Giancarlo Santi, regista italiano classe 1939, famoso per le sue numerosissime collaborazioni con Sergio Leone e per aver diretto diverse opere tra cui Il Grande Duello (1972), nel 2007 si dedica a questa composizione per celebrare l'amico Marco Giusti che ha il merito di aver riportato all'attenzione del grande pubblico lo “spaghetti western”..seguendo la scia di Quentin Tarantino. Trovando molto divertente (nonché istruttivo) il componimento ed essendo appena terminate le riprese di Django Unchained, il tanto atteso western di Tarantino che vedremo nelle nostre sale a gennaio 2013, non potevamo non condividerlo ...
Ode in lode der cinema italiano
A Marco Giusti, Quentin Tarantino e ar
cinema italiano
Marco Giusti, un critico “capace”, (“rapace e perspicace”)
Ha organizzato la mostra “de nojantri”
cinematografari der west, i “senza pace”.
L’ha fatto perché c’è un “americano”
Che vive a ricopià li firm a tutti
E li rifà…. più brutti!
Ma stranamente so’ ri-piaciuti a tutti!
Doppo d’avè sparlato der cinema italiano
Sto’ Tarantino a Venezia però nun c’è
venuto.
a me sto fatto m’è sembrato strano:
“Così vo’ bbene ar cinema italiano?
(o j’ha voluto sfotte o pijà p’er culo!) (aoh!
Ma vacce piano!)
Però je piaceno li western all’italiana:
e allora questa è ‘na consolazione.
A Venezia nun saressimo venuti;
si nun fosse perché a Lui je so’ piaciuti.
Quanti se ne so fatti? Lo sa’ Iddio!
E uno l’ho girato pure io!
E’ vero: nun ereno perfetti…
All’estero dicevano : “spaghetti!”
Spaghetti troppo cotti o “quasi” scotti.
Er sangue che schizzava tra li botti.
Cappelli che volevano “a rilento”,
cavalli che coreveno ner vento.
Paesaggi de boschetti e de sassare:
“Attenti! Nun dovete ripià er mare!”
Acrobati-sceriffi che sembraveno pastori;
Pecorari e macellari diventati produttori.
Burini pistoleri e ladri de cavalli
Galoppaveno pe’ li monti e pe’ le valli,
tutti a corè appresso ar peggio ‘nfame
su e giù pe’ li buroni e le marane.
Li “cavallari” sempre a “rompicollo”:
Li documenti sempre “senza bollo”
Morti ammazzati sempre: a tutte l’ore,
e li cavalli coperti de sudore.
E sempre tanta sete e poco amore.
Sceriffi onesti, donne un po’ mignotte;
e ner salun ce scappaveno le botte!
Cazzotti e cazzottoni senza fini:
sediate in testa e pure tavolini.
La scena nun sembrava proprio farsa:
la sedia, mica sempre era de barsa.
Le donne belle co’ le crinoline
ballaveno era càncàn da “signorine”.
C’era de tutto e nun mancava gnente:
potevi falli pure: “incompetente”!
E perché c’hanno sarvato dall’obblìo?
Perché ha ricopiato quello mio!
Perché l’hanno passati a mezzanotte
Quanno pijeno servizio le mignotte.
Er genere è tarmente bello e vario
Che c’hanno fatto pure er dizzionario
Li critici storcevano la bocca.
E li stroncavano tutti: “sottacchittocca!”
Nessuno se chiedeva “quanto costa”:
giocavano ar massacro, senza sosta.
Adesso che nun serve più la gogna
pe ‘sto western ch’è risorto da le pene,
ce sta qualcuno che mo’ ne parla bbene
e der passato suo nun se vergogna.
Anzi ce fa le radiotrasmissioni
o le “rassegne” pe’ li più cojoni:
e se rimette in tasca li mijoni!
Si era lui? Nun me lo so scordato.
(E puro lui così c’ha rimagnato!).
Matriciane, carbonare, cacieppepe
Spaghettini, vermicelli e du “Tepepe”
“ar dente”, “scotti”, “troppo saporiti”
“sconditi”, “senza sale”, o “marconditi”.
Certe magnate! Nessuno mai diceva “basta”:
nun se fermava mai lo scolapasta!
Però la pila, ormai bolliva forte,
e portava li caubbòi verso la morte.
Così finì che li spaghetti scòtti
Sparìrno co’ lo smorzo de li botti.
Adesso tutti quanti vanno appresso
a Tarantino (che nun è sto’ fesso)
come si sonasse er flauto maggico.
A Tarantì, de tutta ‘sta violenza
Se ne po’ benissimo fa’ senza:
Soprattutto pe’ me: già “sinistrato”
che sotto “certe bombe” ce so’ stato . 19
luglio 1943 bombardamento de San
Lorenzo
E m’è bastata quela bomba amara
pe’ nun volè vedè sta “sanguinara”.
Da noi un firme nun po’ vàle
Si nun è “culturale” e “nazionale”.
Chissà se ar Ministero ce lo sanno
che er cavallo, da sempre, è culturale!
E la stella da sceriffo? Nazzionale!
E l’interesse? Der cinema italiano!
Che nun c’ha bisogno de chi lo pija pe’
mano
E mancomai de questo “ammericano”!
Marchetto mio, finchè c’avrò la vista
nun me farò ‘ncantà da sto flautista.
“Perché?.... Ma fattene capace:
“La musica che sòna, nun me piace!”
Co ‘sto Ministro giovane, RUTELLI
Potranno ritornà li tempi belli!?!?
Quanno telefonamio:
“Quant’hàmo fatto oggi?” (dopo le ventuno)
e spartivàmio tutti: un po’ per uno ….
Giancarlo Santi
Scritto diretto e prodotto da Quentin Trantino “C’era una volta a...Hollywood” è il suo nono film. In cerca di fortuna, Rick Dalton (Leonardo di Caprio) compra una casa ad Hollywood, il suo cancello confina con la villa di Roman Polański i e la sua novella sposa Sharon Tate (Margot Robbie), la sola vicinanza con il regista più amato in circolazione lo fa sentire meno fallito: l’attore non ha mai ottenuto un ruolo da protagonista (ad eccezion fatta di quello nella serie TV “Bounty Law”) dopo tanti provini sembra solo destinato al ruolo del cattivo, specializzato in Western di dubbia riuscita. Cliff Booth (Brad Pitt) la sua controfigura è un omaccione forzuto, che vive sotto un tetto pericolante con un cane che gli assomiglia, per temperamento e indole. Molte leggende girano su di lui, alcuni pensano che sia un assassino, altri si limitano a sfidarlo per saggiare la sua decantata invulnerabilità che fa impallidire perfino una leggenda come Bruce Lee. Sulle note di Mrs. Robinson e altri 31 selezionatissimi brani , lo scenario, modellato e ricostruito tra luoghi reali e mastodontici set, senza aggiunte di computer grafica, in cui questi due improbabili si muovono è una Hollywood verso il tramonto. I ricchi signori del cinema consumano il loro denaro tra feste e relazioni di comodo e sul ciglio della strada si affacciano legioni di hippie in cerca di cibo scaduto nella spazzatura. Chi conosce la storia (americana) sa che nel 1969, i seguaci di Charles Manson, al grido di “Morte ai maiali” uccisero Sharon Tate nella sua casa di Beverly Hills, all’ottavo mese di gravidanza. Quella fu la fine della favola di Hollywood (il “C’era una volta” del titolo lo suggerisce) la culla del cinema divenne lo sfondo di questo crimine, l’industria continuò nel bene e nel male ad esistere all’ombra di un tale macabro omicidio. Tarantino, con i suoi 161” minuti di pellicola (Kodak 35 millimetri in formato anamorfico) ci costringe a conoscere così tanto bene i suoi improbabili eroi da convincerci che siano esistiti veramente. Il regista durante la conferenza stampa con il cast a Roma, città che ama come gli Spaghetti Western (che omaggia ancora) ha ribadito che questo terzo film chiude un filone di ucronia, i primi due erano “Bastardi Senza Gloria” (2009) e “Django Unchained” (2012) spiegando: “Chiudo una trilogia. Non posso dire però che il cinema abbia il potere di cambiare la storia, ma certo può avere la sua influenza”.
Francesca Tulli