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01 Gen
Spesso il periodo di gestazione di alcuni film è piuttosto lungo e complesso. Nella maggior parte dei casi si tratta di una scelta obbligata, dettata da necessità tecnico scenografiche di raggiungere un esito formale adeguato al progetto in fase di produzione. E’ il caso dei soggetti di matrice fantascientifica o delle impegnative trasposizioni storiche. Dal canto suo, il tempo è un narcotico insidioso, vitale per impreziosire trame complesse, fatale per le storie nelle quali l’essenzialità e il rigore servono a mantenere il battito del ritmo narrativo regolare. Nosferatu di Robert Eggers è un film evento non tanto per ciò che sceglie di narrare, ma per ciò che ha comportato in questi due anni, tra dibattiti accesi e pronostici abbagliati. Eggers lo ha modellato, rimaneggiato e masticato allo sfinimento, aggiungendo e togliendo sezioni, come lui stesso ha dichiarato alla stampa americana poco prima dell’uscita nelle sale. E come una gomma masticata a lungo, che inevitabilmente diviene dura e insapore, così il film ha finito per perdere tono e significato. Andiamo per gradi. La trama si discosta (nel suo scheletro) molto poco da quella raccontata in precedenza, rispettivamente da Herzog (1979) e da Murnau (1922). Germania, 1897. La giovane Ellen, sposata con  l’agente immobiliare Thomas, affonda improvvisamente in quelli che erano i suoi incubi adolescenziali. Una creatura oscura e infernale cerca di possederla, uccidendo le persone a lei care. Sogni che diventano ossessioni, visioni che prendono il sopravvento al calar delle tenebre e che la trascinano a pochi giorni di distanza dalla partenza del marito in una profonda trance. Thomas infatti, lascia il sacro talamo per recarsi in Transilvania e chiudere un importante affare, inconsapevole che il cliente da cui si sta recando altri non è che il peggiore incubo della moglie. A leggere la trama, nulla appare fuori luogo o avulso dal contesto di riferimento e cioè il racconto del Conte Orlok. Le cose cambiano radicalmente una volta che ci si siede in sala e si inizia a vedere il film. Qui iniziano i guai. Primo tra tutti, è quell’allure un po' blasonata che permea fotografia, montaggio sonoro e personaggi (tutti bellissimi e giovanissimi ad eccezione di una benedetta minoranza). Nessuno inoltre, osa mettere in discussione l’incanto dell’atmosfera e della messa in scena, che si riverbera in una bellissima costruzione plastica delle sequenze tanto da richiamare le opere fiamminghe. I primi piani di Ellen (Lily Rose Depp), sono probabilmente la cosa più riuscita del film. Il volto è attraversato in alcune fasi da una luce spettrale bluastra, che si fa presagio pestilenziale di morte. Una luce che avvolge il corpo in una forza putrefatta e che è il tratto più suntuoso e inquietante di tutto il film. Purtroppo il cinema non vive di solo compiacimento iconografico, ma di tanti altri aspetti capaci di inserire e restituire sconvolgimento, angoscia, soprattutto se si ha tra le mani il personaggio di Nosferatu. E’ proprio lui, il principe della notte, a subire l’attentato più grave: la bidimensionalità, tara che lo rende epidermico e totalmente privo di mistero. Nella prima parte, con l’arrivo di Thomas al Castello, si assiste a una serie di scene a dir poco frettolose. Eggers  preme l’accelleratore, saltando un momento chiave per la storia, lo svelamento agli occhi di Thomas della vera natura di Nosferatu, che sarebbe dovuto avvenire per gradi, lasciando aleggiare un senso di smarrimento e suggestione. Invece si passa subito al viaggio del vampiro nella nave verso la Germania, verso Ellen. Arriviamo alla parte del film che funziona di meno, quella che va dalla metà del racconto al suo dispiegamento finale. Eggers noto ai suoi spettatori per l’essenzialità nei dialoghi, qui sembra volerci stordire con le parole e non con i fatti. Scelta davvero incomprensibile e inaspettata, che annoia e atterrisce il pubblico alle prese con scambi piuttosto caricaturali. Se la tensione va esaurendosi nelle chiacchiere dei protagonisti, il film si compromette definitivamente con un uso imperdonabile della possessione, fatto di contorcimenti e occhi rivoltati all’indietro, a cui il cinema dell’orrore ci ha assuefatti e al quale evidentemente nessuno ha il coraggio di sottrarsi. Poco importa se appartiene a un altro codice narrativo o se stride con tutto il contesto. Scivolone da sonora pernacchia. Eggers è indubbiamente un bravo regista, un autore che ha dimostrato di avere identità e talento, ma in questo caso ha scelto una via sicura, disinnescando ogni forma di sovversione, rinunciando a qualsiasi tentativo di omaggiare quella poetica gotico-horror cavalcata con audacia da Herzog. 
 
Giada Farrace 
 

 

  • Regia: Robert Eggers
  • Paese: Stati Uniti d'America
  • Genere: Horror
  • Durata: 132'
  • Cast: Lily Rose Depp, Bill Skarsgard, Nicholas Hoult, Willem Dafoe, Aaron Taylor Johnson
  • Valutazione: 2

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