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Killers of the Flower Moon

Giovedì 19 Ottobre 2023 12:08 Pubblicato in Recensioni

Ci sono dei dettagli imprescindibili che permettono agli spettatori più attenti di riconoscere sin da subito quello che è un film di Martin Scorsese già dalla prima scena. Accade in Toro Scatenato, in cui Jake La Motta, in una cornice quasi onirica avvolta dal bianco e nero, si muove in slowmotion sul ring accompagnato da una colonna sonora lenta, che sembra quasi prenderlo per mano prima del combattimento. Oppure in The Aviator, dove ci viene mostrato un Howard Hughes bambino, lavato con estrema cura da una madre che lo mette in guardia sui pericoli del colera, seminando in lui il germe di quel disturbo ossessivo nei confronti dello sporco, noto come misofobia. In entrambi i casi, Scorsese fornisce informazioni determinanti ai fini di una storia che andrà mano a mano a svelare e lo fa in modo velato e meticoloso, attraverso tanti piccoli elementi. In Killers of the Flower Moon, Scorsese decide di raccontarci una storia di crimini e ingiustizie, perpetrate da una fitta schiera di bianchi americani stabilitisi nella contea di Osage.  Proprio nel 1920 in si registrò il più alto tasso di morti indiane, vittime di un sanguinoso sistema di acquisizione indiretta delle loro terre. Unirsi in matrimonio con un nativo per possederne dopo la morte  i beni e i rispettivi terreni, era lo scopo di ogni bianco. Latifondi  preziosissimi, culla di quello che di lì a poco sarebbe divenuto il capitale più ingente dell’economia mondiale: l’oro nero, il petrolio. A capo di questa struttura criminale, lo spietato William Hale, interpretato da un Robert De Niro che mette i brividi per l’aderenza perfetta ad un personaggio crudele e assetato di potere. Hale persuaderà suo nipote Ernest, interpretato da Leonardo Di Caprio (impeccabile, ma in questo caso una spanna sotto la perfomance di De Niro), a sposare una donna Osage con lo scopo di impadronirsi evidentemente dell’ennesima ricca eredità.  Tuttavia, il cerchio è presto destinato a chiudersi, e le conseguenze saranno inevitabili per tutti i carnefici. Siamo di fronte ad un altro capolavoro scritto e diretto da quello che è forse il regista più affabulatore e poliedrico di sempre. Perché se c’è un pregio che si deve riconoscere a Scorsese è quello di cambiare pelle e raccontarci ogni volta qualcosa di diverso. A cambiare non sono soltanto i contesti storici, i messaggi veicolati e il processo di ricostruzione di un evento ( che sia di finzione o tratto da una storia vera), ma il modo di raccontarci quella vicenda. E in questo caso specifico, Scorsese compie un atto sovversivo e imprevisto ai fini del consueto intreccio narrativo, svelandoci sin da subito chi sono i responsabili delle atrocità sopracitate. Un dramma investigativo inconsueto, sovversivo perchè privo di un vero e proprio processo di indagine da parte dello spettatore. Qui la grandezza di questo regista, che passa dal gangster movie alla commedia nera continuamente senza perdere mai il focus di una storia centrata sulla spietatezza dei bianchi nei confronti di un popolo, come quello Osage, gentile e puro, e per questo ancor più incline ad inganni e vessazioni. Impossibile da incasellare con precisione all’interno di un genere, Killers of the Flower Moon è forse il film più duro che Scorsese abbia mai diretto negli ultimi anni nonché il più completo e riuscito.

Giada Farrace

Mentre attende l’uscita nelle sale cinematografiche del suo esordio dietro alla macchina da presa, Iron fighter, di cui è anche protagonista, e sulle piattaforme streaming sono già disponibili da tempo Karate man, in cui è stato diretto da Claudio Fragasso, e Assassin club di Camille Delamarre, che lo vede al fianco di star internazionali quali Henry Golding (G.I. Joe: Snake eyes), Noomi Rapace (Uomini che odiano le donne) e Sam Neill (Jurassic park), l’attore e sportivo Claudio Del Falco è reduce dall’ennesimo trionfo nell’ambito delle arti marziali.

 

Il giorno 29 Ottobre 2023, infatti, si è aggiudicato per la seconda volta il titolo di campione del mondo ai campionati mondiali unificati di karate WTKA svoltisi a Marina di Carrara (MS).

D’altra parte, chi segue Del Falco sa benissimo che, da sempre, dedica la propria vita all’attività sportiva e, al contempo, a rendere giustizia alle arti marziali nell’ambito del grande schermo italiano (che sembra da ormai troppo tempo aver dimenticato il genere), per il quale ha interpretato anche l’action movie MMA Love never dies di Riccardo Ferrero.

A proposito di questa sua nuova conquista Del Falco, da molti considerato il Jean-Claude Van Damme italiano, ha dichiarato: “Dedico questa vittoria a tutte le persone che mi vogliono bene e che mi sono state vicine in questi anni. Vi aspetto tutti al cinema per vedere Iron fighter, fight / action movie da non perdere assolutamente. Una vera novità nel panorama cinematografico italiano, dove, oltre allo splendido cast, potrete ammirare i migliori marzialisti italiani”.

 

Mentre attende l’uscita nelle sale cinematografiche del suo esordio dietro alla macchina da presa, Iron fighter, di cui è anche protagonista, e sulle piattaforme streaming sono già disponibili da tempo Karate man, in cui è stato diretto da Claudio Fragasso, e Assassin club di Camille Delamarre, che lo vede al fianco di star internazionali quali Henry Golding (G.I. Joe: Snake eyes), Noomi Rapace (Uomini che odiano le donne) e Sam Neill (Jurassic park), l’attore e sportivo Claudio Del Falco è reduce dall’ennesimo trionfo nell’ambito delle arti marziali.

Il giorno 29 Ottobre 2023, infatti, si è aggiudicato per la seconda volta il titolo di campione del mondo ai campionati mondiali unificati di karate WTKA svoltisi a Marina di Carrara (MS).

D’altra parte, chi segue Del Falco sa benissimo che, da sempre, dedica la propria vita all’attività sportiva e, al contempo, a rendere giustizia alle arti marziali nell’ambito del grande schermo italiano (che sembra da ormai troppo tempo aver dimenticato il genere), per il quale ha interpretato anche l’action movie MMA Love never dies di Riccardo Ferrero.

A proposito di questa sua nuova conquista Del Falco, da molti considerato il Jean-Claude Van Damme italiano, ha dichiarato: “Dedico questa vittoria a tutte le persone che mi vogliono bene e che mi sono state vicine in questi anni. Vi aspetto tutti al cinema per vedere Iron fighter, fight / action movie da non perdere assolutamente. Una vera novità nel panorama cinematografico italiano, dove, oltre allo splendido cast, potrete ammirare i migliori marzialisti italiani”.

 

Foto di famiglia

Mercoledì 18 Ottobre 2023 13:35 Pubblicato in Recensioni

Si dice ispirato a una storia vera il secondo e ultimo lavoro, in ordine di tempo, del regista giapponese Ryota Nakano.

La scena si apre con le immagini di una veglia funebre dedicata al padre del protagonista : Masashi

Asada, di professione fotografo.

Poi un flashback al 1989, gli anni in cui Masashi e il fratello erano ragazzini e i loro caratteri già somigliavano alle loro personalità da adulti: Masashi ribelle ed estroso e Yukihiro cauto e responsabile.

La famiglia Asada, è una famiglia inusuale per gli anni 80: la madre lavora come infermiera e il padre si occupa dei figli e della casa. Lui amava fare le foto e ogni anno ne scattava una ai figli (l’ultimo dell’anno) e poi le raccoglieva in un calendario gelosamente conservato negli anni. Masashi aveva la stessa passione del padre. Una sera, dopo una serie di incidenti domestici, si ritrovò con tutta la famiglia nell’ospedale dove lavorava la madre, ognuno con delle ferite da suturare. Lì fu la prima volta che la famiglia fu inclusa nel sogno di Masashi quando ebbe l’idea di rappresentare tutta la famiglia il giorno in cui tutti insieme si ritrovarono in ospedale.

La famiglia diventa così il soggetto preferito di Masashi. Comincia a ritrarla in ogni ruolo partendo dalle aspirazioni disattese del padre che voleva diventare pompiere e si è ritrovato invece a gestire la casa e i figli. Masashi raffigura così la famiglia come una squadra di pompieri, come dei killer, come dei ladri, come dei piloti di formula uno e così via, facendo loro interpretare quei ruoli che mai avevano o avrebbero potuto interpretare nella vita. Ne compone un album e poi un libro che riesce, col tempo e dopo numerosi flop, a pubblicare rendendolo un fotografo di fama. Parte importante del twist plot della sua vita sarà Wakane, la ragazza, sua musa, che aveva, da ragazzina, fotografato sorridente sul molo e che poi sarà uno dei motori del suo successo.

 “Sono pronto a viaggiare ovunque per fotografare la tua famiglia” si legge sull’ultima pagina del libro di fotografie di Masashi. E questa frase viene interpretata alla lettera da uno dei suoi lettori che lo chiama a ritrarre lui e la sua famiglia. Da lì inizia il viaggio tra le immagini familiari giapponesi che Masashi rende vive, impresse sulle foto, riuscendo a estrapolarne l’essenza con un’iconografia ironica e rappresentativa.

Le foto diventano il paradigma su cui fondare i baluardi dei ricordi personali e familiari. Masashi ne comprende l’importanza reale nel 2011, dopo che un forte tsunami distrugge le case e le vite di molte famiglie giapponesi. Comincia la sua attività di volontario e, insieme ad altri ragazzi, decide di cercare le foto tra i detriti, pulirle, appenderle e permettere a chi ha perso tutto, di trovare le immagini sfocate dei propri ricordi.

“Le foto rendono i ricordi tangibili e ci danno la forza di andare avanti” dice uno dei personaggi.

Il film si muove delicatamente sui calcinacci delle case e sui detriti dell’anima che lo tsunami del 2011 aveva prodotto e, come in uno scrigno segreto, racchiude i sentimenti del protagonista liberandoli solo verso la fine della narrazione, quando si manifesta la consapevolezza di come il suo lavoro possa essere il veicolo della nostalgia di chi è ritratto.

E la pellicola ha in effetti un suo tono nostalgico seppure mai tragico, nonostante l’evento raccontato verso la metà della trama. Si nutre delle speranze e delle emozioni sospese di chi cerca un appiglio per non desistere. La famiglia Asada è il paradigma di tutte le famiglie del Giappone e del mondo, rappresentando l’idea che ognuna è speciale a suo modo.

La composizione narrativa si sviluppa con rimandi metanarrativi rispondendo alle regole del buon cinema. C’è stile ma l’efficacia del tema è forse sacrificata da una prolissità un po’ ridondante che ne impoverisce l’aspetto semantico seppure riesca a conservare quello simbolico del messaggio filmico.

 

Valeria Volpini

Normale

Giovedì 12 Ottobre 2023 13:26 Pubblicato in Recensioni

Una commedia dolceamara è l' ultimo lavoro del regista francese Olivier Babinet che porta sullo schermo una storia adolescenziale che parla anche agli adulti.

Lucie è la figlia sognatrice di William, un uomo disoccupato che convive con la sclerosi multipla e che fa fatica ad occuparsi degli affari pratici di una vita comune.

Lucie è un'adolescente diversa dagli altri. Ha uno stile poco convenzionale e parla a se stessa con la grazia e l'ambizione di chi porta i suoi pensieri su un diario che è il custode delle sue prospettive.

Nonostante l'aspetto poco adulto: grossi occhiali tondi, capelli malamente raccolti in una coda poco accurata e vestiti oversize, si occupa da sola del padre malato da cui rischia di essere allontanata a causa di un’indagine dell'assistenza sociale che ne tutelerebbe la condizione di minore.

Lucie deve pensare sempre a tutto; è la madre di suo padre è la responsabile della sua piccola famiglia a due. Nonostante i ruoli invertiti William è un padre fantasioso, travolge la figlia e la rende protagonista di una vita speciale a suo modo. Lucie la vita speciale la sogna e la anela. Non ha molti amici se non  un ragazzo della sua scuola un po’ strambo e dai gusti inusuali tanto quanto lei. Riesce a esperire il suo senso di vuoto e il desiderio di riempirlo di straordinarietà solo con il suo nuovo amico, custode anche lui del mondo nascosto della ragazzina protagonista.

In un film dove la normalità è messa in discussione e la realtà è rappresentata al contrario, come in uno specchio deformato, dove la commedia incontra la malinconia e il ruolo filiale è soppiantato da quello genitoriale, il regista porta sullo schermo una storia elegante e delicata che si nutre dello spirito adolescenziale dell’America degli anni 90.

La voce fuori campo è proprio quella di Lucie che si racconta in terza persona come la protagonista del film della sua vita che deve però ancora iniziare.

Valeria Volpini