La paura è la risposta più immediata ad una situazione di pericolo e dolore. Essa è infatti in grado di generare una proiezione di minaccia esistenziale, che trascina l’individuo in differenti gradi di intensità. A seconda della sua intensità, la paura può dare vita a traumi indelebili, eccessi di stress che equivalgono a rotture con il normale bioritmo di ogni essere umano. Tutti hanno paura di qualcosa, alcuni temono entità extraumane e intangibili, altri serial killer o eventi disastrosi. Tuttavia nessuno può sfuggire alle proprie paure, poiché il comune senso di paura è un concetto universale, il più democratico, che accomuna grandi e piccini. Era il 1986 quando fu pubblicato It, tra i romanzi più influenti e terrificanti della letteratura horror, scritto da Stephen King maestro del brivido e del conturbante. Il romanzo ebbe da subito grande successo, terrorizzando un’intera generazione di lettori e continuando ancora oggi a spaventare una vasta fetta di pubblico. La figura di Pennywise raccapricciante veicolo di terrore, diviene oggetto di simbolismi nel cinema e nella letteratura, reinventando completamente la stereotipata immagine del clown nell’immaginario collettivo. It divora ferocemente bambini, egli vive pertanto grazie alle loro paure, le quali lo rendono invincibile.
Nel 1990 Tommy Lee Wallace dirige la prima forma di adattamento su schermo del romanzo di King, It diventa così una miniserie televisiva con protagonista il carismatico Tim Curry nei panni dell’agghiacciante pagliaccio. Un esperimento evidentemente riuscito a metà, indebolito dalla lunghezza temporale e da un ritmo dilatato, ma che possiede, ora come allora, un aspetto inquietante, capace di disturbare, alimentato da un’intensa interpretazione di Curry. A circa ventisette anni di distanza è Andy Muschietti, regista di La Madre, a portare per la prima volta su grande schermo il celebre best seller di King. La scelta è rischiosa data la vastità della storia, e la complessità di un personaggio così particolare e inquietante come quello di Pennywise, pertanto quello che uscirà nelle sale il prossimo 19 ottobre sarà soltanto la prima parte della vicenda.
Questo primo capitolo racconta di sette giovani emarginati di Derry( Maine), che si autodefiniscono Perdenti, ognuno di loro vittima di bullismo. I ragazzi vedranno ben presto materializzarsi le proprie paure sotto forma di un antico predatore di innocenti, di nome Pennywise. Un’entità che emerge dalle fognature della città ogni 27 anni per cibarsi delle paure delle sue prede. Soltanto uniti I Perdenti potranno combattere una forza così malvagia e insaziabile quale quella di It, per poi sconfiggerla. Muschietti dirige un film godibile, ben fatto e completo sotto svariati punti di vista, quali storia, profilo dei ragazzi e sense of humour. Si tratta infatti di un lavoro accattivante, che ha la capacità di combinare brevi momenti di tensione a sequenze più divertenti e leggere, molto vicine a drammi d’avventura come Stand By me . Un esperimento che si lascia guardare senza alcuna difficoltà, risultando piacevole e stimolante, ma che cela delle debolezze evidenti. Purtroppo a risultare poco convincente è proprio Pennywise, perno della storia e da sempre simbolo di terrore. Nel film, il clown non assolve pienamente alla funzione disturbante alla quale è originariamente destinato. Manca molto l’atmosfera cupa e impressionante propria del Pennywise di Curry, protagonista di un film ingenuo e acerbo, ma forse più conturbante.
E’ giusto e comprensibile che un horror alterni momenti di terrore a sequenze più leggere, purchè queste ultime non travalichino un confine ben preciso, al di là del quale l’horror cede il passo al divertissement.
Giada Farrace