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Home » Recensioni » Les Eclats (Ma gaeule, ma revolte, mon nom)
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22 Ott

Les Eclats (Ma gaeule, ma revolte, mon nom)

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Les Eclats, le schegge, i frammenti. Perchè questa è la struttura dell'opera che si andrà a vedere. Perchè a mio avviso non si tratta di un film, e tanto meno di un documentario o di un reportage. Il regista francese Sylvan George ho confezionato un'opera audio/video che necessita di una certa sensibilità per essere apprezzata e capita.

Come alcuni pezzi di musica classica, come certi quadri astratti, anche questo montaggio di più di un'ora avrebbe bisogno di una spiegazione a lato per essere compresa del tutto. Altrimenti le libere interpretazioni personali potrebbero leggere e forse stravolgere il senso di quel che c'è stato mostrato. Ovvero una sequenza di immagini molto contrastate in bianco e nero (c'è un'unica immagine a colori, un tramonto rosso acceso riflesso nell'acqua), con scelte ben definite di montaggio, con rallenty, accelerazioni, ripetizioni e sfumature a nero. Il tutto accompagnato da un free jazz/blues duro, che strizza l'occhio al bebop.

La storia, mi correggo, le storie narrate non esistono. O meglio, come premette il titolo, vengono solo accennate, cercando un impasto totale che dimostri un filo comune nelle vite di molti verso un unico destino. Ci troviamo a Calais, Francia del Nord, città famosa per il forte numero di imigranti diretti verso l'Inghilterra. Qui George testimonia l'esistenza di questi imigrati, a suo dire senza porre filtri o visioni predefinite. Senza quindi mostrare l'imigrato con pietà o additandolo in alcun modo.

Vediamo dove si ritrovano, ascoltiamo la loro visione del mondo, della politica, della vita e della morte. Bhe, a dire il vero i momenti in cui sentiamo parlare queste persone sono relativamente pochi. Molto più lunghi sono i silenzi. Le immagini mostrano dove dormono. Come sopravvivono. Mostrano la polizia, il nemico, i tribunali, i medici.

In tutto questo non voler dire, non voler fare politica, non voler esporsi e fare un'opera nuova e artistica, in tutto questo trovo personalmente i limiti del documentario, che non solo si schiera chiaramente, ma non porta niente di nuovo. Quel che ci viene proposto è quel che siamo sempre più abituati a vedere, purtroppo, ogni giorno con i nostri occhi. E non è una questione di razzismo, è la verità. Barboni, campi rom, polizia che ferma gli irregolari, basta farsi un giro per strada in una città qualunque con più di 5mila abitanti (forse anche meno) per assistere allo stesso spettacolo. Certo, non sarà in bianco e nero o accompagnato da musica jazz, ma poco cambia. E informa in ugual maniera, ovvero, per niente. Non vengono fornite spiegazioni, non vengono interrogate le controparti. È vero, non vengono mostrate lacrime, ma la condizione miserabile è sotto il nostro naso e ci fa sentire a disagio lo stesso. Soprattutto per il non poter cambiare la situazione.

Vincitore del Torino Film Festival come miglior documentario internazionale, “les eclats” non è un film per tutti. Probabilmente è adatto al pubblico di Report o di Annozero, è un film per tutte le persone che preferiscono allibirsi davanti allo schermo senza accorgersi che lo stesso marcio accade a pochi metri da loro, ma ci convivono girando la testa altrove. È adatto al pubblico da festival, che ha l'animo poetico e sensibile per cui non serve una storia con capo e coda, bastano dei primi piani intensi, molto silenzio, il mare all'orizzonte e la nostalgia delle utopie. E' un film per chi ama parlare invece che fare concretamente. E' un film per chi ha ancora il coraggio di indignarsi.

Alessandro Zorzetto

 

  • Regia: Sylvan George
  • Paese: Francia, 2011
  • Genere: Documentario
  • Durata: 84'
  • Cast:
  • Valutazione: 1
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