Il giorno del suo undicesimo compleanno la piccola Angeliki – Clhloe Bolota - si lancia dalla finestra di casa sua, togliendosi la vita sotto gli sguardi attoniti dei suoi familiari vestiti a festa. Questo è il prologo di Miss Violence, presentato in concorso alla 70ª Mostra del cinema di Venezia e vincitore di ben quattro premi: il Leone d'Argento per la migliore regia, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile - a Themis Panou - il premio Arca Cinema Giovani come miglior film ed il premio Fedeora come miglior film dell'area Euro-Mediterraneo.
È abbastanza evidente, pur non conoscendo la sua traiettoria cinematografica, che dietro la macchina da presa di “La prima neve” non c’è solo un bravo regista, ma anche un sociologo, esperto di comunicazione sociale, personalmente impegnato nei temi della cooperazione internazionale. Approdato alla fiction con “Io sono li”, dopo aver girato documentari che narrano i mondi albanesi, africani, zingari, Andrea Segre si è imposto all’attenzione di critica e pubblico per la sua capacità di raccontare storie di persone e luoghi attraverso una cifra stilistica assolutamente personale, riconoscibile. La sua umanità è sempre costituita da quei soggetti marginali che, più di altri, vivono sulla propria pelle le contraddizioni di un capitalismo cieco e di uno stravolgimento del senso di comunità. Che si tratti di documentari o di fiction – in Segre, rintracciando quasi intuitivamente una tendenza fortunata del cinema contemporaneo, il confine non è molto netto – lo spettatore sperimenta immediatamente quella sorta di straniamento rispetto alla sua realtà, a cui segue una totale immersione nella realtà raccontata ed un ritorno alla propria, arricchito da una serie di spunti alla riflessione che non possono fermarsi ai titoli di coda. Si potrebbe in un certo senso affermare che le sue storie accompagnano lo spettatore oltre lo spettacolo (ammesso che ci sia ancora spazio per un’autenticità non fagocitata all’interno dell’industria del tempo libero)