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Lunchbox

Venerdì 29 Novembre 2013 21:47 Pubblicato in Recensioni
A Mumbai, ogni giorno i Dabbawallash raccolgono dalle case degli impiegati, per lo più in periferia, il cibo appena cucinato dalle mogli e lo trasportano in scatole porta pranzo (lunchbox) presso i rispettivi luoghi di lavoro. A fine giornata tornano indietro per riconsegnare le scatole vuote alle casalinghe. 
Consegnando oltre duecentomila pasti caldi al giorno, organizzandosi con i più vari mezzi di trasporto, i Dabbawallash rappresentano la spina dorsale della ristorazione aziendale a Mumbai, tanto che il loro metodo di lavoro è stato soggetto ad uno studio di Harvard per l’estrema meticolosità (o quasi). 
 
Lunchbox è la storia di Ila (Nimrat Kaur), casalinga che spera, con le sue ricette speziate, di ridare vigore al suo matrimonio. 
Ogni giorno con l’aiuto della zia, una voce quasi ultraterrena che la guida dal piano di sopra, Ila prepara il pranzo a suo marito. A causa di un errore di trasporto quel pranzo non arriva al consorte, ma a Saajan (Irrfan Khan), modesto impiego prossimo alla pensione. 
Accorgendosi dell’errore Ila darà inizio ad un rapporto epistolare fra lei e Saajan, che finirà per mettere in discussione le vite di entrambi. 
 
Il regista Ritesh Batra descrive una Mumbai frenetica e affollata; un enorme Lunchbox, in cui i residenti viaggiano schiacciati ogni giorno. Una città apparentemente multicultulturale, ma chiusa, i cui ritmi, frutto di un’inadeguata occidentalizzazione, sembrano annientare i contattati umani e abbrutire gli individui. 
Entrambi i protagonisti non trovano serenità nel loro tempo. Lo scambio di lettere fra i due, inoltre, rivela un barlume di nostalgia per un mezzo di comunicazione oramai superato. Due anime alla ricerca di un tempo perduto, fatto di sitcom anni ’80, vecchi Irani cafes e una tranquillità che evidentemente il rapido brulicare della metropoli non riesce a dare. Un tempo perduto per entrambi, solo perché non hanno mai avuto nessuno a cui raccontarlo. Ma, a volte, il treno sbagliato ti porta alla stazione giusta. Nel loro rapporto virtuale Ila e Saajan si scambieranno confessioni sulle proprie vite, analizzando delusioni, paure e piccole gioie di entrambi. Lo scambio quotidiano di messaggi diventa quindi un pretesto per scoprire lentamente le sfumature dei due personaggi.  
Saajan, vedovo e cinico, riuscirà ad uscire dalla scatola in cui era stato prigioniero troppo tempo, anche attraverso l’aiuto dell'immaturo ma volitivo collega Shaikh (Nawazuddin Siddiqui). E se la vecchiaia è la morte per chi è ancora in vita, Saajan la supera risorgendo dalle proprie ceneri.
 
Ila e Saajan si rincorrono senza mai trovarsi, neanche nel delicato finale, forse perché non ne hanno veramente bisogno (almeno a livello drammaturgico); è bastato il loro rapporto epistolare a far mettere in discussione se stessi e fuggire da quella realtà logorante. 
Ritesh Batra mette in scena un’opera prima lieve e al tempo stesso toccante, lontana dalle riproduzioni di genere un po’ grossolane di una Bollywood ormai al crepuscolo. 
 
Angelo Santini
 

Transeuropae hotel

Mercoledì 16 Ottobre 2013 21:40 Pubblicato in Recensioni
Accattivante, avvolgente e vibrante. 
L’esordio dietro la macchina da presa del noto compositore Luigi Cinque, “Transeuropæ hotel” è un vero e proprio esperimento cinematografico, un omaggio alla musica, un elogio alla passione per l’arte che accompagna un’intera vita.
Il background del regista è una buona chiave di lettura per tutto il film: non stupisce – infatti – che gran parte della pellicola sia scandita dalla forza della musica e del ritmo.  Cinque ci racconta una storia – scritta con Rossana Campo e Valerio Magrelli – a metà tra fantasia e realtà, in cui l’elemento mistico diventa a poco a poco predominante.
“Transeuropæ hotel” è il luogo in cui si riuniscono dei musicisti prima di un grande concerto, è il punto di partenza di un viaggio on the road tra l’Italia e il Brasile, attraverso le culture e le tradizioni.
Il compositore, neo-regista, punta tutto sui suoni e sulle immagini: la fotografia è curata al dettaglio, le location scelte sembrano perfette, trasudano storie lontane ed energia (le immagini delle Saline di Trapani sono incantevoli). 
Nonostante sia la sua prima prova alla regia, Cinque riesce a catturare lo spettatore, immergendolo in una storia sopra le righe, per alcuni versi astratta.
L’astrazione è un po’ il tallone di Achille dell’intera pellicola: nonostante le immagini e la musica trattengano “chi guarda” incollato alla poltrona, la sceneggiatura ha qualche buco, aprendo discorsi un po’ troppo estemporanei. 
Alcune battute – per quanto pregne di significato – appaiono forzate e mal inserite nel contesto. 
Ma la musica, come spesso accade, fa miracoli: “Transeuropæ hotel” cresce e va avanti, portando lo spettatore ad un finale  sorprendente, carico ed emozionante. 
La pellicola di Cinque è un crogiolo di culture, tradizioni, credenze e mondi.
Niente e nessuno è così lontano come appare: “le cose spariscono quando non ci credi”.
Nel cast – composto per la maggior parte da musicisti – una eterogeneità di origini e professioni: Luigi Cinque, Pippo Del Bono, Peppe Servillo, Giuseppe Vitiello, Giacomo Verde, Rocco, Keuri Poliane, Jurema da Matta.
 
Silvia Marinucci

Le Giornate del Cinema Muto. Quando il cinema ancora non parlava

Mercoledì 16 Ottobre 2013 21:19 Pubblicato in News
A Pordenone ogni autunno c'è un appuntamento fisso per gli studiosi, gli archivisti e i cinefili: Le Giornate del Cinema Muto festival, che vede la luce grazie alla collaborazione tra la Cineteca di Gemona (Cineteca del Friuli) e l'associazione "Cinemazero" di Pordenone, fin dal 1982. Restauri, retrospettive, approfondimenti, ma anche prime visioni di film muti contemporanei, delineano un programma significativo che ogni anno attira in Friuli un pubblico internazionale.
 
Prima dell'innovazione del sonoro, l'infanzia del cinema aveva diverse connotazioni linguistiche e formali. I suoi primi passi, però, non sono stati affatto silenziosi: infatti il cinema delle origini prevedeva spesso esecuzioni musicali dal vivo. A Pordenone i film sono sempre musicati in sala da interpreti internazionali: addirittura nell'ambito degli eventi del festival sono previste Masterclass per musicisti aspiranti accompagnatori di cinema muto. 
Nonostante la distanza storica, è sempre più evidente il rinnovato dialogo con un passato linguisticamente diverso. Certi festival, poi, sono tanto affollati da esaurire i posti disponibili, come è accaduto al teatro Giuseppe Verdi di Pordenone, sede delle proiezioni de Le Giornate del Cinema Muto, per l'evento di punta, la prima mondiale di Too Much Johnson (1938) di Orson Welles. Il film, considerato perduto, è stato ritrovato da Cinemazero di Pordenone e restaurato dalla cineteca George Eastman House di Rochester (USA) e dai laboratori Cinema Arts in Pennsylvania e Haghefilm Digitaal in Olanda, con il contributo della National Film Preservation Foundation degli Stati Uniti. Inspiegabilmente, la pellicola giaceva in una cassa nel magazzino di una ditta di spedizioni di Pordenone. L'associazione culturale Cinemazero fece ritirare il materiale, affidandolo per il riconoscimento al laboratorio La camera ottica del DAMS di Gorizia e alla Cineteca del Friuli. Ciro Giorgini, collaboratore di Fuori Orario nonché autorevole conoscitore dell'opera di Welles, rivela l'identità della pellicola. Il film era stato realizzato da Welles come un’introduzione per la commedia teatrale di William Gillette, Too Much Johnson. Il plot della commedia, tra vari equivoci e tradimenti, era un perfetto sfondo narrativo al ritmo della slapstick comedy. Orson Welles dedicava il suo debutto alla regia ad un tributo alle comiche del muto (nel 1938 largamente superato), ispirandosi a Mack Sennett e Harold Lloyd. Tra gli interpreti un brillante Joseph Cotten, amico del regista, che interpreterà Lealand in Citizen Kane (1941), e Virginia Nicolson, all'epoca moglie di Welles. Fra inseguimenti e fughe in equilibrio sui cornicioni e fra i tetti di New York, il regista imprime già le sue firme autoriali: più di una volta l'uso della profondità di campo dona un senso differente all'editing del film e la sequenza dell'inseguimento nel mercato, in un labirinto di scatole e di cappelli, sembra un preludio alla suggestione degli specchi nel lunapark di The Lady from Shanghai (1948). Nel 2013 centinaia di persone hanno affollato un intero teatro per questo film, commentato in sala dal curatore Paolo Cherchi Usai, coordinatore del restauro.
 
Tra gli altri eventi della trentaduesima edizione del festival si segnalano anche le proiezioni di Beggars of Life di William Wellman e Mat’ (=La Madre) di Pudovkin, nonché le performance del "Benshi" Ichiro Kataoka, che in abiti tradizionali nipponici interpretava le proiezioni di interessanti film muti giapponesi.
L' interesse degli spettatori verso questo glorioso passato del cinema è un dato di fatto: lo testimoniano le vendite di DVD e il successo di botteghino di film muti contemporanei, come The Artist o Blancanieves. E grazie ad iniziative come Le Giornate del Cinema Muto un pubblico sempre più ampio e variegato può accedere alle forme e ai contenuti di una storia affascinante, dedicando nuove energie alla conservazione, alla diffusione e allo studio dei primi trent’anni di cinema.
 
Rossella Catanese

 

Detour. Festival del Cinema di Viaggio, sta per dare il via alla sua seconda edizione che si svolgerà a Padova, al cinema Porto Astra, da martedì 15  a domenica 20 ottobre. 
 
Il festival si propone anche quest'anno come luogo di incontro e confronto sul tema del viaggio nel
cinema. Al Concorso internazionale gareggeranno sia film di fiction che film documentari, che affrontano la tematica nelle varie accezioni di fuga, esilio,  migrazione, esplorazione, vagabondare ma anche ritorno, scoperta,  formazione,  o  nelle derive di spaesamento, attraversamento e confine.
 
 
 
 
Tre saranno i premi del festival: Premio al miglior film in concorso per l'ammontare di 3.000 euro;
Premio Speciale della Giuria assegnato dalla giuria al  film del  Concorso Internazionale che meglio interpreta l’idea del viaggio;
Premio del Pubblico assegnato dal pubblico che è chiamato a votare tra i film presentati nel Concorso Internazionale.
Anche quest'anno viene conferito un premio a una figura importante della scena cinematografica padovana, che con il suo lavoro contribuisce a valorizzare il talento e la passione per il cinema fuori dai confini locali.
L'Omaggio all'autore è dedicato a Wes Anderson, con una retrospettiva completa su tutti i suoi lavori, con le anteprime italiane di Bottle Rocket (Un colpo da dilettanti, 1996) e Rushmore (1998). 
Nella sezione Viaggio in Italia, troveranno spazio lungometraggi e documentari che raccontano il nostro paese. 
A tenere a battesimo la sezione sarà l'omonimo film di Rossellini Viaggio in Italia nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna. Ancora nel programma: Summer 82 when Zappa came to Sicily (2013) di Salvo Cuccia, presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia 2013, Il mio paese (2007) di Daniele Vicari,  e due lavori di Costanza Quatriglio: Terramatta (2012) e il nuovo Con il fiato sospeso (2013). 
Una serie di Eventi Speciali andranno ad approfondire il tema del festival: l'anteprima assoluta di River Water (2013), film documentario di Paolo Muran e Nicola Pittarello
che racconta il viaggio in barca di due anni di Giacomo De Stefano, La jaula de Oro (La gabbia d'oro) di Diego Quemada-Diaz, pellicola messicana che ha ricevuto il premio Un Certain Talent a
Cannes 2013, il  docufilm  The  We  and  the  I  di  Michel  Gondry  e  Lo Spaventapasseri (Scarecrow,1973), road movie degli anni 70 con Al Pacino e Gene Hackman.Tra le novità di questa edizione anche spazio per la formazione con i tre workshop: Carnet di viaggio con Stefano Faravelli,  Scrittura di Viaggio con Guido Bosticco e Fotogiornalismo con Alessandro Gandolfi.
Ad arricchire il carnet degli incontri una tavola rotonda in collaborazione con il Comune di Padova dal titolo Il Veneto e l’industria cinematografica: esperienze  e opportunità un momento di
confronto, anche con gli enti pubblici territoriali, per sviluppare insieme le potenzialità economiche.
 
Per maggiori informazioni consultando www.detourfilmfestival.com