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Harmonium

Lunedì 23 Maggio 2016 15:43
Meritatamente premiato con il Premio della Giuria nella sezione Un Certain Regard 2016 del Festival di Cannes, Harmonium ci porta all’interno di una famiglia giapponese qualunque, mostrandoci dove il male si annida contro ogni previsione, occultato da una facciata di perbenismo, sistematicità e di perfezione.
In un paesino, che non ci è noto sapere, si vive la vita nella sua abitudinaria routine. Ci viene mostrata la casa di Yosho (Kanji Furutachi) e della moglie Aike (Mariko Tsutsui), fotografia di una comunità perbene, che amorevolmente cresce la figlia insegnandogli le buone maniere e come svago lezioni di harmonium. Il pater familias gestisce, all’interno del proprio immobile, un’attività di stamperia meccanica. Ligio al dovere manda avanti il suo businnes da solo, fino a quando un vecchio amico bussa alla porta chiedendo un lavoro ed un posto in cui dormire. Il passato, dalle non chiare tinte di colore, torna a fargli visita. In un susseguirsi di colpi di scena, gli equilibri della famiglia verranno messi alla prova, per poi trovarsi di fronte un’amara realtà di difficile gestione. Scatole che si aprono in continuazione con al loro interno pezzi di un puzzle, che esige di essere completato. Perché tutto quello, che si è maldestramente seminato, esige un prezzo crudele da pagare. 
 
Il film è un cerchio di suprema precisione stilistica diviso in due differenti metà. Parti dello stesso universo, che compongono questa storia. Il cosiddetto primo tempo sviluppa la quotidianità, che mano a mano si carica di mistero, il secondo da spazio alla ricerca e alla gestione del senso di colpa. Il regista Kōji Fukada, che qui cura anche la sceneggiatura, rappresenta con spietata armonia un escalation di eventi credibili usando due distinti colori per raccontarli; il bianco e il rosso.
Dimostra notevoli capacità visive ed infonde un ritmo musicalmente cadenzato alla sua opera. Alza e abbassa i momenti di pathos nel film come in una sinfonia perfetta; spartito, che ha nel suo sviluppo soavi andamenti seguiti da altri distorti e dissestati. L’harmonium del titolo rimanda proprio a questo, ed assume anche altri differenti significati: strumento di crescita e apprendimento per la ragazzina ed armonia della classica famiglia giapponese.
 
Il cast è ben diretto e artisticamente all’altezza. Yosho è l’icona della conformità e della compostezza giapponese. Razionale e lontano dalla religione. Aike evidenzia la sua vergogna con gesti ossessivi. La colpa che ricade su entrambe è gestita in maniera diametralmente opposta.
L’amico Yasaka (Tadanobu Asano), mafioso della Yakuza, incute fin dal primo sguardo e da come è fotografato sulla locandina del film, un marcato timore. Sguardo penetrante e maligno.
 
All’interno del compiuto Harmonium troviamo anche un potente uso del linguaggio meta cinematografico, con due istantanee del prima del dopo. Ritratti di vita serena e di crudele e mutilato cercare (forse) di ricominciare.
 
David Siena