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Intervista ad Andrea Bosca

Lunedì 26 Marzo 2012 18:38 Pubblicato in Interviste

Nel panorama cinematografico italiano non sono molti gli attori che affiancano un buon livello recitativo ad un'assidua presenza scenica, tra i pochi, sono ancora meno i giovani talenti. In questo gioco alle detrazioni spicca sicuramente Andrea Bosca. Classe 1980, astigiano di nascita e diplomatosi al Teatro Stabile di Torino, è uno dei nuovi volti che si sta affermando per i ruoli diversificati e le evidenti doti interpretative. Il suo curriculum si dimostra già abbastanza ricco, da questo emerge una grande versatilità nell'esser passato agilmente attraverso cinema, teatro e televisione. Collaborazioni con Lucini, Manfredonia, Martone, solo per citarne alcuni, parcecipazione da protagonista all'ultima edizione del festival triestino Maremetraggio, con una "prospettiva" a lui dedicata, esce in questi giorni nelle sale italiane con due attese produzioni Fandango: Gli Sfiorati di Matteo Rovere e Magnifica Presenza di Ferzan Ozpetek.

 

Abbiamo incontrato Andrea che ci ha concesso un'intervista dove ci parla di questi suoi ultimi lavori e dei suoi impegni.

Per quanto riguarda Gli Sfiorati, è Méte, protagonista di una vicenda dai contorni difficili. La storia è infatti quella di un incesto, vissuto attraverso le tinte chiare della commedia, un contrasto forte ma che non stona, rendendo tutto facilmente digeribile.

 

 

Come ti sei approcciato al personaggio di Méte e alla storia?

 

Innanzitutto si è trattato di una sfida emotiva nel cercare di dirigersi in un posto dove tutti noi vorremmo andare ma difficile da raccontare a parole. Il problema principale è che trattandosi di una trasposizione da un testo letterario, c'era da dover rendere delle emozioni impresse su carta attraverso delle immagini, rivivendole nella maniera più convincente possibile.

Mi sono trovato a dover raccontare un universo a me del tutto sconosciuto, come può essere quello dell'incesto, trovando un punto fermo in Matteo Rovere che ha dato ordine a al disordine, aiutandomi a trovare la leggerezza nell'approcciarmi alla tematica, rendendo questo viaggio una conquista. Quando ho incontrato delle difficoltà ho cercato di passarne attraverso, nonostante il personaggio sia sofferto e che non si possa parlare di un vero e proprio happy ending, come mostrano le scanzonate sequenze finali.

Questo mi ha messo a dura prova nell'approccio alla storia, ma alla fine siamo riusciti anche a ridere di un personaggio capace di meschinità e vigliaccheria.

 

                                                                     

 

 

La storia si conculde con una ritrovata apparente serenità familiare, sugellata da un coro su una canzone, quali riflessioni ti ha fatto maturare questo particolare finale?

 

Il personaggio di Méte è ricco di sfumature e, nonostante un'apparenza di superficialità, porta con sé un grande peso interiore, determinato dall'irrisolutezza e sfuggevolezza con cui conduce la sua vita. Non credo che avrebbe mai cantato con suo padre, con il quale il rapporto è sempre stato molto conflittuale, quella canzone se non fosse passato prima da un atto forte come può essere l'incesto. Qui l'incesto consumato con Belinda, non è solamente determinato da una spinta sessuale, ma ciò che è realmente inaccettabile è che sia frutto di una grande storia d'amore. Proprio per questo, dopo l'esteriorizzazione dei sentimenti e delle pulsioni represse per buona parte della storia, c'è la scena del salire in macchina e cantare con il padre: un passo molto importante e difficile..

 

 

Come pensi venga recepito dal pubblico questo film?

 

Credo che anche i ragazzi dai 12 anni in su, ormai siano aperti a ben altri contenuti rispetto alle generazioni di adolescenti di 20 anni fa. Proprio per questo credo che sia adesso molto più semplice raccontare anche queste cose. I ragazzi di oggi hanno accesso ad una quantità incredibile di contenuti ed è più facile raccontar loro le cose in un certo modo, affrontando la verità in maniera che non ti scappi di mano.

 

Cosa ci dici invece della tua esperienza con Ozpetek?

 

Ho avuto la possibilità di lavorare al fianco di attori enormi, i miei preferiti come Elio Germano o Margherita Buy, solo per citare alcuni di loro . Ozpetek è una persona stupenda, lavorare con lui è una bellissima esperienza. Lui riesce ad entrare nel cuore delle cose, carpendo l'animo delle persone e scavando a fondo nelle situazioni, questa è una qualità da rimarcare. Riesce a tirar fuori il meglio che tu possa dare, trova il nucleo, molti di noi perdono la centralità raccontando, recitando, lui la ritrova seguendo tutti. Lavorare con lui, al dilà di come verrà accolto il film, è una delle cose più belle che abbia mai fatto. Ti mette assolutamente a tuo agio facendoti arrivare dove vuole arrivare e prendendo da te tutto ciò che riesci a dare senza forzature, seguendo un percorso del tutto naturale.

Ad Ozpetek piace essere sorpreso, inventando sottigliezze interpretative con te, prende spunto da una qualsiasi sbavatura e la utilizza per costruire. Quello che lui sogna è sempre un po' di più di quello che tu puoi immaginare ma il risultato è decisamente soddisfacente, riuscendo a incontrare le sue aspettative.

 

E per quanto riguarda il tuo personaggio in Magnifica Presenza?

Ciò che ho fatto è stato un piccolo ruolo ma per approcciarmi a questo ho preso spunto dal desiderio e dall'amore che trasmette Ferzan nel dirigere i suoi attori e ho rivolto queste emozioni a quello che al momento doveva essere l'oggetto del mio desiderio, un attore come Elio Germano, che stimo molto, tentando di far questo senza inciampare.

 

Il 24 Febbraio 2012 hai debuttato ad Asti in "Come vivo acciaio" , liberamente tratto da "Una Questione Privata" di Beppe Fenoglio. È la tua seconda esperienza del progetto di laboratorio teatrale aperto a tutti che ti vede come regista e interprete con Elisa Galavagno. Da cosa nasce questa idea?

 

Nasce tutto dalla volontà di andare alla radice del nostro lavoro avendo attenzione alle persone, cercando di avvicinarci a loro, rendendoli partecipi. Noi siamo creatori, narratori di storie di mestiere ma il pubblico ha un ruolo fondamentale e soprattutto l'approcciarsi allo spettacolo che hanno le persone. In un momento di crisi del genere ho avuto fortuna, conciliando la mia passione con ciò che poteva diventare una passione anche per altri, con particolare attenzione al territorio in cui abbiamo dato vita al laboratorio.

Il progetto infatti si ricollega alla candidatura della Provincia di Asti a Patrimonio dell'Umanità UNESCO per arrivare a un coinvolgimento dei territori di Langhe, Roero e Monferrato . É stato un work in progres libero, fatto di tappe, aperto a chiunque abbia voluto prenderne parte, il tutto con la nostra supervisione. Il nostro intento è stato quello di educare la gente al bello, creando quel "fil rouge" tra popolazione e Territorio" .

 

Chiara Nucera

 

 

Amarcort Film Festival

Sabato 24 Marzo 2012 11:53 Pubblicato in Concorsi

Scadenza Bando: 5/08/2012

 
C'è tempo fino al 5 agosto 2012 per poter partecipare alla 5a edizione di Amarcort Film Festival, manifestazione dedicata a giovani registi e produzioni indipendenti per raccontare storie, persone, emozioni.
Tre sono i concorsi per cortometraggi: "Amarcort" per i corti di durata inferiore ai 17 minuti,"Gradisca" per i corti inferiori ai 4 minuti e "Fulgor" esclusivamente pergli autori Emiliano-Romagnoli.
Sarà possibile iscriversi anche al concorso fotografico diviso in 2 sezioni:"Ritratti Felliniani" e tema libero.
I bandi sono reperibili all'indirizzo www.amarcort.it .
 

Intervista a Maria Olsen

Venerdì 23 Marzo 2012 20:43 Pubblicato in Interviste

Come nuova rubrica di FuoriTraccia, abbiamo deciso di dare una voce al grande numero degli artisti emergenti del campo dello spettacolo, personaggi che spesso lavorano costantemente ma non sono ancora così conosciuti al di fuori dell’industria dell’intrattenimento.

Per inaugurare la rubrica abbiamo parlato con Maria Olsen, un’attrice sudafricana che lavora da anni sulla scena americana, e con più 60 crediti come attrice, la Olsen ha affrontato (quasi) ogni tipo di parte: comparsate, narrazioni o personaggi principali in corti e produzioni indipendenti, oppure ruoli minori ma comunque di rilievo in film di primo piano come Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo, Paranormal Activity 3 e l’imminente The Lords of Salem di Rob Zombie. In questa breve intervista, le abbiamo chiesto di farci una panoramica sul lavoro di attrice ad Hollywood, una costante di questa nuova rubrica per dare ai lettori – e a chi vuole tentare l’avventura nel cinema americano - uno sguardo dall’interno.
 
Nome e nazionalità, per favore.
 
Mi chiamo Maria Olsen. Vengo dal Sud Africa, ma in questo momento vivo a Los Angeles.
 
 
Quando hai cominciato a lavorare come attrice e quando hai deciso di trasferirti a Los Angeles?
 
Ho fatto il mio debutto a teatro in Sud Africa quando avevo appena sei anni. Sono arrivata a Los Angeles nel gennaio del 2005 e ho cominciato immediatamente a collaborare con la scena teatrale della città. Dopo più o meno un anno di lavoro sul palco e dietro le quinte -il picco di questo periodo è stato lavorare Off Broadway per sei settimane con il Zombie Joe’s Underground Theater Group- ho deciso di concentrarmi esclusivamente su una carriera cinematografica.
 
Ricordi sul primo lavoro ottenuto in America?
 
Il primo lavoro da attrice cinematografica che ho trovato in America è stato il ruolo della protagonista in una produzione studentesca. Era il 2006…E sto ancora aspettando di ricevere una copia definitiva della sceneggiatura! In ogni caso, non dimenticherò mai l’eccitazione che ho provato nel momento in cui il regista mi ha chiamata per dirmi che avevo avuto la parte….Inoltre, quasi per caso e per la prima volta, è stato proprio durante l’audizione per quel progetto che ho scoperto quell’intensità emotiva che poi sono riuscita a dominare e a far diventare la mia caratteristica distintiva.
 
Dividi la tua carriera tra grosse produzioni e progetti indipendenti, ma hai mai pensato di dedicarti a una sola strada?
 
Malgrado sia un’esperienza incredibile quella di lavorare in un’enorme produzione per uno dei grandi studios, sono fermamente convinta che oggigiorno i progetti più interessanti ed innovativi arrivino tutti dalla scena indie. Inoltre non credo sia molto saggio per un attore limitarsi a recitare esclusivamente per uno dei tanti mezzi a disposizione. Se il progetto mi sembra di qualità e il ruolo che mi viene offerto mi pare essere coinvolgente e stimolante, sono pronta a recitare ovunque: teatro, cinema, produzioni indipendenti, serie TV, soap opera, serie web, corti e perfino video musicali.
 
Trovi sempre la stessa professionalità e lo stesso entusiasmo in produzioni così diverse?
 
Penso che il senso di famiglia e lo spirito di squadra siano sempre più evidenti nelle piccole produzioni piuttosto che in quei progetti in cui sono coinvolte centinaia di persone che lavorano in vari dipartimenti e in cui è chiaramente impossibile pensare di poter incontrare tutti quelli che sono impegnati nel lavoro. Tuttavia la professionalità e l’entusiasmo sono gli stessi in entrambi i casi. Nelle produzioni indipendenti o anche studentesche le persone sul set hanno lo stesso coinvolgimento e impegno di quelli che prendono parte ad un progetto multi-milionario.
 
Hai avuto piccolo ma rilevanti ruoli in grosse produzioni, potresti dirci qualcosa della routine sul set o qualche aneddoto?
 
La mia routine sul set di Percy Jackson & The Olympians: The Lightning Thief di Chris Columbus prevedeva la sveglia alle 4 del mattino, l’arrivo sul set alle 6 e poi una giornata lavorativa di 12-15 ore. Quando la sera mi riaccompagnavano in albergo non potevo fare altro che addormentarmi immediatamente. Durante le giornate sul set ho comunque avuto modo di vedere alcune cose davvero fantastiche, ad esempio Brandon T. Jackson che improvvisava degli esilaranti discorsi davanti alla cinepresa e Pierce Brosnan che lottava costantemente con una sedia a rotelle capricciosa!
Quando ho girato Angels & Demons di Ron Howard, invece, la mia giornata lavorativa era completamente diversa poiché la maggior parte del tempo mi ritrovavo a girare di notte. Non c’è niente di peggio che girare di notte per scompaginare completamente i propri bioritmi. Infatti, la mia prima notte sul set ho completamente sbagliato i calcoli e mi sono ritrovata a restare sveglia per oltre 24 ore filate. Mentre tornavo a casa in macchina mi sono addormentata al volante -e pare che questa sia una cosa piuttosto comune fra gli attori- e mi sono svegliata giusto in tempo per evitare un brutto incidente…È stato molto più divertente su quello stesso set vedere Tom Hanks farsi un giro in bicicletta nella tenda degli attori…
 
 
A tuo parere, qual è la situazione attuale della scena indie americana?
 
Secondo me in questo momento la scena indie americana sta conquistando forza ed energia. I progetti che vengono prodotti vanno da veicoli multi-milionari che sono importanti sia per i nomi che vi partecipano che per la forza delle storie raccontate, a lavori con un budget microscopico che tuttavia non hanno nulla da invidiare in termini di recitazione e produzione ai loro “cugini” più ricchi. Questo è un momento incredibilmente eccitante per chi fa cinema, dal momento che la tecnologia permette a CHIUNQUE di fare un film e di poterlo distribuire in qualunque modo o maniera. Questo aspetto combinato ad una ripresa parziale, almeno secondo me, nella sfera economica ha aperto la strada ad una vera valanga di produzioni indipendenti e ciò non può che essere un vantaggio e un augurio per chi ama il cinema.
 
Continuando a parlare di indipendenti, hai recentemente prodotto tre progetti intitolati Folklore, The Road Killer e Live in Fear: potresti raccontarci cosa ti ha portato ad investirci denaro e non solo lavorarci come attrice?
 
Folklore-che ha vinto di recente i premi per Best Director (Justin Calen Chenn) e Best Ensemble Cast al Boston Sci-Fi Fest-è stato il secondo film su cui ho lavorato con Justin. Il primo è stato la sua ambiziosa saga fantascientifica Embers of the Sky. Folklore è una commedia incredibile e per me si è trattato di una novità dal momento che di solito lavoro nei generi horror, fantascienza o fantasy, ma sapevo che, conoscendo il talento e le capacità di Justin, il film avrebbe avuto qualcosa di davvero speciale…e non mi sbagliavo!
Quello che mi ha incuriosito inizialmente in The Road Killer di Jon Craig e Chris Ryves è stata la tecnica visiva assolutamente eccezionale usata per il trailer del film. Quando poi ho letto la sceneggiatura e mi è stato offerto il bellissimo ed emozionante ruolo di Lilith Meyers mi sono ritrovata totalmente coinvolta nel progetto e ho dato una mano anche per la produzione e la raccolta dei fondi.
Mentre sono qui a scrivere le risposte alle tue domande, mi trovo on-location nello Utah per girare il fantastico horror di Brandon Scullion Live-In Fear. È una produzione dal micro-budget ma sono certa che nessuno lo noterà a prodotto finito. Il cast e i tecnici ce la stanno mettendo davvero tutta e questa condivisione totale di idee ed energia -oltre ovviamente alla sceneggiatura impeccabile scritta da Brandon- farà di questo progetto un vero successo. Ovviamente bisogna aggiungere che non saremmo qui senza tutti quelli che ci hanno sostenuto online, tutte le persone intorno al mondo che hanno risposto positivamente alle nostre campagne per raccogliere fondi su Twitter o Facebook. Non sarebbe stato possibile realizzare questo progetto senza la loro generosità, il loro aiuto e il loro supporto costante.
 
 
Primi consigli per uno straniero che si avventura a Hollywood?Con i vantaggi dell’era tecnologica è sempre fondamentale, come prima cosa, trovarsi un agente?
 
A meno che non si sia già affermati nel paese di provenienza, direi che avere un curriculum ricco di cose interessanti sia più importante che trovare subito un agente. Gli agenti e i direttori del casting molto raramente basano le proprie scelte solo sull’aspetto e vogliono vedere se un nuovo arrivato ha già avuto qualche esperienza sul set prima di metterlo sotto contratto o di portarlo ad una audizione. Fortunatamente è semplicissimo per un attore aprire un profilo sui siti specializzati in casting che ci sono qui ad LA e poi farsi avanti direttamente per qualche ruolo in produzioni di livello più limitato. Quando si firma con un agente, l’attore si troverà a competere per ruoli in produzioni più grandi e con persone che hanno lavorato nel campo per anni e che hanno dei CV da far invidia…mi sembra logico quindi che un nuovo arrivato cerchi di fare più esperienze possibili prima di mettersi in competizione con dei veri veterani del set…
 
Ultima domanda: progetti future e i titoli dei tuoi film preferiti.
 
I progetti in cui lavorerò dopo aver finito Live-In Fear sono The Whaley House, una storia paurosa di The Asylum, lo psycho-thriller Something Sinister (Apparition) di Christopher Dye e l’adattamento del racconto di Stephen King Harvey’s Dream fatto da Christina Desiere. Sto anche producendo e recitando in una produzione della mia stessa compagnia Monsterwork66. Si tratta del nostro primo corto, Life’s a Lottery di Graeme Parker. Inoltre sarò anche coinvolta in Reunion, un horror thriller di Bert Havird, Faraway un’epica action di Randal Kamradt e per finire in Second Son, la prima parte di una trilogia religiosa di Glenn Grant.I miei film preferiti vanno dai musical agli horror e all’animazione…ti nominerei giusto The Music Man, The Exorcist e Ice Age (adoro lo scoiattolo!)
 
Francesco Massaccesi
 
 
 
Our new column on FuoriTraccia will be devoted to all those emerging artists in the entertainment industry who, despite being already well-known by the industry's insiders, are not as yet that famous outside of it. to inaugurate the column, we had a chat with Maria Olsen, an actress from South Africa who has been working in the USA for a number of years. Maria has more than 60 credits on her CV and has worked in (almost) all possible roles: from extra to voiceovers and main roles in indie shorts and feature films to small but important parts in big budget productions such as Percy Jackson & The Olympians: The Lightning Thief.  She's also worked in some great successes such as Paranormal Activity and the forthcoming The Lords of Salem by Rob Zombie. in this brief interview we asked her to give us an overview of the Hollywood world. This will be a recurrent feature of the column and a way to give to those of you who are thinking about trying to pursue a career in the States an insider's look into it.
 
 
Please, state your name and nationality.
 
Maria Olsen.  I’m originally from South Africa, but I’m presently resident in Los Angeles.
 
 
When did you start working as an actress and when you decided about moving to L.A.?
 
I first appeared on stage in South Africa when I was only six years old.  I arrived in Los Angeles in January 2005, and immediately got involved in the local theater scene.  After a year or so of working both on-stage and behind the scenes – the culmination of which was a six-week Off Broadway run with Zombie Joes Underground Theater Group - I decided to make film the focus of my career. 
 
 
Your memories on the first acting job you landed in the Us?
 
The first screen acting job I booked in the USA was the lead in a student film.  That was in 2006…and I’m still waiting for a copy of the completed film!  I will, however, always remember the excitement I felt when the director phoned me and told me I had booked the role…  Also, it was during my audition for that project I - almost accidently and for the very first time - tapped into the emotional intensity that I have since harnessed and that is now my trade mark.
 
 
You divide yourself between big productions and indie features: have you even thought about focusing on a single path?
 
Although it’s totally awesome to work on the gigantic studio features, I truly believe that the most exciting and innovative film projects these days are to be found in the indie sphere.  Also, I don’t think it’s very wise for an actor to limit his- or herself to performing through only one medium and – provided I’m impressed by the quality of the script and I find a role challenging and compelling – I will work on stage or on screen and, for the latter, in studio films, indie films, tv series, soaps, web-series, short films and even music videos.
 
 
Did you find the same professionalism and enthusiasm while working in big and small productions?
 
I think that the sense of family and camaraderie is more evident in smaller productions than larger ones where there can be hundreds of people per department and where there’s no hope of one single person meeting everybody else involved in the shoot.  Professionalism and enthusiasm, however, are usually the same across the board, with those involved in the smallest student production usually being  just as excited and grateful to be on set as those involved in the highest budget Hollywood blockbuster.
 
 
You had small but relevant roles on some huge productions: could you tell us about the set routines of these ones or some anecdotes? 
 
My on-set routine for Chris Columbus’s Percy Jackson & The Olympians: The Lightning Thief involved getting up at 4am, getting on set by 6am and then working a twelve to fifteen hour day before being driven back to the hotel and gratefully falling asleep.  During the actual work day, I experienced such awesome things as Brandon T Jackson’s amazingly hilarious on-set improv takes and Pierce Brosnan’s constant battle of wills with his wayward wheelchair!
 
When I worked on Ron Howard’s Angels & Demons, however, my routine was vastly different as my shoots were mostly night shoots.  There’s nothing that messes with one’s daily routine quite like a series of night shoots, and these were no exception.  In fact, on my first night working on the project, I miscalculated and found myself staying up for over 24 hours.  While driving home, I fell asleep behind the wheel – a common experience for actors, I’m told – and woke up just in time to avoid a serious accident…  Far more enjoyable, though, was the time Tom Hanks rode around the actors’ dining tent on a bicycle…
 
 
In your opinion, what’s the current situation of the American indie scene?
 
In my opinion, the American indie scene is currently gaining both strength and momentum.  The projects produced range from multi-million dollar vehicles that are remarkable for both the quality of the names attached and the strength of their stories to micro-budget productions that look every bit as classy as their higher-budget counterparts and where story does not suffer due to the lack of acting ability.  We are living in an exciting and unprecedented time for film-making as the technology is so accessible that literally ANYBODY can make a film and get it distributed in some way, shape or form.  This, combined with – in my view at least – a partial recovery in the economic sphere, has resulted in a slew of lower budget films being put into production, which can only bode well for the movie-loving public.
 
 
Speaking of indies, you’ve recently produced three new features: Folklore, The Road Killer and Live in Fear, could you reveal us something about these new films and what got you to act and also invest money into them?
 
Folklore - which recently won Best Director (Justin Calen Chenn) and Best Ensemble Cast at the Boston Sci-Fi Fest – was the second feature I worked on with Justin, the first being his ambitious sci-fi saga, Embers of the Sky.  Folklore is a comedy of mythic proportions, and this was a departure for me as I usually work in either horror, sci-fi or fantasy, but I knew that, given Justin’s drive to be successful in everything he does, this film was going to be a cut above the average…and I wasn’t wrong!
 
What initially drew me to Jon Craig’s and Chris Ryves’ The Road Killer was the astounding visual technique used in the film’s trailer.  When I read the script and was offered the emotionally compelling role of Lilith Meyers, I was sold, and also hopped on board to help produce and fund-raise.
 
As I sit and type the answers to your questions, I’m on location in Utah shooting Brandon Scullion’s so-cool-it’s-frozen horror feature, Live-In Fear.  This production may be micro-budget, but it’s sure not going to look that way.  The cast and crew have been putting their all into making this movie, and it’s this combined vision and focusing of energy – not to mention the fact that Brandon has written a killer script! - that will make this ambitious project successful.  We would also be nowhere without our online supporters - those people around the world who responded so positively to our Twitter and Facebook crowdfunding campaigns – we truly would not have been able to make this film without your generosity, help and support.
 
 
First tips to a foreign Hollywood newcomer? With the advantages and advances of the technological era, is still fundamental to get an agent pronto?
 
Unless you’re an established star in where-ever you’re from, I would say that getting a healthy looking full resume is more important at the start of your career than getting an agent.  Agents and casting directors rarely take chances based on looks alone, and they like to see that an up-and-coming actor has on-set experience before they sign them or bring them in to audition.  Fortunately, it’s simplicity itself for an actor to set up his or her online profile on the LA-specific casting websites and to submit themselves for roles in lower level projects.  Once newbie actors sign with agents, they will be submitted for higher level jobs where they will be competing with extremely skilled professionals who’ve been in the game for years and who have resumes to die for.  It seems logical, therefore, that up-and-coming actors should amass as much experience and on-set smarts as possible before pitting themselves against the veterans…
 
Last question: future projects and your personal favorite films.
 
The projects that I’m lined up to shoot during the next few months once I’ve wrapped Live-In Fear, include The Asylum’s creepy horror, The Whaley House, Christopher Dye’s compelling psycho-thriller Something Sinister (aka Apparition) and Christina Desiere’s adaptation of the Stephen King short story, Harvey’s Dream.  I’m also producing and acting in my production liaison company, MOnsterworks66’s, first short film project, which is Graeme Parker’s Life’s A Lottery.  As if that wasn’t enough, I’ve also recently been attached to Bert Havird’s smart horror-cum-thriller Reunion, which should shoot in the summer, and should shoot Randal Kamradt Jr’s action adventure epic Faraway, and at least the first installment of Glenn Grant’s faith-based Second Son trilogy, later this year.
My favorite films run the gamut from musical to horror to animation and back again and include The Music Man, The Exorcist and Ice Age (I just ADORE that squirrel!!!).
 
 
Francesco Massaccesi

Magnifica Presenza

Lunedì 19 Marzo 2012 23:04 Pubblicato in Recensioni

Pietro (Elio Germano), di notte addetto alla preparazione dei cornetti e di giorno aspirante attore, prende in affitto un appartamento nell'elegante e storico quartiere di Monteverde vecchio, nonostante i dissensi dell'ingombrante e buffa cugina Maria (Paola Minaccioni). Tutto sembra perfetto se non fosse che, durante la ristrutturazione dei locali, Pietro nota la presenza di "particolari" coinquilini, vestiti in abiti d'altri tempi, visibili a nessun altro che a lui. Dopo un primo momento d'impasse, inizia a familiarizzare con loro, scoprendo che si tratta della compagnia teatrale Apollonio, scomparsa in circostanze misteriose nel 1943. Mentre prosegue tra alti e bassi la sua vita, instaura un rapporto intenso con questi stravaganti personaggi, a tal punto che decide di aiutarli mettendosi sulle tracce dell'attrice Livia Morosini, un tempo vedette della compagnia, che ora vive sotto falso nome. Questa ricerca aprirà le porte ad una verità difficilmente confessabile...

Se già si era confrontato ne Le fate ignoranti con morti che, dopo la propria dipartita, risultavano ancora più vivi per il carico di menzogne che avevano lasciato a chi era rimasto e con presenze impalpabili in Cuore sacro, con questo nuovo Magnifica presenza, Ozpetek affronta la ghost-story attingendone a piene mani, in forma di smagliante e riuscita commedia. Tra le suggestioni inevitabili di un capolavoro come Fantasmi a Roma di Pietrangeli, quelle de L'Angelo sterminatore di Buñuel ed i riferimenti voluti dalla co-sceneggiatrice Pontremoli ai pirandelliani Sei personaggi in cerca d'autore (basti pensare ad uno dei set-up/payoff “Finzione! Finzione!... Ma quale finzione, realtà!”), il film, permeato di forte ironia, è costantemente attraversato da una sottile linea di tensione, permettendo così a protagonista e spettatori di familiarizzare con tutti i personaggi, rivivendo noi con loro il dramma dell'ingabbiamento temporale. 
Mescolando numerose e varie tematiche (l'omosessualità, la guerra, l'arte, la bellezza, il teatro, Roma, la poesia, l'amore..) senza però perdere la bussola  in questo gioco tra arti rappresentative – tranne un po' nel finale, in cui non si riesce ad evitare quell'effetto di meraviglia nei “sopravvissuti” che fa tanto un Ritorno al futuro un po' troppo fuori contesto –, il regista turco si dimostra ancora una volta eccellente ed amorevole direttore dei suoi interpreti e “re-talent-scout”. In mezzo a molte conferme del nostro – e non solo - cinema ed a prestiti da altri settori dello spettacolo (ad esempio il cantante lirico Ambrogio Maestri ed il transtelevisivo Mauro Coruzzi in arte Platinette), recupera una divina Anna Proclemer alla quale, dall'alto dei suoi magnifici quasi novant'anni, affida il volto della misteriosa Livia Morosini, i cui occhi cattivi ed il ricordo amaro della propria irrinunciabile bellezza, rievocano la Clara Calamai di Profondo Rosso.
Intitolandolo inizialmente al plurale, gli autori hanno infine voluto prediligere il ruolo del bravissimo ed insostituibile Elio Germano quale strana e “magnifica presenza”, aspirante intruso in un mondo di attori che una drammatica fase storica ha ferito, fino ad ucciderli, consegnandoli per sempre all'immortalità.
 
Paolo Dallimonti e Chiara Nucera