Secondo Harry Commoner esistono quattro leggi fondamentali dell’ecologia: ogni cosa è connessa con qualsiasi altra; ogni cosa deve finire da qualche parte; la natura è l'unica a sapere il fatto suo; non si distribuiscono pasti gratuiti (c’est a dire: le risorse sono limitate pertanto gli sprechi vanno contenuti).
Il documentario di Gianfranco Pannone – maestro del genere - costruisce un racconto della realtà del territorio pontino scandita dall’allusione alle massime del biologo statunitense , restituendoci il dibattito intorno al nucleare italiano dalla prospettiva locale di Borgo Sabotino, nei pressi di Latina. In questo luogo, meglio conosciuto come la “palude redenta” da Mussolini, nel 1963 venne costruita, su progetto inglese, la centrale nucleare più grande d’Europa, riscuotendo grande entusiasmo presso gran parte della popolazione locale. Il resto è la storia del nucleare nel nostro paese: nell’87 un referendum popolare sancisce la chiusura delle 4 centrali atomiche nazionali allora attive;fra il 2010 e il 2011 il dibattito viene riaperto dalla decisione di Silvio Berlusconi di attivare un nuovo piano nucleare in collaborazione con la Francia, poi l’incidente di Fukushima spenge le spinte nucleariste, fino all’ultimo referendum del 2011 che sancisce per la seconda volta l’abbandono del nucleare.
Pannone, che a metà degli anni ‘80 era un’ambientalista entusiasta già affamato di immagini che documentassero la realtà sociale italiana, riprende il materiale dell’epoca e lo ingloba nella sua intima, in quanto partecipata, ricostruzione della storia del nucleare nell’Agro Pontino, partendo dai residui, le scorie appunto, che a distanza di anni lasciano ancora la scia della loro virulenza. Infatti, se con l’ultimo referendum il nucleare è stato abbandonato, la storia che da quel 1963 arriva fino ai giorni nostri ci ha lasciato un’eredità molto pesante: 2 reattori atomici, un deposito di scarti nucleari, la seconda discarica di rifiuti del Lazio, il polo chimico farmaceutico di Aprilia con i suoi liquami e, a completare il quadro, l’infiltrazione sempre più ramificata della ‘ndrangheta e della camorra. A dimostrazione che le scorie, radioattive e non, sono difficili da smaltire, restano scorie in libertà.
Il diario intimo di Pannone si colora delle testimonianza di quanti hanno accompagnato il suo percorso: dall’amico ambientalista al fratello politicamente impegnato,da un fisico fuori dal coro allo zio contadino. Fanno da collante le interviste agli abitanti del borgo,divisi fra benevolenti, critici, preoccupati e fra quanti ammettono di essere state vittime consenzienti di ciò che stava realizzando lo stato sul proprio territorio.
Il dubbio che instilla il regista in chiusura aggiunge ulteriore materiale alla vicenda del nucleare in Italia: è verosimile che parte dei paladini della natura impegnati nel referendum del 1987 siano stati usati da chi (leggi gli Stati Uniti) non voleva che l’Italia diventasse una piccola potenza nucleare o che rivendesse la propria tecnologia nucleare agli stati canaglia? È davvero fantascienza pensare che nel territorio pontino si sia consumato un affare internazionale?
Il microcosmo di Latina si insinua in questo modo in una questione più grande, quella dell’autonomia energetica italiana, dai contorni ancora poco indagati. Pannone si limita ad abbozzarli con l’incapacità di fornire risposte certe ma con la solidità di chi sente che fare cinema civile è prima di tutto un atto politico.
Il racconto asciutto e i blocchi tematici e cronologici di cui è costituito lo sorreggono in questa ricerca di realtà, sempre attenta a non sconfinare nell’indignazione estrema ma a riportare i fatti con chiarezza e precisione. La telecamera lo segue in questo percorso nitido che riecheggia l’affermazione di Roberto Rossellini nel corso di un vecchio dibattito sul cinema verità: “Non esiste una tecnica per cogliere la verità, esiste una questione morale”.
Elisa Fiorucci