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Grand Tour

Venerdì 29 Novembre 2024 15:58
Un film ostico, respingente, ruvido, frammentato e frammentario che impone uno sforzo costante e prolungato da parte dello spettatore che cerca di trovare il bandolo della matassa e alla fine, sconfitto, desiste rassegnato a seguire il flusso delle immagini perché non c’è una storia predominante o forse ce ne sono troppe che si sovrappongono creando solo confusione. Nella prima parte seguiamo il viaggio avventuroso del funzionario britannico Edward Abbot che cerca di far perdere le sue tracce cercando di beffare il destino non contraendo il matrimonio con la sua fidanzata Molly dopo sette anni di conoscenza. Il suo viaggio di fuga parte dalla Birmania, si sposta a Saigon, tocca Manila, Osaka, Shangai e il Tibet. Lo stesso itinerario è ripercorso dal regista che racconta il suo personale reportage di viaggio. Infine c’è il viaggio di Molly alla ricerca del fidanzato fuggiasco. In tutto questo partire, inseguire, fermarsi e poi rimettersi in viaggio nuovamente compare una nutrita serie di personaggi assurdi, eccentrici, improbabili che fanno sorridere ma confondono ancora di più. Lo spettatore non è mai certo di cosa sta realmente osservando, non ha contezza di quale messaggio il regista voglia veicolare. E’ rapito da un delirio onirico, scruta, si interroga ma non sa collocare con esattezza ciò che vede.
Gli scenari sono reali o ricostruiti, in parte vissuti o solo immaginati? La storia è vera, verosimile o palesemente inventata?
 
Sono domande che interpellano lo spettatore per tutta la durata lunghissima ed eccessiva del film che si fa fatica anche a catalogare come genere di appartenenza.
 
Un tentativo di creare un’opera sui generis, particolare, originale ma che non può abbracciare chiunque mantenendosi appannaggio di pochi eletti che hanno del cinema una conoscenza approfondita e possono ritrovare in tanta materia appigli per ricostruire un racconto che ai più rimane sconclusionato e arrangiato, senza capo né coda, con un stile riconoscibile, autentico ma esageratamente e volutamente elitario che lascia sulla soglia, attoniti, la stragrande maggioranza delle persone.
 
Virna Castiglioni