcaica nei comportamenti, che vive prevalentemente in strada e nella strada trova i suoi codici di sopravvivenza fra tradizione e modernità.

Molto efficace la fotografia che, affilata come lama d'acciaio, restituisce il volto crudo di una tristezza ai margini, in uno spazio di naturale bellezza decadente.

 

Virna Castiglioni 

Paradise is burning

Giovedì 29 Agosto 2024 13:21
In “Paradise is burning” tre ragazzine sole si assumono compiti che sarebbero appannaggio degli adulti. La maggiore delle tre (Laura) fin troppo responsabile cerca in tutti i modi di supplire al vuoto che ha intorno come può e come pensa sia giusto fare per non far intervenire la spietata macchina dell’assistenza sociale che anche quando si muove con il solo scopo di fare del bene provoca sempre anche qualche danno collaterale.
 
La regista svedese si concentra molto sulle case. In primis quella delle tre protagoniste che è più una tana e un luogo dove rifugiarsi dall’esterno che è un posto ostile e dal quale sempre tenersi in guardia.
 
E’ interessante l’esplorazione che la sorella maggiore compie in abitazioni di estranei temporaneamente vuote dove è possibile assaporare l’intimità di un luogo che protegge, scherma, accudisce e non è solo fortino dove nascondersi per non venire braccati da chi è preposto al controllo ma con la sua azione può inevitabilmente anche compromettere quel barlume di normalità come la complicità e la vicinanza di tre sorelle costrette dalla vita a cavarsela senza genitori che sono assenti e non possono o non vogliono fare da guida ai figli che hanno messo al mondo.
 
Un altro elemento di riflessione che pone il film è l’età scelta per rappresentare le tre giovani. Laura Mira e Steffi hanno tre età di passaggio. Sono alla soglia di un varco che le vedrà abbandonare comportamenti tipici di una certa fase di crescita per abbracciarne altri più consoni ad un altro ciclo di vita. I sedici anni di Laura incarnano la voglia di libertà, il sentirsi grandi e anche responsabili per i fratelli più piccoli, investiti di potere sulle decisioni da adottare per chi ha meno anni di loro e sui quali vigilano senza potersi sottrarre per troppo tempo a questo ingrato e delicato compito. I dodici anni di Mira sono l’ultimo stadio dell’essere bambina con i capricci, la voglia sfrenata di prendere le prime decisioni in autonomia in bilico tra la voglia di giocare sempre e il desiderio di occuparsi di faccende adulte per sentirsi già grandi. Infine, la cucciola Steffi di soli sette anni, alla rincorsa delle due sorelle più grandi smaniosa di abbandonare i giochi infantili e confrontarsi con i coetanei in prove di forza e coraggio per dimostrare di essere più forte e più brava. Non è neppure casuale che la storia sia ambientata in estate, stagione per eccellenza priva di regole e dove tutto è possibile. Un tempo sospeso in attesa che qualcosa di nuovo si concretizzi. Un tempo mite prima che il freddo sopraggiunga.
 
Se il paradiso sta bruciando bisogna cercare di arrivarci in tempo per godere appieno delle meraviglie che contiene. Il film è una rincorsa a tutto quello che si può fare di proibito e di pericoloso in attesa che qualcosa avvenga.  Non sappiamo se questa libertà verrà arginata dall’intervento dell’autorità statale con un controllo che pende come una spada di Damocle sulle teste delle tre sorelle e potrebbe implicare un provvedimento drastico ma si ha la sensazione netta che si debba vivere tutto in fretta prima che lo scenario inevitabilmente cambi.
 
Le tre attrici che interpretano le tre sorelle sono affiatate e credibili in un ruolo complesso che le mette alla prova su vari aspetti continuamente. Alla prima prova registica Mika Gustafson si è aggiudicata meritatamente il premio Orizzonti alla ottantesima edizione del Festival di Venezia e si aspetta con trepidazione di venire ancora sorpresi dalla sua cinematografia così straripante di energia.  
 
Virna Castiglioni
 
 
 
 

Freemont

Giovedì 27 Giugno 2024 13:28
Donya è sola in nuovo Stato, quell’America che le ha concesso il visto per espatriare dall’Afghanistan grazie al suo lavoro di traduttrice prestato presso le sue basi militari.  
Fremont è il nome della località che ospita la comunità afghana in territorio californiano. Chiamata anche "Little Kabul" è un microcosmo chiuso che poco si integra con il resto del Paese. Donya, invece, esce da quell’angolo di mondo per recarsi tutti giorni al lavoro.
Fa l’operaia presso un’azienda cinese che produce e confeziona i celeberrimi biscotti della fortuna. Lega molto con una collega e cerca una soluzione ad un problema di insonnia che sta diventando sempre più serio prendendo il posto di un vicino con un appuntamento già fissato con uno psicoterapeuta.
Fremont è un film che già dall’uso sapiente del bianco e nero ci trasporta in un’altra dimensione. Lo fa con estremo garbo e delicatezza e ci impone più di una riflessione.  
A poco a poco conosciamo questa giovane donna così fragile ma nel contempo forte come l’acciaio e determinata a costruire una personale felicità senza necessariamente correre dietro ad una generica forma condivisa.
Si muove fra due mondi. Quello della comunità afghana che la guarda con sospetto per il suo lavoro prestato per l’esercito americano e la conseguente fuga dopo l’arrivo dei talebani ad occupare ancora la sua terra e quello della fabbrica.
Proprio qui ha un’occasione per dare una svolta al suo destino che sembra già segnato in modo indelebile compresso tra una vita solitaria e i turni lavorativi ripetitivi e monotoni. Invece la possibilità di diventare scrittrice di quei biglietti della fortuna che sono contenuti all’interno dei biscotti sarà il bivio che farà prendere alla sua giovane vita una piega del tutto inaspettata ma migliore di quello che si prefigurava.
Gli interpreti sono bravissimi a lavorare in sottrazione, a muoversi solo quanto basta, a calibrare ogni gesto e a parlare soprattutto attraverso gesti e sguardi. A farci capire cosa sta per succedere attraverso quello che osservano ma prevalentemente per come e quanto lo osservano. La regia è attenta a catturare attraverso primi piani intensi ogni minima espressione. Una costruzione perfetta di azioni e reazioni che ci conducono passo passo verso un nuovo inaspettato snodo narrativo per un finale aperto che racchiude in sé tutta la dolcezza della speranza.
 
Virna Castiglioni

Immaculate. La prescelta

Lunedì 22 Luglio 2024 13:35
Già dalla prima scena introduttiva il film fa precipitare lo spettatore in un pozzo oscuro dal quale è difficile vedere la luce. Siamo all’interno di un convento ma la presenza forte e pervasiva del maligno è evidente. Una giovane suora cerca di evadere dalla struttura ma il suo piano salvifico verrà frenato e si concluderà nel peggiore dei modi. Il regista Michael Mohan, già dalla prima sequenza, avverte lo spettatore che nulla è come sembra. Il demonio è sempre in agguato e si cela anche nei posti meno probabili. Anche in un luogo sacro e protetto come un convento il male è ben radicato e detta legge, agendo sotto mentite spoglie.
 
Cecilia, interpretata con estrema efficacia da Siydney Sweeney che fonde il suo viso angelico con un temperamento e una determinazione da bad girl è una giovane novizia che cerca la sua strada lontano dalla sua terra d’origine americana e mettendo anche una distanza siderale dal passato che le ha procurato dolore. Salvatasi da un incidente in tenera età, si autoconvince che il Signore le abbia risparmiato la vita perché ha in serbo per lei grandi cose. Quando, arrivata in Italia per prendere i voti, scopre di essere incinta e che tutti la reputano la predestinata che ha il gravoso compito di partorire di nuovo il Salvatore del mondo la sua visione verrà profondamente sconvolta facendole abbandonare quel desiderio di mettersi totalmente al servizio di un Dio che ha sempre ritenuto Buono e Giusto.
 
In realtà, nel convento da tempo si svolgono strani esperimenti per poter ingravidare le giovani donne che entrano nella comunità religiosa, attirate in modo subdolo e manipolare le loro scelte a favore della vita ad ogni costo. Se Cecilia è all’inizio spaventata  ma non ostile a questo disegno divino, grazie alla complicità con un’altra giovane consorella, piano piano aprirà i suoi grandi occhi celesti e prenderà coscienza di essere vittima di una mera manipolazione terrena che sfrutta il potere acquisito per soggiogare chi non ha strumenti per opporsi. Con tenacia e forza interiore cercherà di ribellarsi a quel piano diabolico che non ha nulla della grazia e della salvezza che dovrebbe essere connaturale alla volontà del divino. Dopo una lotta strenua sia sul piano fisico che mentale sarà di nuovo libera di decidere quale strada rappresenti il bene per se stessa e per gli altri.
 
Un film che indaga tematiche scottanti circa il potere delle donne di compiere scelte personali senza subire l’interferenza dall’alto che le vorrebbe strumento e mezzo per ottenere benefici più grandi sacrificando quelli personali, che pone l’accento su temi quali l’obbedienza cieca, il sacrificio, la penitenza, la colpa e il mettere in secondo piano la propria felicità e realizzazione privata in vista di una salvezza che coinvolga l’intero genere umano.
 
Un film che ha il giusto tasso di terrore senza strafare anche se in molte parti la deriva gore è ben evidente e non sempre necessaria. Un film che assesta in modo puntuale i colpi di scena e non fornisce mai l’impressione di non sapere dove andare a parare sebbene soprattutto nell’ultima parte si assista ad un epilogo che non ha un effetto sorprendente ma sembra quasi voler tranquillizzare, rimettendo le cose a posto, in una sorta di lieto fine un po' scontato.
 
Virna Castiglioni

Madame Luna

Lunedì 22 Luglio 2024 13:40
Il film indaga la vita di una giovane donna. Aguzzina e carceriera prima di giungere in Italia da clandestina. Si chiama Almaz e nella sua vita africana era conosciuta con l’appellativo di "Madame Luna". Trafficante di vite umane.  Almaz non è orgogliosa del suo passato ma nemmeno lo ripudia perché ha capito che in un mondo di sommersi e salvati bisogna essere capaci di sopravvivere facendosi rispettare. E’ lecito sfruttare le occasioni che si presentano cercando di trarre quel poco di buono sufficiente per non soccombere. La vita singola di questa giovane donna si confonde con quella di tante altre stipate in un centro di prima accoglienza. Un luogo che dovrebbe proteggere e aiutare ma assomiglia invece ad un carcere che però non ha nulla di edificante e di educativo. Un luogo infernale che ha il solo scopo di contenere un’umanità allo sbando che diventa cattiva e pericolosa per se stessa e per gli altri se lasciata per troppo tempo all’inattività senza prospettive né possibilità di coltivare il proprio sogno che li ha spinti ad abbandonare tutto.
 
Madame Luna alias Almaz ha una carta vincente da spendere a suo favore ed è la capacità di conoscere molte lingue che le consentono di capire le intenzioni degli italiani ma anche di mimetizzarsi, all’occorrenza, tra la folla di disperati senza correre inutili rischi. Lo smarrimento incontra presto la malvagità di chi non conosce remore e non si sa frenare nello sfruttare la condizione di inferiorità di chi è disposto a scappare dalla terra d’origine verso un ignoto che fa paura e non è sinonimo di sicurezza e affrancamento dalla condizione di prigionia. Una banda criminale gestisce all’insaputa dello Stato gli aiuti destinati agli immigrati e ne intercetta bisogni e debolezze per assoldare braccia che servono unicamente per i loro piani di ricchezza e potere. Nel fare questo si servono della mediazione di Almaz che cede al ricatto di una falsa possibilità di benessere. In questa giovane donna si concentrano gli sforzi per poter gestire meglio una situazione sempre sul punto di esplodere. Almaz non si sente in difetto perché gli altri ospiti del centro di accoglienza sarebbero sfruttati comunque. Il suo è solo un modo per rimanere a galla in un mare dove nuotano squali feroci. Una giovanissima ragazza di nome Eli la riconosce, minaccia di denunciarla alle autorità competenti ma poi viene attratta anche lei come una falena dalla possibilità di cambiare vita concedendo la sua innocenza in cambio di denaro che possa comprare una vita migliore. Eli ha dovuto lasciare in Libia un fratello che si trova sotto minaccia e per il quale le si chiede un riscatto in denaro. Denaro che è disposta ad ottenere a qualsiasi condizione. Sarà proprio la prospettiva di una perdita dell’innocenza per questa giovanissima che tanto le ricorda il suo passato a risvegliare in Almaz un istinto di protezione e a cercare di invertire la rotta. Non sarà lei ad essere ancora una volta spettatrice e complice di chi soggioga gli altri per il proprio tornaconto personale. Il film analizza un punto di vista diverso nel vasto argomento dell’immigrazione clandestina e dei risvolti criminali nei quali affonda ma non esprime giudizi, limitandosi a raccontare la storia di una donna come tante, che si nutre di speranza, si accontenta di quel che trova ma, ad un certo punto, si ribella anche sapendo che potrebbe uscirne sconfitta. Il film si avvale di un cast attoriale di grande levatura che imprime alla storia una profonda umanità e trasmette allo spettatore un celeidoscopio emozionante.
 
La fotografia sa trasferire con efficacia sia i rari momenti di pace e di inusitata bellezza anche nel dolore più feroce sia i momenti cupi, tetri e infernali con tutta la drammaticità che gli sono propri.
 
Un film che ha uno sguardo di pietas anche per coloro che si sono macchiati di crimini efferati perché in alcune circostanze il confine tra giusto e sbagliato, buono e cattivo, bene e male è così labile e incerto che non si è in grado di tracciare confini netti e ogni giudizio morale è inficiato dalle circostanze che rendono fallace ogni presa di posizione troppo netta.
 
Virna Castiglioni

Limonov

Giovedì 05 Settembre 2024 13:45
Si sale su una giostra che gira sempre più velocemente e ci mostra la vita, gli amori, le passioni di un uomo che ha vissuto con l’intensità massima il suo tempo, ha cercato di trovare una strada per il successo e si è sempre schierato contro i poteri forti perché ha intuito che andare contro corrente lo avrebbe si esposto ma lo avrebbe anche reso più interessante come personaggio di cui parlare e occuparsi.
 
Russo contrario al regime, homeless in America e critico feroce della società dei consumi. Poeta, lavoratore umile ma anche servo del potere quando questo può aprirgli delle porte.
Folle, sconsiderato, incline a gesti eclatanti, narciso, egoriferito, edonista, amante e compagno di dissolutezze. Limonov, nome d'arte di Eduard Veniaminovič Savenko, è tutto e il contrario di tutto.
La regia è anch’essa ondivaga come un saltimbanco e passa da una quinta all’altra in modo repentino. Dilata, comprime, accelera, rallenta, fa prendere fiato allo spettatore prima di ricominciare a correre ancora a perdifiato. Un tourbillon di immagini, di quadri colorati, pieni fino a scoppiare, un po' verità e un pò fantasia, un personaggio reale vestito a festa per essere mitizzato, reso icona al pari di una rock star che detta mode e stili di vita.
 
Il film ha un’estensione che sfida anche il cinefilo più incallito. Più di due ore dense fino a scoppiare che lasciano comunque qualcosa di incompiuto, di sottinteso, di solo accennato.
 
Il racconto procede per salti temporali e si intreccia alla storia della Russia e dell’America, le due superpotenze che da sempre hanno il potere di determinare gli equilibri dell’intero globo terracqueo. Alla fine della visione si emerge spossati come da una lunga apnea e si rimane storditi per tanta e ottima rappresentazione. Si rimane sopraffatti dal dubbio che sia stato tutto troppo enfatizzato, tutto troppo romanzato (il film trae spunto del testo di Emanuelle Carrere), tutto troppo eccessivo e si è pungolati dalla voglia di approfondire le vicende umane che hanno segnato la vita di questo uomo così poliedrico e sfaccettato, così sfuggente e ricco di sfumature, così vitale ed energico, così folle e scriteriato, così anticonformista e sprezzante dei pericoli cui andava incontro con la sua condotta spregiudicata, talmente tanto contro il sistema da esser in molte occasioni fin troppo allineato. Un biopic interessante che colpisce lo spettatore per la sua irruenza, per la sua strabordante materia, per la messa in scena sopra le righe. Vincente l’idea di dividere i racconto in capitoli e di inserire nella visione molteplici elementi grafici.
 
Un plauso meritato agli interpreti che rendono credibile la narrazione e ammaliano con la giusta dose di fascino e maledizione che incarnano. Un film che sdogana e rende noto un personaggio che non è di pubblico dominio ma che merita un ricordo e un approfondimento.
 
 
Virna Castiglioni

Deadpool & Wolverine

Mercoledì 24 Luglio 2024 13:49
Per vedere questo nuovo attesissimo cinecomic non è necessario conoscere tutto il pregresso dell’MCU e siamo grati al regista che confeziona per il suo pubblico un film che punta tutto sull’intrattenimento miscelando con grande meticolosità battute, linguaggio forte, e immagini molto esplicite. Conoscere invece la genesi produttiva che ha consentito questa colossale produzione può invece essere d’aiuto per capire anche l’unione di due personaggi che non si erano mai incontrati prima. Il film è diventato possibile nel 2019 quando con un’operazione commerciale di ampio respiro, Disney ha comprato 20th Century Studios e tutto il loro catalogo. In questo menu erano presenti anche i diritti di una parte del mondo Marvel che fino a quel momento era appannaggio della concorrente Fox ovvero la saga degli X- Men e proprio i due protagonisti Deadpool e Wolverine.
 
Ecco che il matrimonio poteva finalmente celebrarsi e anche durare per semprec con buona pace di tutti. Basato sui personaggi di Deadpool e Wolverine di Marvel Comics, è il 34º film del Marvel Cinematic Universe, nonché sequel del film Deadpool 2, appartenente alla serie di film X-Men.
 
Disney non edulcora niente e nessuno, non passa al setaccio del politicamente corretto nessun frame e si dichiara pronta a soddisfare le esigenze di un pubblico di soli adulti lasciando che la pellicola strabordi di passaggi censurabili e che il film sia classificato Rated R in America e destinato esclusivamente ad un pubblico over 18.
 
Deadpool e Wolverine insieme assicurano divertimento e, giocando con la violenza, inscenano combattimenti che sono veri e propri balletti coreografati a tempo di musica pop dove i movimenti sono passi di danza in perfetto sincrono con la hit del momento o con pezzi cult che hanno fatto la storia della musica.
 
La trama parte da un rifiuto. Dopo aver fallito il colloquio per diventare un Avenger Wade Wilson (Ryan Reynolds) svolge un lavoro comune. Anche un super eroe può accettare un lavoro normale anche sé è chiaro che la propria natura non può essere soffocata a lungo altrimenti il rischio è quello di morire dentro ogni giorno. Quando un alto funzionario della Time Variance Authority (o TVA), organizzazione che si occupa di monitorare le varie linee temporali, lo intercetta tutto cambia ed è destinato a riportare in vita il vero eroe. Se però accetta la missione assegnatagli dovrà rinunciare per sempre al suo mondo. La gloria al posto della famiglia non può essere mai un obiettivo valido e auspicabile.  Wade rifiuta categoricamente e decide così di indossare ancora una volta il costume rosso e attillato di Deadpool per salvare tutto il suo mondo. Per portare a termine questo arduo compito, dovrà convincere una versione di  Wolverine (Hugh Jackman) a unirsi a lui con le buone e non. Insieme faranno scintille e non ce ne sarà per nessun’altro. Catalizzatori della scena anche se molto affollata. Accanto a loro si muovono tantissimi personaggi del passato, ognuno pronto a farsi ricordare e a lasciare il segno per non farsi dimenticare. Una chiamata alle armi alla quale non vuole mancare proprio nessuno.
 
Questo a grandi linee il contorno in cui si muovono i due personaggi principali ma ben più della trama quello che rende originale e spassosa questa coppia cinematografica sono i battibecchi, gli alterchi, la visione del mondo differente, il modo di usare i propri poteri, la motivazione che li spinge a combattere. Si muovono sulla scena circondati, quasi accerchiati da una miriade di personaggi che sono la summa di quello che è stato inventato e prodotto fino a questo momento. A volte tutti questi comprimari sembra che debbano esserci per forza e si crei appositamente un pretesto, uno qualsiasi, perché appaiano sulla scena e dicano almeno una battuta o compiano almeno un’azione. Un cast nutrito che non sempre è funzionale a rendere l’azione migliore. Tanti, troppi camei, che alla lunga appesantiscono e non apportano nulla di originale.
 
Nel complesso un film che riabilita un po' il genere che sembrava essersi indebolito se non proprio estinto e fa sperare in nuove avventure ad alto tasso di cattiveria sempre elargita a fin di bene.
 
Virna Castiglioni

Il robot selvaggio

Domenica 22 Settembre 2024 13:55
Il robot selvaggio è un concentrato di simpatia, di tenerezza, di buoni sentimenti, di valori profondi e intrattiene con garbo ed eleganza sia i bambini che gli adulti. La storia è coinvolgente e già dalle prime scene siamo incuriositi da questo umanoide che è stato catapultato, per errore, su un’isola popolata solo da animali che si danno la caccia in una lotta continua fra predatori e prede, ciascuno carnefice del più debole ma anche vittima del più forte. Spaesato e incerto sul da farsi ma mosso solo da buone intenzioni viene aggredito da un orso che lo fa precipitare da un dirupo. Nella caduta, involontariamente, schiaccia un nido di oche selvatiche uccidendo i genitori di un futuro pulcino ancora chiuso e protetto dal suo guscio. Appena aperti gli occhi questo tenero pennuto scambia il robot Rozzum unità 7134  (per gli amici Roz) per la sua mamma e ci si affeziona. Per tutti gli altri animali dell’isola Roz è soltanto la “cosa”, un intruso che ha disturbato il loro habitat, un estraneo che con le leggi del bosco non ha nessun legame, un nemico che va combattuto e allontanato. Roz, nonostante la fredda accoglienza e l’aperta ostilità non si abbatte e messosi in modalità apprendimento, dopo aver studiato e con l’aiuto di una volpe, si butta a capofitto per portare a termine con successo quello che crede debba essere la sua missione terrena. Far mangiare, far nuotare e poi far volare “beccolustro” il suo figlio acquisito affinché cresca e possa migrare insieme ai suoi simili. Beccolustro ha le ali piccole che sembrerebbero essere inadatte ad una transvolata oceanica. Invece, l’amore, la dedizione, la cura, la protezione e l’accudimento costanti faranno il miracolo. L’idea vincente della storia tradotta in modo eccellente in immagini dopo che il libro dal quale è tratta ha fatto innamorare milioni di lettori è la volontà ferrea del robot di trovare colui che lo possa programmare per rendere la sua vita utile e importante. Solitamente sono gli umani ad assegnargli compiti, a fornirgli istruzioni e a pretendere poi l’esecuzione perfetta nei tempi previsti non ammettendo errori. In questo caso saranno invece gli animali a dare un senso alla sua esistenza. Roz imparerà ad interagire con qualcuno che è diverso da chi si aspetta. Altro tema fondamentale è la fiducia. L’oca cresce e diventa autonoma perché si affida a qualcuno e nello stesso modo gli animali riusciranno a convivere smettendo di sentirsi perennemente nemici. Le oche che sono nell’immaginario collettivo ritenute prive di spiccata intelligenza sanno invece che l’unione fa la forza proprio come gli abitanti dell’isola scopriranno che collaborare e smettere di farsi la guerra porterà prosperità e pace per tutti. Essere gentili gli uni verso gli altri presuppone armonia per tutti e benessere per l’intero mondo. Serve impegnarsi giorno dopo giorno ma i risultati saranno sorprendenti.  Il film ha un ritmo cadenzato, non annoia mai, coinvolge alternando con sapienza sequenze più dinamiche di pura azione ad altre più intime e raccolte. Il film è costellato di gag esilaranti che fanno ridere di gusto, intervallate da scene dolcissime dove è quasi impossibile trattenere la lacrima. Sanders riesce a dosare con precisione millimetrica azione, suspence, riflessione e tenerezza. Il tutto risulta molto bilanciato senza avere parti pleonastiche e ripetitive.
 
Con estrema naturalezza si arriva ad un finale emozionante che concilia e rallegra congedando lo spettatore con una rassicurante morale. Un film di animazione realizzato con cura, che si avvale di disegni dipinti che non inseguono mai l’iper realismo, che incanta e sorprende per la semplicità e l’universalità dei messaggi veicolati.
 
Virna Castiglioni

Cattivissimo Me 4

Giovedì 22 Agosto 2024 14:03

Cattivissimo me 4 arriva in sala a distanza di 7 anni dal precedente e risulta poco incisivo e molto poco trasversale a livello di target al quale si rivolge. Si consolida un film pensato e realizzato quasi esclusivamente a misura di bambino tarpando le ali ad ogni idea narrativa più adatta e capace di coinvolgere una platea più ampia. I personaggi principali sono circondati dai soliti Minions che diventano, a questo punto della narrazione, un pò invadenti e pervasivi proprio perchè si percepisce forzata la loro presenza costante. In questo nuovo sequel entrano in scena per la prima volta anche dei Superminions o Megaminions che fanno un pò il verso a personaggi dei fumetti più noti tra i quali non è difficile riconoscere "Superman" "La cosa" dei fantastici 4 e "Ciclope" degli X-Men. Compaiono sempre come figure parallele ma incidono moltissimo nell'andamento della storia. Gru che ha sempre la voce di Max Giusti (ed è un bene) è diventato nuovamente padre dopo esserlo voluto essere per le tre orfanelle (Margo, Edith e Agnes) di cui si è preso cura insieme a Lucy. Questo ultimo erede darà del filo da torcere e non sarà semplice instaurare un rapporto filiale disteso fin dall'inizio. A latere della situazione familiare Gru è alle prese anche con un problema professionale che arriva dal passato. Il villain Maxime Le mal (doppiato da uno strepitoso Stefano Accorsi che regala al personaggio una voce originale ed efficace) lo costringerà a fare ricorso al programma protezione della lega anti cattivi per proteggere la famiglia e a trasferirsi, abitando sotto copertura e acquisendo nuova identità, per non farsi trovare. Il film è un concentrato di situazioni che indubbiamente strappano risate, un susseguirsi di gag che però hanno corto respiro seppur sono funzionanti se rapportati allo stupore che possono suscitare nei più piccoli spettatori.  La trama scarna e dallo sviluppo alquanto superficiale insieme all'assenza di tematiche di spessore non fanno brillare questo nuovo capitolo dell'animazione. Si lascia forse un pò troppo comodamente che il racconto si adagi su un binario lineare senza provare a farlo deviare in modo da renderlo più interessante soprattutto per l'occhio adulto. La mission di Illumination è ancora una volta incentrata totalmente sull'intrattenimento dei più piccoli che sono sicuramente rapiti da scenette facili da seguire ma che sono sovraccariche di ripetitività. il film è, tutto sommato, una esplosione di situazioni divertenti dove la risata viene procurata senza troppi sforzi. Un prodotto senza infamia e senza lode che avrebbe bisogno di una sferzata di freschezza o rischia di diventare copia di se stesso senza aggiungere niente di sorprendente.

 

Virna Castiglioni 

Pagina 5 di 5