Si completa con “Terraferma” la – quasi involontaria – trilogia sul mare di Crialese. Dopo “Respiro” e “Nuovo Mondo”, con quest'ultima fatica, il regista fa parlare e riflettere il pubblico di Venezia in particolare per l'attenzione prestata ai fatti di cronaca e per la ricerca di un' estetica davvero notevole, pur specificando che l'isola del film è un'isola fantastica.
Il regista infatti più volte prende le distanze dalle vicende che vedono protagonista Lampedusa e, allo stesso modo, esprime la sua volontà di non voler essere banale e di non voler in nessun modo far diventare il suo film “l'ennesimo film sull'immigrazione”. Nonostante questo, l'opera di fatto “incentrata sul tema dell'immigrazione”, è senza dubbio associabile a qualsiasi piccola realtà lampedusana, e altrettanto inevitabilmente a tratti scontata.
Toccante in molte scene - come talvolta solo un film banale può essere - diligente e forse spietato nel descrivere una società spaventata dallo straniero, il film racconta la storia di due donne, che entrambe vogliono un futuro migliore, in un posto migliore, per loro e per i propri figli.
Filippo - uno dei due figli - ventenne orfano di padre, vive con la madre Giulietta e il Nonno Ernesto, un vecchio pescatore che pratica la legge del mare da sempre e con fatica riesce ad accettare le nuove leggi, che vietano di dare soccorso agli immigrati in mare. Durante una battuta di pesca, Filippo ed Ernesto salvano dall'annegamento una donna incinta e il suo bambino, e eludendo finanza e burocrazia, decidono di prendersi cura di loro, almeno fino a quando non avranno la forza di riprendere il loro viaggio .
Drammatica e intensa la Giulietta di Donatella Finocchiaro, che nei giochi di luci ed ombre ricorda le madonne del Caravaggio, dal mento arricciato e le sopracciglia aggrottate. Fin troppo calzante il Nino “grottesco” di Beppe Fiorello.
Renilde Mattioni