Giuseppe Tornatore non ha mai nascosto di essere romantico. Com’era stato per “La migliore offerta” lascia gli scenari affollati di Baarìa per dirigere un film da camera con pochi attori. Amy (Olga Kurylenko) è una studentessa fuori corso, che arrotonda facendo la stuntman, giovanissima amante di Ed (Jeremy Irons) professore della sua materia preferita: Astronomia. I due divisi dalla lontananza e dalla loro relazione segreta hanno poco tempo da trascorrere insieme e avviano una lunga corrispondenza, fatta di mail, lettere, pacchetti misteriosi, sms criptici. Nell’aula magna della loro università, Amy, durante una conferenza, apprende una notizia che le cambia la vita e la corrispondenza assume una forma del tutto diversa. L’intera pellicola è una lunga riflessione sul mistero che avvolge l’esistenza terrena, ricevere una lettera non significa necessariamente parlare con il corrispondente, essere amati non vuol dire necessariamente toccarsi, baciarsi, fare l’amore, certe volte basta un segno del proprio passaggio, come le stelle che una volta estinte lasciano dietro di se l’esplosione che genera una supernova. Fa sorridere l’efficienza dei servizi postali della sbandierata “TNT” il famoso marchio di corrieri veloci, che fa da “sponsor” al film. Paradossale è anche l’uso della tecnologia, troviamo CD rom che gettati nel fuoco vengono letti da un Haker-Smanettone improbabile con amici nei servizi segreti, schede di memoria che funzionano dopo essere state gettate in acqua, Videocamere vuote con tracce di “vita” nella memoria, non si esclude che in casi particolari questo possa essere “verosimile” ma non con questa “semplicità” e frequenza. Il Maestro Morricone musica la malinconia e l’aspetto più intimo della vicenda. Delle Location è straordinaria l’isola Piemontese di San Giulio (nel film “Borgo Ventoso”) una italianissima “Mont-Saint-Michel” immersa nell’acqua del lago d’Orta. Astronomia, teoria delle stringhe, Multiversi, lo studio degli astri e delle stelle sono il principale espediente per raccontare questo dramma, che sembra concludersi nel migliore dei modi fino alla discutibile direzione che prende il finale. Romantico e surreale, diverso nella forma dagli altri film del regista, ma contraddistinto dalla stessa tenerezza. Lento, un po’ ingenuo ma nel complesso dignitoso.
Batman e Superman creati rispettivamente nel 1939 e nel 1933, sono i pilastri della DC Comics. Sono gli "eroi" dei "supereroi" ancora prima che la concorrenza prendesse il nome di Casa Marvel come la conosciamo oggi. Senza di loro il nostro mondo, la nostra stessa cultura occidentale sarebbe diversa. Sfido chiunque a trovare una persona in casa che non li abbia mai sentiti nominare. Per questo, a distanza di decenni, il cinema sente il bisogno richiamarli, di innalzare il batsegnale nel cielo e di invocare il salvatore Kal-El di Krypton come fosse un dio. Lo stesso fanno gli abitanti di Metropolis nell'ultimo lavoro di Zack Snyder, ormai famoso nel campo dei cinemacomics . L'idea di mettere i due l'uno contro l'altro sulla carta stampata dei fumetti era già stata sviluppata moltissime volte (Kingdom Come e The Dark Night Returns per citare due titoli famosi), Snyder lo fa però in maniera diversa. Dopo vent'anni di scontri, in cui Clark Kent (Henry Cavill) si trova a dover togliere gli occhiali neri da giornalista sfigato terrestre, per vestire i panni di Superman e andare in soccorso della amata Lois Lane (Amy Adams), l'umanità si interroga sul bisogno di avere un eroe e conta i morti che inconsapevole si porta sulle spalle l'uomo d'acciaio solo per essere stato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Nel buio della ricca e ultramoderna Bat Caverna, Bruce Wayne (Ben Afleck), l'uomo pipistrello affiancato dal fido maggiordomo Alfred (questa volta Jeremy irons!) vuole vederci chiaro e sfidare l'alieno che ritiene responsabile per le catastrofi di cui è spettatore. Alle loro spalle ride (come il Joker) Alexander (Jesse Eisenberg), il rampollo milionario di casa Luthor, che si fa chiamare come il padre Lex. Egli passa i giorni a trovare il modo di infangare e uccidere Superman, vuole battere il nuovo "dio" e mettere le mani sulla Kryptonite, l'unica materia in grado di sconfiggerlo. Seguono un'ora di flashback e interrogativi, incomprensioni e apparizioni a sorpresa, confusione e filosofia per giungere al fatidico scontro del titolo (dove Batman, fateci caso, sradica un lavandino per colpire l'avversario, sanitario che suppongo sia di Kryptonite perché non si sbriciola). Debole come la sua prova d'attore è l'antagonista. Si fa chiamare Lex Luthor ma non è Lex "padre". E' caratterizzato come il clown di Gotham, per cercare forse una eco che mescoli il tutto. Non fa paura, non genera inquietudine é un ragazzino che pesta i piedi e fa i capricci come oggi chiede il pubblico di adolescenti. Diversamente il tanto criticato Affleck ci regala un Batman da manuale. Il budget utilizzato per creare la messinscena si vede ma visivamente ci si chiede se il mostro Doomsday (altro alfiere nella scacchiera dei protagonisti) poteva essere più simile all'immagine dei comics e ricordare meno un incrocio digitale tra il Troll di caverna de Il Signore Degli Anelli e Abominio del tanto odiato reboot su Hulk. Se le battute comiche dei film Marvel sono spesso criticate e non troppo riuscite, qui sono decisamente fuori luogo. Annunciato come il film che farà la storia del cinema al Comi-Con di San Diego, sta riscuotendo pareri discordanti: non si trova un equilibrio tra i fan entusiasti che gridano al miracolo e i delusi che ne vedono i difetti più evidenti e chiedono giustizia per i due eroi. Lento e prevedibile, cattivo e celebrativo, fanatico e commerciale, genera confusione e divide come i due protagonisti.
Una giovane coppia spensierata viene fotografata a Milano, sullo sfondo di una pandemia mondiale, a Piazza Duomo nel 2020. Sono l’attore Adam Driver e la diva del pop Lady Gaga, si abbuffano di panzerotti e li guarda tutto il mondo. Alcuni (giornalisti imbecilli) pensano perfino ad un vero scoop, ma stanno solo girando un film di Ridley Scott. La vicenda dietro a questa foto è ben più grande: è la storia della moda, la storia di una famiglia attraversata da una disgrazia, la storia di un amore da favola finito nel sangue, la cronaca degli ultimi fasti dei Gucci. Patrizia Reggiani (Lady Gaga) è una segretaria, lavora per la ditta di trasporti di suo padre e come una novella Cenerentola, ad una festa scambia il “principe azzurro” per il barman. Trova un pretesto per parlarci. Lui è Maurizio Gucci (Adam Driver) e la conquista senza averne la percezione: bacia mano, timidezza, galanteria educazione, la ragazza in ben che meno pende dalle sue labbra e sfrutta l’occasione per ballare con lui. Lei trasale a sentire il cognome che porta, si fa sedurre dalla sua gentilezza e intravede due cose: un matrimonio felice e la via per il successo. La favola finisce a mezzanotte, lui sparisce dopo un saluto veloce. Lei con una mossa da “stalker” lo accalappia all’uscita della biblioteca, gli estorce un appuntamento, lo ottiene e tra i due sboccia l’amore. La vita di entrambi viene messa sotto sopra, sotto il severo sguardo del padre di lui Rodolfo Gucci (Jeremy Irons) che, una volta incontrata la fidanzata del figlio, senza riuscire a persuaderlo, lo disereda. Il giovane sceglie una vita di fatica, pur di sposare Patrizia e dopo le nozze tutto procede a meraviglia fino alla comparsa nella loro vita dello zio, Aldo Gucci (Al Pacino) e del cugino Paolo (Jared Leto). Patrizia intravede una svolta che può davvero renderla ricca, incalzata da una cartomante (Salma Hayek), stravolge la vita del marito e della sua intera dinastia. Fin dal principio ci rendiamo conto che le intenzioni del regista non erano quelle di riportare fedelmente un fatto di cronaca nel dettaglio, lo avrebbe altresì fatto con precisione e accuratezza storica, bensì accostare i fatti più salienti della vicenda alla sua interpretazione dei personaggi, Patrizia diventa affascinante ma perfida, Maurizio l’uomo perfetto nonostante sia infedele, Paolo repellente e grottesco (un irriconoscibile Jared Leto), Aldo e Rodolfo, a metà tra due aristocratici d’altri tempi e i boss di una raffinata organizzazione criminale. Il bel paese si respira nelle location: la Valle d’Aosta, Roma, Milano, i protagonisti nella versione originale si sforzano di omaggiare la lingua con battute volutamente in italiano. Alla base della scrittura c’è il romanzo di Sara Gay Forden, The House of Gucci (2020). La colonna sonora ci propone una ventina di grandi successi. Passiamo da “La ragazza col maglione” (Pino Donaggio) e “Sono Bugiarda” (Caterina Caselli) per poi toccare anche “Ashes to Ahses” di David Bowie. Il film ha avuto una gestazione difficile, dal 2006 allo scorso anno, soffre delle limitazioni dovute alle difficoltà di girare nel 2020 ma mantiene la promessa di raccontare una pagina della storia della moda italiana e alimentare la leggenda dietro ad un cognome tanto blasonato quanto “maledetto”.
Francesca Tulli