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Visualizza articoli per tag: richard gere

Berlinale 2017: i film in concorso

Sabato 21 Gennaio 2017 18:08
Berlinale 2017 ci dà qualche anticipazione su quello che sarà il programma ufficiale rivelandoci i nomi dei film in concorso che parteciperanno alla kermesse dall' 9 al 18 febbraio prossimi. 
Tra gli autori più attesi Aki Kaurismaki e la presenza di Richard Gere, Penelope Cruz e Samuel L. Jackson ma spicca la mancanza di opere italiane nel programma. 
 
 
Ana, mon amour di Călin Peter Netzer (Romania, Germania, Francia)
On the Beach at Night Alone di Hong Sangsoo (Corea del Sud)
Beuys di Andres Veiel (Germania) documentario 
Colo di Teresa Villaverde (Portogallo, Francia)
The Dinner di Oren Moverman (USA)
Django di Etienne Comar (Francia) opera prima
El bar di Álex de la Iglesia (Spagna) – fuori concorso
Félicité di Alain Gomis (Francia, Senegal, Belgio, Germania, Libano)
Final Portrait di Stanley Tucci (UK, Francia) fuori concorso
Have a Nice Day di Liu Jian (Repubblica Popolare Cinese) - animazione 
Helle Nächte di Thomas Arslan (Germania, Norvegia)
Joaquim di Marcelo Gomes (Brasile, Portogallo)
Logan di James Mangold (USA) – fuori concorso 
Mr. Long di Sabu (Giappone, Hong Kong, Taiwan, Germania)
The Party di Sally Potter (UK)
Spoor di Agnieszka Holland (Polonia, Germania, Repubblica Ceca, Svezia, Repubblica Slovacca)
Return to Montauk di Volker Schlöndorff (Francia, Germania, Irlanda)
Sage femme di Martin Provost (Francia, Belgio) fuori concorso 
T2 Trainspotting di Danny Boyle (UK) fuori concorso 
On Body and Soul di Ildikó Enyedi (Ungheria)
The Other Side of Hope di Aki Kaurismäki (Finlandia, Germania)
Una mujer fantástica di Sebastián Lelio (Cile, Usa, Germania, Spagna)
Viceroy’s House di Gurinder Chadha (India, UK) fuori concorso
Wilde Maus di Josef Hader (Austria) – opera prima
 
Il Presidente della Giuria, che succederà a Meryl Streep, sarà il regista, nomination agli Oscar, Paul Verhoeven. 
 
Tra gli autori più attesi spicca il finlandese Aki Kaurismaki, padre del ‘Miracolo a Le Havre’, con un film dalla tematica attualissima incentrata sull’incontro tra un semplice cittadino e un uomo in cerca di asilo. Tra le star spiccano invece Richard Gere, in ‘The Dinner’ di Oren Moverman, Penelope Cruz in ‘La Reina de Espana’ di Fernando Trueba e Samuel L. Jackson in qualità di voce narrante in ‘I am not your negro’. 
 
Maggiori informazioni sul sito www.berlinale.de

Franny

Sabato 16 Gennaio 2016 12:06
Franny (Richard Gere), protagonista dell’opera prima dell'esordiente Andrew Renzi, è un vecchio solitario, miliardario e proprietario di un ospedale, che risvegliatosi da un coma è assalito dai sensi di colpa per la perdita degli unici amici che aveva. Viene contattato dalla figlia della coppia Olivia (Dakota Fanning), che in tenera età aveva soprannominato affettuosamente “Poodle”. La ragazza, prossima al parto, sta per sposarsi con il neo dottore Luke (Theo James); ai due innamorati non manca nulla in termini di volontà, ma il loro profilo economico non gli garantisce il massimo per il loro futuro, a questo penserà Franny, il loro “Benefattore” (The Benfactor è il titolo originale della pellicola). Quella che ad un primo  sguardo può passare per la filantropia di un vecchio amico, nasconde in realtà un personale e morboso bisogno di ricostruire una propria personalissima realtà, ricca di un grande vuoto emotivo, sostituendo la coppia di amici di un tempo, ormai non più in vita, con i due giovani “sconosciuti”. Così Franny, che entra nella vita dei due come uno zio premuroso, diventerà presto un peso, una figura invadente e non sempre ben voluta. Richard Gere, che con sincera generosità si mette ancora una volta a disposizione di un regista emergente per far decollare il suo film, è un esempio di reale filantropia, e non delude, non ha paura di mostrare la sua età, resta inossidabile nella classe di un attore che rasserena il pubblico e porta la pellicola a compimento, facendo uscire dalla sala lo spettatore con un sorriso. Il regista, nato nell’84, racconta Gere nella conferenza stampa tenutasi a Roma durante la promozione del film, non voleva connotare il suo protagonista con un particolare orientamento sessuale né voleva che rientrasse in altri stereotipi: Franny è semplicemente un uomo che vive l’amicizia a suo modo e fa della sua vita quello che vuole. Una buona lettura del significato di famiglia, senza implicazioni religiose o di sangue. E’ stato presentato al Tribeca Film festival del 2015 ottenendo un distributore ufficiale, la Samuel Godwyn film. Un film indipendente godibile, al pari di tanti premiati e famosi, esempio di come il cinema d’autore sia a volte sopravvalutato.   
 
Francesca Tulli

The Dinner

Lunedì 20 Febbraio 2017 22:18
Tutti aspettavamo con curiosità The Dinner, ultimo lavoro di Oren Moverman, in concorso qui a Berlino per l’Orso d’Oro. Tratto del best seller omonimo di Herman Koch e secondo adattamento cinematografico dopo il riuscito I nostri ragazzi (2014), del nostro Ivano De Matteo. Come accade di sovente quando le aspettative sono alte, il prodotto non sempre le mantiene. Purtroppo questo The Dinner non fa eccezione. Lo stuzzicante contesto nel quale si svolgono i fatti e vengono sviscerati i ricordi è gestito con un po’ di esteriorità e non usato come valore aggiunto. L’anima del libro è dimenticata e il film risente di una regia monotona e greve, che ci fa rimanere la cena indigesta. 
 
Teatro nel quale si svolgono i fatti è un prestigioso ristorante. Cena organizzata per discutere affari famigliari tra due fratelli con carriere e passati diametralmente opposti, accompagnati dalle mogli. Stan Lohman (Richard Gere) è un famoso politico candidato al ruolo di governatore. Paul Lohman (Steve Coogan) è un insegnante di storia con alle spalle problemi di depressione. Tra loro il rapporto è sempre stato teso, visto che la madre ha sempre preferito Stan, portando così Paul a sentirsi inferiore e di conseguenza a soffrire di insicurezze. Katelyn (Rebecca Hall) e Claire (Laura Linney), la prima moglie di Stan con poca personalità, la seconda invece compagna complice ed affettuosa, assistono all’acceso dialogo dei relativi compagni, contribuendo a raffreddare l’aspro diverbio che divampa come un’incontrollabile falò. I rispettivi figli hanno commesso un atto riprovevole: è questo il piatto forte della cena. Un segreto che mette le due famiglie alla prova. Una sorta di Carnage (2011), peccato che la riuscita del film sia inappagante rispetto all’ottima opera di Roman Polanski. 
 
Moverman, dopo il promettente The Messenger (2009), aveva già dato segno di flessione con Time out of mind (2015); ora prende in mano un egregia base narrativa, dalla quale non riesce ad estrapolarne tutta l’essenza. La sua è una regia monocorde, poco creativa e senza una vera visione. Perde per strada anche l’iniziale sarcasmo; figura retorica che è il fulcro del romanzo. E’ proprio nel non seguire ed assecondare il senso del racconto il difetto più evidente di The Dinner e di conseguenza le riflessioni morali ed etiche riescono solo in parte a farsi largo. I personaggi dovrebbero fingere di essere quello che realmente non sono, ma qui non succede. Anche le prove attoriali dell’intero cast risultano sottotono. Certamente l’estrema verbosità dei dialoghi non aiuta, ma la quota d’espressione è decisamente grigia.
La pellicola è divisa in sequenze come se fossero parti di un menù. Le portate, presentate simpaticamente dal capo del servizio, cercano di sdrammatizzare il tutto, ma anche queste non riescono nello scopo di far uscire il film dalla spirale del pesante. Pietanze che rimangono sullo stomaco allo spettatore, complici anche i flashback (troppi), che non aiutano ad uscire da un climax troppo carico e gravoso. 
Manca chiarezza ed anche noi come i protagonisti non usciamo dall’oscurità, anzi ci perdiamo irrimediabilmente in domande senza risposta. 
 
The Dinner cerca di mostrarci, e questo in parte lo fa, quello che si cela dietro alle società perbene dell’intero pianeta: una finta unità che nasconde ancora profondi odi razziali. Un’unione solo di facciata, perché le divisioni ci sono e sono riscontrabili nei fatti di cronaca nera. Povertà di condotta in mondo che si sente unito solo dai social network. Almeno quest’ultima riflessione ci rende la parte finale del pasto meno amara, un dolce digestivo, che suo malgrado non riesce a smaltire un’ottima materia prima dosata male.
 
David Siena