Bones and all è il nuovo film di Luca Guadagnino in concorso alla Mostra di Venezia 79. Tratto dal romanzo
di Camille DeAngelis, che qui si cimenta anche nella sceneggiatura insieme a David Kajganich. Protagonista
è Taylor Russell e l’enfant prodige Timothée Chalamet (affezionato alle collaborazioni con Guadagnino dopo
il riuscito “Chiamami con il tuo nome”). Road Movie che parte dall’Ohio e attraversa parte degli States per un
viaggio rosso sangue. Una storia d’amore a tinte horror che convince e rimane fedele a quello che promette.
Siamo all’epoca dell’America di Ronald Reagan quando Maren (Taylor Russell), rimasta sola, incontra Lee
(Timothée Chalamet). Lui è una persona solitaria con un carattere battagliero. I due giovani si aiutano a
vicenda durante questo viaggio colmo di pericoli. Si innamorano mentre sono alla ricerca di loro stessi e di
qualcosa che si possa definire “bello”. Perché loro sono persone brutte agli occhi del mondo. Il loro essere
cannibali li confina ai margini delle società. Fuggono ed allo stesso tempo cercano approvazione. Bones and
all è un romanzo di formazione anomalo con una linea narrativa classica, che analizza le difficoltà di tenere a
freno i propri istinti e come possa essere difficile vivere una vita normale quando si è diseredati. Molti dicono:
“Siamo e ci distinguiamo per quello che mangiamo” e qui questa frase cade a pennello.
Il film si porta a casa 2 premi dal Festival veneziano: il Leone d'argento per la migliore regia a Luca
Guadagnino e il Premio Marcello Mastroianni come migliore giovane attrice a Taylor Russell. La data di
uscita americana è il 23 novembre 2022, mentre in Italia non è ancora schedulata. La distribuzione sarà di
Vision Distribution.
Un sì per Guadagnino; la sua regia è ottimamente calibrata. Il cineasta italiano, per il suo primo film
ambientato e girato negli Stati Uniti, riesce a trovare una sorta di sporca e vera intimità con la macchina da
presa, che a lungo andare ci fa dimenticare le atrocità che commettono i cannibali. Riesce tra horror e
sentimento a far salire in superficie una sorta di poesia, che tiene tutto equilibrato e godevole.
Qualche svolta narrativa risulta sempliciotta, ma il solido contesto filmico le fa passare in secondo piano. Si
vede la passione del regista che mette nel caratterizzare i propri protagonisti, soprattutto nella loro
dipendenza e nelle loro negatività. Scruta il loro vivere ai margini e in come lo mette in scena c’è amore.
Riesce così ad emozionare il pubblico che tifa per loro, anche se i loro gesti sono abominevoli. I protagonisti
cercano il loro posto nel mondo, cercando di carpire la propria natura e così facendo anche qualcuno che li
ami per quello che sono. Mondo che li evita e non li vuole. La loro emotività gli apre delle possibilità. Ma non
la possibilità dell’amore duraturo.
L’intenzionalità di riflettere sulle pulsioni giovanili riesce perfettamente al regista. Che gioca le carte
universali della morte e della vita. Vengono messe sul tavolo verde dell’esistenza in maniera continua, prima
una e poi l’altra, in un perpetuo avvicendarsi. I giovani fuggitivi sprigionano queste essenze ataviche. Vigori
tra l’annientamento e la rinascita. Tutto scandalosamente fino all’osso.
Infine segnaliamo la sempre intensa interpretazione di Mark Rylance (Oscar per il Ponte delle spie di
Spielberg). Attore in grado ogni volta di creare la giusta atmosfera. Qui è anch’egli un cannibale, che cerca
nientemeno che quello che cercano i due innamorati. L’unica e non trascurabile variabile è la perdita di se
stesso dopo essersi cercato tanto.
David Siena