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Warcraft - L'Inizio

Martedì 31 Maggio 2016 11:39 Pubblicato in Recensioni
Orchi, incantesimi, portali magici, armature e spade sfavillanti: questo è Warcraft, saga videoludica statunitense iniziata nel 1994. Duncan Jones oggi  riprende il plot del primo capitolo, lo strategico Orcs & Humans, lo farcisce di elementi presi dai romanzi correlati e dal famoso MMORPG (Massive Multiplayer Online Role-Playing Game) e ne fa un film. Il mondo degli Orchi sta morendo, Durotan (Toby Kebbell) capo saggio in attesa del primo figlio, sogna un futuro migliore, egli è buono generoso e  fedele alle tradizioni. Gul'Dan (Daniel Wu) suo contrario, nascosto dal suo oscuro matello, è potente e vile, usa la magia nera del Vil, una terribile fonte distruttiva che si alimenta delle anime dei vinti per guidare attraverso un portale magico la sua orda alla conquista del pacifico mondo di Azeroth. Llane Wrynn (Dominic Cooper), Re degli uomini, minacciato forma una squadra (improbabile) a difesa del regno composta dal valoroso cavaliere Lothar (Travis Filmmel), lo stregone Guardiano Medivh (Ben Foster), la bella mezzosangue Garona (Paula Patton) e perfino lo studioso nerd, giovane e inesperto Khadgar, colto a fare ricerche inopportune negli obitori inseguendo l'origine del Vil. Le alleanze (tra giocatori reali) sono la forza delle dinamiche che determino il successo di una missione all'interno del videogioco della Blizzard, non c'è da soprenedersi se l'armata Brancaleone è così eterogea e scompattata. Con la sovrabbondanza di CGi negli altri blockbuster, siamo ormai assuefatti ad uno standard: attori che vengono trasformati dalla Motion Capture in creature di altri mondi e faticano a recitare accanto ai pupazzi (realistici) e alle controparti in carne ed ossa, qui il regista (trattandosi della trasposizione di un videogioco che nasce digitale per definizione) ha intelligentemente adottato un'altra strada, si è servito spesso della  Industrial Light and Magic, per ricreare gli Orchi, senza l'ingombro e le limitazioni delle movenze umane, ha fatto a meno della Motion Capture e ha ricreato negli alter ego le espressioni degli attori interamente da zero, permettendogli di assumere  qualsiasi innaturale posizione e assetto da combattimento. Abbiamo il primo caso (moderno) in cui non è la computer grafica ad essere supporto della recitazione tradizionale ma è il contrario, la sfida è stata quella di rendere gli umani reali all'interno di un contesto totalmente alienante, la forza è la credibilità degli attori che recitano senza difficoltà (o quasi) credendo in quello che fanno con armature ingombranti blu ed oro, pelle verde e formule magiche. Scenografie perfette, musica epica di Ramin Djawadi, non manca dell'ironia del gioco (gli esperti riconosceranno se stessi nella scena della pecora!), getta presupposti per un seguito (le altre razze sono solo di contorno e il finale è aperto). Deus Ex Machina non scontati e telecamere da gioco strategico fanno perdonare la noia di alcune sequenze di assetto, cutscene all'inerno di un videogioco non interattivo che incuriosice i neofiti e strizza l'occhio agli appassionati. Non è il primo caso di videogioco al cinema ma non ha nulla di già visto nei suoi predecessori, il giappone ha provato con team di sviluppo diversi a rendere (senza successo) al cinema la meravigliosa e prolifica saga di Final Fantasy, The Spirits Within (2001) non si serviva di live action, Advent Children era un breve seguito del settimo amatissimo capitolo, più di una aggiunta al gioco meno di un film completo. Questa volta lo stampo USA si vede con tutte le sue classiche e lodevoli particolarità e le  esagerate defezioni. Se il fantasy non fa per voi state alla larga altrimenti benvenuti ad Azeroth!
 
Francesca Tulli

Alice attraverso lo specchio

Giovedì 26 Maggio 2016 13:32 Pubblicato in Recensioni

Il capitano Alice, torna da un fruttuoso viaggio alla scoperta della Cina. Se questo incipit non vi sembra appropriato, non avete visto il primo film "Alice in  Wonderland" di Tim Burton. "Alice Attraverso lo Specchio" di James Bobin segue la tradizione di fiabe stravolte per essere adattate alle esigenze del pubblico più infantile del ventesimo secolo, non tenendo conto neanche in minima parte delle rocambolesche avventure di "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò" libro scritto nel 1871 da Lewis Carroll. Alice (Mia Wasikowska) torna in Inghilterra da sua madre, dopo un lungo viaggio, si presenta ad un ricevimento indetto dal suo ex (antipatico) pretendente, con un vestito orientale bizzarro, piena di entusiasmo. Viene riportata con i piedi per terra dalla situazione che le si presenta davanti: la madre sta per vendere la sua nave in cambio di soldi che possono migliorare la sua situazione economica, a lei invece viene proposto un noioso lavoro di ufficio come ad una donna si conviene. Disperata, cerca rifugio nelle grandi sale abbandonate del palazzo, incontrando il Brucaliffo (ora farfalla) che le mostra un'alternativa e l'impossibile diventa possibile. Saltando nello specchio magico, torna nel Paese delle Meraviglie dove, il Cappellaio Matto (Jhonny Deep) è convinto di poter far tornare in vita la sua famiglia, Alice gli fa pensare che questo non sia possible e lo riduce ad uno stato catatonico. E' adulta non crede più, non è più quella di "prima". Sconfortata, viene a sapere della Regina Bianca (Anne Hathaway) che si può tornare indietro nel tempo  e cambiare le cose, facendo visita al Tempo stesso in persona (Sacha Baron Choen) e parte per un viaggio  alla ricerca della cronosfera l'oggetto magico che permette di viaggiare attraverso le epoche sperando di portare pace al Cappellaio. Helena Bonham Carter riprende il Ruolo della Regina di Cuori, ossessionata dal taglio delle teste, il suo personaggio viene in parte caratterizzato in parte sminuito. Evitabili inseguimenti da videogioco e fastidiosi animaletti digitali, sono un sopportabile compromesso per un seguito apprezzabile, una bella avventura fantastica, ricca di abiti mozzafiato e castelli incantati. Da una buona lettura dell'importanza del tempo, nemico e amico dell'uomo. Se il primo film era una delusione, il classico esempio di regista perfetto per una storia nelle sue corde che riesce a sbagliare il tiro, questo risulta sotto molti aspetti più godibile. Libero dall'ingombro della fiaba originale (se almeno non teniamo conto del titolo), deve fare i conti con gli errori commessi dal predecessore ma nel complesso risulta un più coerente film per ragazzi, con qualche buono spunto nella sceneggiatura nonostante sia sempre opera di Linda Woolverton, capace di scrivere capolavori come La Bella e La bestia (1991), Il Re Leone (1994),  fallimenti come il primo Alice (2010) e Maleficent (2014). Dà una grande lezione universale: "Il passato non si può cambiare, ma dal passato si può imparare".

 
Francesca Tulli

Cannes69. Toni Erdmann

Mercoledì 25 Maggio 2016 09:47 Pubblicato in Recensioni
Tedesco di nascita, ma non per questo freddo come un ghiacciolo, Toni Erdmann scalda come una fiamma ardente, la stessa che porta calore, allegria e un po’ di sana bontà sulla Croisette. Sempre pressoché privo di comicità, il palinsesto del concorso ufficiale, accoglie il film di Maren Ade a braccia aperte, uscendo così dalle convenzioni, proprio come il personaggio che presta il nome alla pellicola. Il modo di vedere il mondo di Toni Erdmann è alla base dell’interpretazione del film.
 
La regista e sceneggiatrice Maren Ade, che aveva curato il lodevole Alle Anderen, Orso d’Argento alla Berlinale 2009, ambienta questo lungometraggio in una Bucarest lavorativa. Il colletto bianco Ines Conradi (Sandra Hüller) è alle prese con un grosso affare. Impegnatissima in questo progetto ha poco tempo per gli affetti e la famiglia. Il padre Winfried (Peter Simonischek), agisce pesantemente da genitore, ma con un fare anticonformista al quadrato si trasforma in Toni Erdmann, cercando così di distrarla portando il suo grado di stress a livelli accettabili. Questa specie di Patch Adams teutonico (che è la versione ironica di Mr. Hyde) si trasferisce per un mese nella capitale rumena e nel momento che l’affare della figlia prende una brutta piega, il suo essere ed il suo agire virerà dal parallelo del disturbo al meridiano del conforto psicologico. Nasce così un sentito ritratto di famiglia fuori da ogni schema, che diverte con scene veramente esilaranti.
 
Di film che ci mostrano come si possa vivere sbattendosene delle convezioni né abbiamo già visti parecchi. Quello della regista tedesca ha quel qualcosa di speciale che è riassumibile proprio nel mostrare gradatamente, con un chiaro andamento imperfetto della narrazione, come la scorrettezza (del padre) possa agire da propulsione per abbattere le paure e le ansie (della figlia). Timori di accentuata diversità chiusi nell’infondata convinzione di dover per forza qualcosa a qualcuno. Di solito quel qualcuno fa parte della propria stirpe, qui assistiamo all’originale snaturamento di quella filosofia psicoterapeutica che costringerebbe i figli ad uccidere la figura dei genitori. Il fare del padre demolisce positivamente questa teoria e la povera Ines ne trova quell’inaspettato giovamento che le cambierà il modo di vedere il mondo. Se in un primo momento lei fa di tutto per far parte della società, adeguandosi ad essa, poi uniformerà il suo pensiero a quello di Toni, mai pronto a sottostare a filosofie ingannatrici e portatrici di obblighi morali.
 
Accostabile per certi versi ad Idiots di Lars von Trier, il lungometraggio trova il suo trascinate profitto nei due attori protagonisti. I 162 minuti del film forse risultano essere eccessivi. Il burlone Erdamm si rende conto molto prima di non aver bisogno di una figlia sostitutiva. I due sono capaci di condividere anche una serata a base di droga. Primo vero punto di condivisione attiva tra padre e figlia. Riflessione imposta allo spettatore che non ne rimane indignato, ma che ne percepisce la forza glorificando così la potenza del gesto.
 
Toni Erdmann potrebbe uscire dall’edizione 69 del Festival di Cannes con qualche prestigioso premio perché è un film di sentimento, nel vero senso della parola, buono come una fetta di pane con sopra la nutella. Costruito per rendere indistruttibile l’enorme importanza della famiglia. Attraverso degli scherzi “bulgari” riesce a modificare radicalmente l’iniziale atmosfera di bizzarria trasformandola in una concreta consapevolezza del viver bene.
 
David Siena
 

 

Da oltre un anno il Nuovo Cinema Aquila è stato chiuso dall'amministrazione comunale. I lavoratori sono stati lasciati a casa e il quartiere è stato privato di uno dei pochi presidi culturali sopravvissuto all'invasione dei locali, lontano dalla movida ignorante e dallo spaccio ad essa legata.
 
La chiusura è stata predisposta dagli ambienti di quella lobby culturale dominante che nel cinema e nella cultura vedono solo occasioni di profitto. 
 
Il Nuovo Cinema Aquila, sottratto alla “banda della Magliana” dalle lotte del quartiere, vorrebbe essere consegnato nella mani della “Fondazione Cinema per Roma” raggirando le norme per l’assegnazione tramite bando pubblico a una cooperativa sociale, non garantendo un funzionamento partecipato degli abitanti e la conseguente esclusione dalla programmazione di chi il cinema lo fa fuori dalle logiche commerciali e non fa parte delle cricche. 
 
SABATO 28 MAGGIO
Dalle ore 18 davanti al Nuovo Cinema Aquila e nell'adiacente via Ascoli Piceno: proiezioni, incontri e dibattiti.
 
 
 
Di seguito il calendario degli eventi:
 
 
dalle ore 18.30 - ASSEMBLEA PUBBLICA 
 
Dal 9 giugno  2015 è stata sospesa la programmazione del Nuovo Cinema Aquila. Capiamo perché,  cosa è successo nel frattempo e il danno subito dal quartiere insieme a chi ha creduto nel ruolo sociale di questo luogo (parteciperanno l’Associazione Città delle Mamme, responsabili della rassegna Cinemamme, Rosa Morea responsabile del cineforum per i centri anziani del quartiere).
L'assemblea si riunirà per chiedere:
 
Riapertura della sala preservando le caratteristiche sociali che ne determinarono la nascita attraverso processi trasparenti, partecipati e pubblici.
Reintegro dei lavoratori.
Programmazione popolare e attenta alle esigenze del territorio.
Cinema con prime visioni, autoproduzioni e circuiti non-mainstream
Possibilità di utilizzo della struttura da parte del quartiere.
Proiezioni mattutine per le scuole.
 
 
Dalle ore 20.15 FILM D’ANIMAZIONE
 
Proiezione di UN GATTO A PARIGI
 
di Jean Loup Felicioli e Alain Gagnol (Francia, 2010, 65')
candidato all’Oscar 2012 come miglior film d’animazione.
Sarà presente il distributore Pierfrancesco Aiello (P.F.A. Films).
 
 
dalle ore 21.30 ASSEMBLEA PUBBLICA
 
Incontro sulla chiusura del Nuovo Cinema Aquila e gli spazi a disposizione per il cinema indipendente italiano al quale parteciperanno tutti gli ospiti alle proiezioni e alcuni addetti ai lavori che hanno contribuito negli anni all’affermarsi del documentario, del cortometraggio e delle  nuove realtà (produttive e distributive) nella sala del Pigneto:
 
Mimmo Calopresti (regista, ‘La fabbrica dei tedeschi’)
 
Marco Luca Cattaneo (regista, ‘Amore liquido’)
 
Antonio Sinisi (produttore/attore, ‘Je Suis Simone’ ‘Piano sul pianeta (malgrado tutto, coraggio Francesco’)
 
Giovanni Saulini (produttore, ‘Mi chiamo Maya’).
 
dalle ore 22.30 DOCUMENTARI, FILM, CORTOMETRAGGI
 
Proiezione del documentario RIPRENDIAMOCI LE NOSTRE LOTTE
 
a cura del Comitato di Quartiere di Villa Certosa (maggio 2016) sulle lotte delle consulte popolari nella zona sud est di Roma dal dopoguerra agli anni sessanta
 
Proiezione del film SENZA PACE
 
di Cinematografo Poverania (Italia, 2012, 90')
girato quasi interamente negli studi del Forte Fanfulla al Pigneto.
Saranno presenti Fabio Morichini di Cinematografo Poverania ed altre realtà vicine al Fanfulla, tra i quali il Daltonico Vision Studio.
 
Proiezione del cortometraggio VILLA GORDIANI
 
Proiezione del cortometraggio 19 GIORNI DI MASSIMA SICUREZZA
Sarà presente il regista Enzo De Camillis