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Visualizza articoli per tag: rian johnson

Film non ancora usciti in Italia o quasi introvabili recensiti per noi da Alessandro Zorzetto

 
 
Confessions
 
 
Titolo Originale: Kokuhaku
Regia: Tetsuya Nakashima
Interpreti Principali: Tamako Matsu, Masaki Okada, Yoshino Kimura, Mana Ashida
Produzione: Japan
Durata: 106'
 
Pur essendo un capolavoro del 2010, finito nella lista degli Oscar dei miglior film straniero, ancora oggi pochi in Italia conoscono questa pellicola, trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Kanae Minato.
Per gli appassionati delle opere orientali, basterà citare due master-piece contemporanei come “la trilogia della vendetta” del sud-coreano Park Chan-wook ed il manga giapponese “Death Note”.
Prendete la fotografia e lo stile perfetto del primo, la logica macchiavellica del secondo, unite l'abbondante dose di Vendetta che si trova in entrambi, ed ecco venir fuori questo film spiazzante.
La prima mezz'ora soprattutto riesce a catturare e coinvolgere lo spettatore come raramente s'è visto fare. Poi ormai si è dentro il vortice e non si può che arrivare a fondo della storia. Unica nota negativa, di tanto in tanto il ritmo rallenta un po' troppo, ma è quasi una costante per il cinema asiatico.
Buona V(endetta)isione.
 
 
 
 
Casa de mi padre
 
 
Titolo Originale: My Father's House
Regia: Matt Piedmont
Interpreti Principali: Will Ferrell, Gael Garcia Bernal, Diego Luna, Pedro Armendariz Jr., Nick Offerman, Efren Ramirez
Produzione: USA
Durata: 84'
 
Se siete degli amanti della comicità assurda e paradossale di Will Ferrell, non potete perdervi questa pellicola girata interamente in spagnolo. Progetto nato in maniera bizzarra in Messico nel 2010, col passare del tempo ha visto aumentare le aspettative, soprattutto dopo l'annuncio della partecipazione della strana (e consolidata) coppia Ferrell-McKay. Girato in 24 giorni con un budget ridotto a 6 milioni di dollari, il film è una parodia delle classiche telenovelas sudamericane.
Uscito negli USA in meno di 300 sale, la pellicola ha recuperato tutti i costi di produzione, ma non quelli di Promozione, che si aggiravano incredibilmente sugli 8 milioni!
Anche se in alcuni tratti ricorda la comicità della Z.A.Z., l'unico che sorregge il peso del film è Ferrell che, quando è in scena, come per altri comici del passato usciti dal Saturday Night Live (su tutti, Belushi) riesce sempre a strappare la risata, pur non facendo niente di speciale. Il limite della pellicola sta proprio in questo, ovvero, perde completamente ritmo e senso quando il personaggio principale viene meno. 84 minuti sono decisamente troppi, probabilmente avrebbe reso di più come sketch.
Ultimo appunto, nella colonna sonora la sigla di apertura è un “regalo” di Christina Aguilera!
 
 
 
Looper – In fuga dal Passato
 
 
Titolo Originale: Looper
Regia: Rian Johnson
Interpreti Principali: Joseph Gordon-Levitt, Bruce Willis, Emily Blunt, Paul Dano, Piper Perabo, Jeff Daniels, Garrett Dillahunt
Produzione: Usa
Durata: 118'
 
Arriverà in Italia con molti mesi di ritardo, ma, abbiate fede, ne varrà la pena. O meglio, se siete appassionati di Viaggi nel Tempo, Fantascienza vecchio stampo (Atto di forza e film alla Paul Verhoeven in genere) allora questo è il film che fa per voi.
Con una sceneggiatura di alto livello (il soggetto è dello stesso regista, coaudiuvato dai produttori Ram Bergman e Shane Carruth) e un cast stellare, la pellicola procede senza intoppi e ci conduce, passo dopo passo, in un futuro prossimo con nuove regole e personaggi. Non si tratta di una distopia ma quasi... I riferimenti del genere sono molti, il lato positivo è che comunque si cerca di portare qualcosa di nuovo. È un tentativo almeno. Poi alcuni meccanismi e “stereotipi” sono duri a morire (giusto per rendere omaggio al vecchio Bruce...), tuttavia è un film di genere, quindi si possono accettare.
Altro punto a favore, molti degli attori usati riescono in qualche modo a reinventarsi e divenire quasi irriconoscibili (vedi Jeff Daniels, Emily Blunt finalmente non stupida e svampita, Gordon-Levitt con un accenno di barba! Non è ai livelli di Hesher, in compenso è molto più Uomo).
Insomma, un ottimo modo per passare due ore e riflettere sull'importanza di tutti i nostri piccoli (o grandi) gesti. Perchè il passato ti guarda, il futuro ti ascolta.
 

Star Wars Episodio VIII: Gli Ultimi Jedi

Domenica 12 Febbraio 2017 18:38
“Non hai fede nella Forza, non è vero?” 
Questa domanda la rivolgeva un contadino che sognava in grande, ignaro di quello che gli avrebbe riservato il futuro, a un contrabbandiere disilluso, ma dal grande cuore, durante la loro prima avventura insieme sul Millennium Falcon. La stessa si potrebbe rivolgere a Rian Johnson, sceneggiatore e regista di Star Wars Episodio VIII : Gli Ultimi Jedi, il capitolo più discusso e controverso della saga. Dove J.J. Abrams, con il suo “Il Risveglio Della Forza” (2015), aveva tolto, ridotto, ridefinito a suo gusto, Johnson in piena libertà creativa (con una probabile ansia da prestazione), contemporaneamente alla lavorazione del settimo film, e svincolato dal peso del giudizio che gli avrebbe riservato il pubblico, scriveva la sua versione dei fatti, esagerando su tutti i fronti. “Il Primo Ordine impera” mentre la Resistenza, guidata dal Generale Leia Organa (Carrie Fisher, nella sua ultima apparizione), muove i suoi alfieri, per tentare di salvare ciò che resta della flotta. Il pilota Poe Dameron (Oscar Isaac), in prima linea, agisce di sua iniziativa, portando i bombardieri alleati a scontrarsi con il nemico. Finn (John Boyega), fuori dal suo stato di incoscienza, incontra accidentalmente Rose Tico (Kelly Marie Tran), un tecnico tutto fare, a bordo della nave che lo trasporta. Rey (Daisy Ridley) è sull’isola di Ahch-To, esattamente dove l’avevamo lasciata, per incontrare Luke Skywalker (Mak Hamill), la leggenda. Kylo Ren (Adam Driver) "nato dalle tenebre", il parricida spaccato in due dal suo gesto, riflette sulle sue azioni. Nello specifico la riscrittura, o meglio il completamento del background di questo antagonista, tanto odiato e in apparenza debole e stupido, è uno dei punti forti del film. The Last Jedi dura 2 ore e 32 minuti (è il più lungo della saga), nonostante ciò il girato prevedeva un minutaggio ancora più imponente. Forse per questa ragione, il montaggio è un completo disastro. Un esempio sopra tutti: a Laura Dern –  interpreta l’Ammiraglio Amylin Holdo della Resistenza – viene riservata una delle scene più drammatiche della pellicola, “la scena muta”, ma il pathos viene ‘soffocato’ dalle altre due sequenze che si svolgono in contemporanea. Allo stesso modo la lunghezza della storyline che riguarda Finn e Rose rischia di annoiare (sopecialmete a una seconda visione). Mark Hamill, lo storico interprete del protagonista assoluto di Guerre Stellari, ha espresso i suoi dubbi riguardo lo sviluppo di Luke Skywalker, ammettendo di non aver gradito alcune libere scelte, eccessive e forzate per il suo personaggio: “l’uomo più ottimista dell’intera Galassia” qui è cinico e disilluso. L’attore ha successivamente ritrattato la sua opinione, ponendo fiducia nel regista e nel progetto, allo scopo di ottenere un finale d’effetto. I siparietti comici sono mal dosati: tenendo conto che ci sono sempre stati, Star Wars ha una sua comicità e, nell’euforia di inserire battute e momenti che spezzano la tensione, nel calderone sono finite anche scene eccessive e fuori luogo. Lo stesso accade con le manifestazioni della Forza, più simili a quelle di un super potere. Viene messo in questo modo in discussione quello che abbiamo conosciuto fino ad ora, esteticamente e concettualmente. Non a caso il production designer Rick Heinrichs, noto per essere complice delle visioni di Tim Burton, ha lavorato anche a molti film di genere (tra cui Pirati dei Caraibi e Captain America-Il primo Vendicatore). Sbagliando da principio, alcuni hanno trovato una novità rivoluzionaria nella pellicola, ovvero il valore apparentemente laico, dato al concetto della Forza stessa, come se si trattasse solo in questo film di un'energia presente in tutte le forme di vita e non solo in individui eletti. Niente di nuovo, a meno che non si confondano due aspetti non coincidenti: la Forza e l'addestramento per entrare nell'Ordine dei Jedi "prerogativa di pochi" riconducibile al solo periodo storico in cui sono ambientati i prequels, durante l’ascesa della Repubblica. Rogue One (2016) ha riportato Star Wars al suo equilibrio magico, grazie al quale ogni inquadratura portava l’indelebile marchio cinematografico dell’opera. Le scenografie caotiche di questo nuovo episodio ne conservano una eco: sono stati costruiti dei mastodontici set per gli interni delle astronavi. Si passa dallo scenario stile ‘Bellé Epoque” del Casinò su Canto Bight, per arrivare nella remota isola dove si nasconde Luke (si tratta di Skelling Michael, in Irlanda, patrimonio dell’Unesco). Le creature che la abitano sono in parte digitali e in parte pupazzi e animatroni della imbattibile vecchia scuola. Tra di loro i teneri amati (e odiati) Porg, a metà tra una pulcinella di mare e un roditore, che hanno ottenuto un successo immediato fin dalla loro prima apparizione nel materiale promozionale del film. John Williams, ripercorrendo le sue stesse note, firma anche la colonna sonora di questo capitolo. Gli Ultimi Jedi con tutte le sue defezioni, è una montagna russa di emozioni: confonde, ribalta, ci fa dare "delle testate all’indietro" per le spiegazioni frettolose date in risposta ad alcuni interrogativi importanti. Nonostante tutto guarda al futuro e ci fa restare con lo sguardo fisso verso l’orizzonte. 
 
di Francesca Tulli