Fuoritraccia

Newsletter

Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Home » Recensioni » Visualizza articoli per tag: fabrizio bentivoglio
A+ R A-
Visualizza articoli per tag: fabrizio bentivoglio

Il ritorno di Casanova

Lunedì 27 Marzo 2023 16:16

L’ultima opera di Salvatores compare sul grande schermo preannunciata da una citazione da “la tempesta “ di Shakespeare : “Ora i miei incantesimi sono tutti spenti, la forza che possiedo è solo mia ed è poca”.

Il prodromo manda già un messaggio allo spettatore che può cogliere, così, l’ intento del regista che vive, insieme ai suoi protagonisti, una profonda crisi esistenziale e lavorativa.

Il suo alterego in bianco e nero è Leo Bernardi (Toni Servillo), un affermato regista che sta terminando di montare con fatica il suo ultimo lavoro per presentarlo al Festival di Venezia.

In un gioco metacinematografico in cui il film diretto dal personaggio fa capolino a colori nel film diretto da Salvatores, lo spettatore segue le alterne vicissitudini dei due protagonisti paralleli: da un lato il regista in crisi e dall’altro un Casanova cinquantenne (Fabrizio Bentivoglio), incapace di accettare il passare del tempo che  rende inevitabilmente anodino il suo spirito virile.

Bernardi cerca una risposta alla sua crisi. Cerca di salvarsi dalla caducità del tempo che passa.

La sua vita ha senso solo mentre gira, dice. Il significato della sua esistenza ha come significante il mezzo cinematografico, salvifico e insieme temibile nella sua incapacità di concretezza. Bernardi sublima i suoi tormenti girando. Non trova spazio la sua vita al di fuori del set. Teme di completare il suo lavoro e non avere così più strumenti per rendere evidente la sua presenza nel mondo. Gianni (Natalino Balasso), il montatore con cui collabora, è il suo unico amico e insieme grillo parlante e coscienza mondana, che lo riporta a galla facendolo riemergere da ogni suo turbamento e portando avanti per lui il lavoro che non riesce a concludere.

Disprezza i giovani registi osannati dalla critica e che si trovano al culmine della propria potenzialità vitale e artistica. Ne teme il confronto e insieme lo vanifica, scegliendo di evaderlo.

Lo stesso fa Casanova, portando la sfida sul piano che più si confà alla propria natura di seduttore. E non un seduttore qualunque, il re dei seduttori. Il simbolo universale dell’erotismo seducente dell’essere uomo.

Indispettito dal tempo che passa, dalle rughe, dal suo nuovo aspetto vetusto e flaccido, l’ormai anziano Casanova cerca di aprire una finestra sul suo passato, seducendo la ventenne Marcolina (Bianca Panconi). E riuscendovi con l’inganno. Un inganno vile, pietoso; che suggerisce allo spettatore il carattere surrettizio di una intenzione opportunisticamente intrapresa.

C’è però una certa indulgenza per i due protagonisti paralleli. Salvatores ne condivide evidentemente buona parte dello spirito che anima il film. Ritiene che il disturbante senso di inadeguatezza e inefficacia che si accompagna allo scorrere del tempo e della vita, possa essere il prezzo dell’esperienza, della consapevolezza.

Le sensazioni che coinvolgono Leo Bernardi sono incastonate nella pellicola come pietre miliari della drammaturgia, esaltata da un bianco e nero che rimanda ai film classici, neorealisti e che omaggia il cinema e la sua natura più pura e asciutta.

Le emozioni che abitano il protagonista sono parte integrante della messa in scena e insieme prova attoriale magistrale. Tanto significative che creano continui tilt con la tecnologia della casa domotica in cui Bernardi abita e che risponde e reagisce alle sue paturnie.

L’unica speranza di avere una possibilità al di fuori dell’espediente lavorativo e cinematografico è una ragazza: Silvia (Sara Serraiocco). Una contadina conosciuta sul set e di cui Leo s’innamora. E’ una giovane donna pura, concreta che lo porta a conoscere un lato di sé che teneva sopito e nascosto. Di cui si era dimenticato.

E’ soffice e rassicurante il tempo che trascorrono insieme e al tempo stesso è foriero di un certo grado di angoscia esistenziale: perché è così ingannevole e inutile il senso stesso della vita fuori dal set? Così effimero e così invalidante?

Forse Salvatores liquida troppo facilmente queste domande, risolvendole nel rapporto tra Leo e la giovane Silvia e ne rende così artefatti i contorni, diversamente da quello che accade quando disegna la crisi esistenziale del protagonista: travolgente e autentica.

Valeria Volpini