Grazia (Miriam Karlvist) ha 17 anni e vive a Reggio Calabria con il padre Cristiano (Vinicio Marchioni), modesto pescivendolo. Un velo di mistero nasconde il passato della loro famiglia: quando Grazia era piccola, suo fratello Pietro è sparito senza lasciare traccia. Cristiano le ha fatto prima credere che fosse emigrato in Germania, poi morto, e non ha più voluto affrontare l’argomento. Ora Grazia è un’adolescente, il suo corpo è cresciuto assumendo delle fattezze maschili, come per colmare l’assenza della figura di Pietro. Una sera, dopo un litigio con Cristiano, Grazia va in spiaggia. Entra in acqua e in fondo al mare le pare di scorgere suo fratello che riemerge in superficie. Nel frattempo Cristiano è assillato dalla malavita locale, che vuole prendersi casa e pescheria.
Ritratto di vite spezzate in un sud immobile, in cui il silenzio omertoso è sia arma violenta che rassegnazione. La rassegnazione di Cristiano all’immobilità, ma anche quella di un paese che sembra aver perso la forza di ribellarsi.
“Il sud è niente e niente succede” dice la nonna della protagonista.
Le verità celate da quel silenzio si nascondo nell’oblio di un mare profondo e purificatore, dal quale sul finale Grazia riemergerà donna.
Fabio Mollo realizza un’opera prima acerba, inconsapevole delle proprie potenzialità, dominata da una stucchevole ricostruzione della finzione e da una scarna caratterizzazione degli ambienti.
Dov’è questo sud? In qualche sporadica cadenza dialettale?
I dialoghi e la recitazione sono scialbi, schematici, soprattutto, paradossalmente, nei momenti di maggiore pathos, dando al film un’impostazione impersonale da fiction televisiva. Non basta il talentuoso Marchioni per dare spessore alle vicende.
Molti dei temi collaterali al percorso di crescita di Grazia vengono inseriti per poi essere svogliatamente abbandonati a loro stessi, sospesi a mezz’aria nella narrazione. C’è la mafia, figura che aleggia senza mai essere veramente mostrata. O la religione, altra presenza ambigua, ridimensionata però ad un rosario che ciondola da uno specchietto retrovisore. C’è la voglia di scappare da un sud desolato e desolante, in cerca di un futuro migliore, a Torino. C’è Valentina Lodovini, il cui personaggio dovrebbe rappresentare il presente mancato di Cristiano, ma è tanto distante dalle vicende e insignificante che sembra infiltrato da un altro racconto.
A portare avanti la storia è l’alone di mistero che avvolge la scomparsa di Pietro. Alone di mistero che si risolve però senza particolari colpi di scena: Pietro è morto sul serio, come Cristiano non smette mai ripetere in 90 minuti di film. Questa (non) scoperta sarà una presa di coscienza per Grazia, che si sentirà libera di esser donna ritrovandosi con Carmelo, suo compagno di scuola, e riscoprendo la sua femminilità fino a quel momento celata al mondo in un suggestivo nudo integrale subacqueo. Una ricerca lunga tutta una pellicola dove un fratello scomparso diventa solo il pretesto per ritrovare se stessa fino a che il mare non le permetterà di cominciare a vivere.
Molti ottimi spunti portati avanti però in modo pigro e approssimativo. Provaci ancora Fabio.
Angelo Santini