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L’interessante tributo di Pierfrancesco Campanella al regista de La grande abbuffata è ora disponibile nel catalogo Amazon Prime Video
 
Continua la chiusura delle sale cinematografiche, causa restrizioni da Covid 19. Ma non si ferma l’offerta cinematografica grazie alle piattaforme digitali. Facendo “di necessità virtù”, il pubblico si sta ormai abituando a fruire del prodotto audiovisivo mediante le nuove tecnologie. E registi, produttori e distributori si adeguano. Non sfugge alla regola I love… Marco Ferreri, il docufilm ideato e diretto da Pierfrancesco Campanella, speciale omaggio al grande cineasta milanese, ormai scomparso da molti anni. L’opera di Pierfrancesco, che ha fatto registrare ottimi consensi da parte della critica, dopo essere stata inserita con successo tra le offerte CG Digital (www.cgentertainment.it), e in attesa di approdare in streaming su Chili TV, è da qualche giorno visionabile su Amazon Prime Video.
 
 
Da sottolineare che I love… Marco Ferreri non è il solito documentario didascalico intriso di stagnante retorica, bensì un lavoro originalissimo, che tratta la materia ferreriana attraverso una storia a sé stante, in chiave molto particolare, tra il noir e il surreale. Uno stile che ben si sposa con quello ironico-grottesco di Marco Ferreri, certamente uno degli autori cinematografici più caustici e graffianti. Purtroppo, proprio perché ritenuto artista eccessivamente “disturbante”, Ferreri è stato in breve tempo rimosso dall’immaginario collettivo e dal “sistema” della cosiddetta “intellighenzia”.
Solo recentemente è stato in qualche modo riscoperto dal pubblico, grazie alla meritoria iniziativa della coraggiosa  CG Entertainment che sta ripubblicando in dvd le sue opere più significative, come Dillinger è morto e La donna scimmia.
I love… Marco Ferreri si avvale anche delle preziose testimonianze di autorevoli addetti ai lavori, dall’operatore culturale Franco Mariotti al critico Orio Caldiron, al docente di Cinema Fabio Melelli, fino allo scrittore Emanuele Pecoraro e il pittore Mario D’Imperio; senza contare il fondamentale apporto degli attori Michele Placido e Piera Degli Esposti.
Lo script, oltre che dallo stesso Campanella, è firmato da Lorenzo De Luca, eccellente sceneggiatore noto per i suoi film di genere horror, oltre che per aver collaborato ai copioni dei cinepanettoni di maggior successo dell’accoppiata Boldi-De Sica. La fotografia di I love… Marco Ferreri è curata da Lorenzo Vecchio, mentre la supervisione artistica è di Laura Camia. Il personaggio filo conduttore è impersonato da Fabrizio Rampelli, con la voce narrante di Ermanno Ribaudo. Produzione e distribuzione Cinedea srl.
 
È Iniziato il percorso festivaliero di My Favorite Things, diretto da Daniele Tullio.
 
Con otto mesi di lavorazione e riprese effettuate durante il periodo del lockdown dovuto all’emergenza sanitaria da Covid-19, My Favorite Things ha l’obiettivo di raccontare le condizioni di vita durante la quarantena di chi l’arte la esercita come professione, e che ha quindi visto fermare ogni forma di attività in campo artistico e culturale e, di conseguenza, il proprio lavoro. Il documentario narra la capacità di reagire, le difficoltà, le speranze, i desideri di persone che non si rassegnano. Donne e uomini, artisti comuni, speciali a proprio modo. 
 
 
Realizzato con riprese in parte dal vivo e in parte a distanza attraverso il contributo della prima Web-serie girata ai tempi del Coronavirus, The ZoomRoom, scritta e diretta da Ettore Belmondo, My Favorite Things racconta la pandemia attraverso smartphone, videocamere, strumenti di registrazione video improvvisati. 
 
My Favorite Things, inoltre, è stato supportato per la produzione esecutiva e la registrazione sonora dall’associazione La Voce in Maschera, nell’intento di documentare il realismo esecutivo ridotto all'essenzialità nella sua originalità acustica. Infatti, la sfida dello staff audio è stata quella di valorizzare l'ambiente performativo en pleine air, supportando una post-produzione audio che potesse rispettare il più possibile il “documento storico”.
 
“My favorite things è un documentario intimo e universale al tempo stesso, un racconto in cui sia gli artisti che il popolo possono rispecchiarsi. L’Hastag #iorestoacasa non ha movimentato solamente i professionisti del settore, ma anche tutti coloro che hanno voluto sfruttare questo momento per trovare una creatività fuori dall'ordinario. Ciò che appare innovativo e straordinario per la maggior parte della popolazione è invece occasione di sconforto e denuncia da parte di chi l’arte la esercita per professione” – afferma il regista Daniele Tullio, che per l’occasione si è soffermato non tanto sugli artisti famosi, i grandi nomi, che sono una minoranza all’interno del sistema dell’arte, quanto invece sui lavoratori comuni già in difficoltà, spesso costretti a lavorare a progetto, sotto tirocinio con contratti brevissimi e, il più delle volte, a chiamata o in nero – “Il mondo dell’arte è quello che per primo ha risentito della quarantena forzata: Live negli stadi, cinema, Enti Lirici, Festival, Accademie, scuole di Musica ad oggi sono tutti bloccati. Di conseguenza, quasi quattrocentomila lavoratori non vedono più un futuro, lo sforzo ad oggi è quello di restare in piedi più di altri, di non diventare ‘Invisibili’, all'interno di questa continua instabilità economica e sociale”. 
 
Il progetto mira a restituire il senso “positivo” della cultura e, grazie alla sinergia degli enti coinvolti, si apre fin da subito al panorama internazionale partecipando a diversi festival, tra i quali LiftOff Global Network FirstTime Filmaker Session (Londra) Standalone Film Festival (Los Angeles) American Golden Picture International Film Festival (Jacksonville USA) e Varese International Film Festival, arrivando in Finale alla selezione del Kosice International Film Festival (Slovacchia) e del Trailer FilmFest (Milano); vincendo il premio come miglior Trailer al Praga International Film Festival e quello per il miglior documentario al Virgin Spring Cinefest (Kolkata, India).
 
Valentina Venturi ne ha scritto su Il Messaggero: “In quasi un’ora di immagini e montaggio serrato, si rivivono da spettatori le emozioni e le sensazioni che tutti abbiamo provato sulla nostra pelle”.

Sara Pichelli coordinatrice di Ultimate Spiderman

Sabato 30 Gennaio 2021 15:43 Pubblicato in Full Screen
Il nostro incontro con Sara Pichelli, disegnatrice, fumettista e coideatrice di Ultimate Spider-Man/ Miles Morales. Sara è stata ospite di una giornata in omaggio a Stan Lee all'interno del progetto scuola "La Città Incantata" promosso da Regione Lazio e Comune di Roma, ideato da Progetto ABC Arte Bellezza Cultura e rivolto agli studenti delle scuole superiori. 
 
Intervista di Francesca Tulli 
Video di Chiara Nucera

Insatiable

Venerdì 29 Gennaio 2021 22:02 Pubblicato in Recensioni
Arrivata alla terza religiosa visione dell’intera serie TV, credo che sia doveroso spendere due parole e spezzare più di una lancia a favore del mondo tremendamente glitterato di Insatiable.
La trama. Patty Bladell (Debby Ryan), adolescente americana in sovrappeso, costantemente bersagliata a causa del suo aspetto, a seguito di una colluttazione con un senzatetto, è costretta ad una dieta liquida per tre mesi che le causerà la perdita di più di trenta chili. 
Senza questo ingombrante peso, Patty si riscopre una ragazza bellissima e determinata a vendicarsi di chiunque abbia osato farle del male. In questa percorso verso la propria rivincita, verrà accompagnata dall’avvocato Bob Armstrong (Dallas Roberts), consulente di concorsi di bellezza a tempo perso, accusato di molestie sessuali da una delle sue clienti.
Questi due personaggi, legati dal filo indissolubile del destino, divideranno equamente la narrazione delle assurde vicende in cui saranno coinvolti nella loro rocambolesca strada verso l’importante titolo del concorso di bellezza di Miss American Lady. 
“Essere magre è magico!”. Com’è facile intuire, Insatiable sfrutta il cliché, abusato nei decenni passati nei film per adolescenti, della ragazza bruttina ed insicura che mette su un po’ di trucco, aggiusta i capelli ed improvvisamente diventa la “tutti mi vogliono, tutti mi cercano” della situazione, e lo fa scegliendo un taglio eccentrico, surreale, ed al limite del grottesco, in pieno stile camp. Il camp, spesso confuso con il trash, è la ricerca consapevole dell’esasperazione di elementi kitsch, che fa dell’eccesso e dello stravagante i propri punti di forza, sia da un punto di vista stilistico che artistico.
Con un’ironia tagliente infatti, che spesso potrebbe sembrare no-sense, o addirittura di cattivo gusto, la serie cerca di mostrare tutti gli scenari tipici della società moderna, ed in particolare di un’America che punta tutto sull’estetica, esagerandoli, ridicolizzandoli e mettendo a nudo tutte le sfumature dell’insicurezza umana.
I personaggi dell’universo di Insatiable sono ciò che lo rendono così esilarante nel suo essere politicamente scorretto. Essi incarnano alcuni degli stereotipi più comuni nella filmografia indirizzata ai giovani adulti che verranno mano mano abbattuti a favore di un’evoluzione tridimensionale, simbolo di una sceneggiatura ben costruita che non lascia nulla al caso ma, per assurdo, realistica, di quelle caricature della società moderna che generalmente vengono dipinte di bianco o nero.
Le critiche. Questa popolare produzione targata Netflix, è stata in realtà criticata aspramente, portando addirittura al lancio di una raccolta firme per chiedere la cancellazione della terza stagione già prevista. 
Il motivo per il quale in molti si sono scagliati contro Insatiable risiede nel presunto uso della pratica del fat-shaming. Secondo i sostenitori di questa teoria, l’opera tenderebbe a fare l’associazione bello = buono, ma in realtà è proprio qui che Insatiable arriva ad infrangere tutte le regole, rivoluzionando il genere young adult che sapeva di stantio oramai da anni. Questa serie non è adatta ad una visione superficiale, nonostante le apparenze potrebbero lasciarcelo pensare.
A primo acchito, Patty potrebbe venir interpretata come la solita protagonista che migliorando il proprio aspetto fisico diventa anche una persona migliore, con una vita più soddisfacente, come se fossero stati i chili di troppo a renderla brutta e fallimentare.
Altre critiche sono state rivolte al modo con cui vengono trattate tematiche rischiose come la pedofilia, le droghe, gli abusi, l’accettazione di sè e della propria sessualità che verrebbero snocciolate in maniera imbarazzante ed insoddisfacente.
 
Un connubio perfetto. Riconoscendo il fatto che esistano dei gusti personali, è bene ricordare che un umorismo nero non sarà mai di facile comprensione, ma quantomeno non andrebbe giudicato con la stessa superficialità di cui lo si accusa.
A partire dall’escamotage esplicitamente ironico della rissa e dalla sempre maggiore cattiveria con cui Patty inizierà a compiere le proprie azioni sotto le sue nuove vesti di “reginetta di bellezza”, è chiaro l’intento dell’opera: scrostare la patina scintillante della narrazione tipica delle insicurezze dell’adolescenza, rivelando la torbida anima che può nascondersi dietro persone apparentemente perfette.
Per andare a confutare le critiche rivolte all’opera partiamo da Patty, il personaggio più bersagliato, che in effetti si mostra come una persona orribile. Avendo ingoiato odio e amarezza per anni, non appena ha la possibilità di riscattarsi, sfrutta il suo fascino nel peggior modo possibile, rivelandosi crudele, opportunista ed egocentrica. In realtà lo era sempre stata ed il dimagrire non ha fatto nulla per renderla migliore o peggiore, ha solo portato alla luce la sua reale natura.
Lo scopo ultimo di questa serie, come rivelato dall’ideatrice Lauren Gussis, è quello di mostrare che “ogni singolo personaggio è insaziabile per qualcosa, ognuno di loro sta cercando approvazione all’esterno e solo chi si comporta bene riesce a comprendersi realmente”.
Con un’ironia irriverente, sconveniente alle volte, la Gussis vuole presentarci il disturbo alimentare di Patty (perché a discapito di ciò che ha pensato il pubblico inferocito, la ragazza soffrirà per tutta la durata della serie di dismorfia e di BED) fondendolo con delle scene forti, che in un prodotto così rosa e luccicante non sarebbero attese, generando l’elemento ‘shock’.
Ve ne sono di numerose, ma una degna di nota è quella in cui Patty si ritroverà a dover mostrare il proprio corpo in costume e, nonostante possa sembrare una ragazza perfetta, lei continuerà a sentirsi sbagliata e inadatta, contemplandosi con sdegno allo specchio, finché non verrà avvicinata da una ragazza transessuale, con la quale condividerà il disagio di sentirsi in un corpo che non corrisponde al proprio sentire.
Perché guardarla. Molte persone hanno abbandonato la visione non capendo il reale messaggio che Insatiable ha tentato di comunicare con la sua sfacciataggine, paradossalmente riuscendo molto meglio di prodotti considerati “più seri”. 
Consiglio caldamente di cambiare punto di vista e di dare un’altra possibilità a quella che ha i numeri per essere la migliore serie TV rivolta ad adolescenti degli ultimi anni.
In conclusione. Insatiable è un prodotto innovativo, che riesce nell’obiettivo di mostrarci quanto i falsi moralismi a volte siano tanto deleteri quanto le azioni che vengono criticate. Tra i suoi meriti c’è sicuramente la capacità di aver sottolineato come lo scardinamento di storici tabù, attraverso il black humor, sia ancora un argomento delicato nella nostra società.
 
 
Valeria Marra