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Trifole. Le radici dimenticate

Giovedì 17 Ottobre 2024 17:14
Trifole ci parla di due generazioni apparentemente distanti che non hanno molto in comune invece la vita di chi inizia ad affacciarsi al mondo e a coglierne le innumerevoli opportunità ma a fare i conti anche con gli annessi inevitabili pericoli può essere molto simile a quella di colui che è arrivato alla fine della sua esistenza terrena e si imbatte in una fase di smarrimento che è il lascito di malattie degenerative subdole e vigliacche contro le quali abbiamo ancora armi spuntate e inefficaci.
 
Se però per un giovane perdersi è solo un momento che presuppone fermarsi per abbandonare il vicolo cieco imboccato per errore ma potersi mettere nuovamente alla ricerca per ritrovare la retta via per un anziano invece smarrirsi significa intraprendere un percorso che non ha alternative ma ha solo bisogno di tutto l’affetto e l’amore possibili per poterlo affrontare nel migliore dei modi, senza inutili sofferenze.
 
In trifole Igor è un nonno solo e Dalia è la nipote che arriva in suo aiuto, mandata dalla madre sia per tenere sotto controllo il padre ma anche per allontanarla da un ambiente che non la vede felice.
 
Igor è interpretato da un bravissimo Umberto Orsini che presta a questa storia delicata tutta la sua esperienza di attore teatrale navigato. Ci regala un personaggio carismatico, autorevole ma anche infinitamente dolce. Riversa la sua tenerezza sia sulla nipote Dalia, arrivata da Londra per assisterlo nelle sue esigenze quotidiane, dispensandole consigli di vita preziosi ed insegnamenti per districarsi nel difficile compito di attraversare la giovinezza irta di insidie.  E’ soprattutto un padrone affettuoso per il cagnolino Birba che è sempre stato il suo migliore alleato nel lavoro di trifolao così come viene chiamato colui che nelle Langhe cerca i tartufi, quelli pregiati bianchi di Alba venduti a prezzi esorbitanti e oggetto di mire di personaggi spregiudicati che non si fanno scrupoli.
 
Un film semplice nel suo impianto che tante volte si fa semplicistico per la presenza di passaggi e snodi narrativi che non sempre risultano credibili ma anzi ridicolizzano un po' la storia che ha però il pregio di mantenersi favola, racconto edificante che dispensa una morale costruttiva e condivisibile circa il potere enorme degli affetti veri di riparare le ferite esistenziali e di far fronte ai torti subiti con la saggezza di chi sa che bisogna saper accettare tutto quello che non è in nostro potere cambiare.
 
La storia innalza a veri e propri protagonisti sia la musica che ci avvolge e ci trasporta, la fotografia che ci regala scorci di vera poesia su colline che alternano filari di vigneti, boschi fitti e colline che disegnano un orizzonte di struggente bellezza.
 
Virna Castiglioni