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27 Dic
Parlare della morte ai bambini è difficile, talvolta parlarne con gli adulti è ancora più arduo. Ci sono riusciti Lee Unkrich e Adrian Molina i registi di Coco, l’ultima strabiliante fatica nata negli studi di animazione digitale Disney Pixar. Nella famiglia del piccolo Miguel Rivera la musica è stata bandita, per una vecchia faida familiare. Tutto procede per il meglio nella tranquilla città di Santa Cecila in Messico e mancano pochi giorni alla ricorrenza del Giorno dei Morti, dove i defunti che non sono stati dimenticati, possono scendere sulla Terra a visitare i vivi. Miguel a dispetto di tutti, armato di chitarra di legno coltiva la sua segreta  passione per la musica e in particolare per Ernesto della Cruz, a suo dire il più grande cantautore mai esistito. Solo lo spelacchiato cane di strada Dante (il suo nome non è casuale ma niente paura non gli accadrà niente di brutto, non stiamo parlando di un film di Tim Burton!) assiste alle sue esercitazioni da autodidatta. Si presenta l’occasione di un talentshow e Miguel si affida ai suoi antenati per tentare l’impossibile. Una cascata di petali colorati lo trascina nel regno dei morti, dove c’è solo gioia e nostalgia della vita, uno specchio di felicità dove gli unici a soffrire sono le anime dimenticate. Tra di loro Hector, uno scioccato scheletro che sembra disposto a tutto per tornare dai suoi cari durante la festa del “Dìa De Los Muertos”. A dispetto di una trama apparentemente semplice (capace di parlare anche ai bambini) l’intrigo rivela molti colpi di scena e la pellicola commuove, senza mettere tristezza. Dove la famiglia non ti sostiene, la comprensione passa per il compromesso, i tuoi sogni vengono distrutti prima di potersi realizzare, la forza per andare avanti la puoi trovare da solo. Un insegnamento che arriva dritto al cuore, senza falsi sentimentalismi. Il concetto di famiglia viene allargato mettendoci davanti alla consapevolezza che forse tra i nostri avi, qualcuno che abbiamo conosciuto solo tramite i racconti e le fotografie, ci avrebbe capito. lo studio della scenografia è curatissimo frutto di un viaggio in Messico, da parte della produzione e  la visione dell'aldilà, della città affollatissima di chi è passato (realmente) a miglior vita è assolutamente laica, senza riferimenti religiosi, se non storico culturali. La tradizione Messicana diventa uno strumento per parlare a tutti. Lo stesso espediente era stato affrontato nel film d'animazione Il libro della Vita (2014) di cui Coco non è la copia carbone. La musica è la vera protagonista del film, è veicolo di immortalità. A firmarla è Michael Giacchino (che si conferma uno dei più grandi compositori di colonne sonore di questa generazione). L’edizione italiana è ben curata. Michele Bravi il cantante nostrano vincitore della settima edizione di X-Factor italia, canta la versione del tema principale “Ricordami” nei titoli di coda, e Mara Maionchi, giudice dello stesso talent, messa alla prova come doppiatrice, farà scendere una lacrima anche ai più duri di cuore, nella sua interpretazione di un personaggio definito da lei stessa“ più vecchio di lei”.L'arte la fa da padrona, con la bendizione degli eredi di Frida Kahlo (lo abbiamo chiesto al regista Lee Unkrich, durante la conferenza stampa). Dove l’amore è l’unica forza, oltre la verità, oltre la tradizione, oltre l’oppressione e le frontiere possiamo tranquillamente prevedere, che in un mondo giusto, il premio Oscar per il miglior film di animazione di quest’anno lo abbiamo già trovato. 
 
Recensione di Francesca Tulli

 

  • Regia: Lee Unkrich, Adrian Molina
  • Paese: Stati Uniti d'America
  • Genere: Animazione Digitale
  • Durata: 109
  • Cast: Luca Tesei, Simone Iuè, Michele Bravi, Mara Maionchi, Franca D'Amato, Emiliano Coltorti, Fabrizio Russotto
  • Valutazione: 4

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