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08 Mag

Facciamoci del male. Il Nuovo Cinema Aquila e il blocco delle istituzioni: a rischio tutti i lavoratori

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Quella che si respira è un'aria tesa, preoccupata per le sorti di quello che sarà il Nuovo Cinema Aquila alla fine di questa vicenda. Molti gli interventi significativi alla conferenza stampa indetta ieri, 7 maggio, per spiegare le ragioni della revoca della concessione del cinema all'attuale direzione, le ragioni dalla parte di chi ci lavora, visto che di cose ne sono state dette tante e male, e fare un po' di chiarezza sui fatti. La volontà di far chiarezza si percepisce da subito, dai documenti ufficiali fotocopiati e messi a disposizione di tutti i partecipanti: documenti in cui il cinema risulta essere in regola (fonte documento INAIL del gennaio 2015) con i pagamenti dei contributi di servizi erogati, documenti che testimoniano la volontà di rifondere i restanti contributi ai lavoratori, rateizzando il debito pregresso, già dal maggio dello scorso anno, e la volontà di dimostrare assoluta estraneità ai fatti di Mafia Capitale con un fax di dimissioni immediate e irrevocabili della cooperativa N.C.A. dal consorzio Sol.Co. (vincitore del bando di gestione dell'esercizio).
 
 
Il grande problema, se vogliamo parlare nello specifico di irregolarità, contestato dall'amministrazione comunale, “consiste in una subconcessione, che secondo l'avvocatura del Comune di Roma non andava fatta” spiega Nunzia Castello, assessore alla cultura e alle politiche educative del V municipio, unica rappresentate delle istituzioni presente alla conferenza. L'assessore, da sempre vicina al cinema Aquila, si riferisce alla scissione fra il consorzio Sol.Co., che vinse il bando nel massimo della trasparenza 8 anni fa e la cooperativa sociale N.C.A., costituita dai lavoratori del cinema. La scelta del consorzio di affidare una parte delle attività alla cooperativa nasce dal bisogno di accedere al credito cinematografico indispensabile per la digitaliazzazione delle sale ed erogabile solo ad una cooperativa con una maggioranza di attività cinematografica. Ma se è vero che il Comune vieta a un concessionario di affidare parte della concessione a terzi, è anche vero che la revoca  deve essere preceduta (per legge!) da una diffida da parte del Comune, che intima a ripristinare entro 10 giorni la situazione iniziale. Questo non è successo e la revoca definitiva (notificata lo scorso 27 aprile) è stata una vera doccia fredda per i lavoratori, che entro il 9 giugno dovranno sgomberare la struttura con tre anni di anticipo rispetto alla scadenza del regolare contratto, mentre l'assessore alla cultura e al turismo della giunta capitolina Giovanna Marinelli ad oggi non ha voluto ricevere personalmente la direzione del cinema. 
 
La situazione sembra perciò sospesa, nell'attesa di un nuovo bando di gara che venga scritto secondo le regole di maggior tutela possibile dei lavoratori e del ruolo culturale del cinema. Ciò che ci si chiede è se questo vuoto che rimarrà tra una gestione e l'altra, ovvero tra un'assegnazione e l'altra, non sia funzionale a qualche fazione politica interessata a nuove egemonie culturali o a spartizioni di nuove fette di potere. Sicuramente è chiaro che tutto questo nasce dal malcontento di alcuni ex lavoratori che hanno scelto la via dura per imporsi sulla direzione, ma certamente questa politica d'attacco va a scapito dei lavoratori rimasti nell'esercizio, che si trovano da un giorno all'altro con la spada di Damocle di un posto di lavoro non più garantito. Alcuni di loro si lamentano che per via di questa situazione ci sono stati ritardi nei pagamenti (nel versamento dei contributi, che comunque la direzione si è impegnata in piena legge a versare nei prossimi 5 anni) e se la situazione non volgerà ad appianarsi hanno seria paura di finire senza stipendio per i prossimi mesi senza alcuna certezza di reintegro. Questa è l'ipotesi peggiore, quella più facilmente concretizzabile e, nonostante le voci rassicuranti di ieri della giunta comunale sul rispetto dei posti di lavoro, il personale non ci crede fino in fondo, rimanendo con un grande interrogativo sul proprio futuro. Anche perché le delibere comunali hanno un senso istituzionale, ma possono essere  benissimo impugnate. 
 
Oltre alla perdita del lavoro, poi cosa ne sarà della diffusione del cinema indipendente nella capitale? dobbiamo ricordarci che dalla sua apertura, dopo essere stato strappato dalle mani della mafia, nella fattispecie da quelle della Banda della Magliana, il Nuovo Cinema Aquila riveste un punto fermo per il cinema indipendente italiano e straniero. Pochi altri esercizi possono vantare una diffusione così ampia di opere, eventi e manifestazioni di forte impatto culturale, con un'attenzione particolare al documentario e all'underground. Un polo d'attrazione unico, ricco e diversificato nella scrupolosa e attenta programmazione. Cambiando la linea dirigente, cosa ne sarà? Una delle paure è proprio che diventi un cinema come un altro, depauperato dal suo valore unico e artistico, un decadimento sociale che si ripercuoterebbe anche e non solo sul fermento cittadino ma nazionale.
 
 
Secondo l'assessore Castello il nuovo bando dovrebbe uscire a giorni, forse proprio la prossima settimana. Ma in queste situazioni il mare di burocrazia è sempre più profondo e rischia di far slittare anche i tempi di assegnazione. 
 
Per quanto riguarda le irregolarità commesse sarà compito del Comune vigilare e dei cittadini assicurarsi che tutto sia fatto in rispetto di leggi e trasparenza, che il grandissimo valore culturale sia mantenuto alto, senza slittamenti o cedimenti. Dal canto suo la direzione sembra determinata, e con lei tutti i lavoratori, ad andare fino in fondo alla vicenda prendendosi ognuno le proprie responsabilità. I dipendenti del Nuovo Cinema Aquila non ci stanno e gridano con forza le loro ragioni affinché l'assessore alla cultura si decida a riceverli, per rivendicare i propri diritti e insieme sciogliere i dubbi mossi dal Comune sulla gestione.
 
 
Chiara Nucera 
Angelo Santini
 
 

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