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Captain America: Civil War

Mercoledì 04 Maggio 2016 09:11 Pubblicato in Recensioni
"Gli eroi più forti della terra" gli Avengers, hanno salvato il pianeta terra molteplici volte, hanno sventato un'invasione aliena a New York, hanno messo al riparo gli abitanti di una città sradicata dal suolo, ogni giorno ci proteggono quando nessun'altro può farlo. Questo non basta. Ogni battaglia porta dietro di sé danni collaterali, muoiono  inevitabilmente degli innocenti. Ora i familiari delle vittime  si rivolgono ad Iron man, Tony Stark (Robert Downey Jr.) e  Captain America, Steve Rogers (Chris Evans) per avere giustizia. Questo incipit sarebbe stato buono per un quotidiano stampato su Terra 616, il gemello del nostro pianeta nell'universo Marvel, nel momento cruciale della Guerra Civile tra i più grandi eroi conosciuti della casa delle idee. La miniserie in 7 albi "Civil War" (scritta da Mark Millar e disegnata da Steve McNiven ) nel 2007 ha segnato un'era nei crossover a fumetti. Anche il Cinematic Universe nel grande schema delle fasi cinematografiche (siamo all'inizio delle seconda) programmata fino al 2019 doveva avere la sua versione. Diretta da i fratelli Anthony e Joe Russo non è (inevitabilmente) una perfetta riproduzione della carta stampata, ma ne conserva il messaggio, ne salva l'essenza. I protagonisti sono tanti ma la pellicola si intitola "Captain America: Civil War". E' il Capitano a Stelle e Strisce, con l'unica rimasta della veccia guardia la Vedova Nera (Scarlett Johansson), ad addestrare il nuovo team: Falcon, il suo braccio destro (Anthony Mackie), War Machine (Don Cheadle) il braccio destro di Iron Man, l'androide Visione (Paul Bettany) e la temuta manipolatrice della realtà Scarlett Witch (Elizabeth Olsen). Ogni personaggio ha il suo spazio, il suo equilibrio, nessuno fa meno degli altri, all'interno di una trama solida che (anche grazie alle new entry a sorpresa) regge fino alla fine. Inevitabilmente Steve Rogers dovrà anche fare i conti con il Soldato D'inverno, Bucky Barnes (Sebastian Stan) amico ritrovato e perduto negli ultimi eventi della loro storia. Realizzato con un budget altissimo con cui a detta dell'attore Daniel Brühl, si potevano ricavare 20 film, la pellicola non è esente da difetti. Proprio il personaggio interpretato da Brühl, il Barone Zemo, è debole rispetto al suo alter ego a fumetti, la scelta è fin troppo palese: un villain ingombrante giocato bene avrebbe messo troppo in ombra le divergenze dei protagonisti. Divide al contrario il bimboragno di Tom Holland, troppo giovane, troppo scemo, geniale, ognuno risponde soggettivamente, resta che le battute e le citazioni che fa, spezzano la pesantezza dello scontro fratricida tra i due protagonisti senza renderlo ridicolo. L'attore Chadwick Boseman è la nuova rivelazione. Con un ritmo di partenza altalenante, veloce, poi lento, poi nuovamente frenetico, dà il tempo allo spettatore di fare il punto della situzione. Dopo il (per troppi versi) deludente Avengers: Age of Ultron (2015), e il convincente Captain America: The Winter Soldier (2014), Civil War entusiasma gli appassionati ma penalizza lo spettatore che non conosce a fondo l'universo di cui fa parte. E' un pezzo di un puzzle apprezzabile a pieno solo all'interno di una serie di film, è il coerente punto di raccordo tra tutti "Uniti si vince, divisi si perde". Se avete amato fino ad oggi questi eroi, questo è il film che stavate aspettando. 
 
Francesca Tulli

Cinevasioni. Nasce il primo Festival di Cinema in Carcere

Venerdì 29 Aprile 2016 10:16 Pubblicato in News
Dal 9 al 14 maggio 2016, presso la Casa Circondariale Dozza di Bologna, si terrà Cinevasioni, il primo festival realizzato interamente in carcere nato da un progetto di rieducazione e crescita sociale ideato da  D.E-R Associazione Documentaristi Emilia – Romagna in collaborazione con la Direzione della Casa Circondariale Dozza di Bologna e con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e il patrocinio dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna. Cinevasioni è lo sviluppo culturale e didattico di CiakinCinema il percorso formativo che la D.E-R sta tenendo all’interno della Dozza dalla metà del mese di ottobre 2015 con un gruppo di venti detenuti.
L’obiettivo di entrambe le iniziative è di portare il linguaggio e la cultura cinematografica all’interno della realtà carceraria e aprire il carcere ad autori e studiosi del cinema.
“Questo progetto rappresenta una doppia sfida – dichiara Filippo Vendemmiati,direttore artistico di Cinevasioni - La prima nei confronti dell’istituzione carceraria, la seconda al mondo del cinema. Riuscirà “il linguaggio universale” del cinema a oltrepassare il muro più spesso quello che nella storia dell’uomo separa la società dei “liberi” da quella dei “ristretti”? Lancio un bando fuori concorso: il festival cerca presidente della giuria disponibile a mettersi in gioco e a confrontarsi con i detenuti che la compongono, si accettano auto-candidature.”. 
 
 
Sul sito www.cinevasioni.it sono reperibili la scheda di partecipazione e ilregolamento del concorso per l’invio delle opere. La partecipazione al festival è gratuita e la scadenza delle iscrizioni è fissata per il 30 marzo 2016.
Possono partecipare alla selezione lungometraggi di qualsiasi nazionalità, sia difinzione sia di genere documentario, la cui prima proiezione pubblica (sala o festival) sia avvenuta nel 2015. Requisito obbligatorio all’ammissione al festival, la presenza di un rappresentante dell’opera alla proiezione del film duranteCinevasioni (regista, attore principale, sceneggiatore, direttore fotografia, montatore, autore colonna sonora, produttore).
Il festival si articola in un’unica sezione a tema libero. La selezione dei film avverrà a cura e giudizio insindacabile della Direzione del Festival. La Giuria, formata dai partecipanti al corso laboratorio CiakinCarcere e presieduta da una figura di spicco del cinema italiano, sarà chiamata a indicare e premiare l’opera più meritevole nell’ultimo giorno del festival.
In totale Cinevasioni presenterà una decina di opere all’interno della sala cinema della Dozza di Bologna. Ad ogni proiezione potranno partecipare un centinaio di persone tra detenuti scelti a rotazione dalla direzione della casa circondariale e pubblico esterno precedentemente indicato dalla direzione del festival.
I partecipanti al corso laboratorio CiakinCarcere, oltre ad aver già realizzato il manifesto del festival, dovranno anche realizzarne lo spot e la sigla, come sintesi finale del percorso formativo.
CiakinCarcere, in corso fino alla fine di aprile, è organizzato da D.E-R Associazione Documentaristi Emilia-Romagna in collaborazione con la casa circondariale della Dozza di Bologna e si struttura in due moduli: una prima parte, già conclusa, intesa a fornire le conoscenze di base dell’analisi del film in rapporto anche al contesto storico del cinema, privilegiando un punto di vista più strettamente tecnico (inquadratura, montaggio, sceneggiatura, fotografia); una seconda parte, dal taglio più laboratoriale, che vedrà invece i detenuti alle prese con la realizzazione del video-spot scritto, diretto e girato all’interno della Casa Circondariale della Dozza e l’organizzazione del FestivalCinevasioni.
Il progetto CiakinCarcere che ha coinvolto come docenti alcuni dei migliori professionisti del settore, ha visto, fino ad oggi, una partecipazione e un interesse da parte dei detenuti superiori ad ogni aspettativa, consentendo di porre le basi per la costruzione di un’opportunità non solo formativa ma anche intesa come mezzo per ricominciare a immaginare un percorso nuovo, fuori dal carcere.
 
Per maggiori informazioni, sono a disposizione i siti www.cinevasioni.it e la pagina www.facebook.com/cinevasioni/

The Night Manager

Mercoledì 20 Aprile 2016 17:47 Pubblicato in Recensioni

Con la regia della danese premio Oscar per il miglior film straniero (In Un Mondo Migliore, 2011) Susanne Bier, The Night Manager  il romanzo scritto nel da John Le Carré nel 1993, diventa uno spy thriller diviso in sei episodi ricco di ambientazioni mozzafiato e colpi di scena da oggi (alle 22.10) in onda su Sky Atlantic. Jonathan Pine (Tom Hiddleston) è il direttore di notte di un prestigioso hotel nel cuore del Cairo dove è in corso la Primavera Araba, la rivoluzione che portò alle dimissioni di Mubarak nel 2011. Egli si prodiga nel dispensare rassicurazioni agli avventori dell'Hotel, poco importa se una bomba è esplosa a poche miglia, Mr. Pine è sempre pronto ad offire ogni confort possa tenere la clientela al riparo dall'inferno che imperversa nelle strade. La donna di Freddie Hamid un malavitoso appartenente ad una famiglia molto potente, Sophie Alekan (Aure Atika) decide di affidare i suoi segreti a Jonathan e lo coinvolge in un gioco più grande del previsto. Lo mette a conoscenza di un traffico d'armi, dietro al quale c'è Richard Roper "l'uomo peggiore del mondo" (Hugh Laurie) e presto gli eventi prendono una piega inaspettata, e viene a galla il passato di Pine, ex militare che ha servito l'Inghilterra in Iraq, la cui facciata gentile e affabile nasconde la volontà di ferro di un combattente (apparentemente) irreprensibile. La produzione dalla BBC, Ink Factory e AMC non ha badato a spese. Il fittizio "Hotel Nefertiti" location della prima parte, si trova in realtà a Marrakech e porta il nome di Es Saadi (e ha ricevuto infinite richieste di  prenotazioni dopo la messa in oda dello show!). La seconda suggestiva location è in Svizzera, ai piedi del monte Cervino. La vicenda è stata attualizzata ai giorni d'oggi con l'autorizzazione dell'autore, molti elementi differiscono, ma conserva la stessa intenzione. I personaggi sono pochi ma incisivi  e il gioco di potere si fa sempre più intrigante, l'unica pecca è la netta divisione tra un episodio e l'altro, questo fa parte dell'intenzione iniziale della regista ovvero dare alla serie il taglio di un film di sei ore piuttosto che proporre una manciata di episodi auto conclusivi. La sua firma si nota: Susanne Bier si sofferma tantissimo sugli sguardi e i particolari, niente è lasciato al caso. Una curiosità: questo è l'unico episodio in cui il protagonista svolge davvero l'attività di "Night Manager" tuttavia è fondamentale, per capire quanto il personaggio cambi nel breve corso della mini serie. Per questa ragione Tom Hiddleston per prepararsi al ruolo ha davvero svolto l'attività del Direttore d'albergo a  Rosewood a Londra, per una notte. L'ha definita un'esperienza paragonabile al teatro dove il dietro le quinte è decisamente meno "Glamour" del "palcoscenico" alla reception. Questa esperienza gli ha permesso di calarsi alla perfezione nel ruolo, nel libro Pine viene definito come "un inglese che disponeva di un sorriso fin troppo cordiale per dire di no" possiamo assolutamente dire che questo ruolo all'attore calza a pennello. 

Francesca Tulli

 

Amleto - National Theatre Live

Martedì 19 Aprile 2016 11:18 Pubblicato in Recensioni
Chiunque abbia l'attenzione rivolta verso le grandi produzioni del teatro inglese, in questi ultimi anni avrà sicuramente sentito parlare di Amleto con Benedict Cumberbatch nel "title role". Biglietti esauriti immediatamente alla prevendita, code chilometriche davanti le porte del Barbican Centre, divieti assoluti di fare foto e filmati durante la rappresentazione(a buon ragione) le fan dell'attore lo hanno aspettato ogni sera per una stage door (e sono state spesso accontentante). E' stata una delle produzioni più chiacchierate e fruttuose degli ultimi anni (accanto al Richard II con David Tennat e il Coriolanus con Tom Hiddleston). Oggi e domani (19 e 20 aprile) grazie all'annuale rassegna del National Theater Live, potrete vederlo al cinema, la registrazione dal vivo non è priva di difetti, nulla può dare una visione d'insieme come l'esperienza del palcoscenico, ma rende bene l'atmosfera e permette a tutti di apprezzare questa grande opera secolare. Amleto è  uno dei personaggi più amati e conosciuti dal genere umano. Sono proverbiali i suoi monologhi, come le sue vicende. La madre sposa lo zio, assassino di suo padre, lo spettro del suo caro defunto lo spinge alla vendetta e lo trascina in un vortice di follia che coinvolge tutto il suo mondo, compresa l'amata Ofelia. Benedict Cumberbatch ha il merito di aver portato in spalla (per tre mesi consecutivi) l'intero cast, proponendo al pubblico (grazie alla sua popolarità) non solo la sua interpretazione, naturale e convincente, ma anche le incisive prestazioni di Ciràn Hinds potente e maligno nel ruolo dello zio Claudio e Sian Brooke l'Ofelia "fotografa" che da il meglio di se nel finale, fragile ed estraniante. Il regista Lindsey Turner aveva spostato inizialmente "Essere o non essere" al principio, perché il pubblico si concentrasse sulle altre scene che lo precedono, sono "le battute più conosciute al mondo" ha spiegato, "il trucco è recitarle come se fossero state scritte ieri" ha aggiunto Cumberbatch, indubbiamente pronunciarle è sogno e la croce di tantissimi attori. La scelta di separare queste parole dal contesto non è piaciuta, evidentemente Shakespeare non può essere reinterpretato mai alla leggera, motivo per cui in questa versione, e dopo due settimane di rappresentazioni, il monologo è stato rimesso al suo posto. Le scenografie di Es Devlin sono sontuose ed eleganti, ci spostiamo dall'atrio della reggia di Danimarca alla polvere del campo di battaglia inglese senza neanche percepire il cambio a vista. Lo stesso non si può dire per i costumi, Katrina Linsay, veste Amleto come una rock star, T shirt con (l'immortale) David Bowie e frak azzurro verniciato di bianco con a vista la scritta "King" sulla schiena, Ofelia con un orrendo pantalone giallo fosforescente e una camicetta bianca sciatta legata con una cinta di corda, Orazio (Leo Bill) con i tatuaggi e vista e lo zaino da boy scout sulle spalle,  abiti moderni come si conviene ad ogni spettacolo classico riproposto a Londra, ma troppo chiassosi, solo la regina Gertrude (Anastasia Hille) madre del principe protagonista, veste un decadente ma elisabettiano abito da sposa nel banchetto del primo atto. Gli effetti speciali definiti dalla BBC "da blockbuster" sono indubbiamente d'effetto, l'apparizione dello spettro del padre (un ottimo Karl Johnson) è favorita dalle quinte del teatro e merita un'attenzione particolare alle luci. Il "marcio in Danimarca" lo hanno visto tanti critici nella madre patria ma non c'è, è una rispettosa e visiva immersione nell'opera che mai dovrebbe rimanere sepolta nel tempo solo per non temere confronti con le rappresentazioni passate. Dal 1600  al 2015 (e oltre) viene ancora interpretata e amata dal pubblico di tutte le età, perché Shakespeare parla ad ogni donna e ad ogni uomo, in ogni epoca in ogni tempo e a Benedict Cumeberbatch, tanto di cappello. 
 
Francesca Tulli