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22 Ago

E’ sempre appianato il percorso di chi decide di narrare una pagina spinosa della storia del nostro paese appellandosi agli stilemi del classico racconto drammatico, rifacendosi magari alla vecchia scuola del cinema d’indagine. Meno facile è invece portare sullo schermo quello stesso fatto di cronaca partendo dal basso, dal dramma individuale, scegliendo quasi i toni della commedia. Perché con Palazzina Laf Michele Riondino supera il varco del genere drammatico e anche quello della ricostruzione analitica, dispiegando una storia di difficile nomenclatura per la sua natura di ibrido tra commedia amara e dramma ironico. I presupposti fermandoci anche soltanto all’impianto narrativo ci sono tutti per convincere della riuscita di questo piccolo film(che piccolo poi non lo è affatto) e delle capacità registiche di Riondino. La vicenda è ambientata negli anni novanta, più precisamente in quel delicatissimo momento in cui l’Ilva di Taranto, dopo la privatizzazione passò in gestione ai Riva. Attraverso la storia di Caterino La Manna (Michele Riondino), uno dei tanti operai all’acciaieria, si ripercorre quella pagina tormentata e dolorosa all’interno della fabbrica, un momento storico che lasciò un segno indelebile per le vite di chi vi lavorò e per tutti quelli che finirono per ammalarsi fatalmente a causa delle inalazioni di amianto. E’ una Taranto che fa solo da  sfondo quella raccontata da Riondino, dove non c’è spazio per il colore, per il mare o la spensieratezza. Ingaggiato da un insidioso dirigente (Elio Germano) per tenere d’occhio e spiare tutte i movimenti sindacalisti nel ventre della fabbrica, La Manna finisce per fare carriera e conquistarsi (come molti) una promozione ai piani alti, arrivando alla Palazzina Laf. Ma, qui c’è poco spazio per l’entusiasmo, dal momento che La Manna approda in un non luogo, nella fattispecie un edificio realmente esistito in cui venivano confinati tutti gli operai aventi un profilo altamente specialistico. Un ricatto ad opera della direzione (prima forma ufficiale di mobbing sul luogo di lavoro in Italia) la quale stabiliva chi fosse sgradito. Da quel momento in poi le alternative per chi finiva nella lista nera erano due: accettare di fare gli operai senza alcuna formazione oppure finire in un’ala dello spazio siderurgico adibita a pseudo ufficio dove passare le ore di lavoro senza uno scopo preciso, in un perenne stato di inattività logorante. L’oblio, il fardello della noia, rendevano la vita di queste persone insostenibile tanto da farli precipitare in una spirale di alienazione e smarrimento. Ma come ogni cosa, anche questa situazione ai limiti dell’assurdo conoscerà la parola fine con l’arrivo di controlli e ispettorato del lavoro grazie ad una soffiata in procura. E’ un’Italia che conosciamo purtroppo molto bene, le cose in fondo non sono poi tanto cambiate nel corso degli anni, ma la maggiore consapevolezza verso temi così scottanti e pericoli irreparabili per la salute dei cittadini, hanno portato a dibattere e lottare per la chiusura di realtà di un sistema malato e carnivoro. Riondino punta la lente d’ingrandimento sul profitto del singolo e su quanto esso abbia pesato a discapito del benessere della collettività. Una tragedia quella dell’Ilva che si perpetrò negli anni senza concludersi definitivamente dopo il processo, ma lasciando stigma profonde in tutti coloro che si ammalarono fisicamente e psicologicamente. Palazzina laf è una riflessione toccante e originale, su vita e lavoro, non di meno sul valore sociale che riveste il mezzo cinematografico quale strumento di analisi e conoscenza per le generazioni attuali e future.

Giada Farrace

 

  • Regia: Michele Riondino
  • Paese: Italia, 2023
  • Genere: Drammatico
  • Durata: 99'
  • Cast: Michele Riondino, Elio Germano, Vanessa Scalera, Domenico Fortunato, Gianni D'Addario.
  • Valutazione: 4

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