In “Paradise is burning” tre ragazzine sole si assumono compiti che sarebbero appannaggio degli adulti. La maggiore delle tre (Laura) fin troppo responsabile cerca in tutti i modi di supplire al vuoto che ha intorno come può e come pensa sia giusto fare per non far intervenire la spietata macchina dell’assistenza sociale che anche quando si muove con il solo scopo di fare del bene provoca sempre anche qualche danno collaterale.
La regista svedese si concentra molto sulle case. In primis quella delle tre protagoniste che è più una tana e un luogo dove rifugiarsi dall’esterno che è un posto ostile e dal quale sempre tenersi in guardia.
E’ interessante l’esplorazione che la sorella maggiore compie in abitazioni di estranei temporaneamente vuote dove è possibile assaporare l’intimità di un luogo che protegge, scherma, accudisce e non è solo fortino dove nascondersi per non venire braccati da chi è preposto al controllo ma con la sua azione può inevitabilmente anche compromettere quel barlume di normalità come la complicità e la vicinanza di tre sorelle costrette dalla vita a cavarsela senza genitori che sono assenti e non possono o non vogliono fare da guida ai figli che hanno messo al mondo.
Un altro elemento di riflessione che pone il film è l’età scelta per rappresentare le tre giovani. Laura Mira e Steffi hanno tre età di passaggio. Sono alla soglia di un varco che le vedrà abbandonare comportamenti tipici di una certa fase di crescita per abbracciarne altri più consoni ad un altro ciclo di vita. I sedici anni di Laura incarnano la voglia di libertà, il sentirsi grandi e anche responsabili per i fratelli più piccoli, investiti di potere sulle decisioni da adottare per chi ha meno anni di loro e sui quali vigilano senza potersi sottrarre per troppo tempo a questo ingrato e delicato compito. I dodici anni di Mira sono l’ultimo stadio dell’essere bambina con i capricci, la voglia sfrenata di prendere le prime decisioni in autonomia in bilico tra la voglia di giocare sempre e il desiderio di occuparsi di faccende adulte per sentirsi già grandi. Infine, la cucciola Steffi di soli sette anni, alla rincorsa delle due sorelle più grandi smaniosa di abbandonare i giochi infantili e confrontarsi con i coetanei in prove di forza e coraggio per dimostrare di essere più forte e più brava. Non è neppure casuale che la storia sia ambientata in estate, stagione per eccellenza priva di regole e dove tutto è possibile. Un tempo sospeso in attesa che qualcosa di nuovo si concretizzi. Un tempo mite prima che il freddo sopraggiunga.
Se il paradiso sta bruciando bisogna cercare di arrivarci in tempo per godere appieno delle meraviglie che contiene. Il film è una rincorsa a tutto quello che si può fare di proibito e di pericoloso in attesa che qualcosa avvenga. Non sappiamo se questa libertà verrà arginata dall’intervento dell’autorità statale con un controllo che pende come una spada di Damocle sulle teste delle tre sorelle e potrebbe implicare un provvedimento drastico ma si ha la sensazione netta che si debba vivere tutto in fretta prima che lo scenario inevitabilmente cambi.
Le tre attrici che interpretano le tre sorelle sono affiatate e credibili in un ruolo complesso che le mette alla prova su vari aspetti continuamente. Alla prima prova registica Mika Gustafson si è aggiudicata meritatamente il premio Orizzonti alla ottantesima edizione del Festival di Venezia e si aspetta con trepidazione di venire ancora sorpresi dalla sua cinematografia così straripante di energia.
Virna Castiglioni